domenica 1 aprile 2012

Il ricatto di Gheddafi e la bomba demografica africana

3/9/2010

La visita di Stato a Roma di Gheddafi, tra prediche ridicole a torme di fanciulle prezzolate(60 euro cadauna) e demenziali esternazioni, si è incentrata in un preciso ricatto all’Italia ed all’Europa: datemi 5 miliardi ogni anno o il  vecchio continente in breve tempo diverrà nero ed islamico.
Si tratta di una vera e propria minaccia da non sottovalutare, infatti entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà, raggiungendo 2 miliardi di anime, ma soprattutto di corpi affamati, disposti a qualsiasi avventura pur di raggiungere le nostre sponde ed usufruire anche di una briciola del nostro benessere.
Il bieco dittatore sa di poter in parte bloccare questi flussi di disperati; è disposto, in cambio di vile denaro, a rastrellare e massacrare in orrendi lager questo flusso inarrestabile di uomini, donne e bambini in fuga dalle zone sub sahariane, dove, in un’area ricca di risorse naturali, sono concentrati i Paesi più poveri del globo, assetati da una terra sempre più inaridita ed affamati da un’agricoltura primordiale che non conosce i fertilizzanti ed a volte neppure l’aratro. 
L’Europa, distratta dal suo cieco egoismo, non si interessa minimamente alla questione, mentre urge un piano Marshall per inviare ingegneri, medici, volontari e personale specializzato, ma soprattutto tecnologia per rendere di nuovo fertili i campi e sono improcrastinabili gigantesche opere di idraulica per imbrigliare le acque e condurle dove ve ne è urgente necessità, al limite recuperandola dal mare e desalinizzandola.
Sono necessari cospicui capitali, ma basterebbe dedicare qualche punto percentuale del reddito per salvare milioni di uomini e per frenare un esodo, che avrebbe effetti devastanti per tutti. 
Si tratta di una scelta obbligata, ma questi investimenti debbono avere l’ottica di aiutare gli africani e non di continuare a sfruttarli come in una sorta di post colonialismo di rapina si apprestano a fare alcune multinazionali onnipotenti ed alcuni stati, in primis Cina ed India, che stanno acquistando pezzi di territorio, estensioni enormi, alcune più grandi delle più grandi regioni italiane, per organizzare culture intensive basate prevalentemente sull’utilizzo degli ogm, al solo scopo di produrre reddito e prodotti da esportare, lasciando agli indigeni, utilizzati con ritmi di lavoro da schiavi, la miseria di un tozzo di pane. Naturalmente senza investimenti che migliorino la produttività e scegliendo i pochi terreni ad alta redditività, possibilmente in paesi politicamente tranquilli come il Madagascar o il Senegal.

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