venerdì 27 aprile 2018

Botta e risposta




L'uscita di una mia recensione sulla mostra Artemisia e i pittori del conte, pubblicata da una ventina di riviste cartacee e telematiche, ha scatenato l'invidia dei cosiddetti addetti al settore, i quali mi hanno inviato un commento velenoso, che avevo deciso di lasciare senza risposta, ma l'incoraggiamento fornitomi dai tanti studiosi ed appassionati al settore, che mi hanno inviato mail di congratulazione, mi ha indotto a rispondere pubblicamente ai curatori della mostra, che premetto non ho ancora visitato, basandomi sul materiale fornitomi dagli stessi organizzatori dell'evento.
Nel riportare il loro commento, invito il lettore preliminarmente a consultare la mia recensione, ricca di foto a colori, digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.it/2018/04/una-mostra-da-non-perdere.html

Prof. Viviana Farina ha lasciato un nuovo commento sul tuo post 
"Una mostra da non perdere: Artemisia e i pittori del conte..."
Gentile Signore, Alla società responsabile dell'organizzazione della Mostra, la Società Coperativa Armida di Conversano, e a noi curatori, Viviana Farina e Giacomo Lanzilotta con la collaborazione di Nicola Cleopazzo, fa piacere poter riscontrare un immediato suo interesse nel nostro rigoroso progetto scientifico. Sebbene lei avrebbe dovuto specificare a chi spetta la responsabilità dell'evento, tanto più che il nostro comunicato stampa è riportato ALLA LETTERA alla fine del suo intervento senza farne chiara menzione. La preghiamo ad ogni modo di riferire con maggiore precisione le notizie sopra elencate. Non vi è innanzitutto alcun quadro di Caravaggio in Mostra, ma un dipinto proveniente dal museo della cattedrale di Mdina che la prof.sa Lapucci ha in corso di studio da anni, come già John Gash e Catherine Puglisi. Se lei avesse visitato la mostra avrebbe potuto constatare che il dipinto è allo stato presentato quale anonimo e che è accompagnato da ben tre pannelli didattici e da un testo di 7 cartelle in catalogo (in corso di stampa). Così come avrebbe potuto constatare che il San Girolamo che lei riproduce non è attribuito a De Somer, ma a Jusepe de Ribera, che il dipinto di Matera è presentato come opera di Massimo Stanzione e Aniello Falcone, che il quadro con la bella Maddalena penitente, che lei non specifica provenire dal Muza di Malta, è già attribuito ad Onofrio Palumbo. Aggiungo che non è certo lei l'autore della scoperta della relazione tra il Maestro degli Annunci e Bartolomeo Passante, visto che l'argomento era già oggetto di discussione a partire dai tempi di Prota Giurleo. E ad ogni modo in mostra non si fa riferimento né all'uno né all'altro (e così intendiamo ancora una volta che lei non abbia visitato personalmente la mostra), ma ad un altro pittore autore di un piccolo gruppo di quadri che non corrispondono con quelli del Maestro degli Annunci. Ma, naturalmente, possiamo attribuire tutte queste inesattezze alla passione di un dilettante, che per l'appunto non è uno studioso di professione.
Con i migliori saluti
Dott. Carlo Mansueto, Presidente Cooperativa Armida
Prof. Viviana Farina, Accademia di Belle Arti di Napoli
Dott. Giacomo Lanzilotta, Pinacoteca Metropolitana di Bari
Dott. Nicola Cleopazzo, Università del Salento

Postato da Prof. Viviana Farina in Achille della Ragione alle 16 aprile 2018 20:59
Partiamo dall'incipit, dove vengo definito in maniera dispregiativa "Signore", un titolo che all'estero è accettato volentieri, ma che in Italia è considerato poco meno di un'offesa.
Avrebbero potuto chiamarmi dottore, in omaggio alle mie 4, tra lauree e specializzazioni, conseguite dopo 19 anni di corsi universitari.
Oppure professore, avendo insegnato per alcuni anni all'università, anche se in una branca diversa dalla storia dell'arte.
Avrebbero potuto utilizzare il titolo di maestro, anche se lo sono di scacchi, o infine mi avrebbero potuto appellare conte (di Laviano), anche se la nobiltà non va più di moda.
E rimanendo agli appellativi definirmi "dilettante", dopo che ho pubblicato oltre 60 libri sulla pittura napoletana, alcuni giunti alla 3^- 4^ edizione e tra il 1998 ed il 2001 Il secolo d'oro della pittura napoletana, opera in 10 tomi, che all'epoca aveva una tiratura di 10.000 copie per ogni fascicolo, risulta una vera e propria offesa.
Entrando nel merito delle contestazioni: sottolineare che l'Anonimo caravaggesco (fig.1), esposto in mostra, è stato attribuito da ben tre studiosi al pennello del Merisi è quanto meno risibile.
Attribuire a Massimo Stanzione il Giacobbe contempla la tunica insanguinata di Giuseppe (fig.11) è poco meno che un abbaglio. Il dipinto ha una lunga storia attributiva alle spalle da van Baburen, a De Bellis, fino ad Aniello Falcone, ma a mio parere deve rimanere nel limbo delle opere senza autore, alla pari degli autori senza opere, titolo suggestivo del mio saggio sull’argomento consultabile in rete digitando il link  http://achillecontedilavian.blogspot.it/search?q=autori+senza+opere
Passando poi alla Crocefissione (fig.8) del Maestro di Bovino, il collegamento con il Maestro dell’Annuncio ai pastori è di Giuseppe Porzio, massimo studioso dell’artista, al quale spetta anche il merito della scoperta dei documenti di archivio per cui oggi conosciamo la vera identità del mitico Maestro dell’Annuncio ai pastori.
Io nella mia monografia sull’artista mi sono limitato a sottolineare che, il nome di Bartolomeo Passante, di cui non conosciamo dati anagrafici, non va confuso con Bartolomeo Bassante, di cui conosciamo data di nascita e di morte, incompatibili con il periodo di attività del maestro, che copre circa 30 anni, partendo dalla fine del secondo decennio del secolo.
E credo di aver detto tutto. 

01 - Anonimo caravaggesco 1608 Fortitudine Pares
011 - Massimo Stanzione - Giacobbe contempla la tunica insanguinata di  Giuseppe -Matera, Museo Nazionale
08 - Maestro di Bovino  - Crocefissione di San Pietro - Bovino Museo diocesano

martedì 24 aprile 2018

VIKTOR und VIKTORIA, una commedia da non perdere


Achille con Veronica Pivetti
Veronica Pivetti interpreta alla grande una divertente commedia  musicale liberamente ispirata all’omonimo film del 1933 di Reinhold Schünzel.
Il mondo dello spettacolo non è sempre scintillante e quando la crisi colpisce anche gli artisti devono aguzzare l’ingegno. Ecco allora che Viktoria, talentuosa cantante disoccupata, si finge Viktor e conquista le platee… ma il suo fascino androgino scatenerà presto curiosità e sospetti. Tra battute di spirito e divertenti equivoci si legge la critica ad una società bigotta e superficiale (la nostra?) sempre pronta a giudicare dalle apparenze.   
La Berlino degli Anni Trenta fa da sfondo ad una vicenda che, con leggerezza, arriva in profondità.
Veronica Pivetti si cimenta nell’insolito doppio ruolo di Viktor/Viktoria, nato sul grande schermo e per la prima volta sulle scene italiane nella sua versione originale.   
 In una Berlino stordita prima dai fasti e poi dalla miseria della repubblica di Weimar un’attrice di provincia, Susanne Weber (Veronica Pivetti), approda in città spinta dalla fame e in cerca di scrittura. Il freddo e la miseria le hanno congelato le membra, e anche il cuore non è rimasto illeso.  
L’incontro con un collega attore, Vito Esposito (Yari Gugliucci) immigrato italiano, sembra cambiarle la vita. E mentre la città subisce gli umori delle nascenti forze nazionalsocialiste di Hitler in lotta con gli spartachisti dell’estrema sinistra, Susanne e Vito s’immergono negli eccessi della vita notturna weimeriana. La coppia condivide fame, scene e battute e, alla fine, anche sesso ed identità.       
Ed è per proprio per l’affamata ditta che Susanne si sacrifica e diventa… Viktor und Viktoria, cioè un acclamato ed affascinante en travesti, anche grazie all’aggiunta di un colorato, buffo e stravagante fallo di cotone che diventa l’emblema del loro piccolo grande segreto.    
Viktor und Viktoria viene acclamato in tutti i palcoscenici d’Europa.     
Una brillante compagnia capitanata dalla caustica Baronessa Ellinor Von Punkertin (Pia Engleberth) in cui spiccano Lilli Shultz, buffa e biondissima ballerina di fila di cui Vito è innamorato (Roberta Cartocci) e un attrezzista dai modi bruschi e obliqui, Gerhardt (Nicola Sorrenti) miete successi ovunque.
Ma, tornati a casa per l’ultima recita, un incontro fatale con il fascinoso conte Frederich Von Stein (Giorgio Lupano) sfiorerà il cuore gelato di Susanne.
Purtroppo, anche il conte ha un segreto e la liaison si complica.       
E, mentre a Berlino la situazione politica degenera precipitosamente, la nostra protagonista sarà costretta a fare le sue scelte: sentimentali e di vita, stando attenta a non tradire mai Vito, l’amico inseparabile, ne il conte, ormai padrone del suo cuore.    
Riuscirà Susanne/Viktor ad abbandonarsi fra le braccia del suo inaspettato amore senza che la scelta le risulti fatale?
Sullo sfondo di una Berlino anni Trenta, una spassosa Veronica Pivetti ci racconta una storia piena di qui pro quo, cambi di sesso, di persona e di intrecci sentimentali senza esclusione di colpi.

venerdì 20 aprile 2018

Le memorabili visite guidate ed il leggendario salotto culturale


fig. 1 - Portici, museo ferroviario 20 gennaio 2008

Sono circa 30 anni che nel fine settimana organizzo delle visite guidate a chiese, monumenti, mostre, palazzi storici etc, quale presidente a vita e ad honorem della famigerata associazione Amici delle chiese napoletane.
In passato dividevo il vasto pubblico in due tronconi con una visita alle 10 e 30 ed un'altra alle 12, dopo la quale ci recavamo in una bettola per consumare un lauto pasto, nel quale si distingueva per la sua famelica voracità un personaggio dalle dimensioni debordanti: Giorgio Pollio.
Spesso ci recavamo fuori Napoli, non solo in località della Campania; Caserta, Portici (fig.1) Salerno, Sorrento, etc, ma spesso ci siamo recati a Roma ed anche a Firenze e Milano per visitare importanti mostre. Erano altri tempi, oggi gran parte del mio pubblico, per quanto costituito da professori, professionisti e imprenditori non sgancia un becco di un quattrino neanche sotto minaccia.
Spesso ho fatto aprire luoghi negati alla fruizione, tra cui voglio ricordare Villa Rosebery, la celebre residenza del Presidente della Repubblica, che potemmo visitare grazie a un mio amico: Emanuele Leone, nipote dell'omonimo Presidente. Ciò avveniva molti anni prima che il Fai organizzasse sporadicamente visite a cui per accedere bisogna iscriversi all'organizzazione, sganciando 50 euro.
Anche questo anno ho fatto intervenire il ministro per poter visitare la chiesa della Nunziatella, un tesoro d'arte negato alla fruizione di turisti e napoletani.
Tra le visite del passato che meritano di essere ricordate vi è quella nella quale feci da Cicerone a big della cultura italiana dell'epoca: Giulio Andreotti, Umberto Eco, Marcello Dell’ Utri, Oliviero Diliberto e tanti altri vip che ebbero l'onore di visitare Capodimonte sotto la guida del sottoscritto e conservo gelosamente i libri che mi dedicarono Andreotti e lo stesso Eco.
Nel 2006 in occasione della mostra: Caravaggio, l'ultimo tempo, che si tenne sempre a Capodimonte, dovetti organizzare ben 12 puntate, perché tra i visitatori vi era sempre una preside, premurosa della cultura dei suoi sottomessi, che mi pregava di tenere una visita per i suoi studenti poi, immancabile, la presidentessa del Soroptimist o un presidente di un Rotary o di un Lions, che mi imploravano di ammaestrare i loro iscritti.
Nel corso di una di queste visite partimmo in 80 - 90 persone, ma dopo poche decine di minuti eravamo divenuti centinaia, per cui la direzione del museo, invidiosa del mio straordinario successo, fingendo di temere per l'incolumità dei dipinti esposti, inviò due carabinieri per sciogliere l'assembramento. I due militari quando giunsero al mio cospetto si accorsero con grande meraviglia che, alla mia destra vi era il procuratore generale della Repubblica ed alla mia destra il Questore, per cui non osarono fiatare. Io li affrontai baldanzoso: "Ecco altri due visitatori, mettetevi in fila e cercate di imparare qualcosa".
Un altro episodio che merita di essere ricordato è quando con un passaparola organizzai nel museo di San Martino una visita guidata per i tassisti napoletani, che accorsero a frotte clacsonanti ed entusiasti.
Tra gli episodi più recenti voglio ricordare uno avvenuto l'anno scorso al museo archeologico, quando le guide autorizzate chiamarono i vigili urbani per mettere fine alla mia visita, scambiandomi per un abusivo.  Io spiegai loro con santa pazienza che ero in un luogo pubblico con i miei amici, i quali avevano pagato il biglietto di ingresso, ma non versavano niente nelle mie tasche per le mie spiegazioni, che tra l'altro sono impagabili. Spiegai loro che nessuno mi poteva impedire in un luogo pubblico di parlare e che se avessero insistito ad importunarmi avrei chiamato i carabinieri per identificarli e li avrei denunciati per stalking. Appena estrassi il mio cellulare d'antiquariato dalla tasca e accennai a comporre le prime cifre se la diedero a gambe, mormorando perdonateci.  
Viceversa in una visita l'anno scorso nella chiesa di San Giovanni a Carbonara una pattuglia della benemerita dovette realmente intervenire. Mi ero recato nella chiesa in avanscoperta alcuni giorni prima e avevo notato che i pochi custodi, invece di controllare i tesori d'arte a loro affidati, prendevano comodamente il sole sfogliando stupide riviste come Novella Duemila ed Eva Tremila. Nel cominciare il percorso accennai a queste insane abitudini e uno dei custodi dalle dimensioni erculee cominciò ad urlare minaccioso facendo accorrere i suoi colleghi. Non mi persi d'animo e chiamai immediatamente il 112, chiedendo un intervento immediato, altrimenti avrei chiamato il 113. Ma loro mi assicurarono: "Non preoccupatevi abbiamo una volante a pochi metri interverrà immediatamente". Ed infatti pochi minuti e sul posto vi erano quattro esponenti delle forze dell'ordine di cui uno alto due metri. Nel frattempo era intervenuto anche il parroco ed alcuni delinquenti chiamati dai custodi. Chiesi perentorio di identificare quei volti patibolari che cercavano di intimidirmi, li avrei denunciati alla magistratura e soprattutto li avrei fatti licenziare dal sindaco, del quale sono amico. Il custode arrossì per lo spavento ed il parroco prese le sue difese affermando: "Illustre professore, se questo delinquente vi chiede scusa e vi bacia la mano siete disposto a perdonarlo?". "Certamente e ci faremo assieme anche una pizza". A questo punto uno dei carabinieri chiese: "Maestro facciamo da anni servizio nella zona e non abbiamo mai visitato la chiesa, possiamo unirci alla vostra visita?" "Accomodatevi" risposi tanto nella zona i criminali non esistono.
Questo anno siamo alla trentunesima visita, abbiamo avuto il record di presenze quando abbiamo visitato la caserma Salvo D'Acquisto, già monastero della chiesa di San Potito. Eravamo 151, conosco il numero preciso perché abbiamo dovuto fornire alla porta l'elenco delle generalità dei partecipanti.
Le visite proseguiranno fino a giugno inoltrato, per riprendere a settembre, almeno per coloro che saranno ancora in vita.
Prima di cambiare argomento  vi propongo una serie di foto di visite del passato e del presente, in attesa del futuro (fig. da 2 ad 12).

fig. 2  - Achille con due allieve
fig. 3 visita chiesa Monteoliveto
fig. 4 -Citta della Scienza  - 20aprile 2008
fig. 5 - Achille e signora sotto terra
fig. 6 -Achille ed Elvira a San Potito, fuori palazzo spuntatore - 16 aprile 2007
fig. 7 -Achille della Ragione all'Osservatorio astronomico -  14 gennaio 2005
fig. 8 - All'uscita del Canalone
fig. 9 - Achille con le sue followers
fig. 10 - Achille con due seguaci
fig.11 - In piazza Sannazzaro 14 aprile 2018
fig. 12 - Nel chiostro dei Girolamini
fig. 12a -Achille con miss zizze bone
fig. 12b -Chiesa di San Potito 10 marzo 2018
fig. 12c -Museo di San Martino 4 maggio 2018
Passiamo alla storia del salotto letterario artistico di Elvira Brunetti della Ragione, il quale per oltre dieci anni ha costituito un vero e proprio cenacolo, un faro nel deserto culturale napoletano. Ogni mercoledì alle 17 una cinquantina di amici si riunivano negli eleganti saloni (fig.13) della villa posillipina di donna Elvira e dopo aver consumato al piano superiore il fatidico the con annessi pasticcini (fig.14), accoglievano l’ospite di turno, il quale avrebbe discusso per un paio d’ore su un argomento di cui era esperto, dalla letteratura all’arte, dalla storia di Napoli alla filosofia ed al cinema, per rispondere poi alle domande degli ascoltatori. 
Nel corso degli anni si sono alternati oltre 150 relatori: scrittori, giornalisti, registi, docenti universitari. Possiamo affermare senza tema di esagerare che la migliore intellighenzia napoletana è passata per il salotto, spesso rimanendovi poi come frequentatore. 
Alle riunioni settimanali ogni tanto si aggiungevano delle conferenza a più voci su argomenti di ampio respiro, dalla letteratura francese alla filosofia tedesca, ospitate da celebri istituzioni come il Grenoble, il Goethe Institut o l’Istituto Italiano degli Studi Filosofici.
Il sabato e la domenica si passava poi, sotto la guida del sottoscritto, a visitare mostre, chiese, monumenti, privilegiando luoghi negati alla fruizione che venivano aperti per l’occasione, spesso dopo un oblio di decenni e non mancavano spedizioni lontano da Napoli, a Roma, Firenze, Milano, Salerno, Ischia, Capri, in occasione di importanti rassegne artistiche. 
Dopo una sosta forzata nel 2008 la sua riapertura era attesa con spasmodica fibrillazione dai tanti amici del mercoledì, ansiosi di poter partecipare alle cerimonie del tempio del sapere e finalmente nel 2014 ha ripreso a funzionare a pieno ritmo di venerdì, abolendo le inutili abboffate, ora l’unico cibo è la cultura che elargisco personalmente con generosità e dovizia di particolari.

fig. 13 - Salotto della Ragione
fig. 14 - Pasticcini preliminari

giovedì 19 aprile 2018

Nuove luci sul passato

IL LIBRO “Errori e bugie  sulla storia di Napoli” di Achille della Ragione
articolo di MARIA NICOLINA BALDASCINO 16 aprile 2018 IL ROMA pag.41
16 aprile 2018 ILROMA pag.41


“La storia di Napoli è piena di errori madornali”, scrive Achille Della Ragione (nella foto) nella prefazione di “Errori e bugie sulla storia di Napoli”. È questo il punto di partenza del suo ultimo libro, pubblicato nel marzo 2018 da Edizioni Napoli Arte: un lavoro iniziato nel lontano 2015 che ha trovato compimento in una raccolta di ricerche, saggi e articoli, alcuni dei quali già pubblicati su diversi quotidiani nazionali. L’intento è nobile, l’obiettivo ben preciso: ricostruire e stabilire la verità, attraverso un rigoroso lavoro su fonti dirette e indirette, circa le numerose leggende e i falsi miti che interessano Napoli. Della Ragione indaga e abbatte errori ritenuti certezze, distrugge meriti e ne riconosce di nuovi allo stesso tempo.
Napoli non sarà stata sede della prima università laica del mondo, come comunemente si crede, ma sorprendente, spesso ignorato e dimenticato, fu il suo contributo per il cinema e la televisione. Diverse fonti e testimonianze dell’epoca intervengono a togliere l’alone di mistero che circonda le opere della Cappella Sansevero, a far chiarezza sulle storie legate alla nascita della pizza o della sfogliatella. È il materiale recuperato negli Archivi ad offrire una visione nuova, aderente al vero, su fenomeni ed eventi storici  riferiti in maniera imprecisa anche dalla cronaca e dalla storiografia ufficiale: il Risorgimento, il brigantaggio, la “grande emigra zione” verso l’America, il Risanamento che seguì l’epidemia di colera del 1884, il sacco edilizio della città durante il mandato di Achille Lauro, la Terra dei Fuochi. Non è soltanto ad onor del vero che viene intrapresa quest’opera: “L’unica possibilità di riscatto e di ripresa per Napoli ed i napoletani – scrive, infatti, Della Ragione – è oggi legata alla volontà di riappropriarsi del suo passato glorioso e della loro identità perduta”. Coscienza dunque, legata ad un forte senso di responsabilità che va oltre la sterile autocommiserazione: “Inutile abbandonarsi alla retorica a rovescio del meridionale sempre e comunque migliore degli altri”.
È un libro che diventa così il racconto di un amore verso la città e il suo popolo, con il pregio di mantenere lucido lo sguardo che li osserva. A farlo, è un autore che non solo vive a Napoli, ma la conosce profondamente  attra verso le fonti che ne hanno documento la storia, unuomo che ha vissuto la città stessa in alcuni dei suoi momenti destinati a diventare simbolici. Sono esperienze e ricordi che diventano parte della documentazione per tracciare un ritratto che sia, comunque, vivo. La scrittura stessa riflette questa dinamicità, in due modi: in alcune forme adottate, ovvero lettere inviate da Della Ragione a diversi quotidiani e che qui ripropone, spesso corredate di risposte; nella mancanza di sistematicità nel passare da un argomento all’altro, accostando vicende tra loro lontane, anche all’interno di uno stesso capitolo. In alcuni casi ne risente la compattezza interna, incidendo anche sull’immediatezza di successive consultazioni. Si muove, dunque, rapido e risoluto attraverso i soggetti trattati: è una solida conoscenza del passato, una sua attenta analisi, a diventare la base su cui costruire una completa e corretta comprensione di alcuni aspetti del presente. Ed è proprio  “partendo dalla rilettura più onesta di storie e culture del passato – scrive, l’orgoglio meridionale deve diventare coscienza che, oggi più che mai, è necessario l’impegno e la serietà di tutti.”
MARIA NICOLINA BALDASCINO

lunedì 16 aprile 2018

Una mostra da non perdere:
Artemisia e i pittori del conte


Mostra a Conversano (BA) fino al 30/9/2018

LA COLLEZIONE DI GIANGIROLAMO II ACQUAVIVA D’ARAGONA A CONVERSANO 

Sabato 14 aprile nel castello di Conversano è stata inaugurata una delle mostre più importanti dell'anno, che sarà visitabile fino al 30 settembre, ricca di 60 dipinti di autori celebri, che facevano parte della mitica collezione del nobile. Prima di dare spazio al comunicato ufficiale, che racconta la storia dell'antico proprietario e la disposizione dei quadri nelle varie sale, vogliamo far parlare i dipinti, per alcuni dei quali le attribuzioni sono quanto mai discutibili, dall'errore veniale, fino a giungere al clamoroso svarione alla Sgarbi, quanto si discute di un potenziale Caravaggio: una bufala che fa ridere e piangere nello stesso tempo.
E partiamo proprio da questo ignoto, quanto ignobile pittore (fig.1), che più che al Merisi sembra si sia ispirato alle stregonerie di Salvator Rosa.
Passiamo poi al logo della mostra, una splendida Carità romana (fig.2) di Artemisia Gentileschi, di cui è esposto anche un suo capolavoro: La Nascita del Battista (fig.3) proveniente dal Prado di Madrid, che ha prestato anche uno spettacolare Trionfo di Bacco (fig.4) di Paolo Finoglio e i Due lottatori (fig.5) di Cesare Fracanzano.
Da Napoli provengono un San Giovannino (fig.6) di Battistello Caracciolo e la Fuga in Egitto (fig.7) di Guido Reni.
Molto belli una Crocefissione di San Pietro (fig.8) dell'ancora anonimo Maestro di Bovino, molto vicino ai modi pittorici dell'ex Maestro dell'Annuncio ai pastori, che da qualche mese, grazie al sottoscritto, ha nome e cognome: Bartolomeo Passante, con la P non con la B.
Intriso della lezione riberiamo un San Girolamo in meditazione (fig.9) di Hendrick van Somer, passando a Massimo Stanzione, mentre il primo dipinto (fig.10) regge molto bene l'attribuzione al grande maestro, il secondo (fig.11) sicuramente non è suo.
E vogliamo concludere la nostra carrellata con un quesito che poniamo ai lettori: chi è l'autore di questo dipinto dalla dolcezza estenuante? (fig.12).

01 - Anonimo caravaggesco 1608 Fortitudine Pares
02 - Artemisia, Caritá romana
03 - Artemisia Gentileschi Nascita del Battista Madrid Museo del Prado
04 -Paolo Finoglio, Trionfo di Bacco, Madrid, Museo Nacional del Prado.
05 -Cesare Fracanzano - Due lottatori Madrid Museo del Prado
06 - Battistello-Caracciolo-San-Giovannino - Napoli Museo Filangieri
07 - Guido Reni - Fuga in Egitto -Napoli Pinacoteca dei Girolamini
08 - Maestro di Bovino  - Crocefissione di San Pietro - Bovino Museo diocesano
09 - Hendrick van Somer - San Girolamo meditando le Sacre scritture -Metropolitan Cathedral Museum, Mdina, Malta
010 - Massimo Stanzione -  Salomè con la testa di san Giovanni Battista - Bijbelsmuseum, Amsterdam, Olanda
011 - Massimo Stanzione - Giacobbe contempla la tunica insanguinata di  Giuseppe - Matera, Museo Nazionale

012 - Da identificare
Passiamo ora alle notizie ufficiali:
Diversamente da altri nobili napoletani del suo tempo, Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona (1600-1665), conte di Conversano e duca di Nardò, raffinato collezionista e promotore delle arti, spese gran parte della sua vita nel maggiore dei suoi feudi, in terra di Bari, risiedendo nel castello di fondazione normanna acquisito dalla sua famiglia sin dal XV secolo. In quel medesimo luogo - che al piano nobile è oggi sede della Pinacoteca Comunale di Conversano - trovava collocazione una prestigiosa raccolta d’arte, corposa quanto variegata per soggetti e generi rappresentati (dipinti, sculture, oggetti), che l’alto aristocratico aveva ragionevolmente messo insieme fin dagli anni Venti del Seicento. Di essa tramanda memoria l’inventario dei beni del conte, steso nel 1666, poco dopo il suo decesso. Sulla base del prezioso documento, che potrà ammirarsi in teca all’interno del percorso espositivo, è possibile rievocare per la prima volta i fasti della corte di Giangirolamo e di sua moglie Isabella Filomarino, addobbando nuovamente le sale del loro castello con artisti e opere efficacemente rappresentativi dei gusti degli antichi proprietari. Al primo piano le celebri dieci tele con episodi salienti della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, eseguite da Paolo Domenico Finoglio per la Galleria dei suoi alti mecenati e oggi costituenti la collezione permanente della Pinacoteca Comunale di Conversano, completano il percorso espositivo allestito al secondo piano dell’edificio fortificato, rinnovata sede di mostre temporanee. L’importante ritrovamento della Caritas Romana di Artemisia Gentileschi, con sicurezza il dipinto citato nell’inventario del 1666, consente una nuova lettura dell’intreccio culturale che vede la grande pittrice in dialogo con i napoletani del suo tempo, in testa il prediletto del conte, Paolo Finoglio; Battistello Caracciolo e Massimo Stanzione, ma anche con maestri non menzionati esplicitamente nel documento, quali Onofrio Palumbo e Niccolò De Simone; quindi Cesare Fracanzano, a cui si aggiunge il bolognese Guido Reni, questi invece ricordati in collezione. Tutti vengono riproposti al pubblico in tale specifica luce, con quadri e disegni spesso inediti. Molti degli artisti presentati in mostra si ritrovano negli incarichi giunti a Napoli per il Palazzo del Buen Retiro di Filippo IV di Spagna e nell’impresa del Duomo di Pozzuoli, a dimostrazione di un preciso orientamento culturale della capitale vicereale negli anni Trenta del Seicento, di cui il conte di Conversano fu singolarmente partecipe, ricreandolo nella sua residenza pugliese. Completano il quadro opere coeve di artisti partenopei (Jusepe de Ribera, ma anche Andrea Vaccaro e i celebri battaglisti Aniello Falcone e Andrea de Leone), che, seppure non figuranti nella lista del 1666, consentono, con pezzi scelti del loro repertorio, di riambientare al meglio i temi della quadreria Acquaviva, così come deducibili dall’inventario ma ivi lasciati senza attribuzione. Un antefatto e una breve sezione di più stretta osservanza caravaggesca (tra anonimi di primo e secondo decennio e i noti Carlo Sellitto e il Maestro di Fontanarosa) introducono e meglio illustrano al grande pubblico le ‘ragioni’ naturaliste e poi barocche delle opere allestite, alcune specificamente provenienti dal territorio pugliese (come quelle del Maestro di Bovino, possibilmente anch’egli artista legato alla famiglia). Il percorso si articola, dunque, in otto sale tematiche: Simboli e Pentimento; Santi patroni: Giovanni Battista e Girolamo; La Fuga in Egitto del cavalier Guido; Maestri caravaggeschi; Massimo Stanzione; Artemisia Gentileschi e Onofrio Palumbo; Sante e nudi; Baccanali e Battaglie. In queste è incluso Fortitudine Pares (Cupido e la Morte), dipinto proveniente dalle collezioni del Museo della Cattedrale di Malta, ivi conservato sotto il nome, poco appropriato, di Battistello Caracciolo. Presentata per la prima volta in Italia e sottoposta a una attenta pulitura effettuata per l’occasione da Roberta Lapucci, l’opera - ancora di autore anonimo - è al momento oggetto di ricerca, come già in passato di John Gash e Catherine Puglisi, da parte della stessa Lapucci, che ne valuta l’opportunità di attribuzione a Michelangelo Merisi il Caravaggio. La chiesa di San Giuseppe, luogo legato alla contessa Isabella Filomarino e sito a pochi passi dal Castello, è la sede espositiva complementare al maniero: in essa sono stati radunati i dipinti di maggiore dimensione, tra cui il Trionfo di Bacco di Finoglio (Museo del Prado), che ritorna a Conversano dopo circa 400 anni, e la copia di Paolo Veronese citata nel documento del 1666, rintracciata in Abruzzo, nei feudi degli Acquaviva d’Atri, testimone d’eccellenza della passione nutrita dal conte per la pittura veneta del ’500. A coronamento, si potrà in parallelo avvantaggiarsi della visita alla chiesa dei Santi Medici Cosma e Damiano, la ‘Cappella Sistina’ di Paolo Finoglio, anch’essa voluta e decorata a spese di Giangirolamo e Isabella Acquaviva; e di una quarta tappa al Castello di Marchione, la residenza di villeggiatura della famiglia, che ancora custodisce i ritratti dei conti.

venerdì 13 aprile 2018

Movida selvaggia, come rimediare

Il Mattino - 12 aprile 2018

Il fenomeno della movida selvaggia con interi quartieri resi invivibili fino a notte fonda dalla musica assordante, dalla somministrazione di alcolici in maniera industriale a minorenni, dallo spaccio di droga di ogni tipo, con intere strade divenute dominio assoluto di scatenate baby gang, sta dilagando in tutta Italia, anche se Napoli, per via della complicità delle istituzioni e della cronica inefficienza delle forze dell'ordine, pare divenuta la capitale del disordine, con effetti acustici devastanti provocati dalla movida sulla tranquillità dei tantissimi residenti, non solo del centro, che hanno la sventura di abitare in prossimità di bar e paninoteche frequentati da giovani agghindati da far invidia ai selvaggi, in un tripudio di piercing e tatuaggi.
Cosa può fare il cittadino per difendersi?
Premettiamo che le ordinanze del sindaco, quando contrastano con le norme del codice civile e penale sono carta straccia, anzi vanno considerate alla stregua di istigazione a delinquere.
Nessuno può autorizzare ad irradiare musica all'aperto, quando questo comportamento configura il reato di schiamazzo, punito con pene severe.
Consiglio vivamente ai cittadini tartassati di avere coraggio e di telefonare a vigili urbani, polizia e carabinieri (le telefonate sono registrate) segnalare le irregolarità, invitare a porre sotto sequestro gli altoparlanti, pena l’omissione di atti d’ufficio e dare appuntamento alle volanti sul luogo del misfatto, avvertendo che in caso di strafottenza, l'indomani sarà informata la magistratura, la quale, se in Italia esiste ancora una parvenza di diritto, dovrebbe prendere seri ed adeguati provvedimenti.
Consiglio a tutti di intentare una causa civile per danno ai proprietari dei locali fracassoni, chiedendo decine di migliaia di euro, per perdita di valore degli immobili.
Coraggio, siamo gli artefici del nostro destino!!
Achille della Ragione


La morte di Nico, il ventenne napoletano ptìrecipitato in un burrone a Positano dopo una notte folle in discoteca, rende ancora più urgente regolamentare i luoghi della notte. Però non sparerei nel mucchio. E' giusto colpire con severità i fracassoni e soprattutto i titolari dei locali che tollerano sballi di drogha ed alcol. Ma esistono pure, e anche a Napoli, ritrovi in cui si distribuiscono soltanto creatività e intelligenza.
Pietro Gargano

mercoledì 11 aprile 2018

Aggiunte alla mia autobiografia


tav. 1 - I miei primi 70anni


Nel mese di giugno del 2017 l'uscita della mia autobiografia, in occasione del compimento dei miei primi 70 anni, fu coronata da un grande successo con l'esaurimento in poche settimane di tutti i libri stampati. Oltre alle presentazioni ufficiali, vi furono, nei saloni della mia villa posillipina, una serie di incontri "per categoria", in primis con i vecchi compagni di scuola, a cui seguirono gli scacchisti, i medici ed infine gli antichi frequentatori de Il Fico, il leggendario night, da me fondato nel lontano 1966.
Tutti i partecipanti avevano già letto con attenzione il libro che narrava le mie gesta (fig.1), alcuni nel formato cartaceo, gli altri, la maggioranza (amante del risparmio, per non dire i morti di fame) sul web, ove è a disposizione di tutti digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.it/p/prolegomeni-per-una-futura.html
Molti mi segnalarono delle omissioni e mi invitarono a provvedere, rammentando episodi più o meno importanti del mio percorso terreno.
Per accontentarli e soprattutto per amore della verità, descriverò in questo capitolo una serie di avventure tra serio e faceto, per la gioia dei lettori e per permettere ai posteri di giudicarmi con cognizione di causa.
tav. 2 - Autostop
Sotto il profilo della villeggiatura mi è stato ricordato che per lungo tempo dai 16 ai 18 anni, per le mie vacanze di agosto, utilizzavo per gli spostamenti un mezzo quanto mai economico: l'autostop (fig.2), grazie al quale raggiungevo la mia meta preferita costituita dalla riviera romagnola, all'epoca frequentata da vichinghe dai costumi sessuali disinibiti, alla perpetua ricerca del maschio latino, dotato di inoppugnabili referenze sotto il profilo erotico (fig.3). Adoperai l'autostop per alcuni anni fino a quando, divenuto maggiorenne, venni in possesso della prima mitica 500, con cui in una notte ero in grado di raggiungere la Svizzera, guidando per 20 ore di fila.
Nel chiedere i passaggi sceglievo solo automobili importanti e tratte non inferiori a 200 chilometri, comportamento che mi permetteva, partendo all'alba, di raggiungere in serata Rimini o Riccione, dove prendevo alloggio montando la mia tenda canadese sui tratti di spiaggia libera. Per i pasti frequentavamo la mensa ferroviaria, dove con 50 lire si consumava un menù completo. Per le acchiappanze entravamo nei locali notturni, dicendo che cercavamo degli amici, poscia invitavamo a ballare le fanciulle più promettenti e se "ci stavano" le invitavamo a concludere la serata al chiaro di luna sulla spiaggia.
La mia scarsa dimestichezza con l'inglese non mi impediva di avvicinare egualmente il gentil sesso. Conoscevo una serie di frasi per il primo approccio che pronunciavo con disinvoltura: "How are you?",   "What is your name?", "In which town do you live?". "How old are you?". Talune volte facevo sfoggio, se la preda sembrava colta, della mia padronanza del latino: "Ave puella quomodo appellaris, ego sum Achilles" dopo di che passavo a gesti eloquenti (fig.4) per far capire le mie intenzioni penetrative e spesso riuscivo a passare a vie di fatto.
tav. 3 - Vichinghe

tav. 4 - Gesto eloquente

tav. 5 - Gruppo di nudisti

Un'estate pensammo di recarci in un campo di nudisti e scegliemmo l'Ile du Levant, al largo di Saint Tropez. Nell'immaginario comune degli anni Sessanta i nudisti (fig.5) erano costituiti da fanciulle poppute e dotate di un lato B da schianto; viceversa dovemmo tristemente constatare che l'età media era di oltre 50 anni ed i seni flosci e cadenti erano la maggioranza, mentre la popolazione maschile era affetta da varicoceli (alias guallere) pendenti e pance debordanti; in poche parole, salvo rare eccezioni, uno schifo.
Per raggiungere l'isola si utilizzava un rudimentale barcone ed appena arrivati, prima di scendere dalla passerella fummo invitati perentoriamente a spogliarci. "Un momento abbiamo i bagagli", ma il controllore non voleva scuse. Per accontentarlo mi sbottonai la vrachetta ed esposi una parte significativa del mio attributo virile; solo così ebbi il permesso di proseguire.
La permanenza di tre giorni fu una delusione e ricordo ancora con raccapriccio quando seduti ad un bar si avvicinò un giovane cameriere dotato di un fallo di dimensioni priapiche a chiederci cosa volevamo ordinare. "Stiamo consultando il menù, ma esprimeremo le nostre volontà solo e soltanto ad una tua collega dalle misure 90-60-90.", fu la nostra lapidaria risposta.
L'argomento degli incontri erotici potrebbe da solo costituire non tanto un corposo capitolo, bensì un libro ed è mia intenzione, in un futuro più o meno lontano, di scriverlo, ma per il momento per evitare che la lettura della mia autobiografia venisse vietata ai minori o potesse turbare i sogni delle mie ammiratrici timorate di Dio, me ne sono astenuto. Ho dovuto resistere alle proposte allettanti di tante vecchie o stagionate signore, le quali, pur di poter essere incluse tra le pagine del libro, al limite con una foto eloquente quando esistente, erano disposte ad acquistare decine di copie del volume, per poterlo distribuire orgogliose tra le compagne ai tavolini di burraco e addirittura in alcuni casi nell'ospizio che ora le ospita.
Faccio una sola eccezione per gli amanti del web, che potranno leggere in anteprima assoluta un capitolo del futuro libro dedicato alle imprese erotiche (sperando che non esca postumo) digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.it/search?q=stella+ninfomane

tav. 6 -Il Mattino - 1 novembre 2014

Passiamo ora ad un argomento più casto ed edificante quello del volontariato che dovetti affrontare nel 2014, quando per motivi imbarazzanti, che non vi svelo, ebbi la necessità di trovare due associazioni che mi accettassero come volontario per un paio di giorni alla settimana.
Credevo fosse una cosa per me semplice, avendo in passato foraggiato generosamente parecchie strutture, dalle suore di madre Teresa di Calcutta, di cui parlo nella mia autobiografia all'istituto Don Orione, equivalente napoletano del celebre Cottolengo, che da anni imperterrito mi invia a Natale un calendario, memore delle cospicue elargizioni del passato.
Partiamo da una mia lettera pubblicata da Il Mattino (fig.6) della quale trascrivo il testo ed a cui risposi

Gentile dottor Gargano, 
la ringrazio per la pubblicazione della mia lettera sul volontariato, ma credo necessario collegarla a questa altra  uscita su numerosi altri giornali
 Che volontà per fare volontariato
A Napoli tutto è difficile, anche cercare di essere utile agli altri, come dimostra il parziale racconto di questa odissea: in agosto, dopo aver faticosamente recuperato il numero della Caritas, che non compare né sull’elenco, né in rete, telefono per conto di mia moglie, laureata e con conoscenza perfetta di inglese e francese, offrendo la sua collaborazione in favore degli immigrati “Pensi a fare i bagni e ritelefoni a settembre”. Nuova telefonata dopo 20 giorni, l’interlocutore prende nota di mail e cellulare ed assicura una sollecita risposta, che non arriva, per cui nuovo sollecito, parlo con un dirigente, il quale mi fornisce la mail della suora incaricata a cui scrivo attendendo riscontro da oltre un mese. Amen.
Passiamo alla comunità di Sant’Egidio, anche essa ignota ad elenco telefonico e pagine bianche: ottengo un numero dalla sede di Roma, chiamo ripetutamente lasciando il mio recapito in segreteria, dopo 10 giorni mi chiama una signora in una lingua più spagnola che italiana, alla quale, nel presentarmi, offrendo la mia collaborazione, rammento la mia attività trentennale di medico pluri specialista, ma soprattutto la mia lunga esperienza nel portare conforto a tossicodipendenti e malati terminali. “Bene abbiamo proprio bisogno di personale per preparare i pacchi per i barboni!” Nonostante si tratta di una proposta nobilissima rimango stupefatto e mi fermo qui per non tediare il lettore, anche se potrei citare almeno altri 10 tentativi andati a vuoto.
La vita piena e ricca di chi fa volontariato
Sembra strano che in tristi tempi come quelli che viviamo, segnati da un tramonto dei valori religiosi, da un dissolvimento degli ideali politici, da un dominio incontrastato dell’edonismo e del consumismo più sfrenato, aumenti sempre più il numero di coloro che si dedicano con altruismo al volontariato, soccorrendo i più deboli ed i più sfortunati.
L’enorme carica di energia vitale che promana vigorosa da questa moltitudine di uomini e donne di ogni età, come un pollone spontaneo, è in grado di salvare il mondo, di colmare le ingiustizie più palesi, di permetterci di guardare al futuro con meno apprensione.
Solo chi lo pratica conosce le gioie del volontariato, la soddisfazione di essere utile al prossimo, di poter soccorrere chi ne ha bisogno, di dare un senso alla nostra vita.
Per chi non lo ha mai conosciuto e vuole avvicinarsi ad esso consiglio di farlo all’inizio in compagnia di qualche amico, si supera così più facilmente l’impatto che a volte può mettere in fuga i meno motivati, dando la penosa impressione di dover sopportare da soli tutto il male del mondo.
Giorno dopo giorno cresce poi una voglia irrefrenabile di fare qualcosa per gli altri ed il piacere di farlo.
Non si tratta di seguire precetti religiosi o vacui ideali, di conquistare meriti ultraterreni, bensì di agire spontaneamente per perseguire il bene.
Le soddisfazioni, ve lo assicuro, non si faranno attendere e saranno in grado di riempire il nostro animo di una gioia immensa.
(testo lettera de Il Mattino).   
          
 tav. 7 - Achille della Ragione

Per lunghi anni ho collaborato a numerose televisioni private, quando tali emittenti avevano un vasto seguito di spettatori, una situazione oggi completamente cambiata, dopo l'entrata sul mercato di Mediaset, Sky ed affini. Cominciai nel 1978 per Telesorrento, curando una rubrica seguitissima: Parliamone con il ginecologo, che veniva registrata nel mio studio (fig.7) per essere poi trasmessa in tre orari: mattina, pomeriggio e sera, mentre la domenica andava in onda una replica. Le telespettatrici ponevano delle domande alle quali io rispondevo. Andammo avanti per circa un anno e le risposte più significative sono poi divenute un libro (fig.8), in vendita nelle edicole, che ha avuto diverse edizioni.
Passai poi a Televomero, la quale in particolare seguiva le mie affollatissime visite guidate, per poi vendere il prodotto ad altre 12 emittenti di tutta Italia, da Tele Campobasso a Tele Salerno.
Intervistavo inoltre personaggi famosi ed invito i lettori  a consultare sul web una mia divertente intervista al principe Emanuele Filiberto digitando il link
https://www.youtube.com/watch?v=ID19mQGYEIkl

E trovandovi in rete potete ammirare il sottoscritto mentre rilascia un’intervista sul problema della monnezza ad una delle più importanti televisioni del nord.
https://www.youtube.com/watch?v=P7WfEuTHmp0

tav. 8 - Copertina



martedì 3 aprile 2018

Non darla vinta al consumismo

Il Mattino 3 aprile 2018

C'è voglia spasmodica di viaggiare e visitare paesi lontani e possibilmente caldi, senza conoscere la loro precisa localizzazione geografica.  Decine di milioni di persone in delirio si recano al Louvre o nei Musei Vaticani senza capire ciò che vedono. Per oltre cinquanta anni, banchieri, politici, economisti e intellettuali, hanno cercato di far credere che il progresso e il benessere fossero in crescita continua, senza però occuparsi dell'esaurimento delle risorse e del disastro ambientale.
Oggi siamo sommersi dagli oggetti che straripano da armadi e cassetti e da un desiderio incessante di riempine di nuovi. Abbiamo smarrito il senso delle cose che ci circondano.
Dobbiamo recuperare invece le virtù della civiltà contadina: la sobrietà, la parsimonia, il risparmio.
Non vi è altra strada da percorrere per l'Occidente e per il mondo. La catastrofe ambientale è imminente, ne respiriamo da tempo i miasmi e fra poco sentiremo squillare le trombe di Gerico che annunziano l'Apocalisse.
Sarà uno spettacolo davvero imbarazzante e non riguarderà i nostri figli o nipoti, ma la nostra generazione.

Achille della Ragione


Si sono invertiti la logica e il sentimento, giacché si amano le cose e si usano le persone, si svuotano i granai e si colmano le discariche.
Il consumo ci sta consumando la vita e impoverendo i desideri. L'invidia per i vicini cresce e spinge alla cassa. Perfino i poveri cedono alle lusinghe e s'indebitano.
Papa Wojtyla l'aveva previsto: «Non passate dalla schiavitù del comunismo a quella del consumismo».
Papa Francesco, meno politico solo in apparenza, ha detto: «Il consumismo ci ha indotto ad abituarci allo spreco. ma il cibo che si butta via è come se fosse rubato ai poveri ed affamati» .


Pietro Gargano