domenica 8 aprile 2012

Il culto della resurrezione



La ricorrenza della Pasqua si perde nella notte dei tempi, anche se i nostri antenati intendevano festeggiare la fine dell’inverno ed il trionfo della natura che si risvegliava rallegrando le nostre giornate, donandoci frutta in abbondanza e rigogliosi raccolti.
Mentre noi festeggiavamo la resurrezione di un uomo fattosi dio per redimerci dai nostri peccati, gli antichi festeggiavano la rinascita di un dio della vegetazione. In Grecia lo chiamavano Adone, in Asia minore Attis; anche loro nascevano da una vergine come il nostro Gesù. La ricorrenza veniva celebrata non solo con riti, ma anche con abbuffate pantagrueliche di dolci e pietanze a base di uova e grano. L’uovo come emblema universale di vita, il grano come simbolo di morte e rinascita della terra. Dall’uovo cosmico all’uovo pasquale, dal grano tenero alla pastiera il passo è breve.
Dopo l’austerità ed il digiuno della Quaresima, una proverbiale rivincita sulle privazioni. Abitudini culinarie poco comprensibili per noi che apparteniamo ad una civiltà dell’opulenza e che ancora in alcune città come Napoli o Palermo siamo soliti praticare lo struscio ed i sepolcri il Giovedì santo, ignorando la rievocazione di quando le nostre trisavole facevano crescere al buio del grano in piccoli vasi per porli poi sulla tomba di un dio.
Oggi in un mondo secolarizzato, preferendo alla meditazione una sana scampagnata, confondiamo il mito della resurrezione con una sagra della primavera.

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