mercoledì 4 aprile 2012

Il piacere di associarsi


27/11/2010

Tra le abitudini dei napoletani vi è stata sempre quella di associarsi per discutere, divertirsi, ma soprattutto per combattere il terrore della solitudine, stando tutti  assieme.
Tali organizzazioni esistevano anche nell’antica Grecia e presso i Romani e prosperarono un po’ dovunque durante il Medioevo ed il Rinascimento, ma fiorirono maggiormente a Londra ed in Francia durante e dopo la rivoluzione, avendo carattere prevalentemente politico.
A Napoli la nascita del primo circolo risale al 7 maggio del 1778, quando il marchese della Sambuca fondò l’Unione dei cavalieri della nobile accademia di musica, al quale fece seguito, cinque anni dopo una nuova associazione promossa da un tal Giovan Pietro Raby, che con alcuni amici prese in affitto una sede per ”discorrervi di negozi esteri e divertirsi in giochi permessi ed accademie di ballo e di musica”.
Nel 1864 un gruppo di nobili, tutti di fede borbonica, fonda il Whist, con sede in piazza San Ferdinando, mentre a far nascere l’esclusivo (ancora oggi) Circolo dell’Unione fu il patriota Carlo Poerio, all’indomani dell’unità d’Italia, il quale riuscì ad ottenere da Vittorio Emanuele la concessione dei locali scorporati dal San Carlo, nonostante il pericolo costantemente paventato di un potenziale incendio dalle cucine, che avrebbe devastanti effetti sul Massimo.

Negli anni successivi i circoli sorgeranno a Napoli come funghi: nel 1888 nasce il Circolo artistico, del quale parleremo in seguito, nel 1889 al Borgo marinaro il Circolo Italia, nel 1893 il Savoia, ancora oggi uno dei più esclusivi, che all’inizio si chiamò Sebetia, quindi nel 1905 il Tennis, nel 1914 il Napoli e poi il Rari Nantes ed ultimo il Giovinezza, il quale nel dopoguerra, rammentando un’imbarazzante canzoncina fascista: “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza”, fu ribattezzato Posillipo. E fu un cambiamento quanto mai opportuno, perché al di la delle opinabili opportunità politiche, la frequentazione era, come in gran parte delle altre associazioni, da parte di signore d’annata e signori ultramaturi, impegnati in defatiganti tornei di burraco, fumando e spettegolando, personaggi che della giovinezza hanno un pallido ricordo.
Il Circolo artistico, di cui prima abbiamo accennato, oggi tristemente decaduto, è stato per decenni uno dei più esclusivi della città e nei suoi saloni sono passati i nomi più prestigiosi dell’arte e della cultura napoletana: artisti, scrittori, musicisti e giureconsulti. 

Il circolo venne fondato nel 1888 in casa di Edoardo 
Dalbono con il nome di Società degli artisti, da un gruppo di pittori ed 
amanti dell'arte. Primo presidente fu il principe Giuseppe Caravita di 
Sirignano. Cambiò varie sedi ed assunse  la nuova denominazione all'indomani della fusione con il Circolo Forense di Enrico Pessina, nel 1902, e con il Circolo Politecnico di Ubaldo Masoni nel 1907.
Nel 1922 si trasferì in uno splendido palazzo in piazza San Ferdinando, che fungeva da foresteria del Palazzo Reale, dopo essere stato la sede del cardinale Zapata, viceré di Napoli. Il circolo artistico è stato anche sede della prima Scuola di 
Arte Drammatica di Napoli e della prestigiosa Accademia Napoletana degli 
Scacchi, frequentata per anni anche dal sottoscritto.
Esso raccoglie una notevole collezione di quadri, in particolar modo di 
pittura napoletana dell'Ottocento, donati dagli antichi soci ed una vasta biblioteca. 
Tutte le associazioni di cui abbiamo parlato, fondate in gran parte nell’Ottocento, vivono ancora, ad ulteriore dimostrazione della voglia dei napoletani di fare vita di gruppo, ma all’appello manca il Circolo della Stampa, che dopo un secolo di attività, si è visto sfrattato dalla sede che occupava, la Casina del Boschetto, di proprietà del comune. Sono seguite infinite questioni ed oggi la struttura versa nell’abbandono, dopo essere stata per tanto tempo sede di dibattiti, mostre congressi ed una volta ogni anno di una simpatica festa: il ballo delle debuttanti, le diciottenni che, all’epoca, facevano il loro primo ingresso in società.
Negli ultimi tempi nel panorama associativo partenopeo hanno assunto un’importanza crescente i Rotary ed i Lions, i quali, pur non avendo una propria sede (utilizzano in genere i saloni dei grandi alberghi) hanno incontrato il favore di molte categorie, che li prediligono. 

I primi sono molto più esclusivi ed a volte sembrano funzionare come una vera e propria consorteria. Vige l’obbligo di darsi del tu e vi è la possibilità, essendo i Rotary diffusi in tutto il mondo, di frequentare e conoscere il gotha della finanza, del mondo accademico e delle professioni, un’opportunità unica per intrecciare relazioni altolocate e per concludere affari. Da poco sono state accettate come socie anche le donne, che prima potevano frequentare le riunioni solo se accompagnate. A tal proposito vogliamo sottolineare che alcuni sodalizi napoletani fra i più celebri (non ne facciamo i nomi per non far vergognare i presidenti) non solo non accettano come soci le appartenenti al gentil sesso, ma addirittura vietano in sala l’ingresso alle signore se non accompagnate da un maschietto.
Ai Lions accedono in genere tutti coloro la cui iscrizione è stata rifiutata dai Rotary.
Entrambe le associazioni si propongono uno scopo culturale e per fortuna sono bandite le carte da gioco. I soci, per il 90% uomini, si riuniscono per discutere una volta alla settimana, mentre ogni mese vi è poi una conviviale con le signore.
Il cemento che tiene assieme tante persone, in mancanza di un mazzo di carte, è naturalmente il cibo, l’elemento unificatore per eccellenza nella nostra società bulimica e crapulona.

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