martedì 3 aprile 2012

Presentato il Viaggio sentimentale di Vittorio Sgarbi


12/11/2010

Con il concorso di una folla straripante, nello Spazio Krizia di Milano, Vittorio Sgarbi ha presentato la sua ultima fatica letteraria: Viaggio sentimentale nell’Italia dei desideri, che segue a distanza di un anno l’analogo Viaggio nell’Italia delle meraviglie.
Nel libro, corredato da numerose immagini, l’autore accompagna il lettore alla scoperta di luoghi incantati, quanto misconosciuti della penisola e delle sue impareggiabili bellezze storico artistiche, da Bolzano a Ragusa, passando per Milano, Pavia, Cremona, Mantova, Guastalla, Pisa, Roma, Capri, Capua e poi giù fino alla Calabria felix ed alle due isole, Sicilia e Sardegna, che per cultura e storia rappresentano quasi due continenti. Con una corposa appendice dedicata alle meraviglie della Liguria con il significativo titolo di Estasi liguri.
Il proposito è quello di far conoscere un’Italia sulla quale incombe la minaccia di scomparire, un po’ come sta succedendo in questi giorni a Pompei e che invece tutti noi dovremmo impegnarci per preservarla alle future generazioni.
Tra le pagine, scritte con una prosa elegante, che ci rammenta il dettato di Roberto Longhi, scopriamo uno Sgarbi inedito, che riesce a fare a meno delle parolacce e ad incantarci con le sue descrizioni accurate ed accorate, segno di un’emozione vissuta e trasmessa al lettore.
Si tratta in ogni caso di una analisi colta, soprattutto se si vuole seguire l’autore nelle sue meditazioni di critica politica, come quando cerca di delineare una scuola padana nella storia dell’arte, che invano cercheremo nei manuali dedicati all’argomento.
Grande attenzione è dedicata a documentare l’influenza esercitata da Rubens in alcuni dipinti del Seicento genovese. 
Il discorso forbito ed accattivante si trasforma in un vero e proprio pamphlet quando si parla di villa Fersen a Capri, dal nome del barone dandy al quale Roger Peyrefitte dedicò il suo libro L’exilé de Capri. 
La descrizione dello stato miserevole i cui versa la villa è impietoso:”In alcune stanze il soffitto è caduto, in altre voragini si aprono nel pavimento; sfondata e mutilata delle decorazioni la celebre stanza absidata detta dell’oppio”. Fortunatamente Sgarbi afferma che la struttura esercita nel suo stato di rovina il massimo del fascino, che ogni opera architettonica ha una sua vita biologica e tutto è destinato a ridiventare polvere. Si può solo rallentare il degrado senza deleterie operazioni disneyane.
Vorrei aggiungere sulla villa un particolare sul quale il libro non si sofferma e che costituisce la firma del proprietario, notoriamente, come tanti frequentatori dell’isola azzurra in quegli anni, di gusti sessuali particolari: il reggimano delle scale che conduceva gli ospiti al piano superiore è costellato di falli artistici di varie e lusinghiere dimensioni. Spero che non siano scomparsi, li ricordo, quando circa quaranta anni orsono la villa era abbandonata, ma si poteva entrare da un varco segreto e li mi recavo con amici e qualche straniera reperita in piazzetta per libare a Venere, in controtendenza alle inclinazioni dell’antico proprietario.
Durante la presentazione, a cui ha fatto seguito un poco meno che pantagruelico buffet, che ha visto signore d’annata contendersi all’ultimo morso succulenti tramezzini, Giorgio Albertazzi ha letto da par suo alcune pagine del libro.
Un vero assalto di domande alla fine, nel rispondere alle quali finalmente abbiamo rivisto lo Sgarbi televisivo dall’urlo altisonante e dall’improperio a raffica.
Anche io ne ho proposto una.

Maestro vorrei chiederle…
Vuole sfottermi?
Assolutamente no, non sapevo come chiamarla: sindaco, onorevole (anche se ex), sovrintendente, professore, per cui ho scelto un nuovo appellativo.Come sovrintendente di un Polo museale speciale, mi piacerebbe essere chiamato Speciale, un po’ come un rettore si può far chiamare Magnifico.
Nel suo volume gran parte del testo è dedicato al nord, come se al sud non esistessero meraviglie meravigliose, cosa può dire a sua difesa?Lapidaria la risposta
De gustibus non est disputandum

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