giovedì 29 febbraio 2024

mercoledì 21 febbraio 2024

Spettacolare visita guidata al Suor Orsola

 



Giovedì 29 febbraio vi sarà una spettacolare visita al Suor Orsola Benincasa, di cui visiteremo: il chiostro, la chiesa, la sala degli angeli, la pinacoteca Pagliara ed il museo dell'opera. L'appuntamento è previsto in via S. Orsola n10 alle ore 15:00 ed è gradito prenotarsi (poiché è a numero chiuso) con una telefonata ai numeri:

081 7692364 - 329 3233706. 

O inviando una mail a:

 achilledellaragione@gmail.com

Nel frattempo consultate i link

https://www.unisob.na.it/ente/b003_c.htm?vr=3

http://achillecontedilavian.blogspot.com/2012/03/la-pinacoteca-della-collezione-pagliara_16.html

Diffondete la notizia ai 4 venti avvertendo amici, parenti, collaterali ed affini. 

 _______________________

 Loretta Schianto fornisce alcune foto della visita 

 

Napoli 29 febbraio 2024
visita al Suor Orsola Benincasa





mercoledì 14 febbraio 2024

L'emergenza delle carceri

  

La Repubblica, pag.23
14 febbraio 2024

Il sistema penitenziario italiano è oramai in emergenza. Servono provvedimenti.

A fine gennaio le persone detenute in carcere erano 60.637, a fronte di 51.347 posti ufficiali (anche se sono circa 3.000 quelli che, tra questi, non sono disponibili). Dal 2021 ad oggi, dopo il calo di presenze ed dovuto alla pandemia di Covid-19, le persone detenute sono aumentate di 7.000 unità, una crescita media del 0,7% al mese. E se si guarda solo agli ultimi sei mesi la crescita media mensile è stata dello 0,8%.

Con questi tassi di crescita il sistema penitenziario italiano si avvicina a livelli di sovraffollamento che configurerebbero un trattamento inumano. Bisogna prendere provvedimenti e prenderli ora. I 17 suicidi di questo primo mese e mezzo dell'anno richiedono una risposta immediata. Le soluzioni ci sono.

Achille della Ragione  


  

 Il Mattino, pag.42
22 febbraio 2024


  

martedì 13 febbraio 2024

Due interessanti dipinti di autore ignoto

   

 fig.1 - Maria Maddalena -
 Caserta collezione privata

I due dipinti che descriveremo nel nostro articolo, appartenenti ad una collezione di Caserta, per quanto di piccole dimensioni e di autore ignoto, emanano un afrore che affascina l'osservatore ed appartengono al periodo barocco della pittura napoletana.

Il primo raffigura Maria Maddalena, la quale secondo il Nuovo Testamento è stata un'importante seguace di Gesù.

Venerata come santa dalla Chiesa cattolica, che celebra la sua festa il 22 luglio, la sua figura viene descritta, sia nel Nuovo Testamento sia nei Vangeli apocrifi, come una delle più importanti e devote discepole di Gesù.

Fu tra le poche a poter assisteremo alla crocifissione e –secondo alcuni vangeli– divenne la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell'avvenuta resurrezione. 

 

fig.2 - S. Antonio da Padova col Bambino -
Caserta collezione privata


Il secondo dipinto raffigura Sant’Antonio da Padova, con il Bambino ed il celebre giglio, che rappresenta la sua purezza e la lotta contro il male. Egli è uno dei santi più amati e venerati dai cattolici. Fulgido esempio di sapienza cristiana, autore di opere teologiche fondamentali e preziose, che gli valsero il titolo di Dottore della Chiesa, egli ricevette da San Francesco in persona l’incarico di insegnare teologia. Di origine portoghese, Sant’Antonio visse gli anni turbolenti a cavallo della fine del Medioevo, quando l’Europa era squassata da immani mutamenti politici e sociali. Primogenito in una famiglia nobile, Antonio visse tutti gli agi della giovinezza benestante di allora, ma presto manifestò l’amore per lo studio e la volontà di abbracciare una vita dedicata a Cristo. Scelse l’Ordine francescano e giunto in Italia incontrò San Francesco della cui ideologia fu un fiero sostenitore, anche contro le eresie che in quel periodo funestavano la Chiesa. Per la sua opera di evangelizzazione e lotta all’eresie ottenne il soprannome di malleus hereticorum, il martello degli eretici. Ma oltre a essere menzionato tra i Dottori della Chiesa, oltre ai suoi meriti come teologo e predicatore, Sant’Antonio è ricordato molto anche per i suoi miracoli, che lo hanno reso protettore dei poveri, degli affamati e degli oggetti smarriti.

Proclamato Santo da Gregorio IX, il Papa che lo volle a Roma perché predicasse a lui e ai cardinali le meditazioni quaresimali, divenne tra le altre cose famoso come il santo che aiutava le donne a trovare marito. Questa credenza è rimasta profondamente radicata nella devozione popolare al punto che ancora oggi c’è l’usanza di recitare una speciale Preghiera a Sant’Antonio per trovare un fidanzato, ma anche una Preghiera per il matrimonio rivolta dai giovani sposi al Santo.

Achille della Ragione

giovedì 8 febbraio 2024

I MIEI PROCESSI

 

 In copertina - Achille con Totò Cuffaro
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Prefazione 

Ho deciso di scrivere questo libro (il mio 160°) per illustrare  all'opinione pubblica la persecuzione a cui sono stato sottoposto dalla magistratura per 50 anni, a partire dal 1978. Perchè  ho introdotto in Italia il metodo Karman, ho ideato una metodica farmacologica per indurre l'aborto, che viene adoperata  in tutta Europa, ma soprattutto perchè non ho mai nascosto la  mia attività professionale e ho detto sempre la verità. 
Durante il periodo in cui sono stato gradito ospite dello Stato  ho scritto tre libri sull'argomento tutti consultabili su internet  digitando il titolo: 

Da questi tre libri, ho recuperato alcuni capitoli che ho proposto ai lettori nella seconda parte del libro.
Non mi resta che augurarvi buona lettura, dando appuntamento al mio prossimo libro, spero di argomento più allegro. 

 Achille della Ragione

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In 3° di copertina -
Presentazione libro a Palazzo Odescalchi


Indice

  • Prefazione  
  • I miei processi parte 1^  
  • I miei processi parte 2^  
  • I miei processi parte 3^  
  • I miei processi parte 4^  
  • La cattura, i primi giorni ed il trasferimento al G8 
  • Laurearsi in giurisprudenza 
  • Sogni ed incubi 
  • Il Tribunale del Riesame: il giorno più lungo 
  • Il ritorno a casa  
  • Una raccolta di favole per bambini  
  • La gatta Lucia  
  • Da professionista a barbone  
  • Beati loro 
  • Epilogo 
  • Primo finale  
  • Secondo finale  
  • Terzo finale  
Napoli 1° edizione marzo 2024

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In 4° di copertina - Il libro:
Da Rebibbia una raccolta di favole



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lunedì 5 febbraio 2024

I miei processi (parte IV)

Rebibbia 


Quando varcai la soglia del carcere credevo, memore di Poggioreale che fossi precipitato nell'inferno, viceversa dovevo a breve ricredermi, Rebibbia per me fu una sorta di paradiso terrestre. Dopo una settimana trascorsa in un reparto ordinario, dove era concessa un'ora d'aria al mattino, durante la quale concedevo consulenze mediche ai miei compagni ed un'ora di socialità al pomeriggio, occupata a scrivere lettere ai familiari degli altri detenuti, usando uno stile diverso a seconda che il destinatario fosse la fidanzata o i genitori, la direttrice mi disse che, essendo un personaggio celebre, mi avrebbero a breve trasferito nel G8, il reparto dei vip, il quale, a parte una trentina di ergastolani, ospitava personalità celebri, tra cui spiccavano i nomi di Dell'Utri e di Cuffaro, oltre ad architetti truffatori ed ingegneri imbroglioni. 

Inoltre le ore libere erano dalle 8 del mattino alle otto di sera e da maggio ad ottobre fino alle 22:30.  

  
Copertina del libro:
"Grand hotel carcere di Rebibbia"

copertina: "Favole di Rebibbia"
(libro illustrato dal piccolo
 Leonardo Carignani di Novoli)

Impegnavo il tempo in molteplici attività, di cui la principale fu iscrivermi alla facoltà di Giurisprudenza, dove insegnavano professori famosi ed io ebbi modo di superare 15 esami, tutti con trenta e trenta e lode.

Inoltre organizzai un cineforum, frequentai un corso di buddismo e potevo tre volte la settimana, in un teatro con mille posti, ammirare spettacoli, seduto in prima fila, di musica o cabaret, tenuti da personalità importanti, che poi volevano parlare con me, come testimoniano le foto che ho fatto insieme a Serena Autieri, Irene Pivetti ed ai Fratelli Taviani.

Tutti i giorni dedicavo due ore agli scacchi, sfidando maestri internazionali, tutti ergastolani, ottenendo lusinghieri risultati.

Mentre a Poggioreale non si reca in visita nemmeno il diavolo, a Rebibbia quasi ogni giorno venivano in visita ministri, rettori, membri della commissione europea ed il direttore, fingendosi impegnato, dopo alcune parole di benvenuto, li affidava a me o a Cuffaro per una visita accurata del penitenziario.

Durante il piacevole soggiorno fui l'unico detenuto italiano che ebbe il permesso di presentare un suo libro fuori dalle mura del carcere ed io ebbi l'altissimo onore nei locali di una celebre casa d'aste, la Minerva Auctions, localizzata a Palazzo Odescalchi e dotata di una sala con oltre cento poltrone, tappezzata di quadri importanti, di illustrare il mio best seller: Napoletanità, arte, miti e riti a Napoli, davanti ad una platea strapiena di amici venuti, oltre che da Napoli, da tutta Italia per potermi abbracciare e la soddisfazione più grande furono le parole dell'ispettore capo del Dap, Giannelli, immortalate da 3 - 4 televisioni presenti, che nel presentarmi al pubblico dichiarò: "Abbiamo l'altissimo onore di ospitare il più celebre intellettuale italiano vivente".

Chi vuole visionare l'evento basta che digiti  

https://youtu.be/MSr37Cp0sSs?si=o0ZZommNY4M8IMV5


e rimarrà stupito. Era pur vero che a Rebibbia mi trovavo bene, ma il mio desiderio era naturalmente ritornare a casa mia, per cui mi attivai per poter usufruire di arresti domiciliari per gravi motivi di salute. Come malattie vere da anni soffrivo di una severa cardiopatia, per la quale ero stato già sottoposto 2 volte ad applicazione di stent alle coronarie, all'occhio sinistro avevo una cataratta che mi privava del 90% della vista, in mezzo alle gambe avevo una vistosa ernia inguinale che da tempo protrudeva nel testicolo, per cui vi era un elevato rischio che si potesse strozzare. 

Decisi per sicurezza di aggiungere un certo numero di patologie false, partendo dalla circostanza che un detenuto del reparto aveva espulso un vistoso calcolo che mi feci regalare e dal giorno dopo finsi ogni giorno di soffrire di dolorose coliche renali, per cui mi venivano date compresse e supposte di antispastici in quantità che regolarmente buttavo nel cesso, un diabete di cui già soffrivo in forma lieve lo feci salire vertiginosamente, perché la mattina in cui mi facevano il prelievo, invece di rispettare il digiuno, ogni 20 minuti prendevo un bicchiere d'acqua con 4 cucchiaini di zucchero per cui la glicemia arrivò a 3.8, un valore che mise in allarme il medico dell'ospedale, che mi ammonì a stare attento a ciò che mangiavo, perché rischiavo il coma diabetico.

Ma la patologia più eclatante che finsi è quella di avere delle visioni: di giorno durante l'ora d'aria, tra lo stupore delle guardie parlavo con Gesù e la Madonna con le mani protese verso il cielo, mentre di notte la mia cella era spesso visitata da Satana che mi invitava ad uccidere i miei compagni di cella. Seguivano urla e schiamazzi, che cessavano solo all'arrivo dei secondini.

Mi fu prescritta una tac cerebrale, le cui lastre ancora conservo, da cui risultò che il mio encefalo era completamente calcificato. Lei riesce ancora a parlare, cammina da solo? mi chiese il radiologo, il suo cervello è quello di un uomo di novanta anni. Io sorridendo gli risposi: "è l'unica cosa che mi funziona, provi a mettere il sensore in mezzo alle gambe e dirà che ho l'età di Matusalemme".

Davanti ad una documentazione così abbondante il Tribunale di sorveglianza mi concesse i domiciliari con la motivazione che ero in imminente pericolo di vita, per cui il 30 marzo del 2014 ritornai a casa. 

31 maggio 2013
 presentazione del libro:
 "Napoletanità arte miti e riti a Napoli"

  
Achille con il senatore SALVATORE CUFFARO
   ex presidente della regione Sicilia

 

Giugno 2013 Veronica Pivetti
presenta nella biblioteca Papillon di Rebibbia
Il suo libro: "Ho smesso di piangere" 

ottobre 2013
 Serena Autieri riceve: "Favole da Rebibbia"


Achille con ALBERTONE il gladiatore

Nel frattempo la mia pena si era ridotta vistosamente, perché avevo usufruito dell'indulto del 2006, mi erano stati sottratti i domiciliari già scontati, la permanenza a Poggioreale ed inoltre a tutti detenuti che osservavano buona condotta ogni semestre venivano sottratti 45 giorni di pena e mi trovai in un momento in cui un decreto svuota carceri concedeva ulteriori 5 mesi all'anno.

I domiciliari di cui godetti erano morbidi: potevo uscire ogni mattina dalle 10 alle 12, potevo incontrare chiunque, salvo pregiudicati e tossicodipendenti e se avevo necessità di una visita medica, basta che telefonavo al commissariato avvertendo che uscivo e segnalare quando tornavo, consegnando ogni fine mese i certificati, per cui mi procurai da colleghi compiacenti di Caserta, Cava dei Tirreni e Salerno delle ricette in bianco che falsificavo e se volevo andare a cinema o a trovare degli amici potevo farlo quando volevo.

Ripresi le visite guidate ed il salotto culturale, interrotti nel 2008.

Chiesi poi l'affidamento al volontariato, che dopo alcune sedute, il Tribunale di sorveglianza mi concesse, per cui in cambio di un'ora il martedì presso il centro anti usura di padre Rastrelli in piazza del Gesù ed un'altra ora il mercoledì presso l'Asl di Poggioreale, ero libero di uscire ogni giorno dalle 7 alle 21.

E finalmente arrivò il mese di dicembre del 2016 quando ritornai ad essere un uomo libero.

Pochi mesi fa, dopo un tempo infinito di attesa, il Tribunale dei diritti dell'uomo ha stabilito che la pena a cui sono stato sottoposto era annullata, per cui potrò chiedere allo Stato un rimborso notevole di denaro, che ho già stabilito con atto notarile, che dovrà essere diviso in parti eguali tra la sede napoletana di Madre Teresa di Calcutta, il piccolo Cottolengo con sede presso la chiesa di Donnalbina, e l'Istituto dei ciechi Colosimo.

Mi ha telefonato giorni fa l'amante della sgualdrina che ha provocato il casino, il quale ha scontato 3 anni di carcere, dicendomi che, non avendo lui fatto il ricorso, non potrà usufruire del rimborso in denaro.

Il calvario è finito. Amen.

Achille della Ragione 

 



domenica 4 febbraio 2024

I miei processi (parte III)




Ed ora passiamo all'ultimo processo che, sebbene innocente, si è concluso con una condanna degna di un boss della camorra: 10 anni di reclusione emanati dalla Corte di appello di Napoli nel 2008, che hanno rovinato la mia vita e soprattutto quella della mia famiglia.

Raccontiamo la storia dall'inizio. Una mia cliente di vecchia data, che era venuta più volte nel mio studio per svariati motivi, era l'amante di un facoltoso imprenditore di Potenza col quale voleva abitare assieme, ma lui rimandava continuamente, con la scusa che voleva aspettare che i suoi figli si facessero grandi. Arrivò un momento che lei perse la pazienza e chiese una buonuscita di 200 milioni, promettendo che, ricevuti i soldi, si sarebbe trasferita in un'altra città. La risposta fu negativa ed il consiglio che le fu dato fu quello di rivolgersi a me, che ero un miliardario, e di chiedere un prestito per una cifra equivalente.

Lei venne nel mio studio e mi chiese i soldi, affermando che se non glieli avessi dato me ne sarei pentito amaramente. La congedai senza paura e non pensai nemmeno di denunciarla per tentata estorsione, in passato avevano tentato di mettermi una tangente di 50 milioni i Nap,  i corrispondenti napoletani delle brigate rosse ed io fingendo di acconsentire, quando vennero nel mio studio gli feci trovare i carabinieri che li arrestarono ed alcuni di loro, poichè erano ricercati per omicidio, scontarono 30 anni di carcere.

Avevo fatto i conti senza l'oste e me ne accorsi dopo un anno, quando nel mio studio si presentò la polizia, comunicandomi che era stato emesso dalla magistratura nei miei confronti un provvedimento di custodia cautelare, perchè avevo provocato un aborto con la forza ad una mia cliente. Per fortuna si trattava di arresti domiciliari, che durarono 3 mesi, durante i quali non potevo rispondere al telefono e potevo incontrare solo parenti entro il 4° grado. 

In seguito tornai libero e partì il processo, che si concluse nell'agosto del 2008.

In fase istruttoria mi fu offerta la possibilità di patteggiare una pena di 2 anni ed 8 mesi, ma io, essendo innocente, rifiutai sdegnosamente. 

Durante le varie udienze furono ascoltati numerosi testimoni, di cui sette in mio favore, che alla fine del procedimento furono denunciati per falsa testimonianza. Essi sono stati in seguito tutti assolti. Tra questi voglio segnalare la segretaria della clinica, che affermò che solo lei possedeva la password per accedere alle cartelle cliniche ed a dimostrazione che quella della paziente in questione era stata lei a compilarla portò i suoi quaderni di scuola, dai quali si capiva chiaramente che era la sua calligrafia. Il medico di guardia ricordava perfettamente la paziente che era rimasta ricoverata per 2 giorni in clinica. Due miei colleghi ginecologi famosi affermarono che dall'esame delle ecografie della paziente si evinceva chiaramente che l'embrione era affetto da varie patologie e probabilmente a breve sarebbe abortita spontaneamente.

Alla fine del processo il pm chiese una pena di 8 anni, mentre la giuria mi condannò a 10, così suddivisi:  4 anni e mezzo per aborto su donna non consenziente, 3 anni e mezzo per falsificazione della cartella clinica, 1 anno e mezzo per aborto su donne da identificare (anche se non ne era stata identificata alcuna) e 6 mesi per possesso di medicinali scaduti trovati nel mio studio.

I miei avvocati fecero appello, ma la sentenza fu confermata. Si rivolsero allora in Cassazione e qui vi è un'altro scandalo, perché essa si pronunciò nel mese di agosto, quando si discutono solo casi con imputati detenuti, ma i giudici temevano che dopo alcuni giorni alcuni reati sarebbero caduti in prescrizione.

Conclusione 10 anni da scontare nelle patrie galere.

Decisi di darmi alla latitanza, perché dopo 10 anni la pena si sarebbe estinta.

Chiesi un parere al mio amico Carlo Spagna, magistrato di alto rango, il quale mi consigliò di recarmi all'estero, perchè a Parigi o a Londra, carabinieri e polizia non potevano cercarmi, e l'incarico di catturarmi sarebbe passato all'Interpol, la quale si interessava solo di assassini e mafiosi.

Non seguii il consiglio del mio amico e scelsi  come sede della latitanza Roma, dove presi in fitto un appartamento di sei stanze con un terrazzo di 100 metri ed un giardino di 500 dove scorrazzava Attila il mio fedele rottweiler, che la notte dormiva al fianco del mio letto. A farmi compagnia vi era anche Tania, la mia domestica di Napoli, che mi seguì nella mia latitanza.  

   

 


Durante l'estate affittavo una villa sul mare; il primo anno a Santa Marinella, uno splendido maniero con otto stanze e con una discesa a mare con una spiaggia privata e trascorsi un'estate da sogno in compagnia delle mie zie ed a volte con qualche amico fidato, il più presente Carlo Castrogiovanni. Gli altri anni affittai una villa a Marina di Cerveteri, sempre con un ampio giardino dove Attila poteva scorrazzare felice.

A Roma d'inverno ogni pomeriggio partecipavo a qualche conferenza o presentazione di libri, con relatori del calibro di Eugenio Scalfari e Umberto Eco. Il giovedì pomeriggio andavo a teatro, mentre nel fine settimana frequentavo circoli di scacchi e partecipavo a tornei e festival, spesso vincendo ricchi premi.

Per le telefonate ai miei familiari usavo schede anonime comprate all'estero e per continuare la mia passione di scrivere libri e lettere ai giornali utilizzavo degli internet point sempre diversi per evitare di essere localizzato. Sapevo che mi cercavano, perché ogni giorno quando aprivo il mio blog e leggevo chi lo avesse consultato, leggevo sempre carabinieri e polizia e non credo per leggere i miei articoli.

E fu proprio la mia mania di scrivere che mi tradì. Infatti la sezione catturandi di Napoli, non avendo evidentemente latitanti più pericolosi da cercare, trasferì a Roma per un mese 50 tra carabinieri e poliziotti i quali si appostarono dalla mattina alla sera fuori agli internet point, dove risultava che mi ero recato di recente e capitò un giorno fatale in cui mi identificarono e mi arrestarono.

Saliti sulla volante mi chiesero dove abitassi, perché volevano perquisire il mio appartamento, ma io candidamente dichiarai che dormivo sotto i ponti. Capirono che volevo prenderli in giro ed affermarono: andiamo al penitenziario. Chiesi timoroso: Poggioreale? No ci rechiamo a Rebibbia.  

  

sabato 3 febbraio 2024

I miei processi (parte II)


  

fig.1 - Il Giornale di Napoli

La storia che racconteremo è avvenuta nel 1998, ma potrebbe accadere anche oggi ed è la dimostrazione lampante dello strapotere della magistratura che, secondo la Costituzione dovrebbe rappresentare uno dei tre poteri dello Stato, ma che in pratica tra intercettazioni, sequestri cautelativi ed arbitrio assoluto sulla libertà personale dei cittadini, costituisce uno strapotere in grado di condizionare gli altri due.

Siamo alla fine degli anni Novanta ed un ginecologo di nome Achille e dal cognome famoso, dopo aver introdotto in Italia il metodo Karman ed aver favorito l'approvazione della legge 194, riguardante l'interruzione di gravidanza, attraverso una clamorosa autodenuncia, prosegue indefesso la professione nel suo studio di via Manzoni, ma la magistratura non gli da tregua con continue irruzioni e con un primo sequestro cautelativo del luogo di lavoro (fig.1-2), a cui si aggiunge un ulteriore sequestro: quello dei registri delle ricevute degli ultimi 10 anni di attività, sui quali gli inquirenti cercheranno le prove di eventuali reati, con un impegno di tempo e personale degno di miglior causa, interrogando 700 pazienti.

Le ricevute venivano rilasciate soltanto a pazienti che potevano ottenere una forma di rimborso e prevedevano unicamente prestazioni quali: applicazione di spirale, trattamento dell'anargosmia, causticazione di una piaghetta, visita senologica, ecografia pelvica etc.

Le donne vennero convocate tutte, circa 700 ed a trabocchetto veniva posta la domanda: come avete conosciuto questo medico?

4-5 si lasciarono sfuggire: mi sono recata da lui la prima volta per un aborto. Allora l'interrogatorio si interrompeva bruscamente: "non siete più persona informata dei fatti, ma imputata, dovete nominarvi un avvocato la 194 prevede infatti anche per la donna una sanzione, anche se solo pecuniaria.

Achille è costretto a trasferire l'attività in un'altra sua struttura, il Senos, normalmente adibita alla prevenzione dei tumori al seno, ma tempo un anno ed anche lì i tutori dell'ordine sequestrarono lo studio (fig.4-5-6) e questa volta anche delle foto scientifiche, riguardanti malformazioni mammarie, che sulla stampa saranno presentate come immagini pornografiche (fig.3).


 

fig. 2 - Corriere del Mezzogiorno

  

fig. 3 - La Repubblica

    

fig. 4 - Il Giornale di Napoli


Con pazienza e sopportazione ai limiti dello stoicismo, il Nostro si vede costretto ad appoggiarsi all'ambulatorio di un collega al Vomero.

Ma anche in questa nuova sede si approssimava vento di tempesta, che viene preannunciata ad Achille da una sua cliente, appartenente alle forze dell'ordine: lunedì saremo da te pronti ad un nuovo sequestro.

Ogni limite ha una pazienza ed Achille decide di chiedere il patteggiamento, prendersi una piccola pena con la condizionale e ritornare in possesso dei suoi studi.

In occasione del patteggiamento i quotidiani dedicarono pagine su pagine all'argomento, e le due magistrate incaricate del caso, all'epoca giovanissime, oggi ai vertici della carriera, non stavano nei panni per i titoli a nove colonne nei quali compariva il loro nome al fianco di un personaggio ultra famoso.

La mattina che venni ricevuto a Palazzo di Giustizia indossai per l'occasione un vestito di Rubinacci ed una cravatta di Marinella. Le due magistrate, abituate a trattare con delinquenti, alla vista di un uomo così bello ed elegante, gli offrirono la mano, immaginando una semplice stretta e rimasero di stucco quando furono oggetto di un baciamano in piena regola.

Si passò poi all'esame del mio caso: "Abbiamo trovato ben 5 donne che hanno confessato di essersi sottoposte ad interruzione di gravidanza nel suo studio". Baldanzoso risposi: "mi complimento che indagini minuziose siate giunte a queste conclusioni, ma vi sono sfuggiti alcuni dettagli che in questa sede vorrei rendervi noti, in questi anni ho praticato, sempre e soltanto su pazienti maggiorenni e consenzienti altri 20.000 aborti!".

Tutti rimasero allibiti, dal cancelliere ai magistrati e la conclusione fu una condanna ad 1 anno e 2 mesi di reclusione con la condizionale (che trascorsi 5 anni di buona condotta si sono estinti), nel frattempo tornai in possesso dei miei studi sequestrati.

La sentenza fu comunicata all'ordine dei medici, che, senza convocarmi, mi sospese dall'esercizio della professione. Chiesi di essere ascoltato e davanti alla commissione dichiarai la mia innocenza e di aver accettato la sentenza unicamente per ritornare in possesso dei miei studi. Fui lo stesso sospeso, per cui ricorsi davanti alla commissione centrale di Roma e poi in Cassazione, che mi diede ragione, provocando in base alla sua decisione una revisione della legge, che da allora prevede che si possa usufruire del patteggiamento solo se ci si dichiara colpevole.

I quotidiani di tutta Italia diedero ampio risalto alla notizia del patteggiamento, ma aggiunsero particolari falsi come si evince dall'articolo pubblicato dalla Stampa di Torino, dal titolo che grida vendetta (fig.7): Il mantenuto dalle minorenni.

Decisi non di querelare perché il procedimento penale avrebbe bloccato il risarcimento pecuniario ma di chiedere soltanto una somma di denaro per il danno alla mia immagine ai 7 più importanti quotidiani del Paese.

La discussione della diatriba avvenne nella sede legale di ciascun giornale (Torino, Milano, Roma, Napoli etc) ed a decidere sullo stesso episodio furono 7 giudici diversi, che emisero 7 sentenze diverse.

Tre di loro, con motivazioni ben oltre il demenziale, affermarono che i giornali avevano semplicemente esercitato il loro sacrosanto diritto di cronaca... (anche se la notizia era assolutamente falsa), gli altri quattro stabilirono dei risarcimenti di varia entità, da un minimo di 20 milioni ad un massimo di 180.

La favoletta è finita ai lettori l'ardua sentenza

 

Fig.5 -il Mattino

 

fig. 6 - Il Mattino


fig.7 - La Stampa


A partire dal 2000 per l'aggravarsi delle mie condizioni di salute ho rallentato la mia attività professionale. Mi recavo 2 volte alla settimana alla clinica S. Anna di Caserta, alla quale grazie alle mie conoscenze politiche avevo fatto ottenere l'autorizzazione a praticare interruzioni di gravidanza ed eseguivo una decina di interventi, che a me venivano pagati 100.000 lire cadauno, mentre la clinica riceveva dalla Asl 2 milioni ad aborto.

Poi dal 2003 ho limitato ulteriormente la mia attività andando nello studio 3 volte la settimana per poche ore, praticando: causticazioni, applicando spirali, eseguendo ecografie e visite senologiche.

Le numerose pazienti che mi richiedevano di abortire le indirizzavo alla clinica di Caserta, oppure per chi non voleva andare fuori Napoli consigliavo di recarsi all'ospedale San Paolo di Fuorigrotta, dove il reparto di interruzioni di gravidanza era diretto da un mio amico Gino Langella, di cui fornivo il numero telefonico.

Sembrava tutto tranquillo, anche se dal 2000 era cominciato un procedimento penale di cui parleremo in seguito, quando una mattina del 2008 alle 6:30 una pattuglia di carabinieri viene ad arrestarmi per condurmi nel carcere di Poggioreale dove trascorrerò 15 giorni infernali, fino a quando il Tribunale del riesame riconoscerà la mia innocenza e mi restituirà la libertà.

Consiglio ai lettori per approfondire l'argomento di consultare in rete, digitando il titolo, il mio libro: Le tribolazioni di un innocente.

Ero accusato di associazione a delinquere assieme al mio collega Gino Langella, al suo anestesista ed alla sua segretaria, che non avevo mai conosciuto.

I giudici fecero appello in Cassazione e si svolse il processo, dal quale uscii con una condanna di 4 anni e tre mesi e qui debbo ringraziare l'inefficienza dello Stato perchè a distanza di oltre 15 anni il procedimento di appello deve ancora svolgersi, per cui da oltre 8 anni i reati con le relative pene sono caduti in prescrizione. 

 

 


Ed ora passiamo all'ultimo processo che, sebbene innocente, si è concluso con una condanna degna di un boss della camorra: 10 anni di reclusione emanati dalla Corte di appello di Napoli nel 2008, che hanno rovinato la mia vita e soprattutto quella della mia famiglia.

Raccontiamo la storia dall'inizio. Una mia cliente di vecchia data, che era venuta più volte nel mio studio per svariati motivi, era l'amante di un facoltoso imprenditore di Potenza col quale voleva abitare assieme, ma lui rimandava continuamente, con la scusa che voleva aspettare che i suoi figli si facessero grandi. Arrivò un momento che lei perse la pazienza e chiese una buonuscita di 200 milioni, promettendo che, ricevuti i soldi, si sarebbe trasferita in un'altra città. La risposta fu negativa ed il consiglio che le fu dato fu quello di rivolgersi a me, che ero un miliardario, e di chiedere un prestito per una cifra equivalente.

Lei venne nel mio studio e mi chiese i soldi, affermando che se non glieli avessi dato me ne sarei pentito amaramente. La congedai senza paura e non pensai nemmeno di denunciarla per tentata estorsione, in passato avevano tentato di mettermi una tangente di 50 milioni i Nap, i corrispondenti napoletani delle brigate rosse ed io fingendo di acconsentire, quando vennero nel mio studio gli feci trovare i carabinieri che li arrestarono ed alcuni di loro, poichè erano ricercati per omicidio, scontarono 30 anni di carcere.

Avevo fatto i conti senza l'oste e me ne accorsi dopo un anno, quando nel mio studio si presentò la polizia, comunicandomi che era stato emesso dalla magistratura nei miei confronti un provvedimento di custodia cautelare, perchè avevo provocato un aborto con la forza ad una mia cliente. Per fortuna si trattava di arresti domiciliari, che durarono 3 mesi, durante i quali non potevo rispondere al telefono e potevo incontrare solo parenti entro il 4° grado. 

In seguito tornai libero e partì il processo, che si concluse nell'agosto del 2008.

In fase istruttoria mi fu offerta la possibilità di patteggiare una pena di 2 anni ed 8 mesi, ma io, essendo innocente , rifiutai sdegnosamente. 

Durante le varie udienze furono ascoltati numerosi testimoni, di cui sette in mio favore, che alla fine del procedimento furono denunciati per falsa testimonianza. Essi sono stati in seguito tutti assolti.  

 


 


venerdì 2 febbraio 2024

I miei processi (parte I)




I miei processi penali sono numerosi, cominciano nel 1978 quando mi autodenunciai di aver praticato in un anno 14.000 aborti e finiscono, per il momento, nel 2008, quando innocente, fui condannato a 10 anni di reclusione, sentenza interamente scontata, perchè il Tribunale dei diritti dell'uomo di Strasburgo, solo da poco ha stabilito la mia innocenza.

Cominciamo il racconto: il primo ad agire fu il tribunale di Salerno che impiantò un processo per aborto procurato, durante il quale, il PM, con un'arringa severa chiese una pena di 13 anni di reclusione. Appena terminò di parlare chiesi la parola e replicai: Prima di dare la parola ai miei avvocati difensori, principi del foro, voglio affermare che sua Eccellenza nella sua sconclusionata prolusione ha dimostrato in maniera lampante la sua ignoranza della legge 194, la quale, nelle norme transitorie, prevede chiaramente che chi, prima dell'entrata in vigore della legge, avesse eseguito delle interruzioni di gravidanza, rispettando la volontà della donna ed il periodo di gestazione inferiore a 9 settimane non era punibile.

"Non  è punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque abbia  commesso  il fatto prima dell'entrata in vigore della presente legge,  se il giudice accerta che sussistevano le condizioni previste dagli articoli 4 e 6."

Dopo le prolusioni dei miei avvocati si riunì la giuria e dopo poco tempo uscì il verdetto: assoluzione con formula piena!

Nello stesso tempo il Tribunale di Salerno aveva aperto un processo per evasione fiscale ed aveva posto sotto sequestro un conto bancario di mezzo miliardo intestato a mio fratello Carlo, credendo che i soldi fossero miei. 

Ci difendemmo affermando che la nostra era una famiglia ricca perché aveva ereditato immobili e denaro da un nostro secondo nonno, che portava un nome glorioso: Achille della Ragione. A tale scopo incaricammo un'agenzia di fare delle ricerche catastali, dalle quali con nostra grande meraviglia scoprimmo  che questo nostro antenato era ricco sfondato. Presentammo una copiosa documentazione ed i soldi di mio fratello furono liberati, mentre io venni assolto dal reato di evasione fiscale, in compenso fu posta una stupida ipoteca di un miliardo per 20 anni sulla casa delle mie zie di cui io possedevo una parte infinitesima e colmo della stupidaggine del fisco, è stata di nuovo rinnovata allo scadere e solo nel 2018 hanno mollato la presa.

Nello stesso anno, mentre il Tribunale penale si attivava, l'ospedale di Cava dei Tirreni dove lavoravo (anche se da un anno mi fingevo malato) mi licenziò in tronco  e dovetti cominciare una interminabile causa, prima davanti al Tar, poi al Consiglio di Stato, durata 24 anni, dopo la quale ricevetti un miliardo di risarcimento (stipendi arretrati, svalutazione ed interessi) e ritornai in servizio nel 1992.

Approfittai della mia presenza in una struttura pubblica, nonostante un primario obiettore, un direttore d'ospedale cattolico praticante ed un responsabile dell'Asl bizoco, per sperimentare una metodica farmacologica per indurre l'aborto, associando  alle prostaglandine un diverso contratturante uterino, l’ormone ossitocico (Syntocinon), usato da decenni nel post partum, scoprendo che le due sostanze, a differenza di quello che si credeva prima, possedevano una sinergia notevole, migliorando considerevolmente la percentuale di successo che nella nostra sperimentazione fu del 96%, un  risultato più lusinghiero della stessa pillola francese.

Appena cominciammo la sperimentazione ottenemmo un notevole gradimento soprattutto da parte di quelle pazienti che avevano avuto  precedenti esperienze con le tecniche tradizionali.

Pubblicai i risultati delle mie sperimentazioni su riviste scientifiche (Contraccezione, fertilità, sessualità, vol.18, n.4, luglio 1991; idem, vol.19, n.3, maggio 1992) e ne diedi notizia  nel corso di convegni internazionali. (Vedi atti dell’International Congress of Obstetrix and Gynecology, Isola d’Elba, giugno 1992).

I consultori dei comuni limitrofi cominciarono ad inviarci pazienti in numero sempre maggiore, ma l’atmosfera di ostilità intorno al mio lavoro cresceva giorno dopo giorno, fino a quando della nuova metodica diedero notizia, prima un quotidiano (Il Golfo, 5 febbraio 1992) e poi alcune televisioni locali.

La reazione da parte delle istituzioni non si fece attendere: un’interrogazione parlamentare da parte dell’onorevole Parlato al ministro della Sanità ed a quello di Grazia e Giustizia e prontamente una giovane magistrata della Procura di Salerno, per intimidirmi, fece sequestrare dai carabinieri le cartelle cliniche delle pazienti, con la scusa di dover approfondire la questione. Poscia mi convocò e mi annunciò che a giorni sarebbe cominciato un processo nei miei confronti per sperimentazione farmacologica illegale. Fortunatamente nel corso di una conversazione preliminare le spiegai che per sperimentazione si intende l'uso di sostanze sconosciute alla farmacopea ufficiale, mentre nel mio caso i due medicinali erano in commercio da anni e la mia scoperta consisteva nell'averli accoppiati nelle dosi giuste e con modalità appropriate. La magistrata si convinse ed il processo non è mai partito.

L’ospedale non acquistò più le candelette di Cervidil e potetti continuare  ancora per qualche mese soltanto grazie alla casa farmaceutica, che ci forniva gratuitamente il prodotto. Infine arriva il mio improvviso licenziamento, ma l'evento mi lascia indifferente perché nel mio mitico studio privato mi attendono infiniti pazienti.

Voglio sottolineare che la mia metodica è ancora oggi adoperata in numerosi paesi europei con ottimi risultati. 

 


 

Proseguendo la nostra carrellata tra i processi arriviamo al 1994, quando poichè si prevedeva a giorni un condono edilizio decidemmo di costruire un 5° piano abusivo alla nostra villa di Posillipo per poi metterlo in regola. 

In soli due giorni completammo l'edificazione, scatenando l'invidia dei nostri vicini, i quali ci fecero in breve arrivare la polizia.

Quando vennero 3 poliziotti col proposito di apporre i sigilli, si accorsero che la costruzione era terminata e non potevano bloccarla, potevano solo identificare il responsabile e denunciarlo per abuso edilizio. Io mi trovavo a casa, nonostante da tempo per motivi fiscali ero separato da mia moglie ed avevo un altro domicilio. Mi presi la responsabilità dell'abuso e la relativa denuncia, senza alcun timore.

Il reato di abuso edilizio va in prescrizione dopo 5 anni e la prima udienza fu fissata dopo 4 anni e mezzo. Io naturalmente con un certificato medico falso non mi presentai e dopo poco il reato si è estinto.

Per inciso voglio ricordare che per il condono pagai 10 milioni all'epoca e dopo alcuni anni un'integrazione di 10.000 euro, ma per colpa della Sovrintendenza che non ha ancora concesso il visto, sono 30 anni che attendo di regolarizzare la posizione catastale.

E passiamo ora ad un altro processo che mi vide come coimputato il collega Gino Langella nel 1995. 

Una fanciulla spudorata per mettere in difficolta il fidanzato che non voleva sposarla inventò la palla che era stata costretta dalla sua metà a sottoporsi a due aborti contro la sua volontà: uno nello studio del collega ed uno da me.

Al processo mi fu chiesto se riconoscevo la presunta paziente vestita con una minigonna e truccata oltre ogni limite.

Io affermai candidamente ai giudici che nel mio studio transitavano migliaia di pazienti e non potevo riconoscerle tutte, ma una fanciulla così affascinante e spudorata l'avrei certamente ricordata, ma non la avevo mai vista.

Il risultato fu una condanna a 2 anni con la condizionale per me ed il mio collega.

Facemmo appello, che si svolse a tempo di record dopo pochi mesi. 

In quella occasione i giudici chiesero alla donna se ricordava l'indirizzo del mio studio, dove si era svolto il fattaccio. Lei senza tentennamenti affermò via Cavalleggeri d'Aosta e lo descrisse accuratamente. Finalmente la giuria capì che lei diceva solo bugie e la condannarono a 4 anni di reclusione per calunnia, mentre io ed il mio collega fummo assolti. Un caso esemplare in cui la giustizia funziona.

 



giovedì 1 febbraio 2024

Un capolavoro di Lorenzo De Caro

 

fig.1 - Lorenzo De Caro
 - Ecce Homo - 37x25 -
Napoli collezione privata

Presentiamo in questo articolo uno splendido inedito di Lorenzo De Caro, che va ad incrementare il catalogo dell’artista.  

Il quadro Un Ecce Homo (fig.1-2) di proprietà di un celebre collezionista napoletano, che richiama a viva voce una Crocefissione (fig.3) appartenente alla nota collezione Pepe di Acerra, va collocato verso la fine degli anni Cinquanta nel momento migliore della produzione del De Caro, quando, pur partendo dagli esempi del Solimena, ne scompagina la monumentalità attraverso l’uso di macchie cromatiche di spiccata luminosità e, rifacendosi ai raffinati modelli di grazia del De Mura, perviene ad esiti di intensa espressività, anticipando l’eleganza del Rocaille. Gli aspetti qui elencati si possono cogliere nella tela in esame, in cui si coglie la volontà monumentale e classicheggiante del Solimena maturo, ma contaminata da quella immediatezza espressiva che gli fu suggerita, dal Traversi e dal modulato realismo arcadico dei presepi napoletani. Il protagonista sembra voglia manifestare: dolore, sopportazione e volontà di superare ogni prova, anche la più difficile.     

  

fig.2- Lorenzo De Caro
- Ecce Homo - 37x25 -
(particolare del volto) 
Napoli collezione privata

Lorenzo De Caro fu insigne pittore del glorioso Settecento napoletano, anche se fino ad oggi conosciuto solo dagli specialisti e dagli appassionati più attenti. Una serie di dipinti presentati sempre più di frequente nelle aste internazionali, una mia recente monografia ed alcune fondamentali scoperte biografiche costituiranno un viatico per una sua più completa conoscenza da parte della critica ed una maggiore notorietà tra antiquari e collezionisti. Verso la fine degli anni Cinquanta si manifesta il momento migliore nella sua produzione, quando, possiamo collocare il dipinto in esame.

Lorenzo De Caro è un pittore a me caro perché posseggo nella mia collezione una Scena di martirio (fig.4) che rappresenta il vertice nella produzione del pittore e compare, come prima figura, nel volume dedicato alla Pittura napoletana del Settecento, dal Rococò al Classicismo, da Nicola Spinosa, pontefice assoluto sull’argomento.          

La tela in oggetto negli ultimi decenni ha cambiato più volte autore e proprietario, prima di approdare nella mia raccolta ed ha trovato in questa gran congerie di ipotesi attribuzionistiche soltanto grazie a Spinosa una definitiva collocazione nella produzione di Lorenzo De Caro. Nel catalogo della mostra sulla Civiltà del Settecento a Napoli, il sommo studioso, nel redigere la biografia dell’autore, segnala il dipinto tra i più significativi del pittore avendo avuto notizia della sua presenza sul mercato antiquario londinese. Il quadro ricompare presso la Koetser Gallery di Zurigo nella vendita di luglio 1969 con un’attribuzione dubbia a Solimena, per riapparire presso Semenzato nell’asta del 16 marzo 1986 (n.9) come opera di Giaquinto. Il dipinto dopo una passaggio nella collezione Santulli di Milano, passa poi a Napoli in quella di Angelo Russo, per trovare poi nel 1989 una definitiva collocazione nel superbo salone della mia villa posillipina.                 

Nella composizione è presente una palpabile discrepanza temporale tra il martirio da parte di soldati romani, persecuzioni che cessarono con il 312, quando il Cristianesimo divenne religione di Stato e l'immagine di un minareto sullo sfondo, un'architettura che comparve dopo almeno tre secoli.

Achille della Ragione


fig.3 - Lorenzo De Caro
 - Crocefissione -
Acerra, collezione Pepe


fig.4 - Lorenzo De Caro
 - Scena di martirio -
Napoli collezione della Ragione