venerdì 6 aprile 2012

Pittura tra Napoli e Malta nel segno del Barocco


28/6/2011

Negli ultimi tempi libri belli di storia dell’arte napoletana se ne vedono sempre meno in commercio, fa eccezione il corposo volume di Salvatore Costanzo sui rapporti intercorsi tra Napoli e Malta in un arco cronologico di circa cento anni (1650-1750), caratterizzato da uno scenario multiforme, di non facile definizione per la diversità di accenti, incroci e sovrapposizioni di correnti artistiche. 
Salvatore Costanzo, architetto e grande appassionato dell’arte figurativa della sua Terra, è autore di numerosi saggi critici e articoli apparsi su quotidiani e riviste. Studioso della pittura napoletana del '500 e '600, ha pubblicato un’importante volume sulla scuola del Vanvitelli e recentemente ha esteso i suoi interessi al recupero critico della produzione di Ludovico de Majo (2009) e alle tematiche paesaggistiche di Salvator Rosa (2010). 
Pubblica da tempo con la Clean, una benemerita casa editrice di nicchia, la quale ha curato in maniera impeccabile la veste di quest’ultimo libro, che si contraddistingue per la qualità delle foto e per l’esaustiva bibliografia, la quale cita doverosamente (e dovrebbe divenire abituale consuetudine per gli studiosi) anche le fonti non cartacee presenti sul web, che da tempo costituiscono il materiale più consultato.

Nella ”piccola isola dalla grande storia” abbondavano le commissioni sia ecclesiastiche che laiche, grazie soprattutto all’Ordine Gerosolimitano che acquistava incessantemente quadri da vari autori, per cui è interessante approfondire le modalità di espansione di alcuni modelli figurativi sacri di celebri maestri italiani e stranieri dell'epoca che, per una certa peculiarità stilistica, sono messi in rapporto ai principali filoni pittorici di La Valletta e a quelli "importati" da diverse aree del Meridione d'Italia.  
La prima sezione tematica del saggio è dedicata all'inquadramento biografico di un cospicuo numero di artisti isolani, molti dei quali considerati a torto ancora minori, influenzati dalla lezione del Preti e dai modi del Solimena. Il discorso sul fluido decorativismo del "cavalier Calabrese", impegnato nei lavori di affrescatura della co-cattedrale di San Giovanni a La Valletta, privilegia -tra l'altro- gli inizi di uno dei suoi più giovani allievi, Raimondo De Dominici, detto il Maltese, padre del più noto pittore e biografo napoletano Bernardo. Di non trascurabile portata la produzione seicentesca degli artefici appartenenti alla cerchia pretiana (Gioacchino Loretta, Pedro Nunez de Villavicencio, Giovan Battista Caloriti, Gian Paolo Chiesa), mentre di buon livello qualitativo si rivelano le esperienze maturate dalle scuole pittoriche "napoletane" di Stefano Erardi e Giuseppe d'Arena, tutti e due giudicati tra i principali antagonisti del Preti. 
Con ampi e opportuni riferimenti, l'indagine critica sottolinea la presenza nel tessuto dei primi decenni del Settecento di altre due personalità di rilievo nel panorama figurativo maltese: Gian Nicola Buhagiar e Francesco Vincenzo Zahra, artisti di elevata genialità interpretativa che, oltre ad attingere a diversi indirizzi pittorici (Preti e Chiesa, in particolare), gravitano prevalentemente nell'orbita solimeniana.

La seconda parte del volume si apre considerando come nucleo problematico significativo la formazione napoletana di Raimondo De Dominici nel grande e prolifico ambiente del Giordano. Il percorso del pittore maltese (oggi arricchito di altri due dipinti custoditi in Chiese di Marcianise), accoglie preziosi apporti critici sull'esperienza del barocco prodotto da moltissimi artisti di "seconda fila" attivi nella capitale del Regno e mira a far emergere nuove proposizioni di pensiero e indagini stilistiche su due scolari dedominiciani: Michele Pagano e Filippo Ceppaluni (entrambi raccoglieranno l'eredità dell'arte di Raimondo e diventeranno discepoli del figlio Bernardo De Dominici). Un discorso a parte riveste il difficile recupero delle fasi stilistiche di Bernardo "pittore di corte" di Aurora Sanseverino, duchessa di Laurenzano. Particolarmente indicativo, in questo senso, è il nuovo gusto rococò a cui l'artista napoletano sembra accostarsi, che traspare anche dal rapporto col paesaggista tedesco Franz Joachim Beich e con l'olandese Paul Ganses, considerati suoi maestri. 
In conclusione un libro stimolante per lo specialista ed interessante per gli appassionati che non può mancare nelle biblioteche sia degli uni che degli altri.

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