domenica 30 maggio 2021

Un'asta memorabile alla Dorotheum di Vienna

fig.1  - Carlo Coppola - Cavalieri con armatura a cavallo  - 53x76


A breve a Vienna, 8 e 9 giugno, si terrà presso la Dorotheum un'asta ricca di oltre 300 lotti, tra i quali una quindicina di autori del Seicento napoletano, che descriveremo in questo nostro articolo per la gioia di studiosi ed appassionati.
Prima di passare ai tanti capolavori di artisti famosi dedicheremo la nostra attenzione a smascherare un madornale errore attributivo da parte dei due massimi pontefici della pittura napoletana, i quali hanno entrambi assegnato ad Aniello Falcone un dipinto raffigurante Cavalieri in armatura a cavallo (fig.1), già transitato presso Semenzato nel 2003 come opera di Andrea De Lione. Il quadro viceversa è stato eseguito da Carlo Coppola, il quale è riconoscibile facilmente osservando le terga  e la coda dei suoi cavalli, presenti non solo nelle battaglie, ma anche nelle scene di martirio. Le prime sono sempre imponenti, poderose e di evidenza scultorea, mentre la coda è costantemente vaporosa e ricchissima di crini, che arrivano fino a terra.
Dopo aver chiarito questo equivoco cominciamo con i tanti capolavori in vendita a partire da due Ribera, già noti alla critica, un San Francesco di Paola (fig.2), di cui esistono più versioni autografe ed un Ecce Homo (fig.3) dal volto triste che sembra voler parlare all'osservatore.
Per rimanere in ambito religioso proponiamo ora un Sermone di San Giovanni Battista (fig.4), di Salvator Rosa, presente nella fototeca di Federico Zeri e  pubblicato nella celebre monografia di Caterina Volpi ed un Apostolo (fig.5) di Mattia Preti, che fu esposto come autografo nel 2019 a Roma a Palazzo Barberini nella mostra: Nuova luce su Mattia e Gregorio Preti. 

 

fig.2 - Jusepe de Ribera - San Francesco di Paola - 77x63 - firmato e datato 1640

 

fig.3 -  Jusepe de Ribera - Ecce Homo - 127x90

 

fig.4 - Salvator Rosa - Il sermone di San Giovanni Battista - 115 x150 - siglato S.R.


fig.5 - Mattia Preti - Un Apostolo - 97x73

 

fig.6 -  Luca Giordano - Il ratto di Proserpina - 130x180
 

Dal buio delle tenebre passiamo alla luce sfolgorante della tavolozza di Luca Giordano, il quale nel suo Ratto di Proserpina (fig.6) ci regala un diluvio cromatico che porta allegria, anche se invita alla meditazione. L'autografia del quadro non lascia dubbi  perché è stata confermata da Scavizzi, il mitico studioso autore, con Oreste Ferrari, di una monografia sul pittore in 2 volumi, ristampata infinite volte.
Il più napoletano dei napoletani è senza dubbio San Gennaro, celebre in tutto il mondo per il suo prodigio e Francesco Solimena ce lo raffigura (fig.7) nel momento più eclatante dello scioglimento con un angelo che gli porge l'ampolla con il suo sangue.
Cesare Fracanzano è l'autore, a nostro parere in collaborazione col fratello Francesco, di un San Pietro (fig.8), impegnato a pregare con gli occhi rivolti al cielo.
Un autore a me particolarmente caro è Pacecco De Rosa, presente in asta con una Santa Caterina (fig.9), dall'epidermide levigata, che ho pubblicata in una delle ristampe della mia monografia sul pittore. Lo sguardo è malizioso, il seno debordante, mentre il cielo affollato di nuvole fa presagire una tempesta.
Tra i minori particolarmente interessante è un quadro, raffigurante la vittoria degli Ebrei sulle fiamme (fig.10) del Maestro di Fontanarosa, di cui ora, grazie alla recente scoperta di documenti di pagamento ed agli studi di Giuseppe Prozio e Viviana Farina, conosciamo nome e cognome: Giuseppe di Guido.
Sono presenti poi due interessanti dipinti (fig.11-12) di Francois de Nome, più conosciuto come Monsù Desiderio, offerti ad un prezzo veramente allettante e dalla autografia certa, perché pubblicati nella monografia di Maria Rosaria Nappi.
Un dipinto che ci permette di osservare due splendidi nudi: una donna corposa ed un maschio poco dotato (fig.13) appartiene al catalogo del Cavalier d'Arpino ed è databile intorno al 1630.
Facciamo ora una breve incursione nel Settecento per consigliare ai lettori di prendere in considerazione l'acquisto di una spettacolare Natura morta di vegetali e fiori (fig.14) di Francesco Della Questa, offerta ad un prezzo stracciato. L'autore ha collaborato con Luca Giordano  sul finire del Seicento nell'allestimento dei giganteschi dipinti che sfilavano nelle vie della città in occasione della festa del Corpus Domini ed ha proseguito poi la sua attività fino al 1723.
Per conoscere più a fondo il pittore consiglio al lettore di andare sul mio blog www.dellaragione.eu e di leggere un saggio che gli ho dedicato.
E concludiamo in bellezza con la Giuditta ed Oloferne (fig.15) assegnata ad Artemisia Gentileschi e di autografia border line, che parte da una base d'asta di 300.000 - 400.000 euro. La pittrice nelle ultime aste ha sempre raggiunto aggiudicazioni da record e siamo certi che avverrà così anche questa volta, per cui se siete ricchi sfondati vi invito a prenotare un volo per Vienna per partecipare alla gara, altrimenti se siete solo sfondati, vi consiglio di contentarvi della lettura del mio articolo e di ammirare più volte le splendide foto che lo accompagnano.

Achille della Ragione 

 

fig.7 - Francesco Solimena - San Gennaro - 121x102

 

fig.8 - Cesare Fracanzano - San Pietro - 84x83

  

fig.9 - Pacecco De Rosa  - Santa Caterina - 105x78

 

fig.10 -  Giuseppe di Guido, detto Maestro di Fontanarosa - Vittoria degli Ebrei sulle fiamme -  183x242

 

fig.11 - Francois de Nome - Cristo entra in Gerusalemme - 51x41

 

fig.12 - Francois de Nome - Benedizione di un santo davanti alla cattedrale - 60x71


fig.13 -  Giuseppe Cesari, detto Cavalier d'Arpino - Il tempo svela la veritá - 120 x91

 

fig.14 - Francesco Della Questa - Natura morta di vegetali e fiori - 75 x102

 

fig.15 -  Artemisia Gentileschi - Giuditta e la sua serva con la testa di Oloferne - 115x116

 


sabato 15 maggio 2021

UNA STORIA OSPEDALIERA GLORIOSA

 
 

1^ copertina - Ospedale Cardarelli, facciata

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PREFAZIONE

Molti credono che Napoli sia unicamente la capitale della monnezza e della  malavita ed ignorano che per secoli è stata la capitale delle arti sanitarie con  ospedali  celebri  in  tutta  Europa  dove  affluivano  malati  e  studiosi  dall'estero.
Strutture  come  gli  Incurabili  o  i  Pellegrini,  costruite  nel  Cinquecento  ed  ancora funzionanti sono un vanto per la città, ma pochi lo sanno.  Napoli  aspettava  da  decenni  uno  studioso  che  volesse,  compulsando  gli  archivi, scrivere la storia gloriosa degli ospedali napoletani e finalmente lo  ha trovato nel sottoscritto che ha redatto un libro di 200 pagine illustrato  da oltre 300 foto. Una  ventina  di  capitoli  che,  partendo  dalla  celebre  Scuola  medica salernitana, arrivasse agli ospedali costruiti negli ultimi decenni. Strutture in cui spesso la scienza si coniuga non solo con la carità, ma anche e spesso con l'arte.
Gli ultimi 4 capitoli trattano argomenti atipici, partendo da un raffronto tra sanità pubblica e privata in un quartiere chic come Posillipo, segue poi una  descrizione  dell'Istituto  Colosimo  dove,  purtroppo  in  attesa  di  una terapia si ospitano i malati affetti dalla più terebrante  delle affezioni: la cecità,  vi  è  poi  una  capitolo  autobiografico  in  cui  accenno  alla  mia invenzione di un apparecchio per la cura della frigidità ed infine si parla dell'ospedale delle bambole, unico al mondo, dove si cura un morbo crudele ed inesorabile  che  produce  dei  rigonfiamenti   tali  da  mutare  l’espressione  dei volti  che  diventavano  tristi.  Grazie  a  questa  originale  terapia  le  bambole guariscono  come  d’incanto  e  torna  loro  il  sorriso.  Se  far  gioire  un  essere umano è impresa difficile, far ridere un oggetto inanimato non è forse un miracolo?

Achille della Ragione  

Napoli, giugno 2021

 
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3^ copertina - Ospedale della Pace, sala del lazzaretto

 INDICE

  • Prefazione    
  • La scuola medica salernitana       
  • Una storia ospedaliera gloriosa, ma poco conosciuta               
  • Due antichi ospedali: San Gennaro dei poveri ed Ascalesi               
  • L’ospedale dei Pellegrini: un connubio tra storia, arte ed assistenza      
  • Dalla peste al Covid, passando per il colera               
  • Una triste storia di lazzaretti             
  • Dalla ruota dell’Annunziata al signore delle nascite      
  • La vergogna dell'ex ospedale militare          
  • Un connubio tra arte e scienza: il museo di anatomia       
  • Lo storico ospedale degli Incurabili     
  • La Farmacia degli Incurabili ed il museo di arti sanitari       
  • Arte ed architettura nel complesso degli Incurabili        
  • Due splendidi chiostri nel complesso degli Incurabili       
  • Introduzione alla storia della follia         
  • Dalla nascita dei manicomi alla loro chiusura         
  • Il tempio del sapere: i due policlinici           
  • L’ospedale Cardarelli tra storia ed attualità          
  • Per ogni malattia un ospedale              
  • Dal San Paolo ai due Loreto       
  • Storia dell’aborto a Napoli e in Italia          
  • L'istituto per non vedenti Paolo Colosimo        
  • Ammalarsi a Posillipo: pubblico o privato? Meglio curarsi altrove            
  • L'ospedale delle bambole e la fantasia degli artigiani 


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4^ copertina - L'autore nel suo studio mostra il vaginometro
mostra l’apparecchio di sua ideazione per la diagnosi e la terapia della frigidità:
il vaginometro di della Ragione


 

Una Storia Ospedaliera Gloriosa by kurosp on Scribd

 

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venerdì 14 maggio 2021

TEOFILO PATINI e la pittura in Abruzzo nell'Ottocento

 

1^ di copertina - Teofilo Patini -
Strada di campagna - Sicilia, collezione privata

Prefazione

Teofilo  Patini  è  un  pittore  abruzzese,  tanto  bravo,  quanto  poco noto  e  scopo  di  questa  monografia  è  quello  di  farlo  conoscere  a studiosi ed appassionati.  
Egli,  nato  nel  1840  a  Castel  di  Sangro,  nel  1856  si  iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Napoli e si legò a Domenico Morelli e Filippo Palizzi.  
Cominciò con quadri a soggetto storico per passare poi a denunciare lo sfruttamento dei lavoratori. Si dedicò anche alla ritrattistica e il suo  dipinto  più  famoso,  conservato  nel  museo  di  San  Martino, raffigura Bertrando Spaventa.
Ampio  spazio  è  poi  dedicato  ad  una  serie  di  pittori  nativi dell'Abruzzo, ma erroneamente ritenuti napoletani, dalla dinastia dei Palizzi a Gabriele Smargiassi e Francesco Paolo Michetti.
Vi  è  poi  un  capitolo  dedicato  agli  scultori  abruzzesi,  abili  a modellare la materia come carne viva e palpitante.
Si conclude in bellezza con 32 tavole a colori di vari artisti, tra i più famosi del secolo.

Achille della Ragione


Napoli, giugno 2021 

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3^ di copertina - Achille durante il rito di purificazione annuale

Indice

  • Prefazione   
  • Un grande pittore della realtà: Teofilo Patini
  • Pittori abruzzesi dell'Ottocento               
  • Scultori abruzzesi dell’Ottocento           
  • N. 32 Tavole a colore         

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4^ di copertina - Nicola Palizzi -
Contadini con armenti a Paestum - Napoli,   collezione della Ragione

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Teofilo Patini Un Grande Pittore Della Realtà by kurosp on Scribd


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giovedì 13 maggio 2021

Tel Aviv era la città più felice del mondo

Abbiamo passato la notte nel bunker ci sono stati tanti momenti in cui ho temuto il peggio per la mia famiglia.  Penso alle mamme che piangono i figli.

Mariagiovanna Capone intervista Tiziana della Ragione

 

 

Il Mattino pag.12 - 13 maggio 2021

 

 
Tiziana Della Ragione è una napoletana che sta vivendo la tensione dei bombardamenti e la paura di essere un bersaglio. Visiting Research Associate all'Istituto Nazionale di Studi Strategici Israeliano e ricercatrice al Moshe Dayan Center dell'Università di Tel Aviv, con la sua famiglia vive nel quartiere Herz Uya Pituach della capitale, e mentre risponde alle nostre domande è costretta a rifugiarsi nel bunker sotto casa per due volte, richiamate dal suono agghiacciante delle sirene che annunciano un attacco imminente.


Prima di tutto, lei e la sua famiglia come state?

«Attraversiamo un momento di grande tensione e instabilità politica che scatena forti emozioni e molte domande. I primi a subire gli effetti di tutto questo sono i ragazzi. I miei tre figli continuano a chiederci cosa sta accadendo e quando, e con che esito, il conflitto finirà».

E cosa gli risponde?

«Sono domande complesse a cui nessuno di noi sa purtroppo dare una risposta. Io e mio marito cerchiamo di mantenere la calma, di informarli senza inutili allarmismi e soprattutto, nella misura del possibile, di rassicurarli. Sappiamo che i bambini rispecchiano gli atteggiamenti degli adulti per quanto riguarda il loro senso di sicurezza, il conforto e la capacità di affrontare efficacemente la situazione e stiamo cercando di lavorare in questa direzione anche se, non le nascondo, con grandi difficoltà».

Durante l'arrivo dei missili dove vi siete rifugiati?

«La nostra casa, come molte abitazioni in Israele, è dotata di un mamad, un rifugio anti-missile dove si corre al suono delle sirene. Abbiamo trascorso quasi tutta la notte in questo piccolissimo bunker di un paio di metri cubi dove siamo comunque in compagnia della paura. A ogni missile intercettato e distrutto dall'Iron Dome, il sistema di difesa israeliano, seguiva un boato assordante e un tremore di mura come durante un terremoto. Ci sono stati momenti in cui ho temuto davvero per il peggio, il rischio che anche la popolazione civile possa perire in questo conflitto è un rischio concreto. I miei due figli più piccoli, Matteo ed Elettra, erano talmente spaventati che, anche quando le sirene nella nostra zona hanno finalmente smesso di suonare intorno alle 4 del mattino di martedì notte, hanno preferito dormire nel bunker temendo un ulteriore attacco. Un risveglio delle sirene nel cuore della notte e la corsa per raggiungere il rifugio in pochi secondi è qualcosa di scioccante per un ragazzo».

Come genitore immagino che sia molto preoccupata …

«Al di là della preoccupazione per un'eventuale escalation del conflitto e un ulteriore spargimento di sangue, provo tanta tristezza peri bambini uccisi e tutti gli innocenti che da entrambe le parti, stanno perdendo la vita. Sono estranea al conflitto israelo-palestinese essendo una napoletana che vive e lavora in Israele, ma in ogni caso coinvolta profondamente: il mio cuore è vicino a tutte le mamme che oggi piangono i loro figli, palestinesi o israeliani. Non è il momento di schierarsi, criticare o condannare. Credo debba essere per tutti noi il tempo della riflessione, dell'informazione e dello scambio costruttivo. La mia testimonianza spero sia parte di questa condivisione».

Cosa si aspetta nei prossimi giorni?

«Non voglio essere allarmista ma temo un peggioramento della situazione. E' in atto un'operazione militare e le sirene continuano a suonare. Le strade sono semideserte, l'aeroporto è chiuso, come scuole e molti uffici. Temo che il bunker sarà il luogo dove passeremo le nostre notti per molto tempo ancora. Ed è paradossale, visto che fino a pochi giorni fa Tel Aviv sembrava la città più felice del mondo, libera dal Covid grazie a un programma di vaccinazione efficace e veloce. Speravo potessimo tornare finalmente a una vita normale, e invece siamo piombati nel terrore».


mercoledì 12 maggio 2021

Una Crocifissione di Andrea da Salerno


fig.1 - Andrea da Salerno - Crocifissione -
Napoli, collezione privata

Appena ho visionato il dipinto di cui tratteremo in questo articolo, raffigurante una Crocefissione (fig.1), conservato da secoli presso una nobile quanto decaduta famiglia napoletana, ho subito percepito un afrore di pittura napoletana ed ho collocato l’opera nei primi decenni del Cinquecento. Ho esaminato la parte posteriore del dipinto (fig.2), costituito da una tavola in perfetto stato di conservazione ed ho osservato con attenzione il paesaggio sullo sfondo e finalmente sono riuscito ad identificare l’autore in Andrea da Salerno, un artista entrato nella bottega del sommo Raffaello con il quale ha collaborato nella decorazione delle stanze vaticane. Il biografo settecentesco Bernardo de Dominici dedicò ad Andrea Sabatini da Salerno, una lunga e dettagliata biografia ad apertura del secondo tomo de Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani.
Ma la massima autorità sull’artista è il professor Pierluigi Leone de Castris, il quale in una sua monografia così lo descrive: «Assurto dapprima a “condiscepolo” e poi ad allievo diretto del Sanzio, la sua canonizzazione dunque a vero “Raffaello” di Napoli nelle parole del biografo settecentesco, ed ancora il suo precoce recupero critico nel secondo Ottocento […] fanno di Andrea un caso a sé stante dentro quella che Giovanni Previtali definiva la “questione meridionale”, dentro cioè a quell’ombra lunga di appannamento, svalutazione ed ignoranza che ha coperto sino ad anni recenti, e in parte ancora copre, le vicende artistiche del secolo forse più sfortunato nella conoscenza della storia dell’arte del meridione d’Italia».
A dare maggiore peso alla mia attribuzione mi è giunto il conforto del celebre antiquario Michele Gargiulo e dell’illustre professore Pietro Di Loreto, il quale ha affermato perentoriamente che la famosa Crocifissione (fig.3) di Giorgio Vasari, conservata a Napoli nella chiesa di San Giovanni a Carbonara è stata eseguita dall’artista avendo come fonte ispirativa il quadro che stiamo esaminando.
Concludiamo ora fornendo al lettore alcune notizie biografiche sull’artista, tanto bravo, ma poco conosciuto.
Su Andrea da Salerno, nulla vi è di certo riguardo alla sua formazione. Il pittore e storico dell'arte Bernardo De Dominici, nella sua opera Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani (1742) ipotizza che egli   si sia formato presso Raimondo Epifanio Tesauro (c.1480-1511), pittore napoletano che godette di una certa reputazione presso i suoi contemporanei. Lo stesso De Dominici riferisce di una precedente ipotesi circa l'apprendistato di Andrea presso Antonio Solario, detto lo Zingaro, (o presso allievi di quest'ultimo), ipotesi che ad avviso dello stesso storico è da rigettare anche per ragioni cronologiche. Sempre secondo il racconto del De Dominici, Andrea si recò a Roma per studiare le opere del Perugino, in quanto fortemente colpito dalla Pala dell'Assunta del Vannucci, dipinta nel 1506 e collocata nel duomo di Napoli, dove tuttora si trova. Una volta a Roma però, Andrea sarebbe entrato nelle grazie di Raffaello e da questi reclutato nella équipe di pittori da lui coordinata per la decorazione delle stanze vaticane.
Attendibile o meno che sia questo racconto, l'influenza raffaellesca sull'opera del Nostro, desumibile dall'analisi delle sue opere, è largamente condivisa. D'altro canto, anche a prescindere da questa ipotetica collaborazione, l'opera di Raffaello era nota a Napoli in virtù della presenza in città, presso la chiesa di San Domenico Maggiore, della Madonna del Pesce dipinta dall'Urbinate nel 1514. Tuttavia, nell'attività iniziale di Andrea da Salerno, in particolare nelle prime opere rimasteci si evidenziano soprattutto ascendenze del Perugino e del Pinturicchio e, poi, anche del leonardesco Cesare da Sesto, pittore milanese attivo nel Meridione. Testimonia questa influenza iniziale anche la circostanza che la Natività, attualmente esposta alla pinacoteca provinciale di Salerno, a lungo ritenuta pacificamente opera del Sabatini, è stata attribuita (nel 1985) da alcuni studiosi a Cesare da Sesto. La decisa adesione allo stile di Raffaello sarebbe stata, quindi, una scelta della maturità artistica di Andrea, orientativamente collocabile alla metà del secondo decennio del Cinquecento (Abbate, 2009).
Stando ancora al De Dominici, Andrea, a Napoli, avrebbe stretto anche un sodalizio artistico con Polidoro da Caravaggio, rifugiatosi nel Regno dopo il Sacco di Roma. L'attività artistica del pittore si è svolta prevalentemente in un'area oggi collocabile tra le provincie di Napoli e Salerno e nel territorio del basso Lazio. Negli anni finali della sua vita fu impegnato nell'abbazia di Montecassino dove, con l'aiuto dei suoi discepoli Giovanni Filippo Criscuolo e Severo Ierace, realizzò divers tavole raffiguranti la vita di san Benedetto.    Nello stesso periodo operò anche a Gaeta, dove presumibilmente morì, decorando il santuario della Santissima Annunziata. Quest'ultimo cantiere fu proseguito dal Criscuolo, mentre i lavori presso l'abbazia di Montecassino furono continuati dallo Ierace.
A Gaeta è conservato, nel coro del santuario dell'Annunziata, un grande polittico con temi mariani negli scomparti principali Annunciazione e Dormitio Virginis, probabilmente l'ultima fatica d Andrea da Salerno.


Achille della Ragione


fig.2 - Andrea da Salerno - Crocifissione -
(parte posteriore del quadro)
Napoli, collezione privata

 

 

fig.3 - Giorgio Vasari - Crocifissione -
Napoli , chiesa di San Giovanni a Carbonara

 


Intervista dal bunker sotto i missili di Hamas. Tiziana della Ragione, ‘serve lo scambio costruttivo, non l’indifferenza o le critiche’

11/5/2021 articolo  di Enrico Oliari
per Notizie Geopolitiche Quotidiano indipendente on line

missili su Israele

Il riacutizzarsi del conflitto israelo-palestinese desta preoccupazione anche per chi in Israele vive e lavora, per chi con la sua famiglia, i suoi progetti e le sue speranze conduce una vita normale. Senza schierarsi necessariamente da una parte o dall’altra; non si tratta di qualunquismo, bensì di realismo, di visione vera e non offuscata dagli idealismi e dagli integralismi. D’altronde gli scontri sulla Spianata delle Moschee, i razzi di Hamas che piovono sulle case, gli espropri a Gerusalemme Est, i raid su Gaza e i tanti, troppo morti e feriti non sono una partita di calcio per cui fare il tifo per una squadra o l’altra.
Tiziana della Ragione è Visiting Research Associate all’Istituto Nazionale di Studi Strategici Israeliano (INSS) e ricercatore al Moshe Dayan Center (MDC) dell’Università di Tel Aviv. Vive e lavora a Herziliya Pituach, risponde all’intervista di Notizie Geopolitiche dal bunker di casa sua, mentre dal cielo cadono i razzi di Hamas.

“Siamo sotto attacco, ci stanno cadendo i missili addosso“, dice al telefono scossa. “Siamo sotto attacco ripete, ho paura. Io ho i tre figli che piangono, siamo nel bunker di casa, stretti in un metro quadro”.

– Cosa sta accadendo in Israele?

“Quello che sta succedendo qui in Israele voi italiani lo sapete già, dato che ogni mezzo di informazione, dai quotidiani ai social network, lo sta ripetendo e riproponendo ad ogni edizione, ogni volta con qualche dettaglio in più. Non è quindi mia intenzione ripetere i fatti. Quello che posso offrirvi oggi è solo la testimonianza di un’italiana che vive qui, in Israele, e che nel suo quotidiano studia la regione del Medio Oriente analizzando alcune delle più complesse vicende che da troppo tempo segnano queste terre. Il conflitto israelo-palestinese è una di queste. Una testimonianza dal bunker di casa, mentre cadono i missili di Hamas. Ed anche il mio cellulare continua a “bippare”. Sono i messaggi dell’applicazione Red Alert che ho installato sul mio telefonino, messaggi che segnalano gli attacchi missilistici provenienti da Gaza, che minacciano villaggi e città israeliane, suonano le sirene anche a Te Aviv. Quest’app probabilmente dice poco a molti di voi italiani, ma qui in Israele soprattutto dopo l’operazione Protective Edge del luglio del 2014, è una delle più scaricate. Questi “bip” mi fanno compagnia dai ieri pomeriggio, quando sono partiti i primi razzi di Hamas verso Gerusalemme, in risposta agli scontri nei pressi del Monte del Tempio in cui centinaia di palestinesi e decine di poliziotti israeliani sono stati feriti“.

– Come ha reagito al crescendo delle tensioni di questi giorni?

“Il riflesso immediato è stato quello di radunare i miei tre figli e di “allestire” insieme e velocemente la “Mamad”, un piccolo rifugio anti-missile che molte abitazioni, inclusa la nostra, hanno in dotazione. E’ questo un luogo della casa dove recarsi velocemente al suono delle sirene per trovare riparo dai missili. Sono pochi infatti i secondi a disposizione dall’allarme delle sirene all’impatto. Dopo più di un anno di relativa tranquillità e stabilità nella Striscia di Gaza, mi ero resa conto che Israele e Hamas erano di nuovo sull’orlo di uno scontro militare e che dovevamo tempestivamente organizzare per metterci in sicurezza. Era chiaro che l’ultimatum lanciato dal gruppo militante di Gaza, richiedente l’allontanamento delle truppe israeliane dal quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme e dal Monte del Tempio entro le 18 di ieri pomeriggio, era stato ignorato.
Un giro rapido di telefonate alla mia famiglia in Italia e agli amici e colleghi cha abitano nelle zone più vicino alla Striscia di Gaza ed eravamo già nel piccolo bunker, ammassati l’uno contro l’altro, monitorando su Google Map le zone prese di mira. Sull’app i nomi di distretti del sud di Israele come Netiv HaAsara, Mav Kim, Ashkelon, Erez, Ibim e Sderot, mi facevano piano piano tranquillizzare data la distanza da casa nostra. Dopo poche ore dall’inizio degli attacchi era diventato evidente che i missili non ci avrebbero mai colpito, data la loro limitata gittata e grazie al sistema di difesa israeliano noto come “Iron Dome”. La paura iniziale era svanita. Poi però sono iniziati a cadere i missili, ovviamente dalla Mamad non posso sapere cosa sta accadendo“.

– Tuttavia la mattinata era apparsa tranquilla…

“Questa mattina molte scuole, uffici e negozi erano aperti di nuovo, come se nulla di grave fosse successo. Mentre i giornali italiani e internazionali dedicavano un articolo in prima pagina al conflitto in atto, Israele tornava tranquillamente alla sua normalità, quasi a dimostrare il lato inespugnabile di un paese, sicuro della sua superiorità logistico-militare. Intanto continuavano ad arrivare messaggi sul mio cellulare da parte di amici dall’altra parte del Mediterraneo che volevano avere notizie ed essere rassicurati che stessimo tutti bene. Se stare bene significa “essere sani e salvi”, lo siamo senz’altro. Rimanere però indifferenti a ciò che accade qui è però difficile, così com’è complesso criticare una parte o schierarsi. Ognuno ha le proprie ragioni e le proprie responsabilità. Ogni israeliano che conosco ha un parente, vicino o lontano, da ricordare a Yom HaZikaron, la giornata dedicata alla commemorazione dei soldati caduti nelle guerre per la difesa d’Israele e alle vittime del terrorismo. Ma, mi chiedo, quale palestinese non ne ha altrettanti di morti da piangere! D’altronde siamo tutti il prodotto del nostro vissuto e di quello dei nostri cari“.

– I vari paesi, gli Usa, la Turchia, l’Egitto, ma anche il cittadino qualunque tendono a schierarsi con i palestinesi o con gli israeliani. lei con chi si schiera?

“Schierarsi non ci aiuterà certo a porre fine all’escalation. Gli schieramenti che i diversi paesi stanno assumendo in queste ultime ore non risolvono ma amplificano il conflitto. La Turchia, l’Arabia Saudita, il Kuwait, l’Egitto e ad altri paesi arabi non hanno tardato a denunciare le azioni di Israele, anche se con toni diversi, mentre altri paesi hanno invece condannato le azioni di Hamas. Questo genererà chiusura e maggiore rigidità nelle posizioni di entrambi gli schieramenti“.

– Sotto i missili di Hamas: una giornata terribile. Vuole lanciare un appello?

“Oggi, credo, debba essere una giornata di riflessione per tutti noi, dedicata all’informazione e allo scambio costruttivo, più che all’indifferenza, o peggio alle critiche. La mia testimonianza di oggi spero sia parte di questa condivisione“.


https://www.notiziegeopolitiche.net/intervista-dal-bunker-sotto-i-missili-di-hamas-tiziana-della-ragione-serve-lo-scambio-costruttivo-non-lindifferenza-o-le-critiche/



martedì 11 maggio 2021

Dal San Paolo ai due Loreto

 
 

fig.1 -  Ospedale San Paolo, ingresso


L'Ospedale San Paolo (fig.1), che  si trova nel quartiere Fuorigrotta, in via Terracina, è stato inaugurato nel 1972 e serve un vasto bacino di utenza, anche delle zone confinanti e nel corso degli anni si è adeguato alle normative vigenti senza subire sostanziali modifiche strutturali. Possiede un complesso operatorio di 1000 mq. caratteristica di una struttura organizzata prevalentemente per l'emergenza. E numerosi reparti specialistici, dall’urologia all’oculistica. Il vero fiore all’occhiello è costituito dal reparto di Ginecologia (fig.2), diretto da illustri primari, in primis Guglielmo Magli, che qui ha cominciato la sua luminosa carriera e ricordo con nostalgia quando negli anni Ottanta ho tenuto dei corsi sul metodo Karman, al quale partecipavano medici da tutta la Campania e da cui è spuntato Gino Langella (fig.3), da poco scomparso causa Covid, che per decenni ha diretto con estrema liberalità il reparto di interruzioni di gravidanza. Viceversa a far nascere in maniera spontanea, ricorrendo solo eccezionalmente al taglio cesareo, ci ha pensato per anni Edoardo Oreste, che ha avuto l’onore di imparare la professione dal sottoscritto, in un breve periodo in cui, dopo una causa di lavoro durata solo 24 anni, ripresi l’attività per qualche mese presso l’ospedale di Cava de’ Tirreni. Eduardo, a cui voglio un bene dell’anima, è un personaggio originale: ama i cani più che gli esseri umani, ne ha sempre posseduto minimo tre, prima i mastini, ora i pastori tedeschi e spesso ama travestirsi, infatti possiamo farlo conoscere ai lettori in abiti femminili (fig.4), mentre vogliamo ricordare anche l’attività della moglie Ada Crea, impegnata nel laboratorio d’analisi dell’ospedale con solerzia ed abnegazione. 

 

fig2 -  Ospedale  San Paolo, reparto ginecologia


fig.3 - Gino Langella


fig.4  - Edoardo Oreste in abiti femminili


 
fig.5 -   Loreto Crispi, ingresso

Passiamo ora a raccontare la lunga storia del Loreto Crispi, che nasce come Conservatorio di musica annesso alla chiesa di Santa Maria di Loreto e fu  costruito verso la metà del XVI secolo in una elegante via della città. Nel 1537 il frate Giovanni di Tapia fondò il Conservatorio riunendo ottocento allievi  tra ragazzi e fanciulle. Nel 1557 il francescano Marcello Foscataro migliorò l'istituzione, ospitando anche fanciulli poveri. I ragazzi imparavano musica ubbidendo a regole severe, cosi come si legge in alcuni documenti: "non levandosi per tempo, due nervate"; "non eseguendo del lavoro assegnato o non eseguendolo a dovere saranno puniti con il numero di nervate che sarà prescritto dall'illustrissimo Vicario"; "usando discorsi e parole improprie, due nervate". I fanciulli, oltre ad eseguire musica a pagamento, erano impegnati per messe e per fare da angioletti all'esequie dei bambini. Era usanza dei napoletani mettere sopra il carro funebre di un fanciullo morto gli ospiti del Conservatorio. Sempre dai documenti si apprende che nel 1697, un lunedì, scomparve dal tabernacolo della cappella dell'ospizio la pisside d'oro contenente ostie consacrate. La notizia del furto sacrilego si diffuse rapidamente tra il collegio e la popolazione, la quale vide nell'accaduto un segno certo di prossimi castighi celesti. Bisognava a tutti i costi trovare il ladro, già indicato in un certo Gaetano Cugno, un uomo di fatica del Conservatorio. Chi per primo avesse trovato il colpevole o dato notizie utile per la sua cattura, avrebbe ricevuto cento scudi dal Rettore del Conservatorio. Intanto messe e solenni funzioni venivano celebrate con il concorso della città e delle varie confraternite, nel tentativo di ottenere il perdono del Signore per l'esecrando episodio. Finalmente il ladro venne acciuffato da un soldato a cui il Cugno aveva chiesto un cavallo. Gli fu ritrovata addosso la pisside fatta a pezzi. Dopo due lunghi interrogatori gli inquisitori riuscirono a sapere dove il ladro avesse nascosto le ostie consacrate. Il Cugno, incartate le ostie, le aveva seppellite ai piedi di un muro diroccato nei pressi del Conservatorio. Mentre l'ospizio era in festa e ringraziava il Signore del ritrovamento, il ladro veniva lavato con acqua pura e rivestito con l'abito dei condannati a morte. Confortato dai Bianchi di Giustizia, sali dopo tre giorni al patibolo senza mostrare la minima paura e solo all'ultimo momento chiese perdono ai fanciulli del Conservatorio del furto, incitandoli a pregare per la sua salvezza. Dopo l'impiccagione il boia tagliò al cadavere le sacrileghe mani, che vennero esposte alla porta del Conservatorio. I fatti erano raccontati da una lapide di pietra murata sul reclusorio, prima di essere abbattuta agli inizi del XIX secolo. In ricordo dell'episodio veniva fatto ogni anno dai piccoli ospiti del Conservatorio una festa detta "diavolata", con l'allestimento di un dramma sacro in cui l'Arcangelo Michele lottava aspramente contro i demoni, riportando su di essi una brillante vittoria: in seguito, l'Arcangelo liberava un Angelo incatenato che rappresentava l'umanità mentre la morte spezzava il proprio arco.
Nel 1826 venne ceduto dal Demanio al Real Albergo dei Poveri per accogliere fanciulli e vecchi inabili. Nel 1833 venne adibito al ricovero di uomini affetti da malattie acute e successivamente nel 1834 fu trasformato in Ospedale, con lo scopo di curare gli ammalati dell'Albergo dei Poveri e di altri ospizi napoletani. Nel 1835 furono aperte delle corsie per ricoverare anche le donne inferme. Queste nel 1846 passarono all'ospedale Santa Maria della Vita (quartiere Sanità), ed allora nei locali resesi disponibili si inizio il servizio di pronto soccorso. L'Ospedale attualmente è costituito da un edificio a due piani (fig.6), a sviluppo orizzontale, ubicato in un quartiere residenziale della  città. Vi sono 138 posti letto, un organico di circa 60 sanitari, 140 parasanitari e circa 40 fra impiegati, tecnici ed amministrativi.
 

fig.5 -   Loreto Crispi, ingresso


fig.7 - Loreto Nuovo, ingresso

L’altro ospedale Loreto, definito Nuovo (fig.7), si trova nell’altro lato della città, è stato costruito negli anni Cinquanta e serve la zona est della città, prevalentemente i quartieri Ferrovia, Porto e Mercato. Dispone di molti reparti e di un frequentato Pronto soccorso. Tra i luminari che vi hanno lavorato voglio citare un solo nome Massimo De Bellis (fig.8), primario di neurochirurgia, allievo di un mio prozio, il celebre Castellano, braccio destro di Olivecrona, l’inventore della neurochirurgia. Da poco in pensione è ancora attivo in cliniche private.
All’ospedale sono legato da un triste ricordo personale che vi racconto: era il 1994, quando, mentre ero impegnato in un torneo di scacchi, che si svolgeva nella stazione marittima, mi si annebbiò la vista all’improvviso. Chiesi aiuto al mio amico Corrado Ficco, medico e scacchista, il quale mi disse: “Andiamo subito in ospedale, non vi è tempo da perdere”. Ci recammo al Loreto Nuovo dove mi fecero un elettrocardiogramma, che risultò negativo.”Potete tornare a casa”, mi dissero, per fortuna ascoltai il parere di Corrado, che mi consigliò il ricovero. Mentre l’amico si recava all’uscita del teatro Augusteo ad avvertire mia moglie Elvira di ciò che era successo, mi misero in una stanza da solo e mi collegarono ad un apparecchio che misurava numerosi parametri, dalla frequenza cardiaca alla pressione arteriosa.
Dopo circa un'ora lo strumento sembrava impazzito: suonava incessantemente e si accendevano tante luci, mentre l'elettrocardiogramma evidenziava un infarto interessante il ventricolo sinistro. In pochi minuti mi fu somministrato un cocktail di farmaci che provoca la trombolisi. Questa provvidenziale terapia mi salvò la vita. Dopo poco si presentò al mio capezzale un sacerdote, per la pratica dell'estrema unzione; in tal caso mi sarei dovuto confessare. Lo allontanai senza malizia, dicendogli: "Padre i miei peccati sono infiniti, ci vorrebbero ore per confessarli tutti, ora non c'è il tempo sufficiente". In nottata fui trasferito nel centro di rianimazione (fig.9). tante stanzette a quattro posti dove ogni giorno cambiavo la metà dei compagni di sventura, perché passavano a miglior vita. Attraverso un vetro i miei familiari potevano guardarmi dal di fuori dieci minuti al mattino e dieci minuti di pomeriggio. Con mia moglie Elvira attraverso gli occhi ci scambiavamo infinite sensazioni ed emozioni. Per fortuna era permesso ai medici di entrare nella stanza e ricordo ancora le visite degli amici e colleghi: Gino Langella ed Angelo Russo, che mi tenevano stretta la mano a lungo e mi davano il coraggio di resistere. Dopo cinque giorni, poiché mi ostinavo a vivere, mi feci trasferire nell'unità coronarica della clinica privata Malzoni di Montevergine, dove potevo in una mia camera ricevere visite di parenti e amici e trascorrere la notte in compagnia. Per non affaticare eccessivamente mia moglie Elvira e per non sottrarla alla vicinanza dei miei figlioli, passai alternativamente le ore notturne con Carlo Castrogiovanni, un amico fraterno e Genny Santopaolo, marito di mia cugina Maria Teresa.
Per concludere il capitolo dobbiamo accennare all’Ospedale del Mare (fig.10), da poco costruito nella estrema periferia della città, nel quartiere Ponticelli, in grado di fornire assistenza anche ai numerosi abitanti dei comuni vesuviani. La struttura, gigantesca, è sorta di recente, per cui non vi è una storia da raccontare. Lascio questo compito ai miei discendenti.

Achille della Ragione

fig.8 - Massimo De Bellis

fig.9 - Loreto Nuovo, reparto  terapia intensiva

 
fig.10 - Ospedale del mare

 

domenica 9 maggio 2021

Magritte e l'enigma dell'immagine

 

fig.1 -De Chirico



C'è un mistero intorno a noi, nel quale siamo tutti immersi senza averne spesso consapevolezza. Tra gli artisti dei primi anni del Novecento, interessati al mondo dell'Invisibile, De Chirico e Magritte sono i pittori emergenti per la creazione di un genere nuovo, in grado di scuotere la nostra coscienza con immagini reali, perfettamente leggibili, sebbene sconvolgenti per l'ordine e l'accostamento degli oggetti. Entrambi definiti Surrealisti, gruppo che faceva capo ad André Breton. Anche Dalì ne era parte, nonostante la sua eccentricità lo facesse apparire alquanto stravagante. A volte anche di difficile comprensione per la componente prevalentemente onirica della sue rappresentazioni.
De Chirico era più anziano di Magritte di dieci anni e svilupperà prima una fase metafisica. Tuttavia per il Nostro costituì un punto di partenza importante. Un quadro del 1914, presente al Moma di N.Y. (fig.1) lo impressionò molto. Si trattava di una visione nuova che aveva a che fare con quel senso di spaesamento così vivo e presente in tutte le opere dell'artista belga.
Correvano i famosi anni Venti, gli anni ruggenti della fantasia e dell'intelletto. Dopo il secondo Manifesto, Breton, direttore della rivista "Qu'est-ce que le Surrealisme" pubblica in copertina di uno dei tanti numeri l'immagine dissacrante dello "Stupro" (fig.2). Un volto femminile in cui agli occhi si sostituiscono i seni , al naso l'ombelico e alla bocca il pube. Una provocazione di Magritte. Nel programma del gruppo senza logica, né morale, l'attenzione era rivolta piuttosto alle analogie da riscoprire ed evidenziare. Osa Magritte ed eccolo assimilare tre candele accese su una spiaggia   che strisciano come vermi nel dipinto "Meditazione" (fig.3). René, icona dell'arte brussellese, nasce nel 1898 e muore nel 1967. Le tendenze artistiche in voga lo avevano solo sfiorato. La sua ricerca era orientata ben al di là perfino del sogno. L'inconscio non c'entra, in quanto il mistero è nel visibile, che noi dobbiamo cercare di vedere. Nell'arte riconosceva lo strumento per generare turbamento o sorpresa e indurre in tal modo alla riflessione. Se la pittura ci mostra il visibile, occorre attirare l'attenzione su ciò che non si vede. In "Modello rosso" (fig.4) le scarpe che imprigionano i piedi, l'esempio è lampante, sebbene altrove il senso del mistero sia molto più profondo. Solo l'artista è libero di capovolgere la realtà e rendere possibile l'impossibile. E affinché la creazione diventasse veramente libera, muoveva e spostava gli oggetti, imprimendo un nuovo ordine come nei Collages. Suo intento era quello di farci capire la separazione dell'oggetto dal nome che lo indica. L'insignificanza di quel legame. Sulla scia delle rivelazioni del padre della linguistica moderna, Ferdinand de Saussure, per il quale la parola è un segno, formato da un significante (il suono) e da un significato (il concetto). Magritte sostiene che, se l'immagine tradisce (fig.5) e la parola diventa immagine, anche quest'ultima inganna. Ne darà ragione in un testo: "Le Parole e le Immagini" (1929). Il primo confronto tra scrittura e pittura, in cui le parole scritte sono trattate come immagini. 

 

fig.2 - Magritte - Lo stupro

fig.3 - Magritte - Meditazione


fig.4 - Magritte - Modello rosso


fig.5 - Magritte - Questa non è una pipa

fig.6 - Magritte - Il dominio di Arnheim

Una teoria intrigante secondo il giudizio di Michel Foucault, interessato alla differenza tra somiglianza e similitudine. Ci fu un carteggio tra i due per un po' di tempo. Nel 1966 l'intellettuale francese pubblicò: "Le Parole e le Cose". Dove tra l'altro si affronta la questione non poco cruciale della rappresentazione in pittura.
L'autore consacra il suo celebre primo capitolo all'analisi del quadro di Velazquez "La Meninas". Solo lo specchio in fondo alla sala ci dice che i sovrani presumibilmente rappresentati sul dipinto, che il pittore si accinge ad eseguire, sono in realtà al di fuori della scena, al posto dell'osservatore. Dov'è quindi l'oggetto rappresentato? Già Velazquez nel Seicento si era posto il problema, che si porrà due secoli dopo Manet nell'Ottocento. Magritte ha quindi liberato l'oggetto dal suo nome. Per questo i titoli dei suoi quadri sono indipendenti dal quadro. René si divertiva ad assegnare il nome alle sue opere perfino qualche tempo dopo averle eseguite e sempre in compagnia dei suoi amici, scrittori e artisti belgi.
Ecco la ragione dei "Senza titolo" o "Untitled" delle opere moderne. L'universo di Magritte incanta, talvolta fa sorridere, ma soprattutto inquieta. Nel museo di Bruxelles a lui dedicato finalmente nel 2009, c'è un dipinto di non piccole dimensioni, che genera una impressione notevole: "Il dominio di Arnheim" (fig.6). Nel buio della sala le luci illuminano le pareti rocciose di una catena montuosa, in cui si alternano i grigi del granito ai bianchi della neve. Si è subito avvinti da una cupa sensazione di freddo a causa di un particolare inquietante. Sulla cima delle vette si nota una piccola testa di aquila, pietrificata insieme al corpo e alle ali nell'intera massa. In basso un parapetto con un nido di tre uova costituisce l'affaccio di osservazione della scena. L'elemento di separazione tra il surreale e il reale.
Parimenti all'aquila, altri uccelli sono imprigionati all'estremità delle foglie in una pianta di bronzo scolpita, una delle otto sculture eseguite dall'artista.
È il momento creativo dell'età della pietra, in cui Magritte monumentalizza la libertà dell'essere vivente. È la foglia, che stanca vuole librarsi nell'aria, facendosi uccello o è quest'ultimo che desidera avere radici nella pianta?
È il sovrano dei volatili che abbraccia l'imponenza della montagna per porre fine al suo errare o è la montagna che, stanca della sua immobilità, agogna la libertà del volo?
Magritte amava leggere i "Racconti del mistero" di E. A. Poe. Ne era affascinato. Quando si recò a New York per una sua retrospettiva, vi andò principalmente per visitare la sua casa. Fu la prima cosa che fece. Con lo scrittore americano condivideva l'interesse per i cimiteri e le bare. Forse perché la bara può restituire l'incanto della vita.
Magritte introduce dunque il fantastico nell'arte. Si diverte infatti a vestire i panni di Fantomas, nutrendosi del suo mistero. Nel dipinto "La magia nera" (fig.7), lugubre appellativo per un'opera ricca di luminosa poesia, c'è tutto il suo amore per Georgette, sua sposa, sua modella, sua eterna ispiratrice e compagna di vita da quando aveva 15 anni fino alla morte.
Ci sono tanti azzurri nei suoi quadri, limpidi, puri e ariosi. Cieli solcati a volte da tante nuvole bianche, che esprimono la gioia di vivere. Come la colomba in volo (fig.8), simbolo delle linee aeree belghe, prima con la Sabena e poi con la Brusselairline. Quando si ripristinò il volo dall'aeroporto di Zaventem dopo l'attentato del 22 marzo 2016, l'aereo recava in segno di pace l'uccello di Magritte.
Nella rosa recisa, il cui titolo è "La tomba dei lottatori" (fig.9) si ha modo di apprezzare il tentativo di modificare la percezione dello spazio, uno stratagemma usato anche da De Chirico. La dimensione ridotta e angusta serve a dare risalto al fiore che diventa maestoso. Sembra di sentire con l'odorato il profumo e con il tatto il velluto dei petali. Nel 1951 il direttore del Casino municipale di Knokke, la Saint Tropez del Belgio, commissionò a Magritte otto pitture murali per una lunghezza totale di sei metri. La disposizione dello spazio è teatrale. L'artista prediligeva i tendaggi e le quinte, presenti in diverse sue opere. Qui egli riunisce quasi tutti i soggetti da lui trattati: da Georgette con la Torre di Pisa, candidamente sorretta da una piuma, all'Impero delle Luci, agli Uccelli Foglie (fig.10).
Nelle opere di Magritte appare sovente l'uomo della strada in abito scuro e bombetta, illuminato a volte dal bianco brillante del piccione e dal colletto (fig.11) . Lo vediamo nascosto dietro una mela. In altre occasioni si perde nella moltitudine degli Altri, tutti uguali.
Sono gli uomini del famoso dipinto "Golconda" (Houston, Texas). Qualcuno potrebbe assimilarli a gocce di pioggia cadute dal cielo. In ogni caso è sempre "Il Mistero" il vero soggetto e ad ognuno di noi rivela qualcosa.

Elvira Brunetti
 

 

fig.7 - Magritte - La magia nera

fig.8 - Magritte- Colomba in volo

fig.9 - Magritte - La tomba dei lottatori

fig. 10 - Magritte - Impero delle luci e uccelli foglie

fig.11 - Magritte - L'uomo con la bombetta