giovedì 5 aprile 2012

Intervista al filosofo Michel Onfry


18/4/2011

Dopo il grande successo del suo trattato di ateologia Michel Onfry ha dedicato le sue energie per partorire un pamphet di 600 pagine allo scopo di abbattere il mito di Freud con un titolo che è tutto un programma: Crepuscolo di un idolo. Smantellare le favole freudiane.
In occasione dell’uscita dell’opera nella traduzione italiana, che segue di un anno l’edizione francese, il pensatore ha presentato il suo lavoro nelle principali città ed in una di queste occasioni siamo riusciti a fargli alcune domande.
Cosa rimprovera al padre della psicanalisi?
Innanzitutto di non essere il padre o quanto meno non l’unico, perché la psicanalisi è un’invenzione collettiva, ma soprattutto di aver creato un mito falsificando i risultati scientifici delle sue esperienze. Egli spesso ha sbagliato diagnosi e terapia e soprattutto non ha mai guarito nessuno.
Quale pensa sia la sua maggiore colpa?
Aver confuso un’invenzione dell’intelletto, quale può essere la letteratura o la filosofia con una scienza esatta, in grado di fornire risultati controllabili. La dimostrazione lampante dell’inadeguatezza del metodo consiste in un esempio semplicissimo: se 10 psicanalisti si fanno raccontare gli stessi sogni da un paziente arriveranno a 10 conclusioni diverse, un esito incompatibile con una disciplina scientifica.
Ritiene che la psicanalisi sia allora una religione?
Certo si tratta di una religione come il cristianesimo o il marxismo e come ogni sistema di pensiero è in crisi da tempo.
Nella prefazione lei afferma che Freud adoperava nelle sue sedute l’ipnosi, la balneoterapia, addirittura la cocaina per via sottocutanea, una cosa pericolosissima, ci può aggiungere qualcosa?
Certo, somministrando cocaina ha provocato la morte di più di un paziente, l’ipnosi ha tentato più volte di adoperarla, ma non era molto pratico della tecnica, nonostante un lungo apprendistato presso il sommo Charcot a Parigi.
Ed infine pare che lei sia riuscito a sfatare uno degli ultimi tabù che avvolgevano l’attività di Freud: l’entità delle sue parcelle.
Ho dovuto fare molti calcoli aiutato da esperti monetari, perché all’epoca il cambio tra le valute era fluttuante, ma sono giunto alla conclusione: l’equivalente di 415 euro, una cifra enorme.
Perché enorme dopo tutto era un luminare ed i luminari sono costosi.
A questa mia obiezione il pubblico che seguiva le mie domande comincia a mormorare, anche esso scandalizzato.
Messo in minoranza ringrazio il filosofo, concludo l’intervista ed auguro al suo libro di ripetere il successo francese dove per giorni e giorni ha avuto titoli sui principali quotidiani.

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