martedì 31 marzo 2020

Approfittiamo dei posti letto inutilizzati del Policlinico






Il nostro solerte governatore Vincenzo De Luca così attivo nella ricerca di disponibilità  da parte di cliniche private, continua ad ignorare che il  Secondo Policlinico  dispone di oltre 1000 posti letto per ricoveri ordinari e di altri 200 per day hospital,  dislocati in 21 edifici, nonché di 3.400 dipendenti fra medici, infermieri, amministrativi.
I posti letto sono  quasi tutti liberi ed il personale non utilizzato, inoltre nei circa 400mila metri quadri del Secondo Policlinico ci sono viali, praterie e zone vuote che potrebbero ospitare tende e ospedali da campo raddoppiando il numero dei posti letto disponibili, senza andare a cercare spazi altrove a pagamento), mentre la struttura si trova a pochi passi da ospedali tragicamente sovraccarichi come il Cardarelli e il Cotugno.
Pertanto facciamo appello perché si ponga fine allo scandalo di edifici semivuoti a fronte di ospedali che devono urgentemente trasferire le degenze “ordinarie”di fronte all’aggravarsi dei contagi ed il picco si prevede nei prossimi giorni.

Achille della Ragione

Un bozzetto per un famoso quadro di Luca Giordano

fig.1 - Luca Giordano - bozzetto-  66 x73
Torre Canavese Galleria Datrino

Il dipinto di cui parleremo, di proprietà della celebre Galleria Datrino di Torre Canavese, costituisce il bozzetto (fig.1) per la parte centrale di uno dei più famosi quadri di Luca Giordano: Il buon Samaritano (fig.2), conservato in Francia nel museo di Rouen.
L'opera è stata acquistata in un'asta svoltasi in Francia, dove, a dimostrazione della diffusa ignoranza dei periti era attribuita genericamente ad ignoto pittore seicenteco di scuola veneta.
Sottoposto ad un accurato restauro è stato restituito allo splendore del cromatismo originario e grazie a Brejon de Lavergnèe abbiamo saputo che nel 1969 si trovava a Parigi nella collezione del marchese B. Chenois.
L'iconografia del Buon Samaritano si collega al passo del vangelo di Luca (X,30-37) relativo alla parabola del Samaritano: un viandante che viaggiava da Gerusalemme a Gerico, che venne aggredito dai ladri che dopo averlo derubato lo abbandonarono sulla strada gravemente ferito. nessuno lo soccorse finché un samaritano, mosso a pietà, lo curò e poi lo condusse in una locanda dove lo ricoverò a sue spese. si tratta quindi di una parabola relativa alla pietà, tesa a predicare la misericordia, la tolleranza e l'amore verso il prossimo, ancora più significativa dal momento che l'atto di carità è espresso da un samaritano, tradizionalmente nemico degli ebrei.
Sotto il profilo dell'autografia dobbiamo sottolineare che l'opera è stata a lungo attribuita al Ribera, prima dal Mayer nel 1908 e poi dall'Ortolani, che in occasione della grande mostra tenutasi a Napoli nel 1938 tornò a fare il nome del maestro spagnolo, inserendo l'opera nel momento di maggiore apertura pittoricistica del Ribera e ne individuò i caratteri di "macchia bruciata e già deformativa, potente esempio a Delacroix, a Daumier".
Saranno in seguito nel 1958, contemporaneamente Ferdinando Bologna e Michel Laclotte a spostare correttamente l'asse dell'indagine sulla produzione giovanile di Giordano, rilevandone le forti connotazioni riberesche e l'altissimo livello qualitativo. Il primo studioso datò l'opera agli inizi degli anni Cinquanta, sottolineando le similitudini con "las pinturas negras" del Goya, mentre il secondo apprezzava nella composizione il tono lirico, precursore di un daumier o di Gustave Dorè.
In seguito Ferrari e Scavizzi nella loro monumentale biografia sull'artista accolsero pienamente l'attribuzione, spostando unicamente, tra l'edizione del 1966 e quella del 1992 la datazione del dipinto ai primi anni Sessanta , in un momento in cui Luca opera un recupero della produzione riberiana degli anni Trenta, dedicando attenzione al paesaggio, con la ricerca di accordi cromatici raffinati ed il trattamento più morbido delle carni, che mitigano la vigorosa ed insistita resa epidermica di particolari anatomici o l'espressione corrusca del soccorritore.
Prima di concludere vorremmo presentare ai lettori un'altra redazione del Buon Samaritano (fig.3) conservata nel museo di Prato ed a lungo attribuita al Giordano, fino a quando, durante un restauro è comparsa la firma del vero autore Nicola Malinconico.
Ed infine un altro splendido quadro del Giordano (fig.4), sempre dell'antiquario Datrino, che anni fa ebbe l'onore di comparire in copertina del mio volume Scritti di pittura del Seicento e Settecento napoletano III tomo, che consiglio a tutti di consultare in rete digitandone il titolo, perché potrete leggere un corposo saggio su oltre 20 dipinti della Galleria Datrino e sarà una gioia per gli occhi ed un arricchimento per la vostra cultura.

Achille della Ragione

fig. 2 - Luca Giordano - Il buon samaritano -  136 x177
Rouen museo

fig. 3 -  Nicola-Malinconico- Il buon Samaritano -1703x1706
Prato Palazzo-Pretorio

fig. 4 -Luca Giordano - Diogene - 164 x110
Torre   Canavese, antiquario Marco Datrino



domenica 29 marzo 2020

L’epopea dei grandi viaggi


fig.1 - Villa della Ragione ad Ischia


Fino a quando la mia prole era in tenera età i viaggi con la mia consorte erano limitati alla settimana di ferragosto, quando lasciavamo i pargoletti nella nostra villa di Ischia (fig.1) sotto la custodia dei nonni e delle mie 5 zie, io mettevo un sostituto nel mio studio, una miniera d'oro che non chiudeva mai e ci recavamo a Saint Tropez, la località preferita da Elvira, perché oltre a spiagge caraibiche, era dotata di alberghi extra lusso e ristoranti frequentati da vip.
Raggiungevamo la costa azzurra a bordo della mia Jaguar, facendo una sosta a Portofino, dove una volta ci recammo a cenare al Pitosforo, il ristorante prediletto dai proprietari dei giganteschi yatchs ancorati nel porto. quella sera non avevamo appetito, per cui ci limitammo ad un parco antipasto, ad un primo, a 2 boccali di vino della casa ed alla frutta. Chiesi il conto ed a dimostrazione che l'evasione fiscale è praticata pervicacemente in ogni tempo ed in ogni luogo, il cameriere candidamente mi presentò un foglietto ove era scritto soltanto 250.000 lire. Protestai vivacemente e chiesi una specifica di prezzo per ogni portata consumata. Pochi minuti ed il dipendente ritornò con un nuovo biglietto su cui era indicata unicamente una cifra:150.000 lire. Mi alzai, presi una banconota da 100.000 lire e la consegnai al giovanotto, assieme a 10.000 lire per la mancia, affermando:"Riferisci al proprietario che quanto ti ho dato basta ed avanza e digli anche che ha avuto l'onore di ospitare un funzionario del fisco!".
Una volta durante il tragitto sostammo a Montecarlo per fare una capatina al celebre casinò, dove nel parcheggio feci una figuraccia con la mia Jaguar da 70 milioni al cospetto di tante Rolls Royce con autisti che sfoggiavano livree patinate più eleganti del mio modesto smoking.
Il primo viaggio con tutti i membri della famiglia della Ragione al completo è stato quello a Mosca e Leningrado, avvenuto nel 1989, poco prima della caduta del muro di Berlino e del quale non possiedo documentazione fotografica, ma solo ricordi significativi.
Si trattava di un viaggio organizzato con partenza da Rimini, in quegli anni roccaforte rossa. I partecipanti, circa 100, quasi tutti alla ricerca della terra promessa, erano culturalmente poco dotati; vi erano solo 4 laureati, oltre me e mia moglie, una psicanalista di Roma ed un docente di filosofia di Milano.
Giunti a Mosca, nella famigerata piazza rossa, fummo sorpresi che vi era un fiume in piena di turisti provenienti da tutto il mondo e nonostante fosse agosto io ero l'unico in calzoncini corti, circostanza che mi impedì di visionare la carogna imbalsamata di Lenin, che richiedeva solenne rispetto. In compenso potemmo assistere a memorabili spettacoli al circo e nel tempio della musica lirica.
Si respirava già nell'aria una ventata di libertà e di corruzione di marca occidentale e la dimostrazione più lampante era costituita dalla miriade di fanciulle appetibili che, in albergo o per strada, mi offrivano sfacciatamente di usufruire delle loro forme appetibili, nonostante fossi scortato costantemente da moglie e figli. Un altro esempio era costituito dagli autisti dei taxi che, se pagati in valuta pregiata: la lira e non la loro moneta, praticavano cospicui sconti, perché potevano fare acquisti nei negozi per stranieri, comperando articoli non reperibili altrove.
Un altro dettaglio non trascurabile era costituito dai pranzi vomitevoli che venivano offerti nel nostro albergo extra lusso, senza possibilità di un menù diverso, al punto che dovemmo approvvigionarci, corrompendo le cameriere che servivano la colazione, di un cospicuo quantitativo di marmellata con il quale ci sfamammo per una settimana.
Ultimo episodio degno di essere rammentato fu la visita all'Ermitage, quando ci spaventammo alla vista di una fila chilometrica, ma non si trattava fortunatamente di appassionati d'arte, ansiosi di visitare uno dei musei più famosi del mondo, bensì di una folla plebea desiderosa di poter gustare la Coca Cola, un vessillo americano, che da pochi giorni era in vendita anche nella patria del comunismo. 

fig.2 - Foto di gruppo
fig.3  - Tutte donne un solo uomo

fig.4  - Coniugi della Ragione e Russo

fig.5 - Divertimento assicurato

fig.6  -Sbarco ad Atene

fig.7 - Achille nel teatro di Efeso
L'Orient Express è stato un treno leggendario che, dal 1883 al 1979, ha collegato Londra e Parigi ad Istanbul, passando per Vienna ed Atene, ma l'Orient Express di cui parleremo ora era uno sfarzoso transatlantico sul quale, nel 1989, mi imbarcai da Venezia con un'allegra combriccola di amici per compiere un'indimenticabile crociera di 15 giorni, tra andata e ritorno, con soste per visitare Atene, Olimpia, Efeso, Costantinopoli ed alcune isole belle quanto famose.
Il nostro gruppo comprendeva 14 membri: io ed Elvira con Tiziana, la famiglia Russo al completo, la dinastia dei Letticino senza Anteo, Duccio e Lia ed Elio e Amina (fig.2–3).
Sul piroscafo vigevano le severe regole rese famose dal film Titanic: coloro che occupavano suite e camere di lusso potevano scendere verso il basso, mentre chi occupava le camere inferiori non poteva fare altrettanto. Sulla vetta vi erano 5 suite extra lusso, che potevano usufruire di una splendida piscina, in due di queste alloggiavamo io ed Elvira ed Angelo e consorte (fig.4). Al momento della prenotazione non ve ne erano altre libere, per cui Tiziana con Serena e Francesca dovettero arrangiarsi in una 1° superiore. Poi, scendendo verso il basso, alloggiavano Rino e Gabriella con Maria Adele, Duccio e Lia ed infine Elio ed Amina sotto il livello del mare, circostanza che permetteva loro in compenso, attraverso l'oblò, di contemplare i pesci.
Per incontrarci scendevamo verso il basso e mangiavamo in ristoranti meno a la page, pur di stare con i nostri amici. Si assisteva poi a spettacoli musicali e si poteva ballare fino a notte fonda (fig.5).
Il problema non si poneva quando si scendeva a terra: ad Atene per la visita del Partenone (fig.6), ad Olimpia, patria delle Olimpiadi, ad Efeso(fig.7-8), un gioiello incomparabile di archeologia, ad Istanbul, dove alternavamo la visita delle moschee più famose con passeggiate nei rumorosi mercati di tappeti orientali.
Durante la navigazione bagni a volontà, di sole, come nel caso di questi due palestrati (fig.9) o nelle numerose piscine di acqua dolce o salat (fig.10). Durante il viaggio Lia si stancò di divertirsi e da Costantinopoli tornarono a casa in aereo, motivo per cui i Tarallo non figurano nelle foto scattate al ritorno a Venezia (fig.11).
Di questi compagni di baldoria la metà li ho persi nel tempo: Angelo, un fratello più che un amico, perché chiamato dall'alto dei cieli ed al quale dedicai un ricordo commosso recitando alcune sue poesie al suo affollatissimo funerale e scrivendo un coccodrillo (fig.12) sul giornale dell'ordine dei medici. Elio ed Amina (fig.13) viceversa per motivi imperscrutabili e con mio grande sconforto: il primo dal 1994, quando l'ultima volta che ho sentito la sua voce per telefono, fu quando tornai a casa dopo l'infarto:"Achille bisogna avere coraggio, molto coraggio". Amina invece ha continuato a frequentare assiduamente il salotto culturale di mia moglie e le mie visite guidate, fino al 2008, per poi scomparire nel nulla, in coincidenza delle mie disavventure giudiziarie.


fig.8  - Elvira tra i templi di Efeso
fig.9  - Due palestrati al sole
fig.10 - Elvira nella piscina dei plebei
fig.11 - Le 4 fanciulle con il più vecchio
fig.12  - Coccodrillo per Angelo Russo

fig.13 - Achille con Elio ed Amina

Un altro viaggio meno importante è quello che facemmo nell'agosto del 1991 nel villaggio Valtur di Agadir in compagnia dei nostri figli, di Giovanna, (fig.14) Nicola e Barbara e di Angelo Russo (fig.15) e consorte. ricordo questa duplice settimana divertente ai miei lettori, tra mare, piscine ed escursioni nel deserto per la gioia di Souphiane, il mio genero, oggi belga, ma per decenni marocchino di origine e di religione, al quale voglio tanto bene, almeno fino a quando ne vorrà altrettanto, se non di più, a mia figlia Marina. L'escursione più importante fu quella a Marrakech, mentre per me fu emozionante cavalcare cammelli di cospicue dimensioni.
Un viaggio affascinante fu quello al villaggio Valtur delle Mauritius nell'oceano indiano, un vero e proprio paradiso terrestre, dove ebbi modo di passare 15 giorni fantastici, incluso Natale, Capodanno (1992) ed Epifania, ma soprattutto di fare amicizia con Tonino Cirino Pomicino, all'epoca nel pieno del suo entusiasmo per la vita ed il divertimento a tutte le ore del giorno.
Mentre stavamo sull'aereo lui venne vicino a dove sedevo con Elvira, si presentò e chiese se volevamo conoscerci; io acconsentii con piacere e da allora sono quasi 30 anni che siamo amici per la pelle. Grazie a lui ebbi modo di conoscere anche il figlio del ministro Gava (fig.16), un simpatico chiattone, a cui i camerieri, scambiandolo per me, che all'epoca pesavo 114 chili (a differenza degli 88 di ora), mettevano sul conto le bevande extra che i miei figli consumavano la sera al bar.
Sono tanti i momenti esilaranti che abbiamo trascorso assieme, ma due non posso non raccontarli ai miei affezionati lettori, dopo aver ricordato le attività sportive praticate durante il giorno (fig.17-18), che alternavamo a sonore abbuffate pomeridiane e serali, consumate rigorosamente in abiti adeguati (fig.19).
Un'altra giornata esaltante fu quando fittai un elicottero e con la mia famiglia ammirai per ore l'isola che ci ospitava dall'alto dei cieli.
Vi era una bonazza che da mattina a sera amava sculettare in spiaggia, mettendo armoniosamente in evidenza il suo lato B, che reputava fosse il più appetibile in circolazione. La sfidai ad un giudizio pubblico, affermando di possedere anche io un deretano desiderabile e se fossi stato un gay e non uno sciupafemmine indefesso, sarei stato molto ricercato. La foto immortala il momento culminante della sfida (fig.20), il cui esito lascio alla fantasia dei lettori.
La seconda gara fu una sfida tra grandi città italiane e la nostra squadra era capitanata da Tonino Pomicino, il quale si esibì in una serie di imitazioni esilaranti, ma la vittoria alla nostra compagine fu assicurata dal sottoscritto, grazie ad un'appassionata recitazione della Livella di Totò, che allora ed ancora oggi conosco a memoria, la quale fu salutata da un applauso del pubblico e della giuria durato vari minuti.
Passiamo ora a ricordi più seri, parlando dell'amicizia che intrecciai con Umberto Scapagnini, ex sindaco di Catania e medico personale di Berlusconi, al quale in seguito ho dedicato un capitolo nel I tomo della mia collana Quei napoletani da ricordare, consultabile digitando il link
http://www.guidecampania.com/dellaragione/articolo93/articolo.htm
Eravamo in compagnia delle nostre famiglie e con noi vi era costantemente, anche con moglie e due figli, un trascinatore formidabile verso il divertimento che esordiva sempre con “Viva le belle donne”: Tonino Cirino Pomicino (fig.21), fratello di Paolo, allora ministro del bilancio.
Abbiamo parlato di famiglie: già allora Umberto, irresistibile tombeur de femme, stava con una seconda moglie e con due figli avuti da un precedente matrimonio; un maschio, irresistibilmente attratto da mia figlia Tiziana, ed una femmina.
La nuova moglie, bellissima e soprattutto elegantissima emula di Imelda Marcos, aveva portato con sé, oltre ad un’infinità di foulardes e bikini, che sfoggiava con impettita classe, ben 50 paia di scarpe con tacchi stratosferici, che adoperava, cambiandone tre al giorno, in qualunque occasione, unica eccezione in spiaggia.
Le nostre discussioni partivano dalla medicina per sfociare inevitabilmente sulle donne e sul sesso.
Avevamo tanto da raccontarci ed, in epoca pre-viagra, lui riteneva  di aver scoperto potenti afrodisiaci dalla formula segreta, che in futuro, divenuto il medico del Cavaliere, avrà consigliato all’instancabile “satiro”, a smentire la voce che le sue performances erotiche siano frutto di quotidiane punture in loco (nei corpi cavernosi) di una dose di Caverjet, in grado di tenere alzato costantemente il vessillo per 3 e più ore.

Achille della Ragione

fig.14 - Elvira e Giovanna
fig.15 - Achille con Angelo
fig.16 - Achille con Gava junior
fig.17 - Achille e Marina pronti a remare

fig.18 - Elvira prende il sole
fig.19 - La sera a cena
fig.20 - Il culo più bello
fig.21 - I Pomicino sulla spiaggia



sabato 21 marzo 2020

Ricordi dimenticati ed aggiunte autobiografiche

fig.1 - Ospiti a tavola


Nel mese di giugno del 2017, al compimento dei miei primi 70 anni, oltre ad una serie di feste in cui invitai amici e parenti (fig.1–2) l'uscita della mia autobiografia, fu coronata da un grande successo con l'esaurimento in poche settimane di tutti i libri stampati. Oltre alle presentazioni ufficiali, vi furono, nei saloni della mia villa posillipina, una serie di incontri "per categoria", in primis con i vecchi compagni di scuola, a cui seguirono gli scacchisti, i medici ed infine gli antichi frequentatori de Il Fico, il leggendario night, da me fondato nel lontano 1966.
Tutti i partecipanti avevano già letto con attenzione il libro che narrava le mie gesta, alcuni nel formato cartaceo, gli altri, la maggioranza (amante del risparmio, per non dire i morti di fame) sul web, ove è a disposizione di tutti digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.it/p/prolegomeni-per-una-futura.html
Molti mi segnalarono delle omissioni e mi invitarono a provvedere, rammentando episodi più o meno importanti del mio percorso terreno.
Per accontentarli e soprattutto per amore della verità, ho aggiunto nel tempo una serie di capitoli con relative foto, ma da mesi non avevo inserito altre avventure, di cui scriverò ora  per la gioia dei lettori e per permettere ai posteri di giudicarmi con cognizione di causa.
Parto da un ricordo partorito da un messaggio inviatomi da un vecchio compagno di liceo, illustre architetto, da tempo residente a Roma
Ciao Achille,
leggo con interesse e ammirazione le tue documentatissime "schede" riguardanti le mete delle tue visite guidate.
Nutro anche una certa invidia per l'evidente quantità di tempo che hai a disposizione per prepararle.
Se vado indietro nel tempo di circa mezzo secolo, devo constatare che sei passato da un interesse scientifico - anzi missilistico; vedi la fondazione dell' ICARM (Istituto Centrale Autonomo per le Ricerche Missilistiche) - ad uno storico/ artistico, che coltivi con passione.
Mi piacerebbe partecipare a una visita, magari a un monumento studiato ai tempi della facoltà di architettura e chissà se non riuscirò un giorno a sorprenderti.
Oltretutto, con questo tuo impegno hai eretto un solido baluardo contro... l'Alzheimer!
Ad majora. 
Julian Vertefeuille (fig.3)

fig. 2 - Foto con parenti più stretti


fig. 3 - Julien Vertefeuille


Lentamente cominciano ad affiorare i ricordi: erano gli anni dello Sputnik (fig.4), di Laika (fig.5), il primo essere vivente a fare una passeggiata nello spazio, di Yuri Gagarin, il primo astronauta.
Volevo anche io lanciare il mio missile. Fondai un'associazione di simpatizzanti, quella ricordata dall'amico Juliaen, e cominciai a lavorare approntando l'ogiva di legno compensato che, con un paziente lavoro con la carta vetrata, assunse una forma slanciata in grado di perforare il cielo.
Il corpo del missile era un tubo di metallo, dal diametro di 10 centimetri, lungo circa un metro, alla base del quale feci approntare da un fabbro una filettatura per agganciare la parte contenente il propellente a base di nitroglicerina, che faticai non poco a procurarmi.
Come base di lancio sfruttammo la spiaggia di Licola adiacente alla zona militare all'epoca controllata dalla Nato. Ci ponemmo in un cespuglio posto a 50 metri dalla rampa di lancio e dopo un'emozionante conta alla rovescia diedi il contatto ad un pulsante collegato ad un lungo filo che terminava con una filettatura elettrica ricavata da una vecchia stufa che, riscaldandosi, diede l'incipit al propellente di mettere in moto il missile, il quale partì vigoroso tra lo scrosciare degli applausi dei miei compagni di avventura e dopo aver raggiunto un'altitudine di circa un chilometro, ridiscese verso il basso e cadde a mare a pochi metri dalla spiaggia, circostanza che ci permise di recuperarlo. Eravamo tutti felici e molti di noi affermammo che il nostro futuro era non sulla terra, ma nel cielo.
Passiamo ora, rimanendo in età giovanile, ad eventi sportivi, ricordando che nel 1964 ho vinto il campionato regionale studentesco a squadre di corsa campestre, che si svolse nella splendida cornice del bosco di Capodimonte.
In contemporanea praticavo lotta libera nella Virtus Partenope e pallacanestro nell'Oriens Napoli, che giocava in serie B e nella squadra del mio liceo, il glorioso Mercalli, che per anni ha dominato nel campionato studentesco. Nonostante fossimo i più forti con 2 giocatori che erano stati convocati alcune volte, anche se come riserve, in nazionale, quando incontrammo la squadra della Forrest Scherman School, il liceo americano, che all'epoca aveva sede vicino all'ospedale Fatebenefratelli, fummo sonoramente sconfitti tra i fischi ed i pernacchi del folto pubblico.
Rimanendo in campo sportivo voglio precisare che per 2 anni ho praticato lotta libera in una palestra sita al 2° piano dell'università in via Mezzocannone ed in seguito ho utilizzato per anni quanto imparato unicamente per dirimere questioni, come candidamente confessai a Mike durante la mia partecipazione a Rischiatutto (fig.6), che consiglio a tutti di rivedere (vi scompiscerete dalle risate) digitando il link
https://www.youtube.com/watch?v=vwnqj9Klw7s

fig. 4 - Sputnik

fig. 5 - Laika

fig. 6 - Partecipazione Rischiatutto

Sempre in tema di sport, gli scacchi per quanto sono il re dei giochi ed il gioco dei re, fanno parte del Coni, passiamo ora ad un ricordo a 64 caselle, che mi fu acceso l'anno scorso in occasione dell'uscita trionfale del mio libro Achille maestro di scacchi (fig.7), consultabile in rete digitandone il titolo, di cui ne stampai 400 copie a colori, che ho generosamente regalato soprattutto alle vecchie glorie del nobile cimento. Più di un giocatore mi ha contattato dopo aver letto avidamente il volume, chiedendomi come mai avessi dedicato un esaustivo capitolo al celebre festival internazionale svoltosi nella mia villa di Ischia dal 2000 al 2006 (fig.8), ma non avessi nemmeno accennato al torneo giocato nella mia villa posillipina nel 1984.
 Un'altra grave  dimenticanza che voglio colmare è costituita dal non aver citato le 2 volte che mia moglie Elvira, prima che nascesse l'astro invincibile di Maria De Rosa, ha conquistato il titolo di campionessa regionale di scacchi, acquisendo il diritto a partecipare al campionato nazionale individuale, dove ottenne un lusinghiero piazzamento (fig.9).
Per la descrizione del Gran Prinx che si svolse nel 1984 nei vasti quanto accoglienti saloni della mia villa posillipina mi sono servito della ferrea memoria di mio nipote Mario che, a 17 anni, gareggiò nella categoria esordienti, ottenendo il 1° posto.
Diresse la competizione il compianto arbitro internazionale Pappaianni, tra i concorrenti gli illustri maestri Mario Cocozza e Giacomo Vallifuoco, che da poco si erano classificati 2° e 4° al campionato nazionale, la buon'anima di Renato Miale ed altri 20 sfidanti che alternarono battaglie sulla scacchiera a gustare prelibatezze del palato offerte con generosità dalla padrona di casa e servite dalla mia efficiente servitù. Tra i partecipanti più scarsi voglio ricordare i fratelli Angelo e Duccio Tarallo, all'epoca ricchi imprenditori e con i quali ci vedevamo spesso, organizzando gite favolose, come quella a Pila nel villaggio Valtur (fig.10), che costituirà il fulcro della prossima ricordanza. 

fig. 7 -  Copertina

fig. 8 - Torneo Ischia

fig. 9 - Elvira durante il campionato nazionale

fig. 10 - Villaggio  Valtur d Pilai

Siamo sul finire degli anni Ottanta, prendiamo l'aereo per Milano, dove ci attende un pullman che ci porterà fino al villaggio.21 i passeggeri  a bordo, la famiglia della Ragione, 5 membri, la famiglia Tarallo al completo: 2 padri, 2 madri, 4 figli ed una nonna ed altri 7 amici. Durante il viaggio con un autista spericolato ricordo che Angelo Tarallo mormorò: se cadiamo in un burrone i nostri averi andranno allo Stato, perché non abbiamo lasciato parenti entro il 6° grado.
A Pila ci attendevano, dopo un estenuante viaggio di 14 ore in auto, la dinastia dei Letticino, Rino all'epoca re dei catenacci, la consorte, nobildonna Gabriella Marino, sovrana delle Puglie e la discendenza.
Del soggiorno montanaro ricordo distintamente 2 cose, la prima spiacevole, la seconda eccitante.
Decidemmo che anche Marina, la nostra amata terzogenita, imparasse a sciare come i fratelli, che avevano appreso in simultanea a camminare ed a sfidare le nevi, per cui la iscrivemmo ad una scuola per principianti e mi associai anche io per farle compagnia. Ma già da 1° giorno le cadute di entrambi non si contavano, fino a quando un mio "sciuliamazzo" contro un albero, dopo aver bestemmiato le principali divinità delle tre religioni monoteiste, mi convinse ad interrompere le lezioni.
Poiché durante il giorno tutti sciavano, io occupavo il tempo proficuamente, trascorrendo alcune ore nella sauna, non certo per eliminare tossine o per rilassarmi, bensì per eccitarmi, ogni volta che entrava a farmi compagnia una fanciulla dai seni debordanti e dal lato B invitante, completamente nuda, la quale dopo aver sudato abbondantemente, mentre alcune mie dimensioni anatomiche crescevano a dismisura, si buttava poscia nella neve dove si rotolava felice per alcune decine di metri.
Ci trasferiamo ora con il racconto a Parigi, dove mi recai con i fratelli Tarallo e rispettive signore, i quali in quegli anni potevano spendere e spandere. Dopo aver assistito allo spettacolo al Moulin Rouge, decidemmo di cenare da Maxime (fig.11). Dissi agli amici di consultare con attenzione la lista dei vini, perché per un primo ed un secondo potevano bastare 150.000 - 200.000 lire, ma se si sbagliava nell'ordinare gli alcolici si poteva avere un conto di milioni. Scegliemmo di brindare con un Moet Chandon di un'annata economica. Il cameriere portò lo champagne in un cestello colmo di ghiaccio, da cui protrudeva solo la punta della bottiglia. controllai attentamente marca ed annata prima di permettere la cerimonia dell'apertura con relativo botto, che fu accolto da un fragoroso applauso, seguito da uno spavento collettivo quando ci accorgemmo che la confezione stappata era una maxi da tre litri  e costava 5 volte quanto avevamo previsto (fig.12).
L'ultimo episodio è ai limiti della farsa e mi è stato rammentato da Guglielmo Pepe, affermato ginecologo, in piena attività, il quale mi ha ricordato di quando mi recai a Roma per sostenere il concorso per l'idoneità a primario di Ostetricia e nonostante fosse giugno inoltrato io indossavo un corposo cappotto, reso ancor più debordante perché nelle fodere avevo nascosto numerosi libri di testo da consultare furtivamente. Infatti trascorse due ore si poteva chiedere di recarsi alla toilette per soddisfare improcrastinabili bisogni fisiologici, lì vi era una guardia che invitava a non chiudere la porta del gabinetto durante le funzioni corporali. Io candidamente mi calai i pantaloni, ma feci precedere le operazioni di evacuazioni da una rumorosa flautolenza, scusandomi con il controllore ed avvertendo che a breve ne sarebbero seguite altre, particolarmente puteolenti, perché avevo una diarrea. Mi fu detto chiuda pure la porta e questa circostanza mi permise in pochi minuti di estrarre dal cappotto alcuni libri, consultarli avidamente e ritornare in aula, dove, grazie alla mia memoria, all'epoca prodigiosa, riportai sul foglio quanto letto pochi minuti prima.
Inutile dire che superai brillantemente l'esame, che per molti era uno scoglio sul quale avevano infranto più volte le loro speranze.
Un episodio simile mi era capitato anni prima durante la prova di disegno all'esame di maturità, quando un professore girava fra i banchi ed invitava gli studenti a scegliere tra tante foto capovolte quella da riprodurre su carta. Le foto rappresentavano scenari impervi dal Duomo di Milano al Colosseo, ma io prudentemente, ne avevo sottratto una con tanto di timbro del liceo, nascosta sotto la camicia, che raffigurava un semplice capitello corinzio, sul quale mi ero preparato a casa, che sostituii a quella capitatami durante la prova d'esame

Achille della Ragione

fig. 11 - Ristorante Maxime
  
fig. 12 - A cena da Maxime

fig. 13 - Tutti assieme da Maxime



venerdì 20 marzo 2020

Divieto di uscire da casa, anche per i barboni?




In questi giorni si susseguono i divieti e tutti siamo obbligati a trascorrere giorno e notte a casa. Ma chi una casa non la possiede come ad esempio i barboni? Nessuno pensa a loro anche se il loro numero cresce ogni giorno e da tempo sono diverse migliaia. Sarebbe fuori luogo, in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo, pensare di allestire delle tende con letti rudimentali in un luogo dove al limite possano anche usufruire di un pasto caldo?
Rappresentano un residuo di arcaiche povertà, un imprevedibile esito della modernità. Un brutto giorno precipitati nella solitudine e nella miseria, diventano invisibili per gli amici, per i conoscenti, per gli stessi parenti, bastano pochi mesi e la strada come casa si trasforma in una voragine senza ritorno.
Sonnecchiano sulle panchine dei giardini pubblici o stesi sui cartoni per difendersi dall’umido che penetra nelle ossa; di notte, tutti assieme, pigiati spalla contro spalla, nelle sale d’attesa delle stazioni non tanto per dormire, quanto per difendersi dalle aggressioni gratuite divenute frequentissime.
Anche a guardarli sembrano tutti eguali: radi capelli precocemente incanutiti, pochi denti malfermi, la pelle incartapecorita ed un corpo devastato dall’età indefinibile, vestiti a brandelli ed un puzzo devastante che si sente a distanza.
Da tempo sono divenuti gli ultimi tra gli ultimi, disperatamente in coda ai più disperati, più dimenticati degli zingari, dei drogati, degli alcolizzati o degli extra comunitari clandestini, divenuti, soprattutto se islamici, i preferiti dei parroci e delle decrepite signore d’annata delle associazioni benefiche.
Nei dormitori vi è una lista d’attesa chilometrica e si può soggiornare solo per tre giorni durante le ore notturne, mentre fuori imperversa implacabile un freddo omicida. La strada diventa così una soluzione obbligata per decine di migliaia di barboni, costretti a sopravvivere in condizioni da incubo.
Come potremo continuare a dormire beati nei nostri letti con il pensiero che tanti nostri simili, solo più sfortunati di noi, devono arrangiarsi, avendo come tetto il cielo e come giaciglio la pubblica strada.


Achille della Ragione

giovedì 19 marzo 2020

Svuotare le carceri necesse est


Nei giorni scorsi, a seguito del divieto dei colloqui con i parenti (un conforto inderogabile) vi sono state rivolte in tutti i penitenziari italiani, domate con difficoltà e con un corteo di morti, mentre alcune decine di detenuti sono riusciti ad evadere.
Il governo per arginare i disordini e diminuire il vergognoso super affollamento ha deciso di varare un decreto che prevede la possibilità di scontare gli ultimi 18 mesi di pena ai domiciliari, scatenando l'ira funesta di Salvini, il quale naturalmente ignora che già attualmente la legge prevede che gli ultimi 12 mesi si possano scontare a casa. La norma purtroppo è inattuata, perché bisogna sottoporre ogni singolo caso al parere del tribunale di sorveglianza, che, vero modello di inefficienza e malagiustizia, fissa l'udienza a distanza di mesi e mesi, quando la pena è già estinta.
Per cui invito il governo, se deciderà di varare l'ordinanza, di prevedere un meccanismo automatico di scarcerazione, altrimenti sarà tutto inutile.

Achille della Ragione

Il Mattino pag. 38 -  23 marzo 2020


Caro Achille, ben ritrovato. La tragedia, perchè di tragedia si tratta, del Coronavirus, ha fotografato in una enorme istantanea tutti i ritardi, i difetti, i limiti del Paese.
Tra questi è esplosa con tutta evidenza la questione dell'affollamento e delle condizioni nelle carceri, non sempre all'altezza di una nazione avanzata e democratica.
Quanto successo dieci giorni fa, quando, nel giro di due ore, la maggior parte degli istituti penitenziari era in mano ai detenuti in rivolta deve farci riflettere.
Solo il buon esito di alcune trattative hanno fatto sì che non si ripetessero le fughe di massa avvenute a Foggia.
I detenuti sui tetti nel breve periodo devono farci riflettere sulla pericolosità della bomba sociale all'interno del nostro sistema penitenziario.
Nel lungo periodo, tra le tante lezioni che ci lascerà il Covid, ci sarà di certo la necessità di un sistema di detenzione più efficiente, più dignitoso, insomma più aderente alla nostra Costituzione che all'articolo 27 ricorda: <<Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato>>.


    Ps. Caro Achille stia a casa il più possibile e lo raccomandi anche ai suoi cari.



    Federico Monga

domenica 1 marzo 2020

Prossime visite guidate di marzo 2020

Visita chiostro e chiesa Donnalbina 8 febbraio 2020


Carissimi amici ed amici degli amici, coronavirus permettendo, cominceremo
sabato 7 marzo con la visita della chiesa di S. Anna dei Lombardi (o Monteoliveto se preferite) con appuntamento all’ingresso alle ore 10:45. Vi sarà un biglietto di 5 euro, che ci permetterà di visitare anche l’ipogeo, riaperto di recente dopo 100 anni e sul quale vi consiglio di consultare un mio scritto digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2019/01/l-ipogeo-della-chiesa-di-santanna-dei.html

Per il successivo appuntamento dovremo pazientare per attendere l’inaugurazione della importante mostra su Vincenzo Gemito, che dopo il successo di Parigi, approderà al museo di Capodimonte.
Per l’occasione ho preparato un libro sull’artista, che presenterò
venerdì 3 aprile alle ore 17:30 presso l’aula magna della chiesa di S. Maria della Libera in via Belvedere al Vomero e che potrete acquistare al prezzo scontato di 10 euro.

Mentre la prima visita alla mostra, per evitare file chilometriche è prevista per
martedì 24 marzo alle ore 10:45, quando vedremo la mostra a Capodimonte e poscia ci dedicheremo alla collezione permanente del 1° piano, dedicata alla pittura del Seicento napoletana, ricca di oltre 300 dipinti. Per il nostro gruppo sarà praticato un prezzo speciale.

Diffondete la notizia  ai 4 venti e ricordate che ogni settimana potrete sapere le visite successive andando sul mio blog

www.dellaragione.eu

http://achillecontedilavian.blogspot.com/

MOSTRA DI GEMITO AL MUSEO DI CAPODIMONTE


In 1^ di copertina
Vincenzo Gemito - Pescatorello
Napoli collezione della Ragione



Prefazione

Questo libro nasce in occasione della mostra su Vincenzo Gemito, che dopo il successo riscontrato al Petit Palais di Parigi, approda a Napoli al museo di Capodimonte, dove si potrà visitare per 3 mesi a partire dal 19 marzo.
Il volume comprende un corposo capitolo sulla vita e le opere del grande scultore, ricco di ben 40 figure. Segue un articolo pubblicato nel 2009 in occasione dell’ultima mostra tenutasi sull’artista a Villa Pignatelli, a cui seguirono interessanti commenti da parte di illustri personaggi del mondo culturale.
Vi è poi un articolo sul capolavoro di Gemito: il Pescatorello, conservato in una celebre collezione napoletana. Si conclude in bellezza proponendo al lettore 16 foto a colori di sculture e disegni dell’artista.
Debbo pubblicamente ringraziare l’amico fraterno Dante Caporali, che mi ha fornito immagini e preziosa assistenza nella preparazione del pdf, senza il suo aiuto questo libro non avrebbe mai visto la luce. Non mi resta che augurare a tutti buona lettura.

Achille della Ragione

 Napoli febbraio 2020

 Scarica il file in PDF


In 3^ di copertina
Foto di Vincenzo Gemito in abiti adamitici


INDICE
  • Prefazione
  • Vincenzo Gemito, la vita e le opere
  • Gli ultimi anni e la morte
  • Bibliografia
  • L’ultima mostra su Gemito a Napoli
  • Il Pescatorello, il capolavoro di Vincenzo Gemito
  • Tavole a colori


In 4a di copertina
Salotto di villa della Ragione







Il posto al sole ignora il coronavirus



Il posto al sole è una trasmissione che da decenni è seguita da milioni di telespettatori, perché fotografa con precisione la realtà della società odierna con pregi e difetti, soprattutto questi ultimi: coppie separate, delinquenza, disoccupazione e tante altre amenità.
Io da sempre non perdo una puntata ed anche se sono impegnato in una conferenza come relatore abbandono tutto e corro davanti al video.
Le puntate spesso sono registrate con largo anticipo, altrimenti come si spiega che non si parli della psicosi che da settimane ha contagiato l'opinione pubblica e le autorità, generando una pandemia cartacea e telematica, che produrrà danni irreparabili all'economia.

Achille della Ragione

Il Pescatorello, il capolavoro di Vincenzo Gemito

 
fig. 01 - Pescatore- gesso - Napoli -
museo di Capodimonte
 

Il bronzo del Pescatorello ottenne un grande successo di pubblico e di critica quando fu presentato nel 1877 al Saloon di Parigi nel 1877 ove fu effigiato dalla menzione d’onore. Della scultura esistono alcune repliche, le più belle sono tre: una conservata nel museo del Bargello a Firenze, una, ufficialmente nella stanza del sindaco di Napoli, ma spesso errante tra mostre e musei e la terza, di cui parleremo in questo articolo, conservata nella collezione della Ragione a Posillipo.
Le tre repliche autografe derivano da un gesso preliminare (fig.1), conservato nel museo di Capodimonte, che fece da guida all’artista per realizzare le repliche in bronzo, alle quali egli lavorava a lungo di cesello sulla superficie per realizzare una continua vibrazione della luce.
L’opera (fig.2) di cui intendiamo parlare in questo breve contributo, alta cm. 135 e firmata sulla base V. Gemito, venne acquistata dal noto professionista nel  corso di un’asta Semenzato tenutasi a Roma il 25 novembre 1991; in precedenza apparteneva al famoso imprenditore Eugenio Buontempo.
In questa scultura è molto curata la pelle increspata, naturalisticamente ottenuta con un paziente lavoro di scalpello, mentre risaltano i tratti del volto (fig.3) ed è molto curata la vivace correlazione delle membra di questo scugnizzo in equilibrio precario sullo scoglio e nell’atto di trattenere i pesciolini  appena staccati dall’amo. Si sa che Gemito allo scopo di ottenere la migliore ispirazione possibile teneva a lungo il modello in piedi su un sasso cosparso di sapone per cogliere meglio l’energia potenziale e poterla poi immortalare nel bronzo.
Gemito per meglio rendere le opere che creava dal bronzo predisponeva numerosi disegni preparatori per studiare l’evoluzione della forma. La gran parte di questi disegni erano nella collezione Minozzi (fig.4) ed oggi si possono ammirare nelle sale del museo di Capodimonte. Attraverso il loro esame è possibile verificare la ricerca formale eseguita dall’autore per stabilire la posizione definitiva del pescatore sullo scoglio: in alcuni disegni lo scugnizzo ha i piedi ben piantati sul sasso con il busto flesso in avanti; in altri la figura vista di prospetto o di spalle si sposta verso la definitiva posa accovacciata sugli scogli, in altri ancora si osservano altre posizioni, segno evidente di una accuratissima ricerca spaziale eseguita dall’artista.
Il soggetto iconografico, per via del grande successo di critica e pubblico, è stato replicato più volte in formato ridotto e con significative varianti dallo stesso Gemito, come nel caso del Piccolo pescatorello (fig.5) che qui rendiamo noto.
E concludiamo in bellezza l’articolo fornendo ai lettori la visione di una parte del salotto (fig.06) che ospita l’opera di cui abbiamo parlato e l’autore con il catalogo della sua raccolta in compagnia dell’adorata moglie Elvira (fig.07)

Achille della Ragione


fig. 02  - Pescatorello - bronzo cm. 135 - firmato -
Napoli collezione della Ragione
fig. 03  - Pescatorello - bronzo cm. 135 - firmato - (particolare del volto) -
Napoli collezione della Ragione

 
fig. 04 -  Minozzi in un disegno di Gemito


 
fig. 05 -Piccolo pescatore - Roma collezione privata


fig. 06 - Salotto villa della Ragione



fig. 07 - L'autore con libro della sua collezione e consorte