giovedì 2 gennaio 2014

Un amore incompiuto: Eco e Narciso


Nicolas Poussin, Eco e Narciso (ca. 1629-1630), Museo del Louvre, Parigi

Nell’antica Grecia, un giorno lontanissimo, Cefiso, il dio delle acque, rapì la ninfa Liriope. Si amarono teneramente e dalla loro unione nacque un figlio che fu chiamato Narciso. Gli anni passarono e Narciso divenne un ragazzo meraviglioso. Liriope volle salvaguardare la bellezza del giovinetto; si recò perciò dall’astrologo Tiresia che, dopo aver consultato l’oracolo, le disse: - Narciso vivrà molto a lungo e la sua bellezza non si offuscherà. Ma il giovinetto non dovrà più vedere il suo volto.
La profezia di Tiresia si avverò: Narciso restò per sempre adolescente, mantenendo intatta la sua bellezza che svegliava i più teneri sentimenti nelle ninfe che l’avvicinavano.
Ma lo splendido ragazzo sfuggiva il mondo e l’amore e preferiva trascorrere il tempo passeggiando da solo nelle foreste sul suo cavallo oppure andando a caccia di animali selvatici.
Un giorno, mentre cacciava, sentì rimbalzare tra le gole della montagna una voce che si esprimeva in canti e risate. Era Eco, la più incantevole e spensierata ninfa della montagna che, al solo vederlo, s’innamoro’ perdutamente di lui. Ma Narciso era tanto fiero e superbo della propria bellezza, che gli pareva cosa di troppo poco conto occuparsi di una semplice ninfa. Non così era per Eco che da quel giorno seguì il giovinetto ovunque andasse, accontentandosi di guardarlo da lontano. L’amore e il dolore la consumarono: a poco a poco il sangue le si sciolse nelle vene, il viso divenne bianco come neve e, in breve, il corpo della splendida fanciulla divenne trasparente al punto che non proiettava più ombra sul suolo.
Affranta dal dolore si rinchiuse in una caverna profonda ai piedi della montagna, dove Narciso era solito andare a cacciare. E lì con la sua bella voce armoniosa continuò a invocare per giorni e notti il suo amato. Inutilmente perché Narciso, che pur udiva l’angoscioso richiamo, non venne mai.
Della ninfa rimasero solo ossa e la voce. Le ossa presero la forma stessa della cava roccia ove il suo corpo era rannicchiato e la voce visse eterna nella montagna solitaria. Da allora essa risponde accorata ai viandanti che chiamano. Ma è fioca e lontana e ripete perciò solo l’ultima sillaba delle loro parole: ha perduto la sua forza invocando Narciso, il crudele cacciatore che non volle ascoltarla.
Narciso non fu affatto addolorato e continuò la sua vita appartata. Fu allora che intervennero gli dei per punire tanta ingratitudine.
Un giorno, mentre il superbo giovinetto si bagnava in un fiume, vide per la prima volta riflessa nell’acqua limpida l’immagine del suo viso. Se ne innamorò perdutamente e per questa ragione tornava di continuo sulle rive del fiume ad ammirare quella fredda figura. Ma ogni volta che tendeva la mano nel tentativo di afferrarla, la superficie dell’acqua si increspava, ondeggiava e l’immagine spariva.
Una mattina, per vederla meglio, si sporse di più e di più finché perse l’equilibrio cadendo nelle acque, che si rinchiusero per sempre sopra di lui. Il suo corpo fu trasformato in un fiore di colore giallo dall’intenso profumo, che prese il nome di Narciso.
Il mito di Narciso è stato un’assidua fonte di ispirazione per gli artisti fino ai giorni nostri, anche ben prima che il poeta latino Ovidio includesse una versione del mito nel libro III delle sue Metamorfosi.
Fra i principali pittori che si sono dedicati al mito di Narciso si possono citare: Caravaggio (Narciso al fonte, 1600 ca.), Poussin (Narciso ed Eco, 1630 ca.), Lemoyne (Narciso, 1728), Turner (Narciso ed Eco, 1804), Waterhouse (Eco and Narciso, 1903), Dalì (Metamorfosi di Narciso, 1937).
Il mito e la figura di Narciso sono stati ripresi in secoli più recenti da vari poeti, ad esempio Keats e Alfred Esward Housman. Il mito ha influenzato la cultura omoerotica vittoriana, attraverso lo studio di Landre’ Gide del mito (Il Trattato di Narciso, 1891) e l’opera di Oscar Wilde.
Fedor Dostoevskij utilizza in alcune poesie e romanzi personaggi con un carattere simile a Narciso (come Jakov Petrovic Goljadkin ne Il sosia, 1846). Nel romanzo di Stendhal Il rosso e il nero (1830) il personaggio di Mathilde mostra un tipico carattere narcisista.
Nei “Poemi Conviviali” il poeta Giovanni Pascoli dedica il poemetto “I Gemelli” a Narciso, traendo ispirazione dalla variante riportata da Pausania.
Nel 1930 la figura di Narciso è riproposta dallo scrittore tedesco Hermann Hesse col romanzo Narciso e Boccadoro, dove il personaggio è presentato in veste di monaco medievale.
Anche il libro di Paulo Coelho L’alchimista (1988) inizia con un riferimento a Narciso.
Sono state dedicate varie canzoni a questo tema: License to Kill di Bob Dylan si riferisce indirettamente a Narciso; il gruppo metal greco Septic Flesh ha inciso una canzone su Narciso (intitolata Narcissus) nel loro album Communion; il testo della canzone Reflection dei Tool è parzialmente incentrata sul mito di Narciso; altre canzoni inerenti al mito sono Narcissus di Alanis Morissette e The daffodil lament di The Cranberries.
Fra gli autori italiani si può citare: La lira di Narciso, tratta l’album Bianco sporco dei Marlene Kuntz, Parole di burro tratta dall’album Stato di necessità di Carmen Consoli, Una storia d’amore e di vanità di Morgan (Da A ad A.Teoria delle catastrofi), Narciso tratta dall’album omonimo album dei Pierrot Lunaire, La Cantata del Fiore di Nicola Piovani, ed infine Eco e Narciso, il musical di Nicola e Gianfranco Salvio.
La psicologia si è interessata al mito dando luogo al termine “narcisismo” entrando nel linguaggio comune.
Nel 1899, Paul Nache è la prima persona ad utilizzare il termine “narcisismo” in uno studio sulle perversioni sessuali.
Nel 1911, Otto Rank pubblica il primo scritto psicoanalitico specificamente centrato sul narcisismo.
Nel 1914, Sigmund Freud pubblica uno saggio su narcisismo intitolato Introduzione al narcisismo, dove amplia il significato del termine introducendo i concetti di narcisismo primario e di narcisismo secondario o protratto.
Nel 1982, Havelock Ellis, un sessuologo inglese, usa il termine “narcissus-like” in un suo studio sull’autoerotismo, per indicare un tipo di perversione sessuale in cui l’individuo preferisce sessualmente il proprio corpo.
Attualmente con il termine narcisismo si intende un disturbo della personalità e, in termini generali, l’amore, spesso patologico, che una persona prova per la propria immagine e per se stesso.


Benczúr Gyula (1844-1920): Narcissus 1881 Magyar Nemzeti Galéria, Budapest

Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio: Narciso (1594-1596). Roma, Galleria nazionale d'arte antica

François Lemoyne, Narciso al fonte, (1728 circa). Amburgo, Kunsthalle


Nessun commento:

Posta un commento