giovedì 2 gennaio 2014

Il primo amore: Adamo ed Eva



Nel racconto della Bibbia Dio crea Adamo con la terra e gli dà la vita soffiandogli un “respiro” sulla faccia; quindi lo pone nel giardino dell’Eden e crea come sua compagnia dapprima gli animali, poi una donna formata dalla stessa costola di Adamo. Dio proibisce ad Adamo e a Eva di mangiare il frutto dell’albero “della conoscenza del bene e del male”, ma essi seguono il consiglio del serpente e lo mangiano, divenendo così consapevoli di se stessi e delle cose. Per punizione, Dio li caccia dall’Eden, li priva dell’immortalità e li condanna ad affrontare i dolori e le difficoltà dell’esistenza.
La storia della creazione di Adamo con la terra è simile ai racconti della creazione dell’uomo presso altri popoli antichi del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente: in Mesopotamia gli dei creano l’uomo con l’argilla e con il sangue di un dio; in Egitto lo plasmano come si farebbe con un vaso o un mattone, e anche in Grecia il semidio Prometeo lo crea con acqua e terra. La perdita dell’immortalità da parte di Adamo ed Eva, inoltre, ricorda i miti di Gilgamesh e di Adapa, due leggendari re dell’antica Mesopotamia che per errore persero l’occasione di divenire immortali.
Dio, dopo aver creato i primi uomini, Adamo ed Eva (il primo nome ebraico è collegato con la parola che significa “terra”, poiché il suo corpo sarebbe stato modellato con la creta; il nome di Eva ha la stessa radice del verbo “vivere”, e infatti nel testo essa sarà definita in seguito “la madre di tutti i viventi”), li mette a vivere nel giardino dell’Eden, comandando loro di nutrirsi liberamente dei frutti di tutti gli alberi presenti, tranne che dei frutti del cosiddetto albero della conoscenza del bene e del male.
Allettati da questa tentazione, gli uomini mangiano questo frutto (la donna lo offre all’uomo: l’immagine della donna tentatrice è tipica di molte letterature sapienzali soprattutto nel mondo antico). Subito si rendono conto di essere nudi. La loro nudità esprime l’indegnità, l’insuccesso.
Spesso il “frutto proibito” viene rappresentato come una mela. Nel testo della Bibbia si parla di “frutto”, senza ulteriori specificazioni. In latino la mela viene chiamata malum, parola che ha anche lo suono di quelle che significa “male”. Per questo motivo nel medioevo si sarebbe cominciato a rappresentarla come una mela. Per i musulmani, il frutto proibito è il fico, in quanto molto dolce (quindi in grado di corrompere).
Al peccato fa seguito una specie di istruttoria condotta da Dio, che ripercorre i gradini opposti a quelli del peccato: prima l’uomo, poi la donna, poi il serpente. L’uomo, che sperimenta la paura e la vergogna, scarica la sua responsabilità su altri (Adamo sulla donna, e la donna sul serpente).
Dio condanna prima di tutto il serpente; la punizione della donna la tocca nella sua duplice qualità di madre e di moglie. Anche l’uomo è condannato, anzitutto nel suo rapporto con la terra, alla quale è legato come a una moglie e dalla quale attende i frutti: ora la terra diventa una nemica. Comunque né l’uomo né la donna vengono “maledetti” da Dio, che riserva parole di maledizione soltanto al serpente e alla terra (o al cosmo). La più aspra conseguenza del peccato è la morte: il peccato produce una rottura del rapporto con Dio, e la morte fisica sancisce definitivamente questa rottura.
Il termine “peccato originale” non è presente nel testo biblico, né nell’Antico Testamento né nel Nuovo. La visione del peccato della prima coppia umana, così come è proposta dalla religione ebraica, è priva della componente di ereditarietà della colpa che invece viene evidenziata nell’interpretazione cattolica e protestante.
Per il giudaismo il peccato dei progenitori assumerebbe una duplice valenza: da una parte rappresenterebbe errore, causa della caduta e mortalità umane e testimonianza della debolezza e della fallibilità dell’uomo, dall’altra rappresenterebbe il libero arbitrio dell’uomo, in grado di poter liberamente scegliere fra bene (la volontà divina) o il male (la tentazione).
A causa della perdita dell’innocenza dal momento dell’episodio del primo peccato dell’umanità la sessualità venne considerata con vergogna con l’eccezione dei Patriarchi ebrei che vissero tale relazione come Mizvak in Qedushah come sarà soltanto nell’era messianica.
Agostino d’Ippona ritenne che l’uomo fosse stato creato simile a Dio, ma non in tutto, perché Dio conosce il male ma in quanto amore infinito non lo commette, mentre l’uomo conosce il male e può compierlo; l’essere umano è stato creato con il libero arbitrio di conoscere e fare sia il male sia il bene.
Inoltre, insegnare a fare il male è una colpa tanto quanto compierlo direttamente: perciò Dio non può avere insegnato il male, pur avendo lasciato la possibilità e la responsabilità all’uomo di conoscerlo.
Va evidenziato che l’insegnamento di Agostino, sebbene in continuità con la dottrina insegnate da Paolo e dai Vangeli, e con la tradizione veterotestamentaria (si pensi ad alcune espressioni del salmo 51 che insistono in un uomo “nato malvagio”, “concepito peccatore dalla propria madre”), risente nel suo vigore argomentativi dell’accesa polemica contro Pelagio. Quest’ultimo sosteneva che la salvezza è per l’uomo raggiungibile senza necessariamente la grazia divina: l’uomo può salvarsi con le sole forze, perché si trova in una condizione corrotta, e causa di questa condizione è proprio il peccato originale, ereditato attraverso l’atto sessuale che è all’origine di ogni vita umana.
Secondo la Chiesa cattolica per effetto del peccato originale, l’uomo eredita, anzitutto, una colpa che, se non viene estinta con il sacramento del battesimo, preclude la salvezza.
Solo alla luce di tale dottrina cattolica è comprensibile il dogma cattolico dell’Immacolata Concezione di Maria madre di Gesù (proclamato nel 1854 da papa Pio IX), secondo il quale Maria fu concepita senza peccato originale in vista dei meriti di suo figlio, ossia “pre-redenta”, redenta prima che la redenzione avvenisse storicamente.
L’uomo eredita, inoltre, sempre per effetto del peccato originale, un’inclinazione verso il male, che il battesimo non può cancellare, e che è chiamata concupiscenza. Questa inclinazione, che accompagna l’uomo nel corso dell’intera sua vita non costituisce in sé un peccato, ma una debolezza di base dell’essere umano che è la causa dell’agire malvagio degli uomini nella storia dell’umanità.
Per il cristianesimo protestante, il peccato originale è caratterizzato dal concetto di ereditarietà della colpa evincibile dalle Sacre Scritture (salmo 51, Vangeli), illustrato dall’apostolo Paolo e ripreso da Agostino nella sua aspra polemica contro Pelagio.
La dottrina del peccato originale venne ripresa e reinterpretata da Martin Lutero, il principale fautore della Riforma protestante, in opposizione alla Chiesa cattolica. Secondo Lutero il peccato originale avrebbe corrotto moralmente l’anima umana a tal punto da privarla della possibilità di volgersi da sola verso il bene: l’uomo sarebbe quindi privo del libero arbitrio che lo avrebbe caratterizzato prima del peccato originale e che gli permetterebbe di scegliere fra bene e il male. Il suo sarebbe un servo arbitrio, servo del male.
Solo Dio decide, ancor prima della nascita dell’uomo, di salvarlo: la salvezza è dovuta solo a Dio. Le azioni che un’individuo compie durante la sua esistenza non hanno alcuna influenza sul suo destino umano.
Nel calvinismo questa riflessione sulla predestinazione dell’essere umano è ulteriormente sviluppata: tutti gli uomini sarebbero meritevoli di dannazione, ma Dio ne ha predestinati alcuni (il cui numero e la cui identità sono sconosciute agli uomini), per suo imperscrutabile volere, ad essere eletti e salvati malgrado le loro colpe, grazie al sacrificio espiatorio di Gesù, che si è sostituito a loro nella meritata punizione.
A differenza delle interpretazioni cattolica e protestante, per l’ortodossia cristiana il peccato di Adamo ha avuto delle conseguenze per l’uomo, ma non si tratterebbe di conseguenze morali in grado di “macchiare” con una colpa l’anima di ogni individuo. Piuttosto il peccato originale avrebbe introdotto la corruttibilità fisica dell’essere umano, e in particolare la morte. Le uniche conseguenze del gesto di Adamo sono dunque, secondo la visione ortodossa, la corruzione e la moralità, considerate da un punto di vista fisico, non morale. Tuttavia la morte comporta un desiderio innato degli esseri umani di “ridurre” il dolore per la certezza della fine della vita terrena: da ciò scaturisce il peccato come palliativo di fronte alla moralità.
Nella religione islamica è assente il concetto di eredità della colpa, perché ognuno è responsabile del proprio peccato. Secondo l’Islam il peccato originale sarebbe solo un errore commesso da Adamo ed Eva, ma essi si sarebbero pentiti e quindi perdonati da Dio, senza che il loro sbaglio si ripercuotesse sul genere umano.
Nel film del 1971 Fratello sole, sorella luna di Franco Zeffirelli è attribuita al papa Innocenzo III una frase significativa che viene rivolta dal pontefice a Francesco d’Assisi, recatosi in udienza per ricevere l’autorizzazione a fondare un proprio ordine religioso. A Francesco, che professava la propria umiltà e si diceva consapevole del peso dovuto al peccato originale, il Pontefice rispondeva così: “molte volte si è portati a pensare troppo al peccato originale, dimenticando l’originale innocenza”.

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