sabato 18 gennaio 2014

Da Buffalo Bill alla Plaza de Toros



A Napoli da tempo il circo attira una miriade di appassionati, sia bambini che adulti ed in prossimità delle festività natalizie vi è spesso un’offerta con più scelte. La zona di via Marina e Fuorigrotta sono i punti più ambiti, prenotati con mesi di anticipo dagli impresari.
In passato si sono potute vedere esibizioni uniche con utilizzo di animali insoliti ed ancora oggi, ne parleremo alla fine, si può assistere a spettacoli originali quanto cruenti.
Molti credono che Toro Seduto, il generale Custer e i Pellerossa con le loro battaglie contro i cowboy siano personaggi creati dalla fertile fantasia di registi e di disegnatori di fumetti. A dimostrare che sono uomini in carne ed ossa ci pensò Buffalo Bill, al secolo William Frederick Cody, il quale col suo circo itinerante Wild West Show, nel 1890 mise le tende a San Giovanni a Teduccio, mentre i suoi pellirosse in groppa a focosi destrieri si sparpagliarono per la città fino a via Caracciolo a pubblicizzare l’evento.
Il pubblico si presentò in massa ad assistere allo spettacolo, ma molti in possesso di biglietti falsi, ne stamparono più di duemila, provocarono continue risse all’ingresso e ripetuti interventi della polizia, per cui, dopo pochi giorni il vecchio Buffalo Bill preferì trasferirsi a Roma dove i suoi cavalieri vennero sfidati dai burini locali in una memorabile caccia con il laccio, che vide vincitori gli antichi discendenti di Cesare.
Impensabile la seconda esibizione che si potette ammira a Napoli per decenni, raccontata dal nostro amico Aurelio De Rose. Dopo la costruzione delle funicolari, la collina del Vomero divenne una meta sempre più ambita per le scampagnate da parte dei napoletani, fu allora che un ingegnere, Giovanni Colella, ebbe l’idea di costruire un’arena che venne pomposamente denominata “Ippodromo Napoletano”.
Nel 1893 fu aperta la struttura in una spianata posta tra via Bonito e viale Raffaello. Nel novello anfiteatro, recintato da steccati di legno e muratura con tribune per il pubblico, si svolgevano con cadenza settimanale, delle vere corride di vispi torelli, affrontati da improvvisati toreri partenopei, bardati come autentici matador, da fare invidia ai più accorsati colleghi spagnoli. Nella novella Plaza de Toros, muniyi di una specie di lancia e di numerose banderillas infilzavano i malcapitati torelli tra applausi e risate del numeroso pubblico. Vi furono proteste da parte della società zoofila, che chiese al prefetto di porre fine ad “uno spettacolo invero incivile”, ma i due ispettori inviati a controllare se vi fossero pericolo per il pubblico relazionarono che nessuna sevizia avveniva a danno degli animali, per cui “la caccia al bufalo”, così veniva denominata, continuò per anni, fin a quando l’area dove si svolgevano le inconsuete corride non fu destinata  alla costruzione del parco Fiore.
Mentre nell’Ottocento, in primavera e d’estate, al campo di Marte, tra Capodichino e San Pietro a Patierno, gli appassionati d’ippica potevano divertirsi scommettendo con gli allibratori, mentre le dame sfoggiavano lussuose toilette e mirabolanti cappellini, nel Novecento trotto e galoppo si trasferivano ad Agnano. Nei pressi della Mostra d’Oltremare correvano viceversa eleganti levrieri, per la gioia degli appassionati.
Prima di ritornare in ambito canino, vogliamo ricordare che fino ad una trentina di anni fa, a Napoli si giocava la pelota basca, un gioco che richiamava la celebre pallacorda tanto in auge nel Seicento da avere tra gli aficionados lo stesso Caravaggio, il quale, per un punto contestato, non ebbe remore ad estrarre lo stiletto e ad uccidere il malcapitato avversario Ranuccio Tommasoni, omicidio che indusse il pittore a scappare a Napoli, dove eseguì opere immortali, ma dove fu raggiunto dai sicari della famiglia dell’ucciso, nella taverna Cerriglio.
E concludiamo come promesso con la descrizione di una truculenta battaglia tra cani di grosse dimensioni, che si svolgono periodicamente alla periferia più malfamata della città. Organizzate dalla camorra sono rigorosamente vietate alle persone per bene e vengono unicamente frequentate da loschi figuri che scommettono grosse cifre su chi vincerà la sfida. I cani adoperati sono mastini, rottweiler e dogo argentini, resi feroci con percosse e tenuti per giorni alla catena privi di cibo.
Spinto dalla curiosità, ebbi modo di presenziare ad una di queste inqualificabili sfide, grazie alla intercessione di una mia cliente, moglie del boss del quartiere dove si svolgevano. Nel vedere quei cani che si dilaniavano nel sangue tra latrati ed urla inumane, ebbi una stretta al cuore e rammentai una battaglia tra galli che ebbi modo di assistere in Africa.
Ritornai a casa sconvolto, abbracciai Lady, Athos e Porthos i miei affettuosi rottweiler ed ebbi la triste conferma, che i selvaggi non sono una prerogativa del continente nero, ma vivono al nostro fianco.

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