mercoledì 29 gennaio 2014

Un astronave a Rebibbia



Proveniente dalla costellazione di Grillo l’astronave Vaffa sta per atterrare a Rebibbia per valutare se l’Italia debba essere espulsa dalla galassia per il trattamento inumano riservato ai detenuti.
XY29, l’alieno incaricato di sondare il carcere romano e stilare una dettagliata relazione per il Consiglio dei Saggi,appena atterrato (teniamo presente che è invisibile) cominciò ad osservare i colloqui che sono concessi ai detenuti con i parenti, poche volte al mese per un’ora. Essi rappresentano un conforto importante perché, anche se per una manciata di minuti, si possono toccare le mani delle persone care, scambiarsi confidenze, piangere assieme.Purtroppo, bisogna affrontare una doppia via crucis: dentro, per i prigionieri, attese interminabili tutti stipati in camere di sicurezza stracolme, mentre all’esterno i parenti fanno file massacranti di ore, sotto il sole e sotto l’acqua, senza un briciolo di pietà per bambini, malati ed anziani.Fuori al portone, alcuni si presentano alle quattro del mattino per essere tra i primi e non perdere interamente una giornata di lavoro.La fila si snoda senza alcun controllo per cui è facile che i prepotenti scavalchino i più deboli e si scatenino risse. Ben pochi sono quelli che cedono il passo a vecchi che si trascinano con un bastone o a donne con un bambino in braccio. L’alieno assistì a scene di una cattiveria indescrivibile, come quando i guardiani sequestrarono un rudimentale pupazzetto di pezza ad un prigioniero che, dopo aver lavorato una settimana per realizzarlo, lo voleva regalare al suo figlioletto. Lo commosse anche vedere una zingarella di 9-10 anni accompagnare da sola i due fratellini a fare visita al padre.    
Inseguito gli capitò di assistere ad una scena commovente. Nei prati intorno ai padiglioni della fortezza di Rebibbia vivono in perfetto accordo alcuni cani randagi e numerosi gatti, che sopravvivono grazie alla generosità dei prigionieri, che ogni giorno portano loro avanzi di cibo.Tra questi vi è Fido, un bastardo, frutto probabilmente di un incrocio tra un cane ed una lupa, perché ha degli occhi che incutono timore, ma è mansueto perfino con i gatti.L’altro giorno vi era stata un’ondata di freddo polare, era caduta tanta neve e Fido non si era fatto vedere all’ora di pranzo. Molti avevano temuto che fosse morto assiderato ed alcuni volenterosi si erano messi alla sua ricerca, fino a quando non l’avevano trovato in fin di vita sotto un albero, dove aveva cercato disperatamente un riparo. Il cuore batteva appena.Si cercò di praticargli un massaggio cardiaco e poi un ragazzo tentò di soccorrerlo con una respirazione bocca a bocca. Una scena commovente, una simbiosi uomo-bestia, un richiamo a quell’amore sviscerato che lega da sempre tutti i viventi, non solo nella mitologia e nelle fiabe. Si percepiva il calore del fiato, che riscalda l’atmosfera ghiacciata, mentre si scrutava con trepidazione il muso del cane per cercarvi qualche indizio di vita.Lo portarono al caldo in una cella, lo adagiarono su due sedie vicino al termosifone, lo asciugarono con il fono. Lentamente si vide il muso affilato cominciare a muoversi, un orecchio muoversi.Il giorno dopo, con un cucchiaino, riuscirono a fargli mangiare un uovo. Il rumore della lingua che lappa era una vera e propria sinfonia.La bestia era salva. Una favola a lieto fine: bello il cane, belli i detenuti, belli i capelli del ragazzo che con il suo bacio gli ha ridato la vita.Non è possibile credere che l’uomo sia l’unica meta della creazione e che tutto l’universo sia stato ideato per noi.Così il Cristianesimo ha spesso dimenticato la natura.Molti Santi hanno dedicato la loro esistenza al soccorso dei poveri e degli ammalati: compito degnissimo.Soltanto San Francesco e qualche eremita hanno dedicato la propria vita a salvare una fonte, un albero od a proteggere qualche animale: compito non meno degno.In seguito XY29venne attirato da un simpatico topolino e ne seguì i movimenti.Michele era l’unico topolino superstite di una cucciolata finita sotto le grinfie di una coppia di gatti famelici, che avevano divorato la mamma ed i suoi fratelli e sorelline.
Era riuscito a scappare perché  molto veloce e per giorni e giorni aveva vagabondato per la città, mangiando nei bidoni della spazzatura tante cose appetitose abbandonate dagli umani.
Aveva imparato ad attraversare sulle strisce pedonali ed osservava incuriosito il comportamento dei passanti, che gli sembravano animati da una furia frenetica, mentre a lui piaceva camminare piano piano e spesso riposarsi sull’erba, godendosi i raggi tiepidi della primavera.
Aveva notato che tutti camminavano con le mani libere, a volte adoperate per portare dei pacchi o spingere una carrozzina con un bambino; rimase perciò meravigliato, quando davanti ad una fortezza, vide arrivare, spesso,  camion blindati, dai quali discendevano  uomini con i polsi serrati dalle manette, che venivano condotti all’interno.
Incuriosito, girò lungo il muro di cinta fino a quando non trovò un buco sufficiente al suo passaggio, un piccolo percorso al buio ed eccolo a studiare da vicino questa umanità bizzarra che, secondo lui, agiva contro le regole della natura.
Passò molti giorni all’interno, per poter poi raccontare le sue mirabolanti avventure.
Camminò a lungo attraverso il foro ed all'improvviso si trovò accecato da un bagliore di luce tra enormi prati, sui quali affacciavano numerosi padiglioni, tutti stranamente muniti di sbarre alle pareti. Notò anche che vi erano numerosi gatti, ma si trattava di felini pacifici, che si nutrivano di spazzatura, anzi fece amicizia con Lucia, una gatta fortunata, perché ogni giorno nonno Achille gli portava dei bocconcini di pesce e di carne, oltre a tenerne sempre piena la ciotola del latte e dell'acqua. Michelino divenne inseparabile da Lucia, che conosceva un luogo sicuro dove trascorrere la notte.
Di giorno il topolino andava in giro per rendersi conto dei luoghi e, per prodigio, una fatina di passaggio gli permise di intendere il linguaggio degli uomini, per cui si accorse dai loro discorsi che non tutti erano cattivi, anzi molti erano buoni e docili.
Nel complesso vi era una grande chiesa, che il sabato e la domenica era affollata da molti detenuti, che si recavano ad ascoltare la messa. Alcuni si avvicinavano a degli armadi di legno ove si trovava un prete al quale confessavano i loro peccati.
Michelino rimase inorridito dalle cose che sentì e decise di lasciare subito quel luogo di sofferenza e di perdizione.
Uscì dalla chiesa di corsa e si avviò alla ricerca del buco, da cui era entrato, ma, durante il percorso,fu attirato dall’odore del cibo, che proveniva dalle cucine. Prima di andare via, volle visitarle per constatare cosa mangiassero i prigionieri. Percorse un corridoio e, nel momento in cui si aprì una porta, intrufolatosi all'interno, vide tanti pentoloni che bollivano e padelle che friggevano.
Il suo occhio esperto identificò sul pavimento il passaggio di suoi colleghi di stazza più corpulenta, dette zoccole o, per essere più precisi, topi di chiavica, che avevano lasciato  eloquenti escrementi. Ciò che vide gli fece aumentare la voglia di scappare, ma sul percorso finale gli passarono davanti agli occhi immagini liete. Attraversò l'area verde cui possono accedere i bambini dei detenuti, un luogo ameno dove è possibile giocare a pallone, usare l'altalena o lo scivolo e sanamente divertirsi, anche se il poco tempo passa in un attimo.
Ritrovato il buco, Michelino di corsa andò verso la libertà ed appena uscito tirò un sospiro di sollievo per aver abbandonato quella triste e cupa fortezza.
XY29 continuò a camminare, rimanendo colpito da alcune frasi scritte sulle mura, alcune commoventi: avrebbe pianto ma gli alieni non conoscono il pianto.
Molti credono che le sbarre delle prigioni servano a non far scappare i reclusi: viceversa, la loro unica funzione è quella di impedire che tra quelle tristi mura possano entrare la legalità, l’intelligenza, l’altruismo, la generosità, la bontà.


I COMPAGNI DI CARCERE: UN’ALTRA FAMIGLIA DA NON DIMENTICARE
Ho due famiglie e me ne vanto, però non sono uno dei tanti adulteri o bigami che lo sfascio della famiglia, di pari passo con la corruzione dei costumi,ha prodotto con conseguenze devastanti. Ma sono da tempo, anche se innocente, un detenuto per cui, oltre alla mia splendida famiglia che ho all’esterno e con la quale posso vedermi  poche ore al mese, costituita da Elvira, una moglie adorabile, Tiziana, Gianfilippo e Marina, tre figli affettuosi, Leonardo, Matteo ed Elettra, tre tesori di nipoti, Carlo, un fratello con un figlio: Mario, Giuseppina, Elena ed Adele, zie ottuagenarie, Teresa, una cugina che amo come una sorella ed una miriade di altri cugini, ho costituito nel pianeta carcere un’affettuosità ed una solidarietà con gli altri 1800 compagni di sventura, tale da costituire un’altra famiglia: la più grande del mondo, dove vigono regole non scritte con le quali,se fossero valide all’esterno,  il mondo sarebbe migliore e non sarebbe destinato alla disintegrazione.


RISPOSTA DATA DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA IN VISITA A REBIBBIA
Lei, come molte persone che stanno scontando una pena, si dichiara innocente, e forse lo è, io posso crederle. O pensare che ciò che è stato giudicato un crimine, per lei non lo era. Fuori, nella sua bella città, ha fatto una gran vita, era molto conosciuto, era un personaggio importante e le auguro di tornare presto a casa dentro quella famiglia affettuosa ed estesa, cugini e zie ottuagenarie comprese. Può darsi che questa difficile parentesi che le è stata imposta dalla legge le abbia fatto conoscere un mondo carico di umanità dolente, una folla di solitudini, persone che, qualsiasi cosa li abbia portati in carcere, devono cercarsi un modo per vivere e non lasciarsi andare,
Lei, che è un uomo colto, e per quel che mi risulta, sensibile, può aiutarli a dare senso alle loro giornate e alle loro speranze. Senza dimenticarli, quando tornerà al suo mondo.


PIETA’ PER I BAMBINI
Tra le tante problematiche, che affliggono il pianeta carcere, vi è il disagio degli oltre 100.000 bambini che si recano a fare visita al genitore detenuto e diventano vittime di colpe di cui sono assolutamente innocenti. Sconvolti dall'improvvisa assenza, emarginati dalla scuola, sono turbati da quelle rare visite, condite da attese interminabili, perquisizioni, sequestri di giocattoli, pianti e grida disperate. Divengono di colpo poveri, perché è venuta meno l'unica fonte di reddito (lecita o illecita) della famiglia. Non sanno spiegarsi il perché di ciò che è successo ma ne percepiscono la gravità dalle lacrime che all'improvviso inondano la casa.
Gli incontri con i propri figli sono uno dei pochi conforti concessi ai detenuti e sono l'unico modo per mantenere unita la famiglia. Il 90% dei penitenziari italiani non permette visite la domenica o compatibili con gli orari di scuola, e stiamo parlando di bambini fortunati, perché Italiani, mentre tanti stranieri (oramai il 50% dei detenuti) non vedono per anni i propri familiari: basterebbe SKYPE e questi nostri fratelli potrebbero, a costo zero, veder crescere i propri figli e rimanere loro vicini, anche se si trovano a migliaia di chilometri di distanza.

Fu la classica goccia che fa traboccare il vaso.
L’alieno salì sull’astronave: aveva visto abbastanza.


Achille della Ragione

Achille della Ragione


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