19/3/2011
L'aumento galoppante del costo del petrolio sta mettendo in ginocchio l'economia occidentale, in particolare l'Italia si trova maggiormente in difficoltà per aver rinunciato all'uso dell'energia nucleare, illudendosi in tal modo di mettersi al riparo dai paventati rischi che furono enfatizzati dall'incidente nella centrale di Chernobyl; viceversa la vicinanza alle grandi centrali nucleari francesi, dalle quali tra l'altro acquistiamo a caro prezzo elettricità, ci fa correre gli stessi ipotetici pericoli, senza disporre di impianti che ci permetterebbero di affrontare meglio la crisi economica.
Sull'energia nucleare circolano molte notizie inesatte, soprattutto in questi giorni di grande emozione per la temuta apocalisse nucleare in Giappone.
Ne parliamo con Alfredo Portone, ingegnere e ricercatore nucleare che lavora al progetto ITER, uno dei tanti cervelli italiani prestigiosi all’estero, tra i massimi specialisti mondiali del settore, il quale ci ha concesso una breve intervista, che ci permette di fornire un quadro più preciso sul problema energetico attuale e sulle prospettive future.
Ingegnere Portone, molti scienziati contrari al nucleare affermano che da tempo non si costruiscono più centrali. Quale è il vero motivo?
“All’inizio del 2007 erano circa 30 le nuove centrali in costruzione nel mondo[1], di cui più della metà in Asia (18) e 7 in Russia. I Paesi occidentali, per motivi di opinione pubblica, preferiscono da tempo estendere la vita delle centrali esistenti anziché lanciare nuovi ordini, il che ha portato a coprire il fabbisogno di potenza installata addizionale con centrali a gas, olio combustibile e carbone. Qualcosa però sta cambiando per effetto del prezzo del petrolio (ben oltre 100 $ al barile) e di una opinione pubblica sempre più consapevole dei danni ambientali derivanti dall’uso dei combustibili fossili. In Europa, in particolare, la Finlandia ha lanciato qualche anno fa la costruzione della centrale di Olkiluoto che dovrebbe entrare in funzione,dopo alcuni ritardi rispetto alla data prevista del 2009, verso la metà del 2011”.
Il problema delle scorie radioattive è veramente tanto importante?
“Disporre di una strategia di eliminazione delle scorie è parte fondamentale di ogni programma nucleare “sostenibile”. Il problema è tecnologicamente complesso e per risolverlo i principali Paesi industrializzati stanno investendo da anni in Ricerca e Sviluppo. Uno dei frutti di questo sforzo è la concezione e sviluppo dei reattori nucleari di IV generazione che riescono ad eliminare dai prodotti di reazione elementi pesanti quali il plutonio, il che porta ad importanti semplificazioni in termini di rischi di proliferazione di armi nucleari. Un settore di ricerca molto attivo è quello della fusione nucleare – discussa più avanti – nel quale l’Europa detiene la leadership mondiale con il reattore sperimentale JET (Joint European Torus, Abingdon, GB). Per lo smaltimento delle scorie ad alta attivazione – quelle, cioè, che costituiscono le “ceneri” del processo di fissione nucleare – diversi Paesi (tra cui USA e Francia) hanno messo a punto processi di ri-trattamento del combustibile spento che ne abbattano i volumi prima del definitivo stoccaggio in zone geologiche stabili. A questo proposito è utile far notare che una volta processati, le scorie ad alta attivazione possono essere ridotte a circa 2-3 m3 per ogni Giga Watt di potenza elettrica prodotta per anno di operazione. La stessa energia – se prodotta bruciando idrocarburi - richiederebbe la combustione di circa 2 milioni di tonnellate di petrolio equivalente[2]. Credo che – sebbene complesso - l’argomento delle scorie nucleari sia molto enfatizzato in quanto la tecnologia nucleare è in grado – e lo sarà sempre di più in futuro – di trovare soluzioni sicure ed economiche a tutto il ciclo del combustibile. A questo proposito, certe affermazioni che si sentono a riguardo della “eredità’” di scorie che lasceremo per “migliaia” di anni ai nostri discendenti mi sembrano fuori luogo. E’ abbastanza ovvio pensare, infatti, che tra solo qualche decina (per non parlare di centinaia) di anni i nostri eredi conosceranno tecnologie nucleari (e non solo) tali che il “problema” dello smaltimento delle scorie che oggi sembra (ad alcuni) insormontabile e tale da fermare lo sviluppo di questo tipo di tecnologia farà“sorridere” i nostri nipoti e pro-nipoti! Mi preoccupa di più il danno che infliggiamo quotidianamente al nostro pianeta scaricando in atmosfera circa mille tonnellate di anidride carbonica al secondo[3].... questa è l’”eredità’” che - per il bene dei nostri discendenti - dovremmo imporci di migliorare”.
Le centrali nucleari richiedono sostanze come l'uranio che si trova solo in alcune nazioni, non rischiamo di passare dalla dipendenza da alcuni Stati ad una dipendenza da altri?
“Chiaramente il problema di procurarsi materie prime per la produzione di un bene essenziale come l’energia elettrica sarà sempre il motore di interessi enormi e tali da generare guerre ed altre sciagure planetarie. In questo senso non si deve pensare al nucleare da fissione – così come altre fonti non rinnovabili - come alla soluzione di riferimento del problema energetico. In assenza di una forma di produzione di energia elettrica che permetta ad ogni Utente di avere accesso diretto alle materie prime ed alle tecnologie necessarie, è scellerato puntare – come stiamo facendo oggi con il petrolio - su una sola fonte, specie se altamente inquinante come gli idrocarburi. Anziché impugnare argomenti dogmatici (quasi religiosi) a riguardo di questa o quella forma di produzione, occorre diversificare il più possibile il nostro “portafoglio” energetico e, nel frattempo, investire in ricerca e sviluppo per trovare soluzioni adeguate di lungo respiro. Solare ed eolico devono dare un contributo ma sono ancora troppo lontane dal soddisfare i fabbisogni energetici di qualsiasi Paese industrializzato. Un’altra possibilità è la fusione nucleare che costituisce una nuova forma di produzione di energia elettrica tramite reazioni nucleari che hanno il vantaggio di non produrre scorie ad alta attività ma solo radio-attività di basso livello facilmente smaltibile. Inoltre, e soprattutto, permette di usare solo Acqua e Litio il cui approvvigionamento non pone problemi ad alcun Paese.”
L'Europa partecipa ad un progetto che rappresenta la sfida del secolo: la fusione nucleare. Può dirci qualcosa su questo progetto?
“Come accennato, la fusione nucleare è una possibile risposta di lungo respiro alla richiesta di energia “pulita” in quanto non produce gas ad effetto serra, nè scorie ad alta attivazione, non comporta rischi di proliferazione nucleare e garantisce accesso alle materie prime necessarie per la produzione di elettricità a qualsiasi Paese del mondo. Per dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione come fonte energetica, l’Europa – attraverso la Comunità Euratom – partecipa assieme a Russia, USA, Giappone, Corea, Cina ed India alla realizzazione del progetto ITER nei pressi di Aix En Provence in Francia. Una volta in funzione, ITER sarà il più grande esperimento per la produzione di energia da fusione al mondo e rappresenterà la tappa fondamentale di un percorso che punta ad arrivare alla generazione di energia elettrica “in rete” verso la metà di questo secolo. ITER e’ una sfida scientifica e tecnologica straordinaria; alla Direzione Generale del progetto è il Dr Ikeda (Giappone) e la sua coordinazione scientifica e’ assegnata al tedesco Dr Holtkamp”.
Quando si prevede che possa essere attuato e dove sarà localizzato il primo impianto?
“ITER dovrebbe accendere il suo primo plasma - che rappresenta la fornace dove avverranno le reazioni di fusione nucleare - nel 2018. Dopo questa tappa fondamentale e, soprattutto, dopo aver ottimizzato il processo di controllo degli scenari operativi, la comunità scientifica sarà pronta ad intraprendere il passo successivo, e cioè la costruzione di DEMO che dovrà dimostrare la maturità tecnologica dei futuri reattori a fusione”.
Come si sta organizzando l’Europa per partecipare al progetto ITER?
“Tra i sette Partners internazionali citati sopra, l’Europa rappresenta l’ “azionariato di maggioranza” del progetto a cui dovrà fornire componenti e servizi per circa il 50% del costo totale di ITER (che è di circa 3 miliardi di Euro). Per far ciò, la Commissione dell’Unione Europea ha istituito recentemente l’Organizzazione per lo Sviluppo della Fusione (Fusion For Energy) presso Barcellona che ha l’incarico di finanziare e coordinare la realizzazione delle forniture europee al progetto ITER. Il Direttore dell’Organizzazione Fusion For Energy è il Dr. Gambier (Francia) che verrà coadiuvato nei prossimi 10 anni da circa 200 professionisti tra scienziati ed ingegneri provenienti da tutti i Paesi dell’Unione Europea e con competenze di eccellenza in svariate aree scientifiche e tecnologiche”.
1 Commissariat à L'Énergie Atomique, ELECNUC, Les Centrales nucléaires dans le Monde, édition 2007 Situation au 31-12-2006, www.cea.fr
2 EUROSTAT, European Commission, Energy: Yearly Statistics 2005, 2007 Edition
3 International Energy Agency, “Key World Energy Statistics” 2007 Edition
Alfredo Portone (Bologna, 1961) si e’ laureato con lode in ingegneria nucleare presso l’Università di Bologna nel 1987 e nel 1994 ha ricevuto il Dottorato di Ricerca (PhD) in ingegneria elettrica dall’Imperial College di Londra (UK). Dal 1990 lavora al progetto ITER e dal 1993 al 2000 ha fatto parte del Team di Progetto ITER presso Naka, Giappone. Dal 2000 coordina attività di R&D all’interno dell’Euratom in diverse aree scientifiche e tecnologiche, in particolare in ingegneria e controllo dei plasmi da fusione, magneti superconduttori e modelli computazionali per l’ingegneria. Dal Marzo 2008 fa parte dell’Organizzazione Fusion for Energy presso Barcellona.
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