domenica 4 novembre 2012

In ricordo di Gerardo Maruotti


Un professore di altri tempi


Gerardo Maruotti era un professore straordinario di quelli che non siedono più sulle cattedre della disastrata scuola italiana.
Pugliese, grande letterato, iniziava le sue spiegazioni in si bemolle per terminarle con acuti poderosi, con pugni sul tavolo, infarciti di parolacce, e poiché soffriva di emorroidi, gli ultimi minuti erano per noi studenti un esaltante godimento e per lui un gradevole supplizio.
Dopo 30 minuti di eloquio i personaggi da lui evocati sembravano rivivere in mezzo a noi, lasciando momentaneamente l’empireo dove vivono in eterno: Paola e Francesca, Achille ed Ulisse, don Chisciotte, Amleto e tanti altri immortali creati nei millenni dalla fertile fantasia di scrittori e poeti di ogni nazionalità.
Lui stesso era poeta ed aveva curato un’antologia della letteratura italiana ad uso dei licei.
Una mia compagna di classe, Letizia Petré, conosceva a memoria molti passi dei suoi canti dauni, mentre Achille Morena gli procurava gli inviti alle conferenze che si tenevano nella mitica saletta rossa della libreria Guida.
Lo abbiamo avuto come docente al liceo scientifico Galilei di Napoli, per molti anni nella mitica sezione C, nota per essere quella alla quale era assegnati i professori più preparati e più motivati.
Egli possedeva una casetta con giardino al villaggio Coppola, da poco costruito e, all’epoca, ambito luogo di villeggiatura; una domenica dell’ultimo anno, quando già alcuni di noi possedevano l’auto, ci invitò a trascorrere assieme un giorno di festa. Ad ora di pranzo ci recammo in un ristorante della zona e poi tutti sotto al patio a spegnere le candeline di un compleanno con tanti “anta”.
Oggi, andato in prescrizione il reato, posso confessare un piccolo peccato di gioventù. Spesso, quando con gli amici si faceva molto tardi, usciti dalla discoteca, chiamavamo al telefono il professore il quale, per il suo carattere irascibile, andava su tutte le furie, vituperando le divinità delle principali religioni monoteiste.
Le telefonate notturne sono state per anni una mia specialità. Ogni anno allo scoccare della mezzanotte, chiamavo immancabilmente il professore oltre ad una certa Assunta Aspettapesce, che alle mie avances, mi bombardava di parolacce in perfetto vernacolo.
Ritornando al nostro amato Gerardo, del quale conservo religiosamente a casa tutte le foto della classe nella quale egli compariva immancabilmente ed alcune foto scattate al villaggio Coppola, voglio raccontare alcuni sfiziosi aneddoti.
Il primo, innocente, quando praticai un buco in corrispondenza con la classe attigua, frequentata da una classe superiore alla nostra, i cui compagni, dopo pochi minuti, ci fornivano le soluzioni dei compiti assegnati in classe, soprattutto di matematica.
Il secondo, più birichino, fu quando, nottetempo, misi del cemento nella serratura della scuola, provocando un filone generale.
Il terzo è il più birbante: una sera misi nello sciacquone dei bagni una bottiglia colma di urina, simulando una molotov. Poi, mentre tranquillamente mi facevo vedere davanti all’ingresso, un amico avvertì la  polizia: ”attenti c’è una bomba nella scuola”. Arrivarono gli agenti e fu un altro giorno di allegro filone di massa.
Qualche anno fa, leggendo i necrologi del Mattino, appresi della triste dipartita. Confesso che piansi; professori come Maruotti non esistono più e per questo che ho accettato volentieri l’invito della figlia Valeria di ricordare l’estroso personaggio.

giovedì 1 novembre 2012

IN BARCA NEL TUNNEL DEI BORBONE


Una nuova attrazione turistica per Napoli



Napoli è piena di attrazioni turistiche, paesaggistiche e culturali, ma da qualche mese se ne è aggiunta una nuova che rappresenta una novità assoluta, unica ed irripetibile.
Tutti sapevamo che, per motivi di sicurezza, Ferdinando II aveva incaricato Enrico Alvino di costruire un percorso sotterraneo, rapido e protetto, che congiungesse Palazzo Reale con la Caserma Vittoria. L’opera non fu conclusa e rimase circondata da condotte idriche seicentesche con le relative cisterne.
Nelle vicinanze si trova una galleria scavata negli anni Ottanta, attraverso la quale doveva transitare una linea tranviaria rapida, presentata come una rivoluzione interna ai trasporti e che fortunatamente non ha mai visto la luce, limitandosi a dilapidare decine di miliardi con relative tangenti, altrimenti Napoli avrebbe potuto vantare un altro record negativo: il primo affondamento di un treno.
Nel frattempo tutto era stato sommerso da tonnellate di immondizia ed invaso dalle acque, mentre una parte asciutta è stata adoperata per anni dal Comune come deposito giudiziario per le auto sequestrate.
Poi vi erano sotto Monte di Dio vaste grotte collegate ai palazzi, che venivano adoperate come ricovero durante gli oltre cento bombardamenti che hanno martellato Napoli. Ci sono tuttora sorprendenti testimonianze: da borracce a materassi sfondati oltre a vasini per una pipì d’emergenza. La guerra si faceva sopra le nostre teste e molti, risalendo, avevano l’amara sorpresa di trovare la propria casa distrutta.
In più punti sta sgorgando un’acqua rossastra, ricca di ferro e minerali, come quella che una volta sgorgava al Chiatamone ed i Napoletani raccoglievano nelle caratteristiche mammarelle sale da falde che si credevano esaurite ed è un simbolo di speranza in un’epoca di siccità nella quale il modo rischia di sprofondare.
Su questo magma scomposto si è esercitato con tenacia il lavoro di due speleologhi, Minin e De Luzio, che in dieci anni, scavando a mano e servendosi di carrucole artigianali hanno permesso queste visite guidate, che ci permettono di conoscere Napoli nella sua realtà di città pluristratificata con luoghi invisibili che nascondono tracce di storie, di vite, di uomini.
Il percorso tradizionale di 530 metri prevede di visitare le grotte che diedero riparo nei bombardamenti, dove si trovano le auto sequestrate e le antiche condotte idriche, mentre nel nuovo percorso “avventuroso” si scende nel tunnel moderno invaso dall’acqua per una profondità di tre metri, dove vi è una piccola banchina ove attracca una piccola zattera a remi, che permette di percorrere il fiume alla fioca luce di due lampade ad olio, guidati ogni cento metri da altre tenui fiammelle che indicano il percorso. Non si vede e non si sente niente, si naviga nel nulla sotto terra. Un’esperienza emozionante che ci fa vivere tempi lontani quando la mitologia dominava sulla razionalità.
A breve partirà anche un’opzione “speleo” per i più audaci che potranno, opportunamente imbracati calarsi nei pozzi, ovviamente assistiti da speleologhi esperti. Quindi un nuovo motivo per trascorrere un fine settimana all’ombra del Vesuvio, anche in pieno inverno, perché sottoterra la temperatura è stabilmente a 18°.