Il Mattino, pag.42 - 30 giugno 2021 |
Il prossimo sindaco di Napoli dovrebbe realizzare un sogno: trasformare Napoli da capitale della monnezza e della malavita a capitale del Mediterraneo.
Ricordo con nostalgia quando nel 2002 organizzai nell'aula magna dell'Istituto degli studi filosofici un convegno sull'argomento con la partecipazione come relatori di illustri personaggi, in primis il futuro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, all'epoca europarlamentare, davanti ad un pubblico entusiasta ed alle telecamere di dieci emittenti televisive. Il discorso che cercai di portare avanti avrebbe dovuto sfruttare due risorse, sottoutilizzate: il suo tesoro più ambito quanto misconosciuto: la gran massa di giovani, la più grande concentrazione di energia vitale del mondo occidentale, una spettacolare risorsa da sempre umiliata ed il suo patrimonio storico artistico, in grado di far affluire infiniti turisti.
Napoli, città di antica cultura e di salde tradizioni, in equilibrio instabile tra un glorioso passato e l’anelito a trasformarsi in una metropoli moderna capace di amalgamare con sapienza “Ieri oggi e domani” potrebbe e dovrebbe lanciarsi in questa ardita ipotesi di sviluppo,
E Napoli avrebbe tutti i titoli, geografici, storici ed antropologici per candidarsi a capitale del Mediterraneo, solo che volesse credere in questo ruolo, sorretta, impresa improba, dall’opinione pubblica e dai suoi figli migliori, gli intellettuali, che dovrebbero battagliare, al di là della propria fede politica, affinché questo sogno possa realizzarsi. Sotto il profilo geografico si può immaginare una grande città collocata in un baricentro più strategico di quello partenopeo, con un porto attrezzato, pur con notevoli margini di sviluppo, ed un entroterra ben collegato ad una efficiente rete autostradale? La nostra storia è tra le più gloriose, anche se poco nota, ma l’aspetto peculiare più pregnante della nostra civiltà è costituito dalla tolleranza, che ci ha permesso nel corso di duemila e cinquecento anni di fagocitare tutti gli invasori venuti da Oriente e da Occidente e di recepire, in un mirabile crogiuolo, da ognuno i lati positivi, respingendo quando possibile i negativi.
Così dai Greci abbiamo ereditato, oltre alla finezza del ragionamento ed all’amore per la conversazione, quella capacità di arrangiarsi che distingue il napoletano, ed inoltre una non sopita attrazione paganeggiante verso il mondo dei morti e dei riti esoterici, tanto da far convivere senza problemi nelle catacombe di san Gennaro un enorme fallo, simbolo della fertilità, al Cristo risorto. Dagli Spagnoli, oltre alla camorra con le sue immutate regole, giunta tra noi nel XVI secolo, abbiamo trasfuso nel nostro codice genetico l’amore per il sangue e per la barocca gestualità, il fuoco della follia e la profondità dello sguardo. E tanto abbiamo ereditato a volte senza accorgercene da Egiziani e Normanni, da Angioini ed Austriaci. Nello stesso tempo il nostro spirito libertario ha impedito a potentissimi imperi di dettarci leggi e costumi in disaccordo col nostro carattere, così i Romani non riuscirono ad imporci la loro lingua e gli Spagnoli, caso unico al mondo, fallirono, nonostante un ripetuto impegno, nel tentativo d’ introdurre presso di noi l’odiosa Inquisizione.
Napoli capitale del Mediterraneo è un sogno malizioso, ma non proibito, la cui realizzazione è in gran parte nelle nostre mani se una volta tanto intellighenzia e politici, sindacalisti e mass media facessero fronte comune per assicurare alla città una risorsa prodigiosa che vale, oltre al prestigio, migliaia di posti di lavoro di cui tutti noi abbiamo assoluta necessità.
Achille della Ragione