martedì 21 maggio 2024

Una importante asta di oggetti d'arte e dipinti


Fig.1 catalogo asta 110 BLINDARTE
Oggetti d'arte e importanti dipinti


Mercoledì 29 maggio, si terrà a Napoli presso la Blindarte; una delle più importanti aste dell'anno (fig.1), e saranno aggiudicati oggetti d'arte e dipinti antichi ed ottocenteschi, offerti a prezzi accattivanti.

Cominciamo la disamina di alcuni interessanti dipinti, da una Battaglia tra Turchi e Cristiani di Carlo Coppola (fig.2). Un autore a me caro, perché gli ho dedicato una monografia in cui segnalo dei caratteri patognomonici, che permettono di distinguerlo da altri autori.  

 

Fig.2 Carlo Coppola
 (attivo a Napoli dal 1639 – c. 1672)
Scontro tra Turchi e Cristiani
Olio su tela cm43x65

Passiamo poi ad un capolavoro di Andrea Vaccaro (fig.3): Un David con la testa di Golia (181x128), nel quale il sapiente uso del chiaroscuro, l'intensità e la potenza della scena, la bellissima figura di Davide in posa  naturalistica consentono di inserire il dipinto tra i capolavori del pittore napoletano, splendido esempio del grande rilievo che occupa nel panorama del Seicento napoletano. 

 

Fig.3 Andrea Vaccaro
(Napoli 1604 - Napoli 1670)
David con la testa di Golia
Olio su tela cm181x128

Descriviamo poi di Lorenzo De Caro (fig.4) una Strage degli innocenti (42x64) firmata e databile tra il 1760 ed il 1770. 

 

Fig.4 Lorenzo de Caro
(Napoli 1719 – Napoli 1777)
Strage degli innocenti
Olio su tela cm42,5x64,5

Vi è poi di Giacinto Diano (fig.5), pittore puteolano, con  una dolce Madonna con Bambino e San Giovannino (75x60) che incute dolcezza e malinconia. 

  

Fig.5 Giacinto Diano
(Pozzuoli 1731 - Napoli 1803)
Madonna con bambino e San Giovannino
Olio su tela cm75x60


Passiamo poi ad una profumata natura morta di Luca Forte (fig.6): Pesche, ciliegie e gelsomini su un piano (30x40), che fa venire l'acquolina in bocca all'osservatore.

Fig.6 Luca Forte (Napoli 1600 - 1670)
Pesche, ciliegie e gelsomini su un piano
Olio su tela cm30x40

Passiamo ora ad esaminare uno straordinario capolavoro di Luca Giordano (fig.7): Un Ritrovamento di Mosè (124x185), proveniente da un'importante collezione privata napoletana e riconosciuto come autografo da Ferrari e Scavizzi, massimi esperti dell'artista, che hanno sottolineato la ripresa dell'elemento cortonesco e collocano il quadro alla metà degli anni Ottanta.

 

Fig.7 Luca Giordano
(Napoli 1634 - Napoli 1705)
Ritrovamento di Mosè
Olio su tela cm 124x185

Tra i dipinti dell'Ottocento spicca, di Vincenzo Caprile (fig.8),  con una graziosa Contadina (64x34), firmata in basso a destra.  

 

Fig.8 Vincenzo Caprile
(Napoli 1856 - Napoli 1936)
Contadina
Olio su tela cm64x34

Poscia di Vincenzo Irolli (fig.9) vi è una Fumatrice (44x36) firmata e datata, che gode a praticare il vizio più diffuso.

 

Fig.9 Vincenzo Irolli
(Napoli 1860 - Napoli 1949)
La fumatrice
Olio su tavola cm44x36

E concludiamo in bellezza con un dipinto di Vincenzo Migliaro (fig.10) raffigurante il Carnevale (31x23) anch'esso firmato in basso a destra. 

Vincenzo Migliaro
(Napoli 1858 - 1938)
Carnevale
Olio su tavola cm31x23


Appuntamento mercoledì 29 maggio alle 15:30 presso la sede della Blindarte a Fuorigrotta e non dimenticate a casa il portafoglio.

Achille della Ragione



lunedì 20 maggio 2024

Ricordiamo Goffredo Locatelli


Abbiamo dato l'estremo saluto a Goffredo Locatelli, l'8 novembre 2021. A questo grande giornalista e scrittore, tanto apprezzato per lo stile narrativo e la passione la civile; domani martedì 21 maggio 2024, sarà dedicata l'aula magna dell'Istituto superiore "Enrico Fermi" di Sarno (SA).

https://www.iisfermisarno.it/cerimonia-di-inaugurazione-e-intitolazione-aula-magna-a-goffredo-locatelli/

 


In questa occasione, voglio ricordare Goffredo Locatelli con la biografia che gli dedicai alcuni anni fa.

https://achillecontedilavian.blogspot.com/2013/09/un-giornalista-scrittore-di-razza.html

UN GIORNALISTA SCRITTORE DI RAZZA

Goffredo Locatelli è nato a Sarno, in provincia di Salerno, dove il nonno Lorenzo, ufficiale dei Carabinieri, si stabilì provenendo da Bergamo.

Ha iniziato la sua carriera al quotidiano Paese Sera, dove venne assunto nel 1976 come praticante da Arrigo Benedetti, uno dei più grandi maestri del giornalismo italiano.

In seguito ha scritto per La Domenica del Corriere, Il Mondo, Il Globo, L’Espresso, Panorama, La Repubblica, Il Mattino e, come inviato speciale, per i giornali del Gruppo Editoriale Class-Milano Finanza, diretto da Paolo Panerai.

È stato inoltre direttore del settimanale Reporter, di Albatros e vicedirettore del quotidiano economico Il Denaro, avendo come collaboratore, nelle ultime due testate, una penna di prestigio: la mia.

Per il comportamento professionale tenuto in occasione del terremoto in Irpinia del 1980 è stato insignito della Medaglia al Valor Civile. Dalle sue cronache di inviato nelle zone colpite dal sisma nacque il suo primo bestseller Irpiniagate-Ciriaco De Mita da Nusco a Palazzo Chigi (Newton Compton, 1989). In precedenza, una sua inchiesta su Il Mondo nel 1986 servì a svelare per la prima volta l’intreccio di malaffare del dopo terremoto. L’anno successivo su L’Espresso rivelò che 13 familiari del presidente del consiglio De Mita erano azionisti della Banca Popolare dell’Irpinia, attraverso la quale transitavano i fondi pubblici per la ricostruzione. Denunciato, fu processato ed assolto.

Altri suoi libri sono: Mi manda papà (Longanesi, 1991), Mazzette & manette (Pironti, 1993), altro grande successo di vendite, Duce addio (Longanesi, 1994), Fini (Tea, 1996), Tengo famiglia (Longanesi, 1997), Il sangue del Vesuvio (Avagliano, 2000), che fu l’argomento di conversazione quando fu ospite del salotto culturale di mia moglie Elvira, Orazio Mazzoni (Denarolibri, 2008). Tutti i suoi libri hanno avuto lusinghiere recensioni dalla grande stampa e dalla televisione. Di alcuni si sono interessati DerSpiegel e Le Monde. Due sue opere sono conservate nella più importante biblioteca del mondo, quella del Congresso degli Stati Uniti. Sul web ha un sito in cui si possono leggere tutti i suoi articoli, tra cui quello galeotto che ci fece conoscere nel 1978: un’amicizia che è andata crescendo in questi 35 anni che ancora dura, caparbia ed inossidabile.


______________________________

Ripropongo poi una mia intervista a Goffredo Locatelli. Che all'epoca fu pubblicata sui principali quotidiani italiani.

CONFESSO DI AVER FATTO 54.000 ABORTI E NON MI SENTO COLPEVOLE...

Quando apprese che doveva scontare 10 anni di reclusione per aborti clandestini, il ginecologo napoletano Achille della Ragione, il più noto della città, lasciò la sua bella villa di Posillipo e fece perdere le tracce. La condanna, divenuta esecutiva dopo la pronuncia della Cassazione, gli prospettò un lungo periodo di detenzione. Per tre anni si diede alla latitanza, fino a che fu acciuffato in un internet point di Roma e portato a Rebibbia. Tutto era cominciato con la denuncia di una donna che lo accusò di averla costretta ad interrompere due gravidanze a distanza di pochi mesi l’una dall’altra. Il ginecologo, abortista convinto, respinse le accuse: 

"Non ho mai esercitato pressioni su nessuna delle mie clienti per arrivare ad un aborto".  

Settantaquattro anni e padre di tre ottimi professionisti (Tiziana, Gian Filippo e Marina), Della Ragione accettò di parlare con me della sua incredibile vicenda. Per capire com’è fatto bisogna partire dal 1972, l’anno della laurea, a cui seguì la specializzazione in ginecologia; in quello stesso anno partecipò alla trasmissione di Mike Bongiorno “Rischiatutto” rispondendo a domande sui premi Nobel.  Oltre alla medicina, si mise poi a coltivare gli scacchi e la storia dell’arte con ottimi risultati: sul Seicento napoletano ha sfornato 10 volumi, e in campo scacchistico è diventato “maestro”, tanto che nel 1998 incontrò, perdendo di misura, l'ex campione del mondo Boris Spassky.

Ma come ha fatto, un personaggio così intelligente ed estroverso a finire nella rete della giustizia? Ricapitoliamo i fatti. Appena laureato fa un incontro che gli cambierà la vita. Conosce a Los Angeles il dottor Harvey Karman, l’inventore dell’omonimo metodo per indurre l’aborto nella fase iniziale della gravidanza attraverso l’aspirazione. Una metodica che eliminava per sempre il famigerato raschiamento, terrore per generazioni di donne costrette a sottoporsi a un’inutile tortura. Karman era uno psicologo, ma passerà alla storia come un eroe della medicina. Il suo metodo (utilizzava una cannula soffice e sottile al posto degli strumenti metallici) negli anni '70 fu ostacolato da buona parte del mondo medico, ma per la sua semplicità si diffuse rapidamente in tutto il mondo. 

“Imparai tutto da Karman -racconta Achille della Ragione- perché il suo metodo era impregnato di un’onesta concezione filosofica: nei primi giorni di gestazione l’embrione, non possedendo una parvenza di sistema nervoso centrale, non ha acquisito pienamente la dignità di essere umano”. 

Argomento controverso, questo, in stridente contrasto con la dottrina della Chiesa che ha sancito con un’apposita enciclica l’inizio della vita con la fecondazione. 

“Karman mi insegnò la tecnica e mi fornì in esclusiva per l’Italia il materiale per eseguire il rapido intervento (40-50 secondi) che non richiede anestesia e viene percepito dalla donna come una sensazione simile al dolore mestruale”. 

Qualche anno dopo Achille della Ragione ebbe un altro incontro decisivo, quello con Adele Faccio, fondatrice del Cisa e storica esponente radicale. 

“Mentre da noi erano ancora in vigore le norme del codice Rocco, che consideravano l’interruzione volontaria della gravidanza un reato contro l’integrità della stirpe, con pene severissime anche per la paziente, il Cisa si adoperava per aiutare le donne che non potevano pagare le salatissime parcelle dei "cucchiai d’oro". A quel tempo a Napoli imperavano Riccardo Monaco e Antonio Ammendola (ambedue defunti, n.d.r.) con onorari di 600-700mila lire, mentre il Cisa richiedeva una semplice offerta, massimo 50mila lire. Divenni così il punto di riferimento del Cisa e dell’Aied, che organizzavano voli charter e pullman per portare migliaia di pazienti da tutta Italia nel mio studio di via Manzoni”. 

Al punto che, nel 1978, Achille della Ragione dichiara a un giornalista della "Stampa" di aver eseguito in due anni 14.000 aborti. Da quella dichiarazione, finita sulla prima pagina del quotidiano torinese, iniziano i guai giudiziari del ginecologo. Il fisco gli presentò una tassazione di un miliardo e mezzo per tre anni di attività professionale, mentre l’ospedale di Cava de' Tirreni presso cui lavorava lo licenziò in tronco. Ma dopo una causa ultraventennale, il Tar e il Consiglio di Stato gli hanno dato ragione condannando l’Asl a un risarcimento di 900 milioni di lire. Nel 1994 un infarto costringe il ginecologo a ridurre al massimo il suo lavoro.  È l’occasione per dedicarsi alle gioie della vita: la scrittura, la filosofia, l’arte, i musei, gli scacchi. Collabora a riviste e giornali, scrive di politica e fa un’esperienza elettorale con il Partito Radicale, non divenendo senatore solo per il mancato raggiungimento del quorum. A libri di divulgazione scientifica, alterna quelli su Achille Lauro e sul disastro dei rifiuti in Campania. Lancia il vaginometro, un apparecchio ideato per favorire l’orgasmo. Negli ultimi tempi Achille della Ragione ha organizzato un salotto culturale nella sua villa di Posillipo arredata con decine di capolavori della pittura, molti acquistati all’asta dell’armatore Achille Lauro. 

“Vi hanno partecipato come relatori tutti i nomi che contano nei vari campi: docenti universitari, scrittori, registi, giornalisti, politici che accoglievano felici l’invito e che oggi, salvo pochi, affermano di non avermi mai conosciuto…”.

A questa attività affianca decine di visite guidate a monumenti, chiese, mostre e musei seguite da centinaia di estimatori, e conferenze nelle più prestigiose sedi: dall’Istituto per gli studi filosofici al Goethe Institut, dal Grenoble alla libreria Feltrinelli. 

“E ho girato le scuole della Campania per sensibilizzare i giovani sul dramma del problema dei rifiuti, regalando a tutti una copia del mio libro Monnezza, viaggio nella spazzatura campana”. 

Estroverso e bizzarro, il ginecologo non è nuovo a gesti clamorosi. Nel bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, si è presentato nell’omonima piazza di Napoli armato di scala, colla e pannello per ripristinare il vecchio nome borbonico (Piazza 3 ottobre 1839: nascita della ferrovia Napoli-Portici). 

“L’eroe dei due mondi per noi è stato una rovina -comiziò dalla scala- Napoli si è vista cancellare due secoli di storia per diventare la capitale dell’immondizia. Ma qui è nata la prima ferrovia d’Italia, la prima nave a motore, il primo osservatorio astronomico”. 

Pur avendo dichiarato di voler chiudere con gli aborti, il ginecologo ha però continuato ad avere guai con la giustizia. L’ultimo risale a quando è finito nel carcere di Poggioreale con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla violazione della legge 194. Dopo 14 giorni di detenzione, il Tribunale del Riesame annullò l’ordinanza di custodia formulata nei suoi confronti. Ma in eterno contrasto con i parametri fissati dalla legge 194 non ha cambiato posizione: 

”Gli aborti clandestini sono inevitabili perché le donne vogliono conservare la privacy, e poi a causa del sovraffollamento e delle lunghe liste d’attesa negli ospedali. Così un’interruzione di gravidanza su 10 è ancora clandestina e nella sola Campania, dove l’80% dei ginecologi è obiettore di coscienza, se ne fanno circa 1300 all’anno. Ora a rivolgersi ai privati sono le extracomunitarie e le giovanissime”. 

Ed il prezzo da pagare? 

“A Napoli la tariffa è di circa 700 euro. Se invece si va a Barcellona, dove ci sono cliniche autorizzate a praticare l’aborto fino al sesto mese, si pagano 3000 euro. Credo che una donna abbia il diritto di rivolgersi a chi vuole. E poi, grazie ai privati, il servizio sanitario regionale risparmia duemila euro per ogni intervento”. 

Ma quanti aborti ha fatto il dottor della Ragione? Lui non si nega e risponde

“Nel 1996 indagarono su di me interrogando oltre 400 clienti e scoprendo solo 4-5 casi d’interruzione di gravidanza avvenuti nel mio studio. Invece segnalai io agli inquirenti di essere l’autore di altri 40.000 aborti. Che si aggiungevano ai 14mila fatti prima”. 

E non si sente colpevole per aver impedito di far nascere 54mila bambini? 

“No. Ritengo di aver agito sempre nell’interesse delle pazienti che spontaneamente si rivolgevano a me per essere aiutate. Sono fermamente convinto che la volontà della donna va rispettata, se si manifesta nelle primissime fasi della gestazione, quelle nelle quali si può adoperare il metodo Karman, l’unico da me utilizzato, cioè quando l’embrione ha caratteristiche tali da non poterlo identificare come persona. Viceversa, credo che l’interruzione di una gravidanza avanzata, anche se permessa dalla legge, sia poco diversa da un omicidio”. 

A parte i conti in sospeso con la giustizia, le migliaia di interventi hanno fruttato a della Ragione un fiume di denaro miliardario… 

“Sì, ho guadagnato cifre ragguardevoli, -ribatte il ginecologo senza imbarazzo- Ma sarei criticabile se le avessi realizzate praticando banali appendicectomie? In Italia una donna è libera di rivolgersi al medico di fiducia per qualunque patologia, invece per un’interruzione di gravidanza è costretta a servirsi di strutture pubbliche delle quali può non avere piena fiducia. Ben diversa è la legislazione in nazioni più civili, dove la paziente è libera di rivolgersi al proprio ginecologo. È una situazione paradossale, figlia del compromesso tra comunisti e democristiani quando fu varata la legge 194: un aborto giuridico, che dopo 40 anni richiede una revisione. Per trovare una soluzione, tutti devono abituarsi all’idea di cambiare linguaggio: quello praticato da un abile professionista come me non è un aborto clandestino. È semplicemente un aborto privato”.  

 

Novembre 2011

 

sabato 11 maggio 2024

Una spettacolare visita guidata gratuita a tre chiese napoletane

 

Portale di Donnalbina

Sabato 18 maggio è prevista una spettacolare visita guidata gratuita a tre chiese del centro storico di Napoli. 

Partiremo da Santa Maria Donnalbina dove al suo ingresso è fissato l'appuntamento alle ore 11:00. Poscia visiteremo la limitrofa Santa Maria dell'Aiuto, dove potremo ammirare gli unici tre dipinti di Gaspare Traversi di argomento sacro. Concluderemo poi in bellezza con la chiesa della Pietà dei Turchini, nella quale tra i tanti capolavori esposti, sono conservati gli unici due dipinti sicuramente attribuibili ad Annella di Massimo.

Invito chi intende partecipare a comunicarmelo via mail al mio indirizzo achilledellaragione@gmail.com

Non perdetevi questa occasione e leggetevi un mio articolo sull'argomento, scritto anni fa, che ebbe l'onore di comparire sulle pagine di Napoli Nobilissima

http://www.guidecampania.com/dellaragione/articolo33/articolo.htm


Ingresso di Donnalbina 

 Riapre la chiesa di Donnalbina

di Achille della Ragione

Finalmente, dopo soli trenta anni di chiusura, riapre, in occasione del Maggio dei monumenti, la chiesa di Santa Maria di Donnalbina, una delle più ricche di opere d’arte della città. Il complesso di Donnalbina affonda nel pieno medioevo le sue origini ed il motivo del suo nome è confuso nella leggenda. In età ducale la zona era denominata Albinense, altri si collegano invece ad una torre eretta in età romana da un certo Albino, ma noi preferiamo seguire un’invenzione letteraria moderna creata dalla fertile penna di Matilde Serao la quale, nelle Leggende napoletane, narrò la storia delle tre figlie del barone Toraldo, un nobile del Sedile di Nilo vissuto ai tempi del re Roberto d’Angiò. Le tre fanciulle donna Regina, Donna Ròmita e Donna Albina erano innamorate dello stesso uomo e non potendo averlo decisero di monacarsi, fondando i tre famosi conventi napoletani. Tra tanti dubbi e fantasie sappiamo con certezza che un monastero esisteva già nei primi anni del IX secolo, quando in esso si rinchiuse Euprassia, figlia del duca di Napoli, alla quale si può ricondurre la fondazione del cenobio benedettino. Benedettine furono anche le monache provenienti dai soppressi monasteri di Sant’Agata a Mezzocannone e di Sant’Agnello al Cerriglio, che nel 1563, entrando nel convento, portarono con loro reliquie di ogni genere, dall’ubiquitaria spina della corona di Cristo alla gruccia di sant’Agnello e finanche un pezzo di grasso di san Lorenzo, che si liquefaceva nella ricorrenza del martire ed una mammella di sant’Agata. Un repertorio che oggi può sembrare stupefacente e fantasioso, ma che all’epoca dava grande prestigio ad un monastero. La chiesa medioevale non esiste più e quella che noi visitiamo è stata realizzata nel Seicento per l’intervento prima di Bartolomeo Picchiati e poi, sul finir del secolo, di Arcangelo Guglielmelli. Entrando in chiesa si è accolti, sulla sinistra, dal monumento funebre del celebre compositore Giovanni Paisiello, una modesta realizzazione dello scultore Angelo Viva. Un bagno di luce si irradia dai finestroni e permette una perfetta visione dell’insieme, mentre lo sguardo si perde ad ammirare lo spettacolare soffitto in legno dorato, realizzato da Sabbato Daniele nel 1701 su disegni dell’architetto Antonio Guidetti, nel quale sono incastonati i grandi dipinti di Nicola Malinconico: al centro un’Assunzione, firmata, di lato un Sant’Agnello che scaccia i Saraceni, mentre la terza tela, un Martirio di Sant’Agata risulta perduta. Sono opere intrise da una dinamica spazialità ed animate da colori cangianti di ascendenza giordanesca. Negli stessi anni il pittore realizzava anche una serie di otto tele poste tra i finestroni della navata raffiguranti santi dell’ordine benedettino. Sul coretto della controfacciata è collocato un dipinto murale, molto rovinato, sempre del Malinconico, che rappresenta l’Entrata di Gesù in Gerusalemme. Il parapetto della cantoria, la grata dell’abside e tutte le gelosie furono realizzate nel 1699 da Sabbato Daniele, esse sono dominate da un elegante rameggio a labirinto e nella loro superba imponenza richiamano a viva voce i più celebri, ma non più belli, manufatti realizzati in San Gregorio Armeno. La zona absidale contiene una panoramica dell’attività del Solimena nell’ultimo decennio del Seicento. Un vasto programma decorativo, in parte perduto, che va dalla decorazione della cupola, quasi scomparsa, alle Virtù dipinte nei pennacchi, ad otto sante vergini rappresentate tra i grandi finestroni del tamburo. Tutte opere eseguite tra il ‘92 ed il ‘95, mentre la serie di sei tele poste ai lati del transetto, di altissima qualità, sono eseguite tra il 1696 ed il 1701. Esse sono: a destra l’Adorazione dei Magi, il Sogno di Giuseppe e la Fuga in Egitto, a sinistra la Natività, la l’Annunciazione e la Visitazione. Sono dipinti che testimoniano il passaggio del Solimena dai modi barocchi e pretiani a soluzioni compositive nelle quali palpabile è il gusto classicista. La zona absidale ospita uno spettacolare altare, datato 1692, con la cona che sale vertiginosamente lungo la parete, rivestito da multicolori marmi policromi dal cromatismo avvincente, nel quale risaltano motivi floreali e tarsie madreperlacee. La straordinaria bellezza ha fatto ipotizzare nelle schede della Soprintendenza la mano di Cosimo Fanzago, ipotesi non compatibile con la data di esecuzione. Al centro si trovava un quadro firmato del Simonelli, una Visitazione sostituita nel 1892 da una statua lignea settecentesca raffigurante l’Immacolata, che fu posta in una nicchia realizzata a bella posta. Una trasformazione che non piacque a Benedetto Croce, che dalle pagine di Napoli nobilissima, con lo pseudonimo di Don Fastidio, la definì “qualche cosa tra l’ostrica di Mucchitello e il gelato alla crema”. Nelle cappelle laterali, quattro per lato, sono tornati dall’esilio dai depositi numerose tele sulle quali è opportuno soffermarsi, anche per correggere i numerosi errori nei quali sono incorse sia le antiche guide sia i recentissimi depliant, che pubblicizzano l’apertura della chiesa. Partendo dal lato destro nella prima cappella vi è un’Immacolata tradizionalmente assegnata al Solimena, attribuzione accettata anche dalla Napoli Sacra, certamente opera di un ignoto e modesto seguace; nella seconda si trova una Natività di buona fattura di uno stanzionesco orbitante tra De Bellis e Marullo, ai lati a momenti dovrebbero ritornare due piccole tele di Domenico Antonio Vaccaro, due Santi vescovi, firmati e datati 1736. Sul lato sinistro nella prima si trova una dipinto, interessante esito di un pennello femminile, un San Francesco di Sales e Giovanna Francesca di Chantal (una poco nota santa francese vissuta a Digione nel Cinquecento), realizzato nel 1752 (non nel 1723 come altrove indicato) dalla pittrice pugliese Teresa Palomba; nella terza vi è un’antica tavola del primo Cinquecento, una Dormitio Virginis di ignoto, che potrebbe essere assegnata, in via ipotetica, a Pietro Befulco oppure a Mario di Laurito ed infine nella quarta, che presenta alle pareti un ricco rivestimento marmoreo messo a punto nel 1730 da Francesco Raguzzino è collocata una Madonna con Maria Maddalena e San Giovanni Evangelista ai piedi della Croce, che in passato era ricoperta da un crocefisso ligneo oggi non più presente, la cui presenza nascondeva la sigla dell’autore, Andrea (e non Domenico Antonio come altrove indicato) Vaccaro, inducendo gli studiosi ad ipotizzare la mano del Marullo.

Dal 1942 il monastero è affidato alla Congregazione di Don Orione, che svolge meritorie iniziative a favore di portatori di gravi handicaps fisici e psichici.

Foto di Dante Caporali 

  

     San Gregorio di Nicola Malinconico

  

Chiostro

Coretto e controfacciata 



  





Alcune foto della visita del 18 Maggio 2024, alla Chiesa di Santa Maria Donnalbina  fornite da Loretta Schiano