sabato 7 aprile 2012

Alcune nature morte del Settecento napoletano


16/9/2011

Sulla fortuna critica della natura morta napoletana settecentesca ha pesato a lungo il giudizio negativo di Raffaello Causa, il quale riteneva il trapasso tra Seicento e Settecento alla stregua di un vero e proprio passaggio dal sonoro al muto e sentenziava, nella sua impareggiabile esegesi sull’argomento, pubblicata nel 1972 sulle pagine della Storia di Napoli, che con la rinuncia del Belvedere ai piaceri della pittura si chiude il secolo d’oro e dietro di lui una folla di fioranti facili e svelti di mano ed una torma di imitatori fanno ressa su un mercato molto florido, dove alcune richieste, scaduto il gusto dei committenti, si esaudiscono a metraggio; i protagonisti sono tutti scomparsi, la parlata si è fatta fioca, incolore, dialettale e financo rozza e sgarbata, non vi è più nulla o ben poco da salvare, nonostante i fasti vecchi e nuovi del mercato dell’arte.
Il suo anatema fece si che quando nel 1979 fu organizzata la grande mostra Civiltà del Settecento mancasse una sezione dedicata alla natura morta e fu un deplorevole errore, che ha concorso a ritardare l’interesse e gli studi sul settore.
Già nella precedente mostra sulla natura morta, svoltasi nel 1964, i generisti napoletani del Settecento erano mal rappresentati, con pochi dipinti ed alcuni nemmeno autografi.
Al parere del grande studioso si attenne a lungo la critica e lo stesso Ferrari, sempre sulla Storia di Napoli, trattando degli svolgimenti artistici tra Sei e Settecento, assegnò agli specialisti napoletani poche brevi annotazioni, mentre ben più pacato era stato il giudizio della Lorenzetti nel catalogo della memorabile mostra su tre secoli di pittura napoletana, tenutasi nel 1938.
Favorevoli erano stati anche gli interventi del Testori nel 1958, che aveva riconosciuto i meriti del Realfonso e del De Logu, nel 1962, il quale, nel suo aureo volume sulla natura morta italiana, aveva dedicato ampio spazio e considerazione ai generisti napoletani, fornendo numerose notizie nuove e formulando per molti giudizi lusinghieri.
Il Settecento napoletano nel campo della natura morta è affollato anche di figure minori o di ignoti in attesa di essere riconosciuti ed eventualmente apprezzati, gli studi devono perciò riprendere con maggior lena, per colmare un deficit di conoscenza e per venire incontro alle esigenze di un mercato antiquariale nel quale, con frequenza sempre maggiore, compaiono dipinti, anche di eccellente qualità, spesso firmati ed a volte datati, i quali permettono alla critica di progredire e di fornire, giorno dopo giorno, un quadro sempre più puntuale di quella che fu una stagione, se non grandiosa, ben più che dignitosa, nel quadro della nobile tradizione figurativa napoletana.
A dimostrazione dell’interesse crescente del mercato e dei collezionisti verso la natura morta settecentesca ho riscontrato, dopo l’uscita della mia monografia sull’argomento, un susseguirsi di segnalazione di inediti, alcuni veramente di notevole qualità, che in parte rendo noti in questo articolo.
Partiamo da una Natura morta con vaso di fiori, frutta, cocomero e galline(fig.1), transitato sul mercato a Trieste, un’importante aggiunta al catalogo di Baldassarre De Caro, secondo il De Dominici uno dei più validi allievi del Belvedere” dal quale apprese primieramente a dipingere fiori, de’ quali molti quadri naturalissimi con freschezza e maestria ha dipinto”.

Il pittore incontrò il favore dell’aristocrazia locale e della nascente corte borbonica con la sua tavolozza caratterizzata da un cromatismo più greve a confronto dei colori vivaci e brillanti adoperati dai tanti anonimi fioranti attivi sul mercato all’ombra del Vesuvio nei primi anni del secolo XVIII.
L’autografia del dipinto in esame si basa sul raffronto con opere certe dell’artista. Il vaso posto al centro della composizione è lo stesso che compare in uno( fig. 2) della serie conservata nel museo del Banco di Napoli a Villa Pignatelli, eseguita nel 1715, mentre le galline inseguite dalla volpe compaiono identiche in altre tele di Baldassarre  quali la Lotta tra galli(fig. 3) siglata BDC, già in collezione D’Errico ed oggi esposta a  Matera nel museo della Basilicata o Animali da cortile su sfondo di giardino(fig. 4) siglato BDC, esitato presso la Finarte a Milano nel  novembre 1993. In particolare se confrontiamo l’apertura alare del gallinaceo in primo piano(fig.5) ci accorgiamo quanto essa sia sovrapponibile a quella presente nella Natura morta con oca (fig.6)  della Narodni Galerie di Praga. 




Rimanendo in famiglia segnaliamo un nuovo dipinto firmato di Giuseppe De Caro (figlio di Baldassarre) una Natura morta con cacciatore, cani e cervo (fig. 7), firmata, a Genova presso l’antiquario Boetto.
Di Giuseppe l’unica notizia certa che abbiamo, oltre ad alcune tele firmate, si ricava da un antico rapporto del Minieri Riccio del 1878, il quale riferisce che il 14 febbraio 1754 egli  presentò una supplica al re (Carlo di Borbone) dichiarando di avere 32 anni ed essere figlio del defunto Baldassarre, che aveva servito per molti anni la Maestà Sua nella qualità di pittore di cacce e di animali, di frutti, di fiori e di altro, che egli aveva imparato la pittura di cacce e delle cose naturali dal detto suo padre e la figura sotto la direzione del celebre defunto Francesco Solimena, chiedeva perciò essere annesso con soldo nella Fabbrica di Capodimonte. Inviata questa istanza all’intendente Giacinto Bianchi, costui in un suo rapporto del 5 marzo disse che a lui era ignoto Giuseppe e la sua abilità.

Passiamo ora a due spettacolari dipinti di Gaspare Lopez, facenti parte di una stessa serie ora dispersa tra Europa e Stati Uniti e della quale a breve verremo in possesso di alcuni documenti che chiariranno cronologia e committenza.
Essi sono due veri e propri trionfi di fiori(fig. 8 – 9) eseguiti con rara maestria, che non pongono alcun dubbio sulla paternità dell’autore grazie a cogenti raffronti con dipinti noti dell’artista in particolare con  il Vaso di fiori entro un paesaggio(fig. 10) a Modena in collezione privata, segnato da una vivissima accensione cromatica e  con il pendant (fig. 11) Cascata di fiori con cane e pappagallo  e Cascata di fiori con putto(fig. 12) esitato a Londra da Sotheby's nel luglio 2004, che condivide con la tela in esame la varietà delle specie di fiori rappresentate e la freschezza della tavolozza.




Il Lopez nato probabilmente a Napoli, fu allievo del Belvedere, ma conobbe anche le opere di Jean Baptiste Dubuisson, abile diffusore a Napoli dei modi aulici di Jean Baptiste Monnoyer,  che lo indussero ad una pittura di gusto ornamentale, a volte superficiale, ma segnata costantemente da un vivace cromatismo. Non fu molto apprezzato dal Causa, che lo definì un “divulgatore mediocre di un barocchetto illusionistico e cavillosamente decorativo, deviando verso un vistoso ornamentalismo il nobile timbro stilistico del Belvedere”.  Ebbe come allievo Giacomo Nani.
Egli amò ambientare le sue composizioni en plein air, entro parchi verdeggianti di alberi e siepi, percorsi da viali e sentieri ed arricchiti da elementi decorativi: vasi, urne, busti, obelischi, posizionati con apparente casualità insieme a resti archeologici ed uccelli multicolori come il pappagallo ed il pavone.



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