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fig. 1 - Certosa di San Giacomo Capri |
Edificata nel 1371 per volere del conte Giacomo Arcucci su un terreno donato dalla Regina Giovanna I D'Angiò, la Certosa (figg.1-2-3) ospita il museo dedicato al pittore tedesco Karl Diefenbach. La struttura della Certosa fu edificata nel terzo quarto del Trecento grazie agli auspici del conte Giacomo Arcucci. L'impianto iniziale, poi soggetto nei secoli a profondi cambiamenti, presentava la classica partizione funzionale alla vita cenobitica: un'area destinata alla clausura e l'altra ai servizi, nel caratteristico stile tardo romanico che accomuna gli edifici isolani del periodo.
Sin dalla fondazione godé di ampi privilegi concessi dalla regina Giovanna che i monaci certosini riuscirono a mantenere nei secoli successivi, nonostante le alterne vicende che segnarono la vita del reame napoletano nei secoli XIV-XVI. Seppero far risorgere il monastero anche dalle incursioni piratesche, che flagellarono l'isola e la costiera amalfitana nella prima metà del Cinquecento, ricostruendo e ampliando il monastero con l'aggiunta del chiostro cinquecentesco.
Con Gioacchino Murat, nel 1808, i beni della certosa furono confiscati, e di essa venne fatta una caserma (1815), poi un ospizio e, dal 1868 al 1898, un soggiorno punitivo per militari e anarchici. Nella prima metà del Novecento la Certosa attraversò brevi momenti di attività (nel 1936, ad esempio, i canonici lateranensi vi avevano istituito un ginnasio) per declinare durante la seconda guerra mondiale con il conseguente allontanamento dei canonici.
Dal 1975 è sede del museo dedicato al pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach, morto sull'isola nel 1913. Bisognerà attendere i primi anni Duemila per veder iniziare le opere di restauro all'intera struttura a cura della Soprintendenza napoletana. Fra le opere rimaste vi è un affresco del XIV secolo, opera del pittore fiorentino Nicolò di Tommaso. In tempi più recenti la Certosa è stata oggetto di ulteriori interventi di restauro e oggi è sede di mostre temporanee, convegni, concerti, rappresentazioni ed eventi culturali.
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fig. 2 - Certosa di San Giacomo Capri |
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fig. 3 - Certosa di San Giacomo Capri |
Dedicata a San Giacomo (fig.4), per volontà del suo committente, il conte Arcucci, questo è l’edificio più alto e perciò dominante l’intera struttura della Certosa, appartenente all’originario impianto trecentesco.
Dal basso pronao ad arcata si passa nell’interno della chiesa a navata unica, divisa in tre campate, composte da mezzi pilastri e centine ad arco cordonate, concluse dalla suggestiva sequenza delle volte a crociera dallo spigolo vivo e terminante, sul fondo dell’aula, in un’abside semicircolare di epoca successiva. Il portale in marmo dell’ingresso, sormontato da una lunetta ogivale, racchiude il pregevole affresco trecentesco (fig.5) riconducibile a Niccolò di Tommaso, raffigurante la Vergine con bambino in trono tra i Santi Bruno e Giacomo, il committente nell’atto di porgere il modello della chiesa e la regina Giovanna I in preghiera. Lungo le pareti e in controfacciata affreschi eseguiti tra la fine del XVII e il principio del XVIII secolo. Nell’angolo interno dell’arco ogivale, una colomba, dipinta direttamente su marmo simboleggia lo Spirito Santo
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fig. 4 - Chiesa |
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fig. 5 - Niccolò di Tommaso - La Vergine con bambino in trono tra i Santi Bruno e Giacomo |
Il chiostro grande (fig.6) costituisce la parte centrale del nucleo detto “casa alta”, cioè lo spazio riservato alla clausura, intorno al quale sono disposte le dodici abitazioni dei monaci.
Realizzato su disegno di Giovanni Antonio Dosio, presenta archi a tutto sesto poggianti su robusti pilastri che scandiscono il ritmo della galleria e creano un gioco di luci e ombre, accentuato dal nitore della pietra calcarea adoperata per realizzare arcate e coronamenti.
Intorno al perimetro del chiostro corre un canale di raccolta delle acque piovane e, verso il fondo, un pozzo in pietra poggiante su di un’enorme cisterna visitabile, che ha il suo fondo a 21 metri sotto il livello di calpestio del chiostro, probabilmente di età imperiale.
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fig. 6 - Chiostro grande |
Lungo uno dei tre lati della galleria si trova l’accesso al chiostro piccolo (fig.7), la più felice testimonianza dell’origine trecentesca della Certosa di San Giacomo. Qui le arcate poggiano su esili pilastrini con capitelli di spoglio di età romana e bizantina, liberati durante il restauro del Soprintendente Gino Chierici.
Al di sopra della galleria che lo circonda, appare la mole barocca della “torre dell’orologio”, a base quadrata, sormontata dall’eccentrica cuspide triangolare; un tempo emergeva al di sopra del chiostro anche la coeva torre del campanile ma, poiché irrimediabilmente compromessa, venne demolita nel 1908.
Le navate e il soffitto presentano frammenti di affreschi della prima decade del 1700. In controfacciata, datato 1699, l’affresco con San Giacomo nella battaglia di Clavijo (fig.8), episodio tratto dalla Istoria Campostellana. I profeti dei pennacchi e gli Apostoli della navata ricalcano modelli di Francesco Solimena. I due affreschi nell’abside rappresentano rispettivamente: la Trinità con schiera di Angeli e San Bruno che appare in sogno a Ruggero.
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fig. 7 - Chiostro piccolo |
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fig. 8 - Affresco con San Giacomo nella battaglia di Clavijo |
Situato a destra del chiostro grande, intorno al quale sono disposte le 12 celle dei monaci, il Quarto del Priore (fig.9), realizzato quasi certamente durante i lavori della prima metà del Seicento, è l’abitazione della guida spirituale della comunità certosina, che vi risiedeva in un ritiro pressoché totale.
L’appartamento, che oggi appare privo delle originarie decorazioni, gode di una vista mozzafiato direttamente sui Faraglioni, qui tutto, anche il giardino circondato da alte mura, era concepito per ispirare gioia e benessere e favorire il raccoglimento della preghiera.
Intorno al chiostro grande sono disposte le dodici abitazioni dei Padri che formavano la famiglia certosina. Le case, costituite da un piccolo edificio su due livelli, coperto da una volta a crociera estradossata simboleggiante la croce, erano divise in: Ave Maria, stanza in cui era collocata una statua della Vergine, alla quale veniva rivolta una preghiera entrando nell’abitazione e cubiculum, dove si svolgeva la maggior parte della vita semplice di clausura, qui si trovavano un inginocchiatoio per la preghiera ed il letto. Ciascuna casa era poi dotata di un piccolo giardino circondato da alte mura che il Padre certosino curava personalmente.
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fig. 9 -Quarto del priore |
Il Refettorio della Certosa ospita dal 1974, per volere di Raffaello Causa, un piccolo museo (fig.10–11) dedicato a Karl Wilhelm Diefenbach, pittore tedesco giunto a Capri nel 1900.
Figura eccentrica, tra i preferiti di Francesco Giuseppe, Diefenbach (fig.12), poco incline alla vita borghese e portatore di un romanticismo carico di implicazioni espressionistiche, seppe raccontare Capri nelle sue enormi tele cupe, dense di magia e mitologia nordica, da cui emerge un rapporto profondo con le forze della natura primigenia, una maniera vicina, per lo spirito romantico che le pervade, a quella di von Marée
Delle trecento opere eseguite nell’arco dei tredici anni trascorsi a Capri, fino alla morte, una parte è stata generosamente donata allo Stato dai suoi eredi e oggi è possibile visitare la collezione comprendente 31 tele, 5 sculture in gesso e un ritratto.
Presso la Certosa da tempo trova ospitalità il liceo classico Publio Virgilio Marone (fig.13), reso celebre dall’insegnamento impartito per alcuni anni dalla mitica professoressa Elvira Brunetti (fig.14), la quale ha inculcato l’amore per lo studio a generazioni di studenti, molti dei quali hanno raggiunto nella società posizioni di rilievo; come Lucia Arbace (fig.15), somma storica dell’arte e direttrice del Polo museale dell’Abruzzo.
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fig. 10 - Museo Diefenbach |
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fig. 11 - Museo Diefenbach |
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fig. 12 - Autoritratto Diefenbach | |
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fig. 13 - Liceo classico |
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fig. 14 -Elvira Brunetti |
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fig. 15 -Lucia Arbace soprintendente targa carriera da Vittorio Sgarbi |