lunedì 2 aprile 2012

La saga di una famiglia: i De Filippo

18/9/2010

in un’intervista a Luigi

Napoletanità vuol dire fantasia, passione, intelligenza, cultura, amore per le proprie tradizioni; al contrario napoletaneria significa oleografia, banalità, volgarità, sciatteria ed esaltazione dell’ignoranza.
Attraverso una conversazione con Luigi De Filippo, che in questi giorni presenta un suo libro”Un cuore in palcoscenico”, ripercorriamo con nostalgia 150 di storia di teatro napoletano attraverso la saga di una dinastia: i De Filippo, intrecciata con legami di sangue agli Scarpetta, un teatro di lingua e passioni, che sapeva narrare con amara ironia la commedia umana, attraverso una Napoli disperata, ma speranzosa, povera ma dignitosa, che non ha mai chiesto pietà, ma soltanto giustizia, una maestosa metafora tra comicità e dolore. Chiunque ha avuto il privilegio di vederli lavorare non potrà dimenticare la loro profondità interpretativa, le acute espressioni, la sofferta gestualità, la genuinità e la vis comica dei personaggi interpretati.
Il debutto dei tre fratelli, figli naturali di Edoardo Scarpetta,  avvenne nel 1931 al teatro Kursaal (oggi cinema Filangieri) e fu un successo strepitoso; al fianco dei De Filippo lavoravano caratteristi di lusso come Tina Pica, Dolores Palumbo ed Agostino Salvietti. 
Papà è stato un grande attore, tra i più grandi del Novecento, esordisce commosso Luigi, che nel suo libro ha ricordato con eguale affetto gli zii Eduardo e Titina.
Non crede che, nulla togliendo alle sue interpretazioni sul palcoscenico, Peppino abbia raggiunto l’apice della sua arte al fianco di Totò, come alter ego non semplice spalla, in tanti film indimenticabili, che potranno far sorridere anche le future generazioni?
Certamente, anzi a sottolineare l’importanza di quelle interpretazioni nel libro ho trascritto integralmente la famosa lettera che Totò detta a mio padre
Quale crede sia la commedia dei De Filippo che più a lungo rimarrà nella memoria collettiva?
Filumena Marturano senza ombra di dubbio, la quale all’inizio doveva chiamarsi Maisto, una famiglia poco raccomandabile, che quando venne a sapere che la protagonista era una prostituta, fece arrivare a mio zio il suo disappunto. La commedia è stata scritta per Titina, che interpretò in maniera magistrale il ruolo della madre napoletana che lotta fino all’inganno per il bene dei suoi figli.
Quanto pensa che abbia influito sul triste destino di Napoli la circostanza che da sempre i suoi figli migliori abbiano dovuto lasciare la città, la lista è interminabile da Rosi a Ghirelli, da La Capria a De Crescenzo, fino a Totò e agli stessi De Filippo?
Noi andammo via durante la guerra e ci trasferimmo a Roma, che grazie alla presenza del Papa non fu sottoposta ai terribili bombardamenti che devastarono Napoli, ma abbiamo sempre amato la nostra città, nella quale tornavamo spesso.
Lei, possiamo dirlo perché non è una signora, ha ottanta anni, portati benissimo con la simpatica disinvoltura di un cinquantenne, se la sentirebbe di essere al centro di una provocazione?
Quale?
Napoli ha la memoria corta e non ha dedicato ai tre fratelli un’importante piazza, lo stesso trattamento riservato ad altri mitici personaggi come ad esempio Achille Lauro. La inviterei per un giorno a raccogliere firme in piazza Plebiscito o in piazza Vanvitelli per cercare di ovviare a questa colpevole dimenticanza.
Napoli in questo momento ha problemi ben più gravi da affrontare e poi una larvata promessa me l’hanno fatta. La speranza è l’ultima a morire.

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