mercoledì 27 novembre 2013

Un nobile blasonato


Agostino Caracciolo


Tra le abitudini dei Napoletani vi è stata sempre quella di associarsi per discutere, divertirsi, ma soprattutto per combattere il terrore della solitudine, stando tutti assieme.
Tali organizzazioni esistevano anche nell'antica Grecia e presso i Romani e prosperarono un po' dovunque durante il Medioevo e il Rinascimento, ma fiorirono maggiormente a Londra e in Francia durante e dopo la rivoluzione, avendo carattere prevalentemente politico.
A Napoli la nascita del primo circolo risale al 7 maggio del 1778, quando il marchese della Sambuca fondò l'Unione dei cavalieri della nobile accademia di musica, al quale fece seguito, cinque anni dopo una nuova associazione promossa da un tal Giovan Pietro Raby, che con alcuni amici prese in affitto una sede per  «discorrervi di negozi esteri e divertirsi in giochi permessi ed accademie di ballo e di musica».
Nel 1864 un gruppo di nobili, tutti di fede borbonica, fonda il Whist, con sede in piazza San Ferdinando, mentre a far nascere l'esclusivo (ancora oggi) Circolo dell'Unione fu il patriota Carlo Poerio, all'indomani dell'Unità d'Italia, il quale riuscì a ottenere da Vittorio Emanuele la concessione dei locali scorporati dal San Carlo, nonostante il pericolo costantemente paventato di un potenziale incendio nelle cucine, che avrebbe devastanti effetti sul Massimo.
Il circolo dell’unione è in assoluto il più esclusivo della città, più ancora del Savoia, dove per essere ammessi vi è una lotta tra palline bianche e nere, mentre nell’associazione che riunisce la nobiltà, anche se scalcinata, le palle bisogna averle, almeno 4, nel blasone e non come Goffredo Buglione, che le aveva nello scroto.
Da anni Presidente dell’Unione è il conte Don Agostino Caracciolo di Torchiarolo, esponente di una delle più celebri famiglie aristocratiche napoletane, il quale è anche uno dei componenti della Deputazione della Capella del Tesoro di San Gennaro, che sovraintende alla corretta conservazione delle sacre reliquie.
La famiglia Caracciolo è una delle più antiche ed illustrissime di Napoli; il primo documento risale all'anno 976, anno in cui morì TEODORO che aveva possedimenti in Napoli e fu seppellito insieme alla moglie Urania nella chiesetta di S. Maria Assunta dei Caracciolo. 
Il Casato già ai tempi del Ducato godeva di grande nobiltà nel Seggio di Capuana, beneficiando di speciali privilegi concessi dal duca Sergio; dopo la soppressione dei sedili (1800), fu ascritto nel Libro d'Oro napoletano. 
Si divise in due grandi linee, quella dei Caracciolo Rossi con capostipite RICCARDO, figlio di Landolfo vissuto agli inizi del XII secolo, e quella dei Caracciolo Pisquizi capostipite FILIPPO, altro figlio del menzionato Landolfo. 
Dai Pisquizi nacque il ramo dei Caracciolo del Sole.
Numerosi furono i feudi posseduti dai Caracciolo Rossi che furono insigniti di prestigiosi titoli.
Nel 1645 il feudo di Castellabate dalla famiglia Acquaviva, conti di Conversano, pervenne alla famiglia Caracciolo di Torrecuso, nel 1704 a Francesco Nicodemo, consigliere Regio, nel 1713 al reggente Falletti, infine, nel 1733 alla famiglia Granito, nella persona di Paride che nel 1745 ottenne il titolo di marchese di Castellabate. 
L'ammiraglio Francesco Caracciolo di Brienza, strenuo difensore della Repubblica Napoletana del 1799,fu impiccato all'albero maestro della nave di Nelson e poi gettato in mare. Le sue spoglie riposano in pace nella Chiesa della Madonna Della Catena, ove il Comune di Napoli ha posto la seguente lapide: 
FRANCESCO CARACCIOLO 
AMMIRAGLIO DELLA REPUBBLICA NAPOLETANA 
FU DALL'ASTIO DELL'INGENEROSO NEMICO 
IMPESO ALL'ANTENNA IL 29 GIUGNO DEL 1799 
I POPOLANI DI SANTA LUCIA 
Ai tempi della regina Giovanna I d'Angiò quasi tutti i rappresentanti di Casa Caracciolo Rossi erano cavalieri dell'Ordine del Nodo. 
Dopo l'uccisione di Sergianni Caracciolo nel 1432, la Regina Giovanna II designò Ottino Caracciolo, conte di Nicastro e Gran Conestabile del Regno, tra gli esecutori testamentari e i sedici Baroni Governatori del Regno con Raimondo Orsini conte di Nola, Innico (Henricus), d’Anna, Gran Siniscalco del Regno, Giorgio della Magna conte di Buccino, Perdicasso Barrile conte di Montedorisi, Baldassarre della Ratta, conte di Caserta, affinché lo conservassero alla sua morte (1435) per il suo erede Renato d'Angiò. 
Galeazzo Caracciolo, marchese di Vico, valoroso comandante, fu inviato da re Alfonso d'Aragona alla riconquista delle terre occupate dai Turchi; il 10 agosto 1481 al comando della sua flotta conquistò la città di Otranto, liberandola dai uomini di Maometto II. 

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