Mentre il Festival di Sanremo conquista audience, le tristi canzoni dei neomelodici napoletani raggiungono record nelle vendite, ma soprattutto apici nelle visualizzazioni su YouTube superiori a quelli delle star nazionali.
Considerati dalla critica cantanti di periferia, provinciali, hanno viceversa un bacino di ascolto vastissimo, che comprende non solo la Puglia e la Calabria, la Lucania e la Sicilia, antichi possedimenti del Regno di Napoli, ma trovano fans anche tra tanti ragazzi romani e milanesi di origine meridionale.
Nei quartieri popolari dilagano dai bassi con le radio al massimo volume, spandendo allegria tra i vicoli e costituiscono spesso la base delle suonerie dei cellulari.
I manager, che hanno tra le mani un mercato di decine di migliaia di euro, hanno superato astutamente anche il problema delle falsificazioni, invadendo direttamente il mercato con copie pirata.
Le loro canzoni, trasmesse a ritmo continuo sulle radio libere, compaiono con il numero di telefono dell’interprete o del suo agente, così da poter facilmente essere ingaggiati per comunioni, matrimoni e feste di paese, con cachet da fare invidia alle più note popstar.
I loro testi raccontano il quotidiano: sentimenti, amore, tradimenti, temi universali, facilmente condivisibili dalla gente del popolo.
Alla base delle loro tematiche vi è l’esaltazione del consenso e della violenza, con eroi, che entrando nella camorra ne accettano le ferree regole di una consorteria in lotta contro la legalità ed il potere dello stato.
Tra le canzoni più antiche del repertorio malavitoso la più celebre è “Guapparia”, seguita da Mario Merola con la sua “Serenata calibro 9”, che ha avuto anche una fortunata versione cinematografica.
In epoca recente molte melodie hanno affrontato il tema della latitanza e dei pentiti, descritti come il male assoluto da combattere con ogni mezzo.
Lisa Castaldi in “Femmina d’onore” tratta il ruolo assunto dalle donne nella camorra, mentre Gianni Vezzosi ci fornisce un ritratto reale quanto spietato del killer.
Da questi cantanti dai capelli colorati, dal petto depilato e dal volto sempre abbronzato si potrà pure sorridere, ma dai loro testi, intrisi di malinconia e di esaltazione, si può apprendere della napoletanità più che da decine di editoriali scritti da giornalisti paludati ma spesso poco informati.
O’ killer
Accomencio a ‘jurnata
facenn male
a chesta città.
‘Ncopp a motocicletta
co’ casco mise
e pronto a ‘ sparà,
u’ sang fridd
e senza pietà
me siente stanco
bastardo e perduto già
(Gianni Vezzosi)
Il mio amico camorrista
E’ n’ ommo
chine e’ qualità,
che ca’ paura
e co’ curaggio
a braccetto se ne và.
Rischia vita e libertà
ma’ pa’ gente
e miezz’a’ via
na carezza nun ce stà
(Lisa Castaldi)
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