9/1/2009
Stella sul finire degli anni Ottanta era un'affascinante signora della buona borghesia napoletana, bionda, occhi azzurri, procace, sempre elegante e truccata. Era sposata da tre anni con un affermato ingegnere, rampollo di un'antica famiglia ed aveva tutto per essere felice, ma nonostante le premure e per quanto fosse sinceramente innamorata, non era riuscita a consumare il matrimonio, perché al minimo approccio veniva presa da un tremore squassante e da visioni agghiaccianti, che inghiottivano la sua ombra in una vertigine e cessavano solo dopo ore.
La sua giornata scorreva piena di impegni legati alla sua professione di archeologa ed alla frequentazione dei più esclusivi circoli cittadini; la notte viceversa era frequentemente costellata da incubi che duravano un'eternità ed al mattino la lasciavano spossata. Si decise dopo molte titubanze a consultare uno psicanalista e la scelta cadde sul professor Geltrude Pelide, un affermato luminare con studio in via Manzoni, un po' chiacchierato, ma che aveva brillantemente risolto molte situazioni analoghe.
Le sedute rapidamente entrarono nel vivo e Stella, attraverso il racconto dei suoi sogni tenebrosi annidati nella porzione più profonda del suo inconscio, inviava in superficie frammenti di immagini dimenticate, emozioni represse, esperienze indefinite. Geltrude valutava con cura ogni dettaglio, ma mentre analizzava i suoi sogni ebbe netta la sorpresa di chi, credendo di scavare un tranquillo pozzo artesiano, finiva per imbattersi in un vulcano in eruzione. La sua paziente, nel mentre raccontava i particolari più piccanti della sua vita onirica, veniva colta da lunghi minuti di trance, durante i quali erompeva in fantasie eccitate e perturbanti, in illusioni ed allucinazioni sconvolgenti, capaci di provocare terrore e raccapriccio.
Era un diluvio che devastava la coscienza, portando con se la pienezza dell'ebbrezza, ma anche la lacerazione, la dissoluzione, lo sconvolgimento. Vagò a lungo in una dimensione misteriosa senza spazio e senza tempo, fino a quando in un vortice di immagini caleidoscopiche fu folgorata da un'esperienza vissuta da adolescente, cancellata dalla memoria e sepolta nei più profondi meandri della psiche. Ricompaiono prima sbiadite, quindi più nitide, infine chiarissime le fasi di una remota gita scolastica ad Amalfi, quando Stella, undici anni da poco compiuti, viene invitata dall'anziano autista del pullman ad appartarsi con lui con la scusa di ammirare uno scorcio di panorama; all'improvviso l'uomo si sbottona i pantaloni e la costringe ad accarezzargli il membro fino a che, raggiunta l'erezione, la conduce in un cespuglio e la svergina incurante delle sue grida disperate.
Un trauma del quale non aveva reso partecipe nessuno e che rapidamente aveva sepolto nelle più remote profondità dell'inconscio, certa di poterlo dimenticare, ma per quasi venti anni il fantasma di quell'uomo rude e sbrigativo aveva funestato la sua vita emozionale. Ma ora che aveva traghettato ai confini della coscienza quell'oscuro momento dell'infanzia, di colpo era guarita e guardava quell'episodio del passato con noncuranza, come se avesse riguardato un'altra persona. Seduta dopo seduta Stella cominciò a sentirsi attratta irresistibilmente da Geltrude, il suo salvatore, dalla voce suadente, dalle maniere gentili e decise che l’avrebbe sedotto, non avrebbe avuto pace fino a quando non fosse stata posseduta da lui; aveva chiara la sensazione che senza quell’amplesso purificatore non poteva ritenersi guarita del tutto.
Ogni volta cambiava profumo, aromi esotici e penetranti, ma soprattutto indossava delle lingerie costose e provocanti, prediligendo il rosso ed il nero: reggiseni di merletto che nulla lasciavano alla fantasia fatti sapientemente balenare grazie ad una scollatura abissale o reggicalze alla bella epoque da mostrare compiaciuta sollevando maliziosamente le gambe sul lettino e facendo scivolare la gonna fino all’inguine. Stella era una donna straordinariamente affascinante e non ci volle molto per sedurre Geltrude. Il transfert si completò in poco tempo e fu suggellato da un rapporto sessuale appassionato, vigoroso, interminabile, dopo il quale l’ex paziente si liberò dalla sua incoercibile frigidità per trasformarsi in una ninfomane insaziabile.
Volle proseguire la sua terapia unicamente per continuare a vedersi con il suo analista del quale si era perdutamente innamorata, ma le sedute, tri settimanali, divennero solo l'occasione per sfoggiare delle mise sempre più audaci acquistate per corrispondenza in sexy shop dimezza Europa e per sperimentare con il suo amante le più spericolate posizioni del Kamasutra. Ma non gli bastava, voleva recuperare il tempo perduto e pregò Geltrude di presentargli degli amici disposti a placare la sete di sesso che non le dava requie. Conobbe così decine i uomini di tutte le età, ma ancora non era sufficiente, non riusciva a spegnere a sua eccitazione. Geltrude approfittò della fortuna che gli era capitata e, spacciando la sua cliente per moglie, si iscrisse ad un esclusivo club di scambisti che si riunivano all'Hotel Excelsior di Roma.
Stella si inventò col marito un consulto settimanale con un terapista specializzato e Geltrude un corso di aggiornamento della durata di un anno. Furono esperienze indimenticabili: Stella potette assaporare le scrupolose attenzioni di maschi rampanti, stupiti dalla sua bellezza, dal suo ardore sessuale e dalla lingerie raffinata cambiata ad ogni incontro per un totale di oltre cinquanta completi. Geltrude, dimostrandosi di aperte vedute, perché permetteva ad una moglie giovane e bella di accoppiarsi con sconosciuti, non perdeva occasione per godere di ogni anfratto delle tante mogli che si offrivano entusiaste alla sua straripante esuberanza virile. Stella rifioriva e riacquistava sempre più la sua linfa vitale, ma non si sentiva ancora soddisfatta compiutamente, riteneva necessaria per una guarigione definitiva una prova ancora più difficile.
Pregò il suo amante di accompagnarla sulla pubblica strada a prostituirsi, anelava a questa ultima trasgressione, certa che solo così il suo processo di purificazione poteva ritenersi concluso. Geltrude era timoroso per i rischi di una scelta originale quanto inverosimile ed acconsentì solo a condizione che il denaro ricavato fosse volta per volta consegnato in chiesa per beneficenza. Stella poté esibirsi con mise non più eleganti e raffinate, ma sfacciate e variopinte. Trovò fantastica la soluzione dei collant aperti avanti per permettere rapporti rapidi e sbrigativi. Per mesi si fece accompagnare in posti sempre diversi e sprizzava felicità quando poteva esibirsi in quartieri popolari o fuori alle caserme. Poi all'improvviso un giorno sentì di essere guarita completamente, si accomiatò dall'amante e gli disse che non si sarebbero più visti, tornava felice da suo marito; si sentirono da allora una sola volta dopo nove mesi quando Stella volle annunciargli la crescita del suo primogenito: si sarebbe chiamato Geltrude.
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