8/12/2006
Dopo l’Unità d’Italia nel corso di pochi decenni circa 25 milioni di Italiani sono stati costretti all’emigrazione oltre oceano. Soltanto pochissimi sono ritornati. La stragrande maggioranza di questi disperati proveniva dalle regioni meridionali e lo Stato sabaudo, dopo aver combattuto il brigantaggio con metodi militari, incoraggiò questo silenzioso genocidio, del quale invano cercheremo notizia nei libri di storia.
Oggi la storia si ripete all’incontrario ed ecco legioni di disperati che vedono nelle nostre città e nelle nostre campagne la terra promessa.
Il nostro passato di emigranti è dimenticato, seppellito nel più profondo inconscio, complici le istituzioni, che non hanno realizzato un museo che ci rammenti gli anni in cui eravamo carne di macello, pronta a qualsiasi lavoro, anche il più umile e pericoloso.
Un museo dell’emigrazione, per ricordare il passato e per spegnere in noi qualsiasi seme di razzismo e di becero leghismo.
Quale sede più degna del porto di Napoli, dove per un’eternità sono partiti i bastimenti, carichi di disperazione e di nostalgia, di ansia di riscatto e di antica dignità.
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