11/5/2009
Per due mesi, fino al 12 luglio, il museo diocesano, sito nella chiesa di Donnaregina Nuova, ospiterà il piccolo crocifisso ligneo recentemente attribuito da alcuni studiosi a Michelangelo.
L’arrivo di questo ospite illustre sarà l’occasione per la presentazione del catalogo del museo, curato dal professor Leone de Castris ed atteso da tempo dagli studiosi, curiosi di apprendere in che maniera sono stati sciolti i numerosi dilemmi attributivi delle oltre 300 opere normalmente ospitate nella collezione.
Vi saranno certamente tanti visitatori, napoletani e forestieri, che potranno ammirare, oltre al crocifisso pellegrino, i numerosi tesori conservati nella chiesa, che costituiscono una tappa fondamentale della Napoli capitale dell’arte e della cultura.
(Per conoscere meglio questo gioiello poco noto del patrimonio artistico cittadino rinvio al mio articolo”Il museo diocesano raddoppia” consultabile su internet digitando il titolo).
L’ospite del museo, nonostante le piccole dimensioni, 42 centimetri, è di una struggente bellezza e per la fattura delicatamente espressiva, per la precisione anatomica e per l’intenso patetismo che emana dalla figura del Cristo è stato assegnato da alcuni autorevoli studiosi alla magica mano di Michelangelo giovane.
Questa attribuzione così prestigiosa ha indotto lo Stato ad esercitare il diritto di prelazione e ad acquistare per tre milioni di euro l’opera, che era di proprietà di un antiquario, il quale l’aveva precedentemente comperata da una famiglia fiorentina. In attesa di una definitiva collocazione questo splendido pellegrino sta visitando vari luoghi della penisola, riscuotendo ovunque plauso ed ammirazione.
Sottoposto successivamente all’esame di altri esperti l’attribuzione del crocifisso a Michelangelo ha cominciato a vacillare, senza nulla togliere all’opera che, possiamo assicurare per averla visionata a Milano, merita di essere ammirata.
Il grande artista prediligeva lavorare il marmo e l’unico crocifisso ligneo che ci ha lasciato è quello, completamente diverso per fattura e dimensioni, conservato a Firenze nella chiesa di Santo Spirito. L’opera vede la luce certamente nella Firenze rinascimentale, popolata da numerose e valide botteghe di scultori come i Sangallo ed i Maiano, specializzate nella produzione di crocifissi di piccole dimensioni per uso domestico, mentre altri potenziali autori potrebbero essere identificati nei fratelli Andrea e Jacopo Sansovino, in Benedetto da Rovezzano o Giovanfrancesco Rustici, artisti di eccellente livello, senza necessariamente scomodare il sommo Michelangelo, il quale a soli ventitre anni aveva già donato all’umanità la spettacolare Pietà conservata a Roma nella chiesa di San Pietro.
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