5/9/2006
Un fenomeno in costante incremento negli ultimi anni
Per verginità s’intende comunemente l’integrità dell’imene ed essa ha sempre rappresentato qualcosa d’importante e significativo per l’uomo sin dagli albori della civiltà. Il desiderio di possesso esclusivo, la considerazione della donna come “merce” e come proprietà, la paura delle malattie veneree in alcuni periodi storici, la volontà o l’obbligo di consacrarsi ad un solo uomo, sono solo alcuni dei motivi per cui nei secoli il “tabù” della verginità femminile ha arrovellato le menti degli uomini ed ha caratterizzato intere culture e religioni, come la giudaico cristiana che le ha dato una grande importanza. I popoli antichi hanno sempre accompagnato con dei rituali più o meno suggestivi la deflorazione matrimoniale. Tra questi ne ricordiamo alcuni: nell’antico Egitto vi era l’usanza che la giovane sposa, la sera delle nozze, fosse condotta dalle matrone nella camera nuziale; là l’imene era rotto da un bastone ricoperto da un panno bianco. Questo era poi gettato nel cortile interno, dove il marito riceveva i complimenti degli amici, se nel panno si constatava del sangue, prova della verginità della sposa.
In epoca più vicina a noi tale costume era praticato da certe popolazioni arabe e beduine, anche se in forma un po’ diversa: è la suocera della giovane sposa che rompe l’imene con il suo dito avvolto in una pezzuola. Molti sono gli aneddoti e le definizioni che nel corso dei secoli sono stati dati alla verginità, ne ricordiamo alcuni tra i più spiritosi:
“Verginità: stato di disgrazia” da un manoscritto di Lorenzo il Magnifico, Signore di Firenze. “Se la castità non è una virtù è però certo una forza” frase di Jules Renard.
“Verginità: o che sciagura!” esclamazione di Catherine Deneuve la nota attrice francese. Sentiamo ora il parere che sulla verginità ci dà Sade, il divino marchese:”Castità e verginità per me le hanno inventate gli uomini per aumentare il loro piacere; se la castità è una virtù allora è virtuoso anche astenersi dal mangiare”.
Tra i popoli primitivi si osservano posizioni contraddittorie: popolazioni che tengono in gran conto la verginità femminile, di contro altre che non le attribuiscono alcuna importanza. Chi volesse approfondire l’argomento può consultare on line il mio saggio:”Il concetto di verginità nei popoli primitivi”.
Tali usanze furono approfondite da Freud che nel suo libro: “La vita sessuale” diviso in tre saggi, dedica uno di questi a trattare il problema del tabù della verginità femminile.
Egli attraverso la sua esperienza, nel corso di numerose sedute psicoanalitiche, aveva scoperto una cosa fondamentale nella vita amorosa della donna e cioè che l’uomo che per primo soddisfi il desiderio d’amore di una vergine, per lungo tempo e a fatica soffocato, ed abbia nel far ciò superato la resistenza in lei costituitasi attraverso gli influssi dell’ambiente e dell’educazione diventerà l’uomo con cui ella stabilirà un rapporto duraturo, mentre la possibilità di tale rapporto resterà sbarrata ad ogni altro. Ed inoltre Freud s’interessa al comportamento degli uomini primitivi nei riguardi della verginità ed afferma che non è vero che essi non ripongono nessun valore nella illibatezza della loro sposa, anche se spesso capita che la deflorazione della ragazza avvenga fuori dal matrimonio. Al contrario egli ritiene che per le popolazioni primitive sia un atto importantissimo, diventato, per questo motivo, oggetto di un tabù e di una proibizione di tipo religioso, per la paura del sangue al quale tutti i primitivi riservano un sacro timore reverenziale.
Per secoli la donna è stata considerata una proprietà privata dell’uomo, una merce, ma oramai la concezione della verginità legata a questi principi è divenuta anacronistica e tramontata quasi completamente nel mondo occidentale. Ma il tabù della verginità non è legato soltanto a meschine considerazioni di ordine economico; gli studi psicoanalitici ci hanno fornito infatti più di una chiave di lettura di questo tabù e ci hanno dimostrato che esistono delle basi psicologiche molto forti radicate anche nella psiche delle donne moderne ed emancipate. Concludiamo la nostra breve indagine sul pianeta verginità, avanzando una ipotesi personale.
L’imene come tutti gli organi e i tessuti del corpo umano deve avere una finalità o averla avuta in passato, come è il caso dell’appendice cecale, che con tutta probabilità rappresenta un residuo di un intestino primitivo in tempi in cui la nutrizione dell’uomo era diversa da quella attuale.
L’imene è posseduta da tutti i mammiferi, anche se in alcuni si presenta in maniera rudimentale; non rappresenta quindi un organo specifico della specie umana, per cui non potremmo trovare alcun significato teleonomico legato alle abitudini sessuali proprie della donna.
La presenza dell’imene integro se da un lato permette il defluire per gravità verso l’esterno del sangue mestruale, rende difficile ai germi, presenti in numero notevole nella zona perianale di penetrare in vagina. Nella vagina della bambina, prima della pubertà non è presente alcun sistema di difesa e di autopurificazione naturale.
Il ph tende verso l’alcalinità il che crea un habitat favorevole all’instaurarsi delle infezioni, viceversa con la pubertà il mutato quadro ormonale, con l’innalzarsi del tasso degli estrogeni, induce la formazione e lo sviluppo del bacillo del Doderlain, il quale, trasformando il glicogeno presente in vagina in acido lattico, provoca un abbassamento del ph verso l’acidità: una condizione negativa per lo sviluppo dei batteri e per il prodursi di infezioni vaginali.
Una volta creatosi questo sistema di difesa la funzione dell’imene viene a cessare per cui la sua integrità non è più necessaria e ciò viene a coincidere con i primi rapporti sessuali, che nella donna da poco fertile e mestruata sono auspicabili per la riproduzione della specie.
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