2/5/2007
Da secoli poeti e filosofi ci hanno ammonito che le rotte dell’amore sono imperscrutabili e che tutti possono ambire a trovare l’anima gemella, si tratta di cercarla con ostinazione, perché a volte si nasconde nei posti più impensati.
Un osservatorio preferenziale per decenni è stato il mio studio di ginecologo dove sotto gli occhi è passata un’umanità spesso sofferente, ma a volte gaudente.
Due casi emblematici della cecità dell’amore mi hanno colpito in maniera particolare e voglio raccontarveli.
Sono entrambi episodi collocati all’inizio della mia attività professionale, a metà degli anni Settanta, quando, ancora giovane, alcune situazioni paradossali destavano la mia meraviglia.
Il primo caso riguarda una donna bellissima, bionda, alta, profumata ed avvolta da una preziosa pelliccia di visone selvaggio. Russa di Leningrado era la moglie di un celebre e facoltoso cattedratico napoletano di medicina. Era un periodo precedente la grande invasione di slave di questi ultimi anni ed allora donne di quella bellezza a Napoli non se ne vedevano.
Era venuta da sola per chiedere informazione sulle metodiche contraccettive ed era incerta tra l’adozione della pillola o l’applicazione di una spirale.
La conversazione durava da alcuni minuti ed i miei occhi faticavano a restare professionali davanti alla scollatura abissale del vestito, che protrudeva prepotente al di fuori della pelliccia.
Passati nell’ambulatorio per la visita la realtà superò ogni più ottimistica fantasia: il corpo della signora era statuario, di un candore abbacinante ed i seni, superbi, a pera, più duri del marmo, gareggiavano alla pari con gli splendidi fianchi e con i glutei, michelangioleschi ed invitanti.
La visita fu naturalmente, accurata, scrupolosa, ubiquitaria ed approfondita.
Fatta la prescrizione la cliente lasciò lo studio e con Michele, il mio infermiere ci portammo alla finestra per sbirciare in quale auto sarebbe salita. Immaginavamo che ad attenderla vi fosse una Mercedes con autista, viceversa ad aspettare vi era un gobbo di almeno cinquant’anni che accolse la signora con un bacio interminabile sulla bocca, prima di entrare in una scalcinata Cinquecento, nella quale prima di partire sostarono non meno di dieci minuti, durante i quali l’auto vibrò paurosamente.
A sessi invertiti l’altro caso. Si presenta nel mio studio per sottoporsi ad un piccolo intervento ambulatoriale una strana coppia. Lei ultraquarantenne, con abiti dimessi, cinque figli, un addome batraciano che spiccava in un corpo sfasciato dagli abusi alimentari e dalle gravidanze, lui meno di trenta anni, alto, bello, elegantemente vestito con un nodo scappino della cravatta e con un eloquio forbito.
Pensai ad un giovane distinto che per carità cristiana accompagnava la sua cameriera, ma la situazione era ben diversa.
La donna entrò nell’ambulatorio per spogliarsi e sistemarsi sul lettino ginecologico. Quando entrai il puzzo dei piedi era intollerabile e temetti di cadere io in anestesia.
Finito l’intervento e passati alcuni minuti feci avvertire l’accompagnatore che tutto era finito. Egli chiese di entrare e l’infermiere venne sollevato dal compito di aiutare la paziente a rivestirsi.
Passavano i minuti e la coppia non accennava ad uscire, per cui, senza farci scorgere entrammo nella stanza e spiammo da dietro al paravento. La scena felliniana era incredibile con il giovane intento ad accarezzare dolcemente l’addome della donna, mentre mormorava all’orecchio parole mielose: “amore ti faccio subito passare la bua non preoccuparti”. E non contento cominciò a baciarla in un’apnea interminabile.
Sgusciammo fuori e dopo poco facemmo rumore vicino alla porta prima di appalesarci.” La signora può vestirsi e potete venire fuori per ritirare la ricetta”.
Pochi minuti e la coppia è davanti alla mia scrivania rivolgendosi la parola col voi, ignari di essere stati sgamati.
Michele volle subito giocarsi i numeri al lotto, anche perché a mente fredda riconoscemmo nel giovane bello ed elegante, anche se di bocca buona e di stomaco forte, uno degli attori della compagnia di Luisa Conte in scena in quei giorni al teatro Sannazaro.
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