5/5/2008
Per combinazione ho potuto partecipare al funerale di don Vittorio, il mio vecchio parroco, di quando , ragazzo, abitavo in via Salvator Rosa.
Non lo vedevo da tempo, ma ricordavo in maniera indelebile la sua silenziosa opera al servizio, non solo di Dio e dei suoi parrocchiani, ma anche dei non praticanti.
Era legato alla sua tonaca nera, portava la comunione agli ammalati negli ospedali, andava la sera a visitare i vecchi abbandonati da tutti, sapeva trovare le parole adatte in ogni frangente, confortare gli afflitti, incoraggiare i dubbiosi, illuminare i giovani.
La sua fede era infinita e non si serviva di colti discorsi teologici o di raffinate esegesi bibliche, ma piu’ semplicemente delle parole che sgorgano spontanee dal cuore come un fiume in piena. Quanta differenza dal fasto magniloquente che alberga altezzoso nelle stanze del Vaticano, che abisso tra la Chiesa del potere, sia esso anche solo spirituale ed il candore di coloro che hanno cura delle anime ed a volte anche dei corpi degli ultimi della Terra.
Se vi fossero piu’ preti come don Vittorio la Chiesa recupererebbe le tante pecorelle smarrite, che si sono allontanate e vivono nella solitudine spirituale di un mondo che crede di poter vivere senza Dio e senza partecipazione verso il prossimo.
L’amore, piu’che l’intelletto, e’ il vero motore dell’universo e la piu’ lampante dimostrazione la forniscono i tanti pensatori, che si affannano nella vacua esibizione di titoli accademici e nella sterile ricerca della prova matematica dell’esistenza di Dio, mentre le silenziose suore di Madre Teresa di Calcutta nei vicoli di Forcella sovvengono quotidianamente alle imperiose esigenze materiali dei dimenticati, degli esclusi, dei perdenti.
Nessun commento:
Posta un commento