10/8/2007
Pablo Picasso, pittore, scultore e ceramista spagnolo domina incontrastato, come un gigante, il panorama artistico mondiale del Novecento. Estremamente longevo ed infaticabile ha realizzato quasi 10.000 opere, distribuite tra i musei e le più importanti collezioni private del mondo.
Si stabilisce a Parigi nel 1904, attraversa il periodo blu e rosa, dalle tonalità dei colori dominanti e dipinge con nobile trasporto quadri di poveri e di saltimbanchi con una linea castigata ed espressiva. E’ poi affascinato dall’arte primitiva africana, che lo indurrà alla totale scomposizione delle forme e ad un proficuo sodalizio con Braque, fondatore con Pablo del cubismo.
La fratricida guerra civile spagnola lo avvicinerà alle problematiche sociali e politiche, alle quali dedicherà il grande dipinto Guernica, la sua opera più celebre, un disperato grido di protesta e di dolore contro l’orrore dei bombardamenti, reso in una icastica, tragica grafia.
Dal dopoguerra la sua produzione viene riconosciuta come la voce più alta dell’Arte e Picasso diviene l’alfiere incontrastato di tutte le avanguardie pittoriche, dettando legge, attivo fino alla morte avvenuta nel 1973.
Les Demoiselles d’Avignon, realizzato nel 1907 e conservato al Metropolitan museum di New York, è il suo capolavoro, svolta decisiva nell’arte occidentale del ventesimo secolo e spartiacque tra antico e moderno, in grado di turbare lo spettatore ieri come oggi.
Inizialmente il dipinto doveva raffigurare l’ingresso di un marinaio in un bordello con in mano un teschio, una sorta di memento mori sul rischio del contagio venereo, poi Picasso escluse le figure maschili e diede violenza alle tinte, stravolse la prospettiva e diede luogo alla scomposizione delle forme, dando così inizio ad una nuova visione della realtà e trasformando la tela in un vero e proprio incunabolo del cubismo.
I seni delle Demoiselles d’Avignon sono i primi seni cubisti della storia dell’arte, dalle forme eccentriche e sfuggenti, impalpabili ed evanescenti, ma sempre pregni di un fascino ed un’attrattiva irresistibile. Le fanciulle li espongono con grazia, sollevando le braccia ed anche la figura sulla destra, uno spaventoso ghigno di una raccapricciante e terrifica maschera africana, invoca attenzione sul suo pettorale concavo e convesso in egual misura. Abitano uno spazio scandito vigorosamente che si espande oltre le singole figure e produce nell’incauto osservatore gli abissi di una libidinosa vertigine.
Già da qualche mese Picasso, oltre a frequenti visite al Trocadero, ove si affastellavano feticci, maschere rituali ed apparati funerei in panoplie imponenti, cercava sul mercato fotografie e cartoline di popolazioni primitive, lontane nello spazio e nel tempo, per poter dar sfogo liberamente alla sua vocazione caricaturale. L’occasione gli fu fornita da una serie di scatti di donne d’etnia Malikè e Bobo, eseguite da un celebre fotografo di stanza a Dakar. Egli realizzò allora Due nudi, conservato al Museum of modern Art di New York, nel quale, contrapposte frontalmente, due indigene sembrano voler gareggiare sul primato di bellezza dei propri seni: compatti ed a punta di freccia quelli della donna a sinistra, spaziosi ed invitanti quelli a destra, mentre i capezzoli, come ideali respingenti, sembrano pronti a partecipare alla bellicosa competizione.
L’artista nell’affrontare la composizione disaggrega l’immagine e la ricompone, interpretando cromaticamente il bianco e nero della fotografia.
In seguito Picasso lascerà del tutto il figurativo e produrrà personaggi completamente disarticolati, come nel Figure sulla spiaggia, realizzato nel 1937 e conservato a Venezia nella collezione di Puggy Guggenheim. Egli riprende il motivo di costruire protagonisti come elementi plastici alla stregua di una scultura, una tematica già elaborata tra il 1929 ed il ’30. La narrazione procede ora con una punta di magica ironia e con una strutturazione plastica elementare quanto essenziale, oltre ad una spoglia dinamicità.
I seni in mostra sono di varie forme e danno la palpabile sensazione della consistenza materica. Sono a pera, a mela, ma anche a melone. Sono indifferenti alla realtà che li circonda come allo sguardo meravigliato del lontano osservatore. Sono un archetipo deformato e folle della femminile bellezza e conservano intatto il fascino e la prepotente seduzione del più eccitante attributo del sesso debole...
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