16/9/2009
L’altro giorno mi sono recato alla Galleria Corsini (fig. 1) con il desiderio di poter ammirare uno dei capolavori del Ribera: Venere ed Adone (fig. 2), oltre naturalmente ad altre 300 opere di tanti importanti pittori italiani e stranieri, che fanno del museo romano un vero scrigno prezioso per gli amanti dell’arte e per i forestieri.
Con il timore di indicare solo i nomi più importanti ricordiamo il Beato Angelico (fig. 3), Fra’ Bartolomeo, Jacopo Bassano, Caravaggio (fig. 3), Annibale Carracci, Reni, Guercino, Preti, Andrea del Sarto, Salvator Rosa, Giordano, Piazzetta, Maratta e tra gli stranieri Rubens, Van Dyck, Murillo, Poussin, Dughet, senza considerare la camera da letto della regina Cristina di Svezia con splendidi affreschi del XVI secolo (fig.5)
Giunto alla biglietteria vengo a sapere che da oltre un’ora per un guasto è venuta a mancare la corrente e non si può stampare il tagliando; attendo per molto tempo, sono l’unico visitatore, fino a quando decido di entrare egualmente, lasciando i soldi dell’ingresso per stampare in seguito il biglietto e sperando, con l’apertura delle finestre, tutte rigorosamente chiuse, di poter lo stesso ammirare tante meraviglie.
Vengo allora avvertito che su otto sale solo metà sono visibili e che tale limitazione non è una novità, ma persiste da tempo immemorabile.
Mi contento di vedere ciò che è visibile ed incontro difficoltà per l’assenza di targhette con la didascalia dei dipinti, i quali, come in molte altre gallerie romane, antiche residenze nobiliari, hanno conservato una disposizione sulle pareti a più livelli, per cui, anche per un occhio esperto, riconoscere i quadri posti in alto è estremamente difficile.
Decido allora di acquistare il catalogo per un aiuto nella lettura delle opere, ma la pubblicazione, uscita nel 2000, riporta una collocazione completamente diversa da quella attuale.
Scoraggiato, mi limito ad una visita frettolosa, senza poter approfondire ciò che è esposto nel completo anonimato.
La situazione della Galleria Corsini non è eccezionale, ho trovato una identica chiusura generalizzata, pochi mesi fa sia nella Galleria Barberini che nel Palazzo Ducale di Venezia, senza parlare di Brera o del museo di San Martino. Uno sfascio che grida vendetta per il modo maldestro con il quale viene amministrato un patrimonio unico al mondo, che dovrebbe essere fonte di ricchezza per il richiamo irresistibile esercitato sugli appassionati di arte italiani e soprattutto stranieri, mentre rappresenta una fonte di vergognoso imbarazzo.
La mancanza di fondi dovuta alla crisi economica, che ha investito ogni settore, non può essere una scusante, perché mettere dei cartellini sotto i dipinti o aggiornare le guide, ha un costo irrisorio e se lo Stato non è più in grado di garantire il minimo non resta che abdicare e dare un’opportunità ai privati di investire in un settore fondamentale per l’andamento del nostro turismo.
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