15/2/2010
Il nuovo crollo delle borse europee è stato causato dall’enorme crescita del disavanzo pubblico di numerosi Stati, alcuni dei quali come Grecia, Portogallo e Spagna ad un passo dalla bancarotta.
La colpa è stata unanimemente attribuita al mercato, lasciato ancora a briglia sciolta dal potere politico, permettendo agli speculatori, di usufruire del denaro offerto a costo zero negli Stati Uniti e di pompare generosamente liquidità dall’America verso l’Europa, dove i tassi di interesse erano leggermente più alti, creando così una bolla speculativa, che ha fatto impennare l’euro nei riguardi del dollaro. Ora, spaventati dalla fragilità finanziaria di una parte consistente di Eurolandia, i guru delle borse muovono di nuovo all’incontrario i capitali attraverso l’oceano.
In Europa la crisi deriva non solo da queste tempeste finanziarie, oramai ingovernabili in un mondo globalizzato privo di una guida autorevole, ma soprattutto da una spesa pubblica fuori controllo per mantenere un apparato burocratico elefantiaco e per proteggere, al di la di ogni logica, alcune categorie protette.
Un eccesso di statalismo, una grave malattia ereditata dal collettivismo e dal dirigismo, che ha contagiato gran parte dei governi del vecchio continente.
Senza un radicale programma di ristrutturazione della macchina statale, senza un cospicuo ridimensionamento di un utopico welfare non vi sarà altra via che inasprire il prelievo fiscale, inducendo un’ulteriore contrazione dei consumi ed un collasso del sistema produttivo.
Un circolo vizioso diabolico avviato verso una Caporetto economica di dimensioni inimmaginabili, che provocherà la bancarotta degli Stati meno virtuosi ed un’inflazione galoppante, tale da mettere in ginocchio la moneta unica, facendo tramontare il sogno di un’Europa unita, che ha blaterato per anni il rigore ed un equilibrio tra spese, entrate ed inflazione.
In questo marasma economico, ogni Stato tenta di cercare una soluzione al fuori di ogni accordo, ma i governi sono impotenti, perché castrati da antichi malanni ereditati dal Novecento totalitario ed appesantiti da apparati amministrativi dai costi stellari, un’anomalia incompatibile con un mercato più che libero senza regole, norme che dovrebbe imporre la politica, ma essa non ha l’autorità, né la volontà di dettarle.
Achille della Ragione e Marina della Ragione
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