venerdì 24 febbraio 2023

L'Ottocento napoletano negato alla fruizione


La pittura del Seicento napoletano costituisce il Secolo d'oro, ma quella dell'Ottocento rappresenta senza dubbio quello d'argento, con pittori celebri come Pitloo, Morelli, Fergola, Toma, Smargiassi, la dinastia dei Palizzi e dei Gigante ed infiniti altri nomi, con centinaia di dipinti che giacciono da decenni nei depositi dei musei di Capodimonte, San Martino ed all'Accademia di Belle Arti senza poter essere ammirati da napoletani e turisti. Uno scandalo che grida vendetta e costituisce una ulteriore vergogna per le istituzioni.
Napoli non ha un assessore alla cultura, per cui il sindaco in persona dovrebbe attivarsi per far cessare questa situazione. Manca il personale, ma soprattutto manca la volontà di valorizzare il nostro passato glorioso, mentre tutti noi siamo costretti a vivere in un presente avvilente.

Achille della Ragione 

 

   

 Il Mattino pag. 34 
  9 marzo 2023

 

La Repubblica N,
 pag.14 - 2 marzo 2023


 Il Fatto quotidiano - pag.21
25 febbraio 2023

 

domenica 19 febbraio 2023

Abolire il numero chiuso a Medicina

 




Già ora mancano migliaia di medici e siamo costretti ad importarli dal terzo mondo, possibile che il governo non capisca che bisogna subito abolire il numero chiuso alla facoltà di Medicina?

Le famiglie benestanti hanno da tempo capito come aggirare il blocco: iscrivendo i figli in Romania o in Bulgaria, ma a parte il sacrificio economico, che non tutti possono permettersi, il livello degli studi è molto basso.

La sanità è già allo sfascio, soprattutto nei pronto soccorso ed in centinaia di paesi dove manca la figura del medico condotto, è necessario che il governo capisca l'urgenza di un provvedimento che permetta a tutti di iscriversi a Medicina!

Achille della Ragione 

 

 

Il Mattino, pag.38
 23 febbraio 2023

 

 


martedì 7 febbraio 2023

Fiction e Istituti di Pena

Da anni in Un posto al sole si vedono scene in cui le celle di Poggioreale sembrano eleganti suite, mentre le sale per i colloqui richiamano a viva voce la hall di un grande albergo, a differenza della cruda realtà che è completamente diversa.
Ma il colmo dello stravolgimento della verità si è raggiunto con la trasmissione settimanale Mare fuori, giunta al terzo anno di programmazione, che dovrebbe essere ambientata nel carcere minorile di Nisida, viceversa le scena sono tutte girate nel molo San Vincenzo del porto di Napoli, ma la sciocchezza più eclatante è far credere che i detenuti, maschi e femmine possano vedersi liberamente ogni giorno, civettare, simpatizzare ed al limite abbandonarsi a pratiche bibliche.
Una stupidaggine fuori misura che invoglia i ragazzi a compiere qualche reato per trascorrere un periodo di piacevole vacanza. 
 
Achille della Ragione

 

La Repubblica - pag.23

7 febbraio 2023



Il fatto quotidiano
6 febbraio 2023

 Venerdì di Repubblica - pag.13
28 aprile 2023

Il Mattino - pag.42
24 giugno 2023


 

giovedì 2 febbraio 2023

Un San Bartolomeo di Francesco Fracanzano


fig.1 - Francesco Fracanzano -
 San Bartolomeo - 97x72 -
 Roma mercato antiquariale


Il San Bartolomeo (fig.1) conservato in una elegante cornice coeva, di cui ci occuperemo in questo nostro breve saggio, presente sul mercato antiquariale Roma, fa parte della maggiore produzione di Francesco Fracanzano: la rappresentazione di mezze figure di santi e filosofi, investigati con crudo realismo, una moda nata nella bottega del Ribera a Napoli ed affermatasi poi anche in provincia grazie ai suoi discepoli, tra i quali, si annovera anche il grande Luca Giordano, che più volte ritornerà sul tema nel corso della sua lunga carriera, dilatando oltre misura la sua fase riberesca , identificata erroneamente dalla critica con un periodo unicamente giovanile. Tra i più convinti seguaci del valenzano si distingue Francesco Fracanzano, il quale nel 1622, dalla natia Monopoli, si trasferisce con la famiglia nella capitale, entrando giovanissimo nell’ambiente artistico partenopeo, grazie anche al matrimonio, celebrato nel 1632, con la sorella di Salvator Rosa. Lavorando con il Ribera ne recepì la stessa predilezione per la corposità della materia pittorica e ripropose spesso i soggetti più richiesti dalla committenza. Nel volto del santo trasuda una massa pittorica levigata, più morbidamente plasmata e vibrante di vita. Qualche indulgenza ad un gusto manieristico più abboccato, un certo compiacimento formalistico, un senso morale più allentato ed una cura del dettaglio che si evince da alcuni particolari . Il San Bartolomeo è impregnato anche da un potente naturalismo nella descrizione dei tratti somatici, indagati con severità nei solchi delle rughe, in linea con la lezione del Ribera, anche se il volto, intenso e vigoroso, comincia a rivelare i nuovi valori cromatici, sconosciuti nella produzione giovanile del pittore, per cui la collocazione cronologica dell’opera va posta nel corso del V decennio del secolo, quando il rigore naturalistico comincia a cedere alle lusinghe di una tavolozza tenera e raffinata. Il De Dominici accenna all’attività del Fracanzano nella bottega del Ribera: ”il maestro molto lo adoperava nelle molte richieste di sue pitture... mezze figure di santi e di filosofi”. Nessuno di questi quadri, attribuibili con un buon margine di certezza alla sua mano, è firmato o datato, probabilmente perché spesso dovevano passare per autografi del maestro e ad avvalorare questa ipotesi ci soccorrono di nuovo le parole del biografo ”il Maestro molto lo adoperava nelle molte richieste di sue pitture e massimamente per quelle che dovevano essere mandate altrove, ed in paesi stranieri... egli è così simile all’opera del Ribera che bisogna sia molto pratico di lor maniera chi vuol conoscerlo... nell’esprimere la languidezza delle membra, nella decrepità dei suo vecchi”. Forniamo ora dei cenni della biografia del pittore, invitando chi volesse approfondire l’argomento e visionare circa 150 foto a colori dell’artista a consultare la mia monografia “Francesco Fracanzano opera completa”, digitando il link
Figlio del pittore Alessandro e fratello di Cesare, Francesco, nel 1622, si trasferisce a Napoli per entrare nella bottega del Ribera. Fu successivamente maestro di Salvator Rosa, quest'ultimo fratello di Giovanna, nonché sua moglie. Per un certo periodo le sue attività sono state condivise con il cognato Salvator Rosa e con Aniello Falcone, specializzato in scene di battaglia.
Di stampo caravaggista, la sua pittura fu inizialmente accostata alla scuola dello Spagnoletto e più in particolare a quella del Maestro dell e'Annuncio ai pastori. Col tempo poi, la sua arte si è allontanata dall'influenza tenebrista per assumere stili più luminosi e chiari. I capolavori del Fracanzano sono riconosciuti su tutti nelle due tele con Storie della vita di San Gregorio Armeno del 1635 nella chiesa di San Gregorio Armeno a Napoli. Il figlio, Michelangelo, fu anch'egli pittore; tuttavia non riuscì mai ad eguagliare il successo del padre.

Achille della Ragione


mercoledì 1 febbraio 2023

Un San Francesco che adora il Crocifisso di Zurbaran

 

fig.1 - Francisco Zurbaran -
San Francesco adora il Crocifisso - 87x70 - 
 Napoli collezione privata

Recarsi per visionare una importante collezione privata, ricca di dipinti del Seicento, Settecento ed Ottocento napoletano e trovarsi davanti ad un capolavoro di Zurbaran, raffigurante San Francesco che adora il Crocifisso (fig.1) provoca una notevole emozione.
Il quadro raffigura un'iconografia più volte trattata dall'autore, ma nel dipinto che presentiamo ai nostri lettori dal volto del santo emana in egual misura gioia e dolore, gli occhi tendono a chiudersi, mentre le mani stringono vigorosamente al petto il Crocifisso.
Alle spalle una luce intensa sembra illuminare la scena, ma viceversa mette in risalto il nero della veste del santo, che a momenti sta per cadere in estasi.
Francisco de Zurbaran proveniva da una famiglia di contadini di Fuente de Cantos, una cittadina nei pressi di Badajòz, nell'Estremadura, e quando, dodicenne, rivelò la propria attitudine per l'arte, fu mandato a Siviglia, presso Juan de Roelas, dove ben presto fece straordinari progressi. A sedici anni egli si era già assicurato una certa fama locale e gli fu facile ottenere un posto di apprendista presso Pedro Diaz de Villanueva, un pittore che forniva cartoni per ricami. In due anni acquistò notevole padronanza tecnica e in quel tempo fece il suo incontro con Velazquez, pur egli allora praticante a Siviglia; come lui si diede allo studio della pittura del Caravaggio e di quella di Josè de Ribera, ricavandone influenze che perdurarono poi sempre nella sua pittura, come nel contrasto di zone di luce e d'ombra che gli permisero di definire pittoricamente il senso del volume. Dai due artisti citati e da Juan Martinez Montanés egli dedusse anche quel gusto per la realtà che ne contraddistingue la prima fase e che si esprime, ad esempio, attraverso il volto degli Apostoli, dipinti verso il 1623: rozzi lineamenti contadineschi, che ci mostrano uno Zurbaran ancor lontano da ogni idealità. Intanto, sin dal 1617, dopo aver compiuto viaggi a Valencia e a Valladolid, egli era ritornato per qualche anno a Llerena, nella sua Estremadura, dove sposò una Beatrice de Morales. Ogni tanto compiva qualche viaggio a Siviglia, per motivi di lavoro, sinchè non gli giunse dalla città una delegazione del Consiglio municipale che lo invitava a ritornarvi definitivamente; il che l'artista fece nel 1628, sanzionando poi il trasferimento con una serie di contratti. Ha così inizio il periodo più tipico e fecondo dell'attività pittorica dello Zurbaran: senza rinnegare del tutto l'iniziale realismo, L'apoteosi di S. Tommaso d'Aquino del 1631, ad esempio, benché di dimensioni più grandi del vero, è in effetti il ritratto dell'elemosiniere della chiesa per cui fu dipinto il quadro e le Sante che egli effigia sovente riproducono i tratti di giovani sivigliane - egli tese tuttavia ad una maggior sintesi compositiva, conferendo pose solenni e naturali alle poche figure che inseriva nelle sue opere. Ne scaturì un'austera gravità densa di misticismo ed un raro senso di sincerità per cui sembrava che il pittore si preoccupasse più di rappresentare quel che vedeva che non dei modi di tradurlo in forma. Nel 1628 una commissione venutagli dal convento de La Merced, di Siviglia, per una serie di quadri sull'allora appena canonizzato S. Pietro Nolasco, gli fornì l'occasione che da tempo attendeva ed egli poté divenire così il pittore della vita monastica, mistica ed ascetica e lui stesso, in quell'occasione, si fece terziario francescano.
Nominato nel 1629 pittore della città di Siviglia dal Consiglio Municipale, subì le proteste di Alonso Cano e di altri artisti rivali. Ma cinque anni dopo fu invitato a Madrid da re Filippo IV per eseguire una serie di dipinti destinati al «Buen Retiro», una nuova dimora reale e fu quindi eletto pittore di corte. Morta nel 1639 la sua seconda moglie, Zurbaran tornò a sposarsi ma non ritrovò più quell'equilibrio che gli aveva permesso di realizzare i suoi capolavori per le Congregazioni religiose di Siviglia, di Jerez e di Guadalupe. Per venticinque anni ancora egli visse ed operò tra Siviglia e Madrid, ma forse anche per effetto del grande successo sivigliano di Murillo e per il vano tentativo di gareggiare con lui e magari di superarlo negli effetti patetici, l'arte dello Zurbaran fatalmente declinò.

Achille della Ragione