sabato 31 marzo 2012

Il coraggio di aver paura


Oggi 30 marzo nell’area verde del penitenziario di Rebibbia si svolgerà una grandiosa Via Crucis, con la partecipazione anche dei familiari dei detenuti, ad alcuni dei quali è stato assegnato il compito di commentare alcune delle stazioni.
Io dopo un attento studio ho ritenuto disottolineare il sentimento della paura, l’iniquità della giustizia, la stessa partecipazione alla sofferenza.
Tra molte delle stazioni della Via Crucis e la condizione del carcerato ho trovato molte sorprendenti similitudini.
A partire dalla prima stazione, nella quale Gesù viene sottoposto ad un giudice e condannato a morte. Il giudice del mondo, che un giorno ritornerà a giudicare l’umanità, sta lì, annientato, disonorato e inerme davanti ad un giudice terreno. Innocente lui, innocenti tanti di noi che ci siamo visti condannati da una giustizia spesso fallace.
Nella decima stazione Gesù viene spogliato delle sue vesti, una forma di emarginazione e di disprezzo, un’amarezza e la vergogna di rimanere nudo davanti a tutti.
La stessa umiliazione che viene inflitta al detenuto al suo ingresso nel penitenziario, costretto a spogliarsi come un verme ed esplorato senza pietà nei più intimi orifizi.
Ma il sentimento che più accomuna la figura di Gesù a quella del detenuto è senza dubbio la paura, che sottende a tutte le 14 stazioni e che compare già nell’orto del Getsemani, quando egli si vede abbandonato e tradito da tutti con momenti culminanti nella 11 stazione, quando Nostro Signore viene inchiodato sulla croce e nella 12, quando dopo aver invocato disperato: “Padre mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” muore, mentre si fa buio su tutta la terra.
La vita del detenuto è una continua paura, spesso si piange disperati, ma non vi è da vergognarsi, abbiamo paura come ha avuto paura Gesù e questo deve confortarci.

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