venerdì 24 dicembre 2021

Scipione Compagno finalmente ritrova il "compagno"

 

fig.1 - Scipione Compagno -
Entrata di Cristo in Gerusalemme - 64x103 - firmato Compagno e datato 164 -
Napoli, collezione della Ragione


Da anni uno dei più bei quadri di Scipione Compagno raffigurante l'Entrata di Gesù a Gerusalemme (fig.1) costituiva una delle punte di diamante della celebre collezione del noto professionista Achille della Ragione e nel 1998 aveva avuto l'onore di comparire in copertina (fig.2) di un importante libro sulle più importanti raccolte napoletane, ma l'altro giorno ha raggiunto il colmo della gioia quando ha potuto ritrovare il suo pendant (103 - 66), rappresentante Il Trasporto dell'arca dell'alleanza contenente le tavole della legge (fig.3), che, aggiudicato in una accanita asta internazionale, da oggi gli fa compagnia e possono guardarsi a vicenda.
In entrambe le tele è singolare l'identica maniera di costruire la folla dei personaggi, le cui teste, tutte alla stessa altezza, sembrano costituire una linea infinita: ciò crea un significativo carattere distintivo nei confronti di altri lavori del Compagno, nei quali le figure sono disposte nello spazio in maniera confusionaria senza alcun criterio prestabilito.
Entrambi i dipinti furono senza dubbio oggetto di una committenza privata. Erano infatti molto richiesti dai collezionisti episodi evangelici o biblici, che fornivano uno spunto per la creazione di un paesaggio, specialità in cui Scipione era molto abile, ispirato a visioni nordiche, che si rifacevano all'opera di Elsheimer.
Le figurine sono slanciate ed eleganti, con una varietà di atteggiamenti e con una spiccata gestualità che tradiscono una serie di emozioni. Tangibili sono le influenze reciproche con i lavori di Micco Spadaro che, negli stessi anni raggiunse una maggiore notorietà.
Questo nuovo dipinto, inedito, accresce il già ampio catalogo dell'artista che negli ultimi tempi è stato inquadrato, dopo  le classificazioni del Longhi e del Salerno, in maniera moderna dalla Nappi, che ha distinto la sua personalità da Cornelio Brusco.

 

fig.2 - Copertina del libro

 
Diamo ora qualche notizia sulla biografia dell'artista rinviando chi vuole approfondire l'argomento a consultare un mio saggio  digitandone in rete il titolo: " Scipione Compagno un elegante petit maitre" e potrete godere di decine di foto a colori.
Scipione Compagno nasce secondo lo Zani nel 1624 e muore dopo il 1680, è documentato tra il 1638 ed il 1664. Il De Dominici lo cita come pittore di paesaggi e di marine, una veste nella quale ci è ancora sconosciuto. Egli è influenzato dai modi del Corenzio e di Filippo D’Angeli e mostra inoltre il marchio delle architetture fantastiche del De Nomè, oltre a risentire dell’impronta del Brill e di pittori olandesi come Breenbergh e Polenburgh. Il Causa, dal carattere arcaico delle sue scenografie, aveva ipotizzato che egli appartenesse alla generazione precedente a Micco Spadaro, ma i documenti ed i dati anagrafici scoperti di recente hanno dimostrato che trattasi di pittori coevi.
Ignazio Compagno lavorava nella bottega del fratello Scipione ed era specializzato nelle repliche di soggetti richiesti dalla committenza e, secondo il De Dominici, era particolarmente versato nell’esecuzione delle figure grandi.
Il Salerno ha ipotizzato una sua partecipazione nei quadri del fratello, perché nel catalogo di questi sono presenti quadri di impostazione ed esecuzione diversa, che, se non dipendono da un’evoluzione stilistica dell’artista, possono presupporre l’intervento di un collaboratore.
Anche per il Compagno la massa anonima diventa la protagonista dei suoi quadri nei quali è abile a collocare gran popolo in poco spazio e ad immergere gli avvenimenti in un’atmosfera fantastica e surreale.
Fino agli anni Settanta gli erano riconosciute poche opere, poi il Salerno ritenne di aggiungere al suo corpus tutto il gruppo di dipinti che il Longhi, riconoscendone la stessa mano, aveva attribuito a Filippo Napoletano, di cui allora poco si conosceva. Il folto gruppo di tele fu raccolto intorno ad un grande dipinto firmato e datato”Compagno 1658”.
Nel suo catalogo così ampliato, con l’aggiunta di varie tele firmate, si possono distinguere chiaramente due tendenze, che come abbiamo detto in precedenza hanno fatto ipotizzare la mano di due diversi pittori, una caratterizzata dai colori chiari e dall’esecuzione più accurata, l’altra da un fare sciolto e compendiarlo, con impasti cromatici più sostanziosi e con una tavolozza di colori più scuri, dominata dai toni bruni e terrosi.
Di recente qualche sua tela è stata trasferita nel corpus di Cornelio Brusco, un artista risorto da un oblio secolare grazie alle ricerche della Nappi.
Pochi i documenti di pagamento, pubblicati dal D’Addosio e riferiti al 1641, rare le citazioni inventariali.
Le sue opere di maggior successo furono più volte replicate, spesso su rame ed alcune sono molto suggestive come l’Eruzione del Vesuvio del 1631 del Kunsthistoriches di Vienna, firmata, nella quale oltre all’interesse documentario per un luogo famoso della città di Napoli oggi scomparso, molto ben rappresentata è la folla formicolante in preda al panico, espressa con una vivacità di tocco rara a vedersi negli altri specialisti del genere, come possiamo osservare anche in una replica su tela con numerose varianti, di maggiori dimensioni, conservata nella collezione Costantini a Roma, imperniata sulla famosa processione con in testa San Gennaro per intercedere sulla fine dell’eruzione del 1631 ed eseguita con una pennellata sciolta e sommaria e colori più cupi, al punto che qualche studioso ha ipotizzato il pennello del fratello Ignazio.
La sua produzione anche se inferiore qualitativamente e quantitativamente a quella del Gargiulo, a cui può essere paragonato, esercitò ad ogni modo un influsso su altri pittori tra cui Nicola Viso ed il tedesco Franz Joachim Beich, presente a Napoli all’inizio del Settecento.

 

fig.3 - Scipione Compagno -
Il trasporto dell'arca dell'allenza contenente le tavole della legge - 66 x103 -
Napoli, collezione della Ragione


martedì 21 dicembre 2021

Villa Bisignano, la procura apre un fascicolo su occupazioni abusive e affreschi di Aniello Falcone.

 

Il Mattino 21 dicembre 2021

Lo scorso novembre ho scritto degli affreschi di Aniello Falcone di villa Bisignano storica dimora un tempo appartenuta ai Roomer, famiglia di ricchi banchieri fiamminghi.
https://achillecontedilavian.blogspot.com/2021/11/salviamo-villa-bisignano-e-gli.html
Questa villa, decorata con affreschi di Aniello Falcone, è di propietà del comune di Napoli versa in cattive condizioni ed è da tempo occupata da inquilini abusivi. 

Pare che questa triste vicenda abbia suscitato l'interesse della Procura di Napoli, guidata da Gianni Melillo e del pool coordinato dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli che si occupa del contrasto dei reati che offendono i nostri beni culturali. Attendiamo sviluppi!


Uno degli affreschi di Aniello Falcone
che si trovano all'interno di Villa Bisignano a Barra

 Il Mattino 21 dicembre 2021

Qualche tapparella aperta, un portone rigorosamente chiuso. «É così da tempo, inutile che state ad spettare, tanto non vi aprono…», dice un passante incuriosito per il via vai di fotografi. Corso Sirena, Barra, Miglio d’oro. Nessuno si affaccia da Villa Bisignano, imponente nella sua facciata esterna, decrepita all’interno.
«Cade a pezzi – dicono i passanti - ma è inutile provare ad entrare, è così da almeno venticinque anni. Fine Novecento, qualcuno lo ricorda ancora: arrivarono dei fondi – parliamo di finanziamenti europei – ma non è chiaro come vennero utilizzati».
Da allora, chiusura completa della struttura, con continue incursioni da parte degli abusivi che occupano in modo saltuario, alcune stanze della villa creata dal banchiere fiammingo del Cinquecento Gaspare Roomer. Abusi, finanziamenti fantasma, degrado di opere di indiscutibile valore storico: sono questi i punti su cui la Procura di Napoli potrebbe svolgere degli accertamenti a stretto giro.  É una svolta possibile, dopo decenni di stasi, alla luce dell’esigenza degli inquirenti di verificare quanto pubblicato sabato mattina da questo giornale. Un caso che riconduce l’attenzione alla mancanza di tutela di pezzi del patrimonio pubblico e, nel caso di specie, al rischio, che opere di valore inestimabile possano venire deturpate in modo irrimediabile. Parliamo degli affreschi di Aniello Falcone, pittore che operò nel seicento all’interno di Villa Bisignano, su commissione dei discendenti del banchiere fiammingo, che aveva stabilito in questa residenza la sede dei suoi affari e delle sue fortune. 

Come è noto, a sollevare il caso delle opere di Falcone è stato il medico Achille della Ragione, che – tramite il suo blog – ha lanciato l’allarme sulla storia degli affreschi firmati da Aniello Falcone. Scene della vita di Mosè rimaste da decenni nel chiuso di una villa non accessibile, in gran parte in possesso del Comune di Napoli, solo per alcuni appartamenti gestiti da una famiglia di privati. Uno scenario che ha messo in moto l’intervento delle istituzioni, anche grazie all’interrogazione parlamentare di quattro senatori, che hanno formalmente interessato il ministro Franceschini (alla cultura) e Lamorgese (interno). 

E non è tutto. Sul caso di Villa Bisignano, si muove la procura di Napoli, che ha acquisito gli articoli del Mattino e le interpellanze istituzionali sulla necessità di tutelare la villa del Miglio d’oro e gli affreschi di Falcone. In che condizioni si trovano? Perché non sono fruibili? C’è il rischio di deterioramento di beni che risalgono addirittura a quattro secoli fa?
Come è noto, da quattro anni la Procura guidata da Gianni Melillo ha creato una sezione di lavoro ad hoc che punta ad intervenire nel contrasto dei reati che offendono i nostri beni culturali (un pool coordinato dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli).  Corso Sirena, a pochi passi dal parlamentino locale, dalla sede dell’ufficio tecnico della municipalità di Barra, il vento freddo di abbatte sul portone della villa. Non c’è citofono, c’è solo un allestimento di Natale che augura buone feste a tutti, sono in pochi a credere nel restauro di Villa Bisignano. «Un tempo – spiega al Mattino un commerciante – all’interno di questa dimora ci andavamo a scuola. Ospitava la “Rodinò”, dove si sono, certo che ci sono, anche se nessuno li ricorda. Forse nessuno li ha visti. Bisognerebbe metterli al servizio del rione, per il rilancio di questo pezzo di periferia abbandonata».
Inchiesta al via, si lavora anche su possibili occupazioni abusive. Un caso seguito dal prefetto Claudio Palomba, in una mappa di assalti al patrimonio pubblico che ora investe anche un pezzo di miglio d’oro.

Leandro Del Gaudio

 

corso Sirena 67 - Napoli quartiere Barra

 


 

sabato 18 dicembre 2021

Villa Roomer a Barra

Il Mattino, 18 dicembre 2021 - prima pagina e pag.32


Lo scorso novembre vi parali degli affreschi di Aniello Falcone presenti in villa Bisignano storica dimora un tempo appartenuta ai Roomer, famiglia di ricchi banchieri fiamminghi.
https://achillecontedilavian.blogspot.com/2021/11/salviamo-villa-bisignano-e-gli.html
 

La villa è da tempo occupata da inquilini abusivi; la storia ha sucitato l'interesse della senatrice Margherita Corrado che si è attivata interrogando il ministro Franceschini
https://achillecontedilavian.blogspot.com/2021/12/interrogazione-sugli-affreschi-di.html


Il Mattino, con un pezzo di Alessandro Bottone, si era interessato al caso
https://achillecontedilavian.blogspot.com/2021/12/aniello-falcone-affreschi-dimenticati.html


Oggi siamo addirittura in prima pagina!
Gerardo Ausiello e Leonardo Del Gaudio sulle pagine del quotidiano scrivono: 

«Cosa accade a Barra? Cosa fa gridare allo scandalo? Partiamo dalla denuncia del medico e blogger Achille della Ragione, che ha messo in moto verifiche da parte di quattro senatori (i grillini Corrado, Angrisani e Granato e Lanutti per il gruppo misto). In sintesi, a muovere le interrogazioni parlamentari il rischio che occupazioni abusive tuttora in corso possano deturpare gli affreschi di Aniello Falcone, otre a devastare saloni e arredi che meriterebbero di finire al centro di una esposizione museale».

 

Abusivi nella villa del '500, ​affreschi di Aniello Falcone a rischio. Intervengono i ministri Franceschini e Lamorgese

Un caso che ha sollevato l’attenzione di due ministri (Beni culturali e Interno), che è al centro della strategia da mettere in campo nei prossimi mesi, a proposito di occupazioni abusive del nostro patrimonio immobiliare. Non parliamo di scantinati, né di semplici abitazioni che vengono vendute sottobanco dalla camorra. No questa volta parliamo dell’assalto a ex uffici demaniali (come avvenuto in questi anni a Pizzofalcone), ma qualcosa che riguarda edifici monumentali, opere del nostro patrimonio artistico, quadri e affreschi inestimabili. Parliamo di Villa Roomer (poi chiamata Villa Bisignano), siamo al civico 67 di corso Sirena a Barra – una delle perle del Miglio d’oro. Una villa vesuviana, nel Cinquecento appartenuta al ricco banchiere fiammingo Gaspare Roomer, impreziosita da affreschi del pittore napoletano Aniello Falcone (1607-1667), che oggi finisce al centro di inchieste giornalistiche, interrogazioni parlamentari, tanto da sollevare l’indignazione dei ministri Franceschini (Beni culturali)  e Lamorgese (Interni).
Cosa accade a Barra? Cosa fa gridare allo scandalo? Partiamo dalla denuncia del medico e blogger Achille della Ragione, che ha messo in moto verifiche da parte di quattro senatori (i grillini Corrado, Angrisani e Granato e Lanutti per il gruppo misto). In sintesi, a muovere le interrogazioni parlamentari il rischio che occupazioni abusive tuttora in corso possano deturpare gli affreschi di Aniello Falcone, otre a devastare saloni e arredi che meriterebbero di finire al centro di una esposizione museale.
Affreschi a rischio, opere abbandonate (parliamo, tra l’altro, di scene di vita di Mosè commissionate dal banchiere fiammingo al pittore partenopeo), via vai di soggetti che animano il presente dello splendore vesuviano. Già, perché – secondo quanto emerge da una recente ricognizione, la villa risulta chiusa, serrata, off limits: ma solo da un punto di vista formale, dal momento che sono ancora segnalate alcune occupazioni abusive. Uno scenario che viene ribadito anche nel corso dell’interrogazione presentata dai quattro senatori, che chiedono «quali azioni ispettive e quando la Sovrintendenza abbia posto in essere e quali richieste abbia eventualmente formulato al Comune per concorrere alla corretta gestione del patrimonio storico-artistico rappresentato dalla villa vesuviana e dai beni culturali in essa contenuti».
Fin qui la denuncia, fin qui l’allarme lanciato in una sede istituzionale come il Senato, che – secondo quanto raccolto in questi giorni dal Mattino – non è passato inosservato. Stando infatti al ministro della cultura Dario Franceschini, il caso va affrontato con determinazione, per fare chiarezza su quanto denunciato fino a questo momento; mentre dal Viminale questa nuova storia di occupazioni abusive si impone con prepotenza bell’agenda del ministro Lamorgese.
Le prefetture allertate, le grandi aree metropolitane sono al centro di un’attenzione per tanti – troppi – casi di assalti ai beni pubblici. Ricordate la storia avvenuta a Roma qualche mese fa? Un caso emblematico, drammaticamente simile a quello di tanti altri che si verificano in centro e nelle periferie delle principali conurbazioni cittadine. È la storia di un uomo che viene espropriato della propria abitazione, costretto a rincorrere i propri beni, a sollevare l’allarme e a chiedere l’intervento della forza pubblica. Casi simili anche a Napoli, raccontati in queste settimane dal Mattino.
Ponticell, Pizzofalcone, rione Traiano (ma ne parliamo più diffusamente nella pagina accanto). Scenario di ordinaria arroganza, che ora fa i conti anche con l’allarme lanciato su un pezzo del nostro tesoro artistico e monumentale. È la storia di denuncie inascoltate, di allarmi lasciati cadere nel vuoto, di annunci rimasti a mezz’aria. Fatto sta che agli atti del lavoro parlamentare ci sono alcune inchieste pubblicate da questo quotidiano sulle condizioni di degrado della Villa del Miglio d’oro.
Ora però c’è l’incubo che l’incursione degli abusivi possa creare dalli indelebili. Quanto basta a immaginare un’azione incrociata da parte dei due ministri in campo, facendo leva su Sovrintendenza e Prefetture.. Un’azione che verrà condotta nel rispetto della dignità delle persone che attualmente sono entrate all’interno di Villa Bisignano, ma con la determinazione di chi ha il dovere di salvare un pezzo del nostro patrimonio.
Strano destino quello di Barra, che da sempre viene segnalato come un quartiere a rischio in materia di occupazioni abusive, Ricordate il caso dei Bipiani? L’allarme per la mancanza di una graduatoria aggiornata degli abusivi, l’emergenza sociale che – almeno dagli anni del post terremoto – ha riguardato il diritto alla casa. Poi la storia delle Ville, Il caso della dimora dell’ex banchiere fiammingo non è l’unica nel quartiere che cuce periferia orientale e zona vesuviana.
Un motivo in più per fare qualcosa per liberare un bene tanto illustre dalle occupazioni abusive e costruire un percorso di valorizzazione, capace di restituire a turisti e cittadini la vita di mosè immaginata dal genio seicentesco. 

 Il Mattino, 18 dicembre 2021
Gerardo Ausiello e Leonardo Del Gaudio


affreschi di Aniello Falcone a villa Roomer



Riscopriamo insieme il valore del presepe

  

Il Mattino pag. 46 - 18 dicembre 2021

 

Da tempo è in atto una guerra silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un multiculturalismo abietto e fuori luogo. Va sempre più di moda l’albero di Natale, un’usanza nordica che incontra sempre più adesioni. Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella, l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle grandi foreste. Mettere insieme i due simboli è un modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti. Nel presepe si rappresenta il momento culminante dell’amore di Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti frenetici ed una idolatrica prostrazione al moloch dell’euro. Anche il rito dell’albero, che vuole rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci fornivano riparo dalle intemperie e grandi messe di frutti deliziosi, è stato trasformato in feticcio colmo di doni inutili e costosi. Cerchiamo di comprendere  le ragioni degli altri. Il presepe diventerà il simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.


venerdì 10 dicembre 2021

Il presepe di donna Elvira


Buon Natale


“Te piace ‘o presepe”, “senza dubbio mi piace assai”,  avrebbe risposto Ninno a Lucariello se si fosse trovato al cospetto del presepe di donna Elvira Brunetti in della Ragione, alias mia moglie, vincitore nel 1980 del primo premio a San Gregorio Armeno e quest’anno raddoppiato di dimensioni in onore dei nipotini Leonardo, Matteo ed Elettra.
Da tempo è in atto una guerra silenziosa verso la tradizione millenaria del presepe, in nome di un multiculturalismo abietto e fuori luogo. I grandi magazzini non vendono più i caratteristici pastori, con la scusa di una richiesta diminuita e va sempre più di moda l’albero di Natale, una usanza nordica che incontra sempre più adesioni.
Le due espressioni sono lo specchio di due diverse concezioni religiose: quella monoteista e quella animista. Infatti mentre il Bambinello ci ricorda il messaggio di pace e la buona novella, l’albero ci rammenta il periodo nel quale tutti noi vivevamo nelle grandi foreste.
Mettere insieme i due simboli è un modo corretto per conciliare tradizioni religiose differenti.
Nel presepio si rappresenta il momento culminante dell’amore di Giuseppe e Maria verso il loro fragile figlioletto, destinato in breve tempo a cambiare il mondo ed è triste constatare come, drogati dal consumismo, abbiamo trasformato questo magico momento in un rito di massa, con grandi mangiate e smodate libagioni, acquisti sfrenati ed una idolatrica prostrazione al dio denaro.
Anche il rito dell’albero, che vuole rammentarci il nostro passato nei boschi, quando le piante ci fornivano riparo dalle intemperie e grande messe di frutti deliziosi, è stato trasformato in un  feticcio luccicante colmo di doni inutili e costosi. Senza tener conto della orrida strage di piccoli abeti sacrificati al dio Natale, una gigantesca legnificina che ci fa pensare ad Erode ed alla sua sete di sangue e di morte.
Approfittiamo di questi giorni in cui studio e lavoro presentano una pausa per riunire le famiglie, sempre più spesso separate ed a santificare la festa aiutando il prossimo ed innanzitutto cercando di comprendere le ragioni degli altri.
Il presepe diverrà in tal modo il simbolo dell’amore familiare e della concordia sociale e, nell’armonica disposizione dei pastori, lo struggente ricordo di un mondo felice perduto da riconquistare.
Buon Natale

Achille della Ragione

giovedì 9 dicembre 2021

sabato 4 dicembre 2021

Ultima visita guidata del 2021



Cari amici ed amici degli amici voglio segnalarvi la data dell'ultima visita guidata del 2021, che si svolgerà sabato 11 dicembre con appuntamento alle 10:45 davanti alla chiesa della Pietà dei Turchini, sita in via Medina. Visiteremo prima la mostra di Frida Kahlo sotto la guida della professoressa Elvira Brunetti, alias mia moglie e poscia la chiesa.
Vi consiglio di leggere un articolo sulla pittrice digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2021/11/il-mito-di-frida-kahlo.html

 
Voglio poi ammonirvi che per svariati motivi: l'innalzamento dell'età media dei visitatori, la forzata ripetizione di alcune visite, la necessità di possedere il green pass, ma soprattutto il dilagare dell'ignoranza hanno ridotto drasticamente il numero dei partecipanti agli eventi, per organizzare i quali necessita un notevole impegno da parte mia, le cui condizioni di salute sono precarie, per cui se al prossimo incontro non parteciperanno minimo 30-40 persone, nel 2022 l'attività non riprenderà e si concluderà miseramente dopo 30 anni di storia gloriosa.

Achille della Ragione

Un pittore ed una pittrice ritraggono il mitico Achille

 

fig.1 - Vito Brunetti -
Achille - 40 x25- Napoli 1990

Achille è un personaggio che non ha bisogno di presentazioni; tutti lo conoscono anche se in vesti diverse: le sue 60.000 pazienti lo ricordano come ginecologo di fiducia, l'opinione pubblica più arretrata, ma anche la più emancipata, rammenta le sue lotte a partire dagli anni Settanta per introdurre nella legislazione italiana la libertà di ricorrere all'aborto, i più anziani ricordano la sua partecipazione nel 1972 al Rischiatutto con relativo raddoppio, un pubblico variegato ed appassionato partecipa da circa 30 anni alle sue settimanali visite guidate gratuite a chiese, musei e monumenti della nostra amata città, i maligni sottolineano, pur sapendolo innocente, i suoi lunghi periodi trascorsi come gradito ospite dello Stato, non tutti conoscono la sua attività di scrittore, cominciata nel 1978 e proseguita indefessamente fino ad ora, per un totale di 147 libri, 3000 articoli e 2000 lettere al direttore. Basta consultare in rete il sito opac sbn, che cataloga i volumi presenti nelle biblioteche pubbliche italiane per accorgersi che si tratta dell'autore più prolifico e tutti i suoi lavori sono consultabili gratuitamente in rete digitandone il titolo o meglio ancora andando sul suo blog o sul suo sito ai seguenti indirizzi
www.dellaragione.eu
www.achilledellaragione.it
Bisogna poi ricordare la sua attività nel mondo degli scacchi, dove ha migliaia di amici, ha conseguito il titolo di maestro, ha ricoperto per 10 anni la carica di presidente della lega campana, ha vinto più volte il campionato regionale e soprattutto, in una memorabile simultanea, fui l'unico a sconfiggere l'allora campione del mondo in carica Karpov.
Prima di passare alle immagini vogliamo sottolineare, non tanto le sue 4 tra lauree e specializzazioni pluriennali, quanto l'amore sviscerato che nutre in egual misura  con l'adorata moglie Elvira, che lo sopporta da quasi 50 anni e la sua amata città, per la quale si batte da sempre come un leone.
Terminiamo la nostra breve carrellata accennando ora ai due dipinti che lo ritraggono.
Il primo (fig.1) eseguito nel 1980 dal suo venerando suocero, Vito Brunetti, il quale nella ritrattistica era in grado di abbozzare con poche e rapide pennellate il carattere della persona raffigurata, di cui compie sempre in precedenza una introspezione psicologica. La nota di fondo della sua arte era l’attitudine a cogliere, quasi a sorprendere, i tratti distintivi di un volto; meglio ancora se dal volto esaminato egli riusciva a percepire una traccia anche piccola che faccia da guida alla ricerca del carattere, nella sua analisi minuziosa e spietata.
Per conoscere più a fondo l'autore basta digitare su internet: Vito Brunetti un pittore da rivalutare.
Il secondo ritratto (fig.2) è opera di una pittrice, Jenny Catullo, che da poco ha conosciuto il nostro eroe e ne è rimasta talmente sconvolta da volerne fissare il volto in un quadro, sicura di donargli l'immortalità, tramandando ai posteri il suo sguardo fiero e  virile, in grado di intimorire gli uomini e far girare la testa alle donne. E lei in primis è rimasta sconvolta dal suo fascino magnetico, lo sogna ogni notte e sono sonni lieti e piacevoli, anche se non culminano in posizioni bibliche.
Per conoscere la sua biografia consigliamo di digitare su internet: Jenny Catullo, scacchista modesta, donna piacente, artista eccellente.


Achille della Ragione


fig.2 - Jenny Catullo - 
Achille - 35 x45 - Napoli 2021




venerdì 3 dicembre 2021

Un Ecce Homo di Giacomo Farelli



fig.1 - Giacomo Farelli
- Ecce Homo - Italia, collezione privata

Il dipinto che descriveremo nel nostro articolo, di proprietà di una importante collezione  privata e raffigurante un Ecce Homo (fig.1) non lascia alcun dubbio sull'autore: Giacomo Farelli, perché oltre ai caratteri distintivi dell'artista, presenta sul retro della tela (fig.2) la firma del pittore, nato da padre di Trapani e madre di Sorrento e cresciuto a Napoli, che all’età di quindici anni  entra nello studio di Andrea Vaccaro per emanciparsene presto e incamminarsi verso una carriera di successo. Lo spessore dei riferimenti stilistici e il bagaglio formale fanno di Farelli un artista completo e attrezzato con una cultura figurativa molto articolata, influenzata dal genio di Luca Giordano, ma aggiornata appieno sull’emergere delle tendenze accademizzanti e classiciste emerse nei dibattiti dell’Accademia romana di San Luca.
Di recente il professor Riccardo Lattuada con una sua collaboratrice ha pubblicato un corposo libro sull'artista ed  evento raro nel mondo accademico gli autori, nella prefazione, riconoscono che la prima monografia (fig.3)  sull’artista è stata licenziata alle stampe nel 2011 dal sottoscritto, ha avuto 4 edizioni ed è a disposizione di studiosi ed appassionati ordinandola alla Libro Co, mentre tutti la possono consultare gratuitamente digitando il link
http://www.guidecampania.com/dellaragione/articolo80/articolo.htm
Riportiamo integralmente le parole degli autori:
"Un discorso a parte merita l'opera di divulgazione per così dire selvaggia di Achille della Ragione, il quale nel 2011 ha pubblicato quella che tecnicamente è la prima monografia su Giacomo Farelli, e che si può considerare un assemblaggio, per lo più intelligente, a volte originale, ancor più spesso un po' confuso di materiali anche inediti sul pittore"
E vorrei ricordare la recensione che mi fece nella sua rivista il compianto professor Mario Alberto Pavone: “Il libro inquadra la figura del Farelli nel panorama artistico napoletano della seconda metà del Seicento e ci permette di conoscere ed apprezzare un artista poco noto, attivo per oltre cinquanta anni, non solo nelle principali chiese napoletane, ma anche in Abruzzo ed in Toscana.
Discepolo di Andrea Vaccaro, egli subì il fascino di Guido Reni e del Domenichino, pur rimanendo nell'ambito di una tradizione figurativa di marca napoletana e si orienterà in seguito allo studio dei maestri cinquecenteschi, raggiungendo un espressionismo esasperato, soprattutto nei particolari anatomici, resi con particolare forza attraverso un costante esercizio disegnativo.
Il contatto col Giordano sarà quanto mai fecondo, perché il Farelli dall'illustre collega seppe cogliere gli aspetti innovativi, che trasferì nel suo stile personale.
Vengono pubblicati vari documenti di pagamento, che hanno meglio delineato i termini cronologici della sua attività, permettendo una più precisa ricostruzione degli influssi esercitati sul suo stile dall'ambiente artistico circostante.
Il mercato antiquariale, oggi che sappiamo meglio riconoscere il suo stile, ci ha restituito numerosi quadri destinati al collezionismo privato, che vengono illustrati per la prima volta, incrementando il suo catalogo, che oramai può contare su molte decine di opere certe, a cui si aggiunge da oggi quella da noi pubblicata nel nostro articolo.

Achille della Ragione 

 

fig.2 - Giacomo Farelli -
Ecce Homo (retro) - Italia, collezione privata

 

fig.3 - Giacomo Farelli opera completa
(copertina)

 

 



giovedì 2 dicembre 2021

Aniello Falcone, affreschi dimenticati nella villa vesuviana di Barra

 

 

villa Roomer Barra Napoli


Il Mattino Giovedì 2 Dicembre 2021

di Alessandro Bottone

La città di Napoli celebra Aniello Falcone, uno dei più grandi pittori napoletani della prima metà del Seicento. In pochi, però, sanno che alcuni suoi affreschi impreziosiscono lo storico Palazzo Sanseverino di Bisignano a Barra - quartiere nell'area est di Napoli - una dellecentoventidue ville vesuviane del 'Miglio d'Oro'. A indagare sul destino degli affreschi nel bene comunale di Napoli Est è la senatrice Margherita Corrado che ha promosso una interrogazione parlamentare.
L'onorevole del gruppo misto - insieme ai colleghi Angrisani, Granato e Lannutti - ha scritto al ministro della cultura per avere delucidazioni sullo stato di conversazione degli affreschi realizzati negli anni Quantanta del '600 al piano nobile dell'edificio di corso Sirena 67, da tempo proprietà del Comune di Napoli. Gli spazi con le opere del Falcone, denuncia la senatrice, risultano «occupati abusivamente» con la relativa «impossibilità, opponendosi gli occupanti, di visionare gli affreschi del Falcone». Circostanze registrate dal medico e scrittore Achille della Ragione citato nell'atto della parlamentare della Corrado che fa propria anche le segnalazioni di un cittadino di Barra indirizzate a Ministero, Soprintendenza e sindaco del Comune di Napoli proprio sullo stato di manutenzione delle opere e dei locali. Di qui la richiesta della Corrado al ministro Dario Franceschini di «informazioni certe e puntuali sia circa lo stato dei locali della villa di Barra occupati abusivamente, con particolare riguardo per il salone affrescato, sia sulle condizioni di conservazione delle pitture di Aniello Falcone ivi esistenti».
Inoltre, la senatrice, archeologa di professione, chiede se ci sono state azioni da parte della competente Soprintendenza così da comprendere se è stata promossa una «corretta gestione del patrimonio storico-artistico» e se esiste un progetto per assicurare la conservazione, la fruizione e la valorizzazione delle opere di Aniello Falcone custodite a Barra.
Gli affreschi - che rappresentano alcune scene della vita di Mosè - furono commissionati al Falcone da Gaspare Roomer, banchiere e collezionista che ha avuto in possesso lo storico palazzo di corso Sirena per alcuni decenni durante il '600. Fu proprio Roomer a volere l'ampliamento del palazzo sulle rovine di una villa cinquecentesca andata distrutta per un'eruzione del Vesuvio, come raccontato da Cesare De Seta ne «I casali di Napoli». La villa fu dimora di villeggiatura ma anche sede di una pinacoteca importantissima.
Il Palazzo - caratteristico per il suo rosso porpora - ha una facciata imponente. Contiene numerosi ambienti, il cortile con il porticato, due pozzi e diverse terrazze. Non da meno la torre belvedere e la balaustra in piperno sulla terrazza. Non c'è più traccia, invece, dell'orto botanico, uno dei più importanti del Mezzogiorno, che sorgeva proprio alle spalle del palazzo, oltre l'attuale cortile. In passato l'immobile è stato utilizzato per ospitare una scuola. Da anni alcuni locali al piano terra sono stati fittati a privati. Ad oggi risulta evidente la necessità di interventi di recupero e conservazione.

villa Roomer Barra-Napoli

 

villa Roomer Barra-Napoli

 

 


mercoledì 1 dicembre 2021

Interrogazione sugli affreschi di Aniello Falcone a Barra-Napoli

 

 

Senato della Repubblica italiana
Atto n. 3-02963
Pubblicato il 30 novembre 2021, nella seduta n.383

https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1321208/index.html

CORRADO, ANGRISANI, GRANATO, LANNUTTI - Al Ministro della cultura.

Premesso che:
risulta agli interroganti che a Napoli, nella Villa Roomer poi Bisignano o Palazzo Bisignano Chiaromonte di Sanseverino, sita nel quartiere periferico di Barra (oggi al civico 67 di Corso Sirena), il ricco banchiere e collezionista d'arte fiammingo Gaspare Roomer, mecenate tra i più attivi del pittore Aniello Falcone (1607-1656), commissionò all'artista partenopeo, nel 1647, gli affreschi con scene della vita di Mosè che ornano tuttora le volte, divise in cinque comparti, della "grande galleria" del piano nobile, destinata a biblioteca (si veda "Gli affreschi" su "guidecampania/aniellofalcone");
l'edificio, costruito nel 1500 dai Carafa di Maddaloni e ristrutturato nel secolo successivo, oggi di proprietà comunale e ospitante un plesso scolastico, è censito nell'elenco delle "Ville Vesuviane del XVIII secolo", quelle del celebre "Miglio d'oro", e vincolato con decreto ministeriale del 19 ottobre 1976, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.5 del 7 gennaio 1977;
considerato che a distanza di vent'anni dagli ultimi interventi di restauro, condotti nel 1982 (si veda "Villa Bisignano a Barra Napoli" su "storiacity"), su "Il Mattino" del 29 settembre 2002, una lettera del medico e scrittore Achille Della Ragione denunciava la parziale occupazione abusiva della villa e l'impossibilità, perciò, opponendosi gli occupanti, di visionare gli affreschi del Falcone; nel 2012 nulla era mutato (si veda "Salviamo subito Villa Bisignano" su "achillecontedilavian.blogspot") e tuttora non si registrano novità, a leggere l'ultimo scritto di Della Ragione ("Salviamo Villa Bisignano e gli affreschi di Aniello Falcone" su "achillecontedilavian.blogspot");
valutato che la fortuna critica di Aniello Falcone è costantemente in ascesa, tant'è che il 25 ottobre 2021 ha aperto al pubblico, al Museo Diocesano, la mostra "Aniello Falcone, il Velásquez di Napoli", curata da Pierluigi Leone de Castris (si veda "al Diocesano 'Aniello Falcone il Velásquez di Napoli" su "Ansa"), ma le sue opere napoletane di Villa Roomer continuano ad essere sottratte alla fruizione pubblica,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia in grado di dare informazioni certe e puntuali sia circa lo stato dei locali della villa di Barra occupati abusivamente, con particolare riguardo per il salone affrescato, sia sulle condizioni di conservazione delle pitture di Aniello Falcone ivi esistenti;
quali azioni ispettive, e quando, la Soprintendenza ABAP abbia posto in essere e quali richieste abbia eventualmente formulato al Comune per concorrere alla corretta gestione del patrimonio storico-artistico rappresentato dalle ville vesuviane e dai beni culturali in esse contenuti;
se il Ministro possa riferire quale progetto la proprietà abbia in cantiere per assicurare la conservazione, garantire la fruizione e valorizzare l'opera di Aniello Falcone con la collaborazione del Ministero.


https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1321208/index.html

sabato 27 novembre 2021

Carmelina di Capri, celebre pittrice

fig.1 - Carmelina di Capri
- Funicolare di Capri -
Napoli collezione della Ragione

Prima di raccontare la storia di Carmelina di Capri, celebre pittrice naif, vogliamo mostrare ai nostri lettori uno dei suoi quadri più belli: Una Funicolare (fig.1), che dal 1998 ha l'altissimo onore di far parte della mia collezione e che mi fu regalata  dal dottor Luigi Pellegrini, medico di Cosenza, in cambio del mio aiuto nel compilare il catalogo dei quadri della sua raccolta privata. In un primo tempo il collega voleva ricompensarmi con del vile denaro: 10 milioni, che io rifiutai sdegnosamente, perché all'epoca ero miliardario, per cui lui con quella cifra  acquistò un dipinto della pittrice isolana, all'ora sulla cresta dell'onda con quotazioni altissime e me ne fece dono dopo una cena romantica, con relative consorti, nel ristorante Rosolino.
Prima di passare al racconto della vita di Carmelina, come donna del popolo, ma soprattutto come artista di fama internazionale vi invito dal mio libro: Capri tra arte, bellezza e mondanità a leggerne un interessante capitolo digitando il link
https://achillecontedilavian.blogspot.com/2017/10/capri-una-piccola-isola-dalla-grande.html.
Carmelina di Capri”, nella sua veste di pittrice (fig.2), per più di quarant’anni è stato un nome di fama internazionale. Di lei si parlava a New York, a Los Angeles, a Filadelfia, a Londra, a Stoccolma, a Parigi dove nel 1964, esponeva i suoi quadri nella importante Galleria Benezit e, pur essendo ancora del tutto sconosciuta, venne definita dal grande Anatole Jakovsky “la naive la plus fameuse d’Italie”.
La prima mostra di Carmelina è realizzata a Roma nella primavera del 1959 e già d’allora i consensi per la sua arte sono unanimi e straordinari. Al mondo della pittura, come lei stessa raccontava, si accosta non più giovanissima e per puro caso. Figlia di un pescatore della Marina Grande, Carmelina vive la sua infanzia semplice e serena in seno alla sua numerosa famiglia, in mezzo ai tanti fratelli e sorelle più grandi che la coccolano, ma si adoperano anche per farle imparare un mestiere, mandandola a dieci anni presso una buona sarta dell’isola. Adolescente, viene colpita da una grave forma di meningite, ma ne guarisce. Allorché riprende la sua vita abituale, agli occhi di tutti Carmelina appare un’altra donna, scontrosa, insoddisfatta di quello che ha, di quello che fa, rifiutando persino di tornare dalla sarta e preferendo trascorrere il suo tempo girovagando per le viuzze del paese, senza meta, tutta assorta nei suoi pensieri. Che cos’è accaduto a Carmelina? I familiari, preoccupati, la fanno ricoverare in una casa di cura, ma dopo poco ne viene dimessa perché la sua mente funziona perfettamente.
Ritornata a Capri, riprende le sue passeggiate solitarie e la si vede spesso seduta su una panchina, su di un muretto, sulla balza di una roccia a contemplare con gli occhi stupefatti, e per ore intere, il paesaggio di Capri, i colori dei fiori, il verde dei prati, come se volesse imprimere nei suoi occhi lo spettacolo suggestivo della lussureggiante natura caprese. Quando sposa un giovane di Capri, la gente rimane perplessa: riuscirà Carmelina, con il suo comportamento incantato, a vivere tranquillamente la sua vita di sposa e madre?
Nasce il figlio Pasqualino, poi la figlia Emilia. Il marito trova un lavoro fisso presso il Cimitero comunale di Capri e Carmelina svolge con responsabilità e capacità il suo ruolo di moglie e specialmente di madre. Un giorno, Pasqualino che ha pochi anni si ammala e la mamma pensa di fargli un regalo. Con le poche centinaia di lire che racimola in casa corre a comprare una scatola di colori e pennelli e, pur non avendo mai preso in mano un pastello o una riga, diventa la maestra del figlio malato e, intanto, impara lei stessa a dipingere. Quando il bambino guarisce, Carmelina, che ha scoperto il gusto dei colori, guarda con stupore fanciullesco i fogli di carta sui quali la sua mano un po’ tremante ha creato scene colorate meravigliose. Sorride divertita di quello che è riuscita a fare e, dopo qualche giorno, compra scatole di colori più importanti, e tele piccole e grandi, pennelli, e ai suoi amici racconta che ha fatto un sogno meraviglioso: ha visto san Costanzo, il patrono di Capri, e il Cuore di Gesù che le hanno detto che diventerà un’importante pittrice. Non avendo mai sentito parlare di prospettiva e di chiaroscuri, ma tenendo impresse nella sua anima e nei suoi occhi le casette bianche e rosa dei pescatori con le finestrelle e i balconcini traboccanti di rossi gerani, le barche che solcano il mare di un azzurro cobalto, le villette ridenti della Marina Piccola disseminate tra il verde delle balze, la Certosa con i suoi chiostri armoniosi, i monumentali portici, la bella Chiesa, la Piazzetta così colorata e suggestiva, comincia a dipingere sul serio. Accade, però, un fatto straordinario.
Ogni via, ogni scorcio, ogni oggetto che rappresenta sulla tela, sotto il suo pennello appare reinventato dalla sua fantasia. Le case, le strade, le piazze corrispondono a quelle dell’isola, ma Carmelina contamina (nel significato latino di mescolare) i luoghi, collocando per esempio nella Piazzetta la famosa piscina della Canzone del mare con un Faraglione in mezzo all’acqua, trasferendo nel paesaggio caprese scorci della laguna veneta, come se volesse salvare, nel mare allora incontaminato di Capri, Venezia dall’avvelenamento delle sue acque, e poi accostando strade dell’isola lontane l’una dall’altra, rappresentando la realtà ma modificandola secondo il suo cuore di vera innamorata della sua terra. Nel suo universo artistico, dove sembra che il tempo si sia fermato e lo spazio abbia perduto la sua rigida connotazione, Carmelina esprime il suo mondo interiore fatto di sogni, di speranze, di desideri che hanno un comune denominatore: l’amore per la sua isola e per la sua gente che vorrebbe vedere in perfetta sintonia. Ed ecco venire fuori dalle sue mani quadri in cui l’isola ora è rappresentata come racchiusa in una particolare arca che, come quella di Noè, dovendo mettere in salvo tutti, superba e sicura sovrasta la distesa dell’azzurro mare, ora assume l’aspetto di un’enorme nassa che naviga in un mare calmo e trasparente, ora di un grande scoglio con ville, piscine, strade alberate in un tripudio di fiori colorati che spuntano ovunque, persino sui binari della rossa Funicolare stracarica di passeggeri. Scoperta per caso, Carmelina passa di trionfo in trionfo, raccoglie premi nei concorsi dei pittori naifs di tutto il mondo, i suoi quadri sono ammirati da intenditori fieri di acquistarli. Gli elogi, tra i quali quelli di Giancarlo Vigorelli e del grande De Chirico, e il successo non insuperbiscono Carmelina che continua a vivere semplicemente. Si fa costruire una villetta (“La Naive”), ma preferisce vivere ancora nel suo piccolo studio in fondo a via Fuorlovado dove comincia a dipingere all’alba, particolarmente sollecita anche nella educazione dei figli che segue con attenta partecipazione fino alla loro laurea in medicina. Dopo gli anni dei successi, Carmelina si rifugia nella sua villetta alla Cercola, circondata dall’affetto dei figli. Non abbandona i pennelli e i colori che, spesso, costituiscono un salutare antidoto ai malanni dell’età avanzata e talvolta si rammarica di essere stata quasi dimenticata specie da chi, nei tempi d’oro della sua attività ha beneficato con ogni sorte d’aiuto (fig.3).  Conquistata a duro prezzo la felicità, lei prese a riversarla a piene  mani sulla tela e fu il successo. La bellezza dell’isola, rivelata nell’Ottocento dai romantici tedeschi, immortalata da Corot e prediletta dai suoi allievi fino a Renoir, riapparve in una veste assolutamente nuova e candida, destinata anche per questo ad incantare un pubblico vastissimo. Era una visione nello stesso tempo assolutamente fedele alla realtà eppure surreale. Umana e contemporaneamente fantastica, come può essere soltanto una fiaba. Carmelina guardava il suo piccolo mondo affacciata ad una finestra magica, ed ecco che dai suoi pennelli prendevano forma e colore la piccola piazza del paese, con gli ombrelloni colorati ed il campanile; la processione dei devoti, dipinti in lunghe fila di figurine puntiformi, dietro la statua argentea del santo; le case della marina, con il “suo” palazzo rosso che troneggia in mezzo ad esse. Qualche volta invece la pittrice si librava in volo, per mostrare a tutti la tragica visione della sua isola assediata dalla flotta saracena, o al contrario trasformava Capri in un quieto presepe, con la gente che tornante dopo tornante (come lungo via Krupp) si avvicina alla grotta dove è nato Gesù, mentre in alto i re Magi lasciano il loro castello cavalcando i cammelli.
Ne aveva fatta di strada, Carmelina, quando lasciò ad 84 anni i suoi pennelli e la sua amata famiglia. E tanto tempo è trascorso da allora. Eppure ancora oggi, a chi passi davanti alla sua “tanto desiderata casetta” di via Cercola, può accadere di sentire il fruscio della sua barchetta-aquilone che ancora naviga nel cielo. Sarà per questo che i suoi quadri, a cento anni dalla sua nascita, lasciano in chi li guarda la dolcissima sensazione di ritornare bambini. Sia pure solo per pochi attimi.

 

 

fig.2 -  Carmelina di Capri mentre lavora

 

fig.3  - Carmelina di Capri nel suo studio bottega

  


 

giovedì 25 novembre 2021

CORRADO GIAQUINTO opera completa

 

In copertina
- Madonna con le anime purganti -
Lecce, collezione privata

 
Prefazione

Corrado Giaquinto è un pittore che lavora tra Barocco e Rococò ed è un esponente di primo piano delle varie correnti di gusto che si intrecciarono tra Napoli, Roma, Torino, per cui da tempo si sentiva il bisogno di una esaustiva monografia sulla sua attività, compito che  mi  sono  volentieri  assunto  per  la  gioia  di  studiosi  e appassionati.  
Corrado Giaquinto nacque a Molfetta l’8 febbraio 1703 e morì a Napoli  il  18  aprile  1766.  Avviato  inizialmente  alla  carriera ecclesiastica, si distinse per il suo talento artistico cosicché venne affidato al pittore Saverio Porta. in seguito si trasferì a Napoli al seguito  di  Monsignor  De  Luca,  suo  mecenate.
Prestigiose  le committenze a Torino e Roma, dove realizzò, tra l’altro, la volta della Cappella Ruffo nella Basilica di S. Lorenzo in Damaso, la volta  e  il  coro  di  S.  Giovanni  Calibita  sull’isola  Tiberina  ed  il grande programma decorativo di S. Croce in Gerusalemme. Corrado Giaquinto ebbe l’incarico di primo pittore di corte a Madrid dal re di  Spagna,  Ferdinando  VI,  e  poi  direttore  dell’Accademia  di  S. Ferdinando; alle sue soluzioni guardò anche F. Goya. Lavorò per i castelli  reali  di  Aranjuez  e  del  Buen  Retiro  presso  Madrid  e  per l’Escorial.       
Molte sue opere si trovano nel museo del Prado, a Madrid ed in altri prestigiosi musei stranieri.
Nella monografia dopo una serie di articoli sulla sua produzione abbiamo pubblicato infinite tavole  colori, attingendo dall'archivio fotografico  di  Dante  Caporali,  uno  scrigno  prezioso, che gentilmente ci ha messo a disposizione.        
Non mi resta che augurare a tutti buona e proficua lettura e dare appuntamento al prossimo libro.

Achille della Ragione 


Napoli, dicembre 2021


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in 3° di copertina  I magnifici tre: Leonardo, Elettra e Matteo Carignani di Novoli



 INDICE

  • Prefazione  
  • Corrado Giaquinto
  • Biografia  
  • Manoscritto del Notar Muti sulla famiglia Giaquinto
  • Due interessanti inediti di Giaquinto  
  • Giacinto Corrado al Louvre     
  • “Allegoria della Giustizia e della Pace” di Giaquinto:  una rappresentazione paradigmatica del regno di Ferdinando VI  
  • Galleria opere d'arte di Giaquinto Corrado    
  • N°  64 Tavole         

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in 4° di Copertina
- Deposizione -
Acerra, collezione Pepe 


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Corrado Giaquinto by kurosp on Scribd


 



 

mercoledì 24 novembre 2021

Un San Gerolamo di Ribera che parla all'osservatore

 

fig.1 - San Gerolamo -
Soriano Calabro, collezione privata

Mi capita spesso che mi vengano inviate foto di dipinti attribuiti a Ribera con disinvoltura, anche da noti studiosi, mentre quasi sempre si tratta di opere di bottega di qualità mediocre e di modesto valore commerciale.
Viceversa il San Gerolamo (fig.1), conservato in una  collezione  di Soriano Calabro, di cui discuteremo in questo nostro articolo rientra perfettamente nello stile del celebre pittore Jusepe de Ribera, il quale amava la rappresentazione del dolore, delle rughe, della sofferenza a tal punto che lord Byron affermò perentoriamente trattarsi di un pittore che amava intingere il pennello nel sangue di tutti i santi.
Con una tavolozza accesa vengono rappresentati con enfasi appassionata e senza alcuna pietà i personaggi, sadicamente indagati nella smagrita decadenza dei corpi consunti, dalla epidermide incartapecorita e grinzosa, dagli occhi lucidi e brillanti (fig.2-3). Il Ribera si abbandona ad un verismo esasperato al di là di ogni limite convenzionale col suo pennello intriso di una densa materia cromatica, con un vigore di impasto che ricorda l’accesa policromia delle più crude immagini sacre della pittura spagnola coeva, segno indefettibile della sua mai tradita hispanidad, ignara dei risultati della pittura rinascimentale italiana. Ed ecco rappresentato un infinito campionario di umanità disperata e dolente, ripresa dalla realtà dei vicoli bui della Napoli vicereale con un’aspra e compiaciuta ostentazione del dato naturale.
Concludiamo il nostro breve contributo accennando all’attività napoletana del Ribera, che raggiunse il culmine della celebrità all’ombra del Vesuvio.  
Nell'estate del 1616 lo Spagnoletto giunge a Napoli e si trasferisce subito in casa dell'anziano pittore Giovanni Bernardino Azzolino e dopo appena tre mesi sposa Caterina, la figlia sedicenne di quest'ultimo, da cui avrà sei figli.  
In pochi anni egli acquista una fama europea facendo uso della tragicità del Caravaggio, suo punto di forza. Inizia anche un'intensa produzione che non lo mantiene lontano dalla sua Spagna, dove comunque continuava a spedire opere. Il tema pittorico si fa più crudo e realistico e nascono così opere come il Sileno ebbro, 1626, oggi al museo nazionale di Capodimonte ed Il Martirio di Sant'Andrea, 1628, al Szépművészeti Múzeum di Budapest, solo per citarne alcune. Si accende in quel periodo la rivalità tra lui e l'altro grande protagonista del Seicento napoletano, Massimo Stanzione.  
Negli anni Trenta subì l'influenza di artisti come Antoon van Dyck e Guido Reni e perfezionò il suo stile. Eseguì in questi anni capolavori assoluti ospitati oggi in diversi musei nel mondo. Dall'Adorazione dei Pastori del Louvre al Matrimonio mistico di Santa Caterina conservato al Metropolitan Museum of Art. Il decennio che va dagli anni Trenta fino ai Quaranta fu il più prolifico per il Ribera. Compose in questo periodo essenzialmente temi religiosi: la Sacra Famiglia con i santi Bruno, Bernardino da Siena, Bonaventura ed Elia (1632-1635) al Palazzo reale di Napoli, la Pietà al museo nazionale di San Martino, il Martirio di San Bartolomeo (1639) e il Martirio di San Filippo (1639) entrambe al Prado di Madrid. Non tralasciò anche opere profane, come le figure dei filosofi o la Maddalena Ventura con il marito e il figlio (1631). A Pozzuoli presso la Cattedrale di San Procolo è conservato il dipinto Sant'Ignazio da Loyola e San Francesco Saverio. A Cosenza, presso la Galleria Nazionale di Palazzo Arnone, è conservato un suo bellissimo dipinto del 1635-40, dal titolo Ecce Homo.  
A Napoli, il pittore si impegnò nella monumentale opera di decorazione della Certosa di San Martino, portata a compimento in cinque anni (1638-1643). Per il luogo di culto partenopeo, Ribera aveva già dipinto la Pietà nel 1637. Nel 1638, sempre per la Certosa, gli fu commissionato il dipinto Comunione degli apostoli, terminato tredici anni più tardi e caratterizzato da un approfondimento psicologico dei personaggi.  
L'ultima parte della sua vita è segnata tragicamente dalla malattia che di fatto riduce drasticamente il numero di opere eseguite. Gli anni Quaranta sono segnati da un ritorno alla sua prima fase compositiva, tenebrosa e cupa, abbandonando le luci assimilate dal Reni. Jusepe de Ribera morì nel 1652 e fu sepolto, come confermato dai documenti, nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, nell'omonimo quartiere di Napoli. A causa dei rimaneggiamenti apportati alla chiesa, tuttavia, dei suoi resti oggi non è rimasta traccia


Achille della Ragione

 

fig.2 - San Gerolamo - (particolare)
Soriano Calabro, collezione privata

 

 

fig. 3 - San Gerolamo - (particolare)
Soriano Calabro, collezione privata