24/2/2010
Emanuele Filiberto è divenuto oramai il principe incontrastato della televisione, il sogno proibito per le telespettatrici di ogni età.
Dopo la vittoria a Ballando sotto le stelle è giunto il secondo posto al Festival di Sanremo e già si parla di combine telematica, che ne ha troncato il trionfo, una riedizione gossip dei presunti brogli nella lettura delle schede del referendum del 1946, che sancì la nascita della nostra scalcinata repubblica.
Bellissimo, educato, sorridente anche sotto i fischi di una parte del pubblico, impassibile davanti alla vergognosa cagnara degli orchestrali, che se fosse vera, imporrebbe l’immediato licenziamento dei suonatori da strapazzo.
L’unico a salire sul palco ben pettinato e vestito da manager, certamente profumato, come ebbi modo di riscontrare quando alcuni anni fa ebbi modo di intervistarlo per un pool di televisioni libere italiane(chi vuole può vederla in rete digitando su video libero Intervista al principe Emanuele Filiberto).
Egli, nonostante il cognome ingombrante, è un giovane simpatico e moderno, vissuto a lungo lontano dall’Italia, per via di un’assurda disposizione transitoria della nostra Costituzione, solo da poco abolita ed ha sognato sempre da bambino di poterla conoscere, libero da una nemesi storica opprimente ed anacronistica.
La stampa non è mai stata tenera nei suoi riguardi, concedendogli qualche spazio solo su riviste frivole attente agli eventi mondani, trascurando di rendere nota la sua alacre attività in un’organizzazione da lui fondata: Finanza e futuro e la sua volontà di rendersi utile nel suo Paese.
Nell’intervista mi confessò che da bambino collezionava cartoline con le immagini di quella nazione lontana e proibita.
Alla mia insidiosa domanda se la monarchia come sistema politico avesse ancora un senso nel XXI secolo, placidamente rispose che numerosi Stati europei dall’Inghilterra alla Svezia, dalla Danimarca alla Norvegia sono ben governati con i poteri del sovrano in sintonia con quelli del Parlamento.
Dichiarò candidamente di parlare cinque lingue e di conoscere personalmente la metà dei capi di Stato europei, mentre dell’altra metà è addirittura parente.
Fu imbarazzato a rispondere solo alla mia impertinente domanda se gli piacessero le napoletane, temeva la reazione della moglie, gelosissima, ma alla fine espresse le sue preferenze.
Sembra strano che stia diventando un personaggio amato in un’Italia dove proliferano leghisti e neo borbonici, ma il suo attaccamento alla famiglia, la sua vicinanza al padre nell’ora umiliante dell’arresto e la sua promessa solenne di non cantare più, lo proclamano principe, forse non di Venezia, ma dei mass media e lo dimostra il successo, decretato democraticamente col sistema del televoto, che rappresenta un indice attendibile di come la sua popolarità stia crescendo giorno dopo giorno.
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