sabato 24 novembre 2018

Napoli e Caravaggio ringraziano il Pelide

Il Martirio di sant'Orsola (140,5 × 170,5 cm) eseguito nel 1610 da Caravaggio
e conservato presso la galleria di palazzo Zevallos a Napoli

La storia che vogliamo raccontarvi ha come interprete principale un personaggio che molti di voi conoscono molto bene e che noi chiameremo con un suo pseudonimo di derivazione omerica: il Pelide ed é ambientata intorno al 2005, quando una grande banca del nord, da qualche anno, con un'operazione scellerata, aveva acquisito la proprietà del Banco di Napoli ed aveva trasferito la sua celebre collezione di dipinti a Palazzo Zevallos a fare compagnia al Martirio di Sant'Orsola, capolavoro del Caravaggio.
Il Nostro eroe, come é noto, nonostante i nobili natali e la cultura straripante, ama adottare, soprattutto quando fa caldo, un abbigliamento casual: calzoni corti, sandali francescani con unghie staripanti e spesso e volentieri canottiere colorate, che ben evidenziano un'antica muscolatura da culturista.
Con questa tenuta aveva deciso di accompagnare ad ammirare Caravaggio un gruppetto di amici venuto da Roma, tra cui il compianto studioso Maurizio Marini, tra i massimi esperti del Merisi; per cui fu grande la sorpresa quando si accorsero che; nonostante la temperatura africana, le sale erano affollate da decine di visitatori in giacca e cravatta.
Il mistero fu subito chiarito: si trattava di alti dirigenti bancari, venuti a Napoli da tutta Italia, per ammirare la splendida collezione di dipinti, ma soprattutto per ascoltare un discorso di Bazoli, vertice supremo della banca nordica, nuova proprietaria, il quale, dopo aver arringato la folla, fece una incauta dichiarazione: "Tempo un mese e questo Caravaggio si trasferirà a Milano dietro la mia scrivania".
Illustre presidente lei sta preannunciando il compimento di un reato penale, unica scusante la sua ignoranza, perché non sa che il quadro è sottoposto ad una notifica particolare da parte dello Stato, che lo dichiara inamovibile dal luogo ove è conservato; se non dovessero accorgersi del trasferimento, sarà compito mio denunciarlo alla procura della Repubblica.
Il discorso si interruppe bruscamente per l'imbarazzo dell'oratore, il quale volle sapere io chi fossi e grande fu la sua meraviglia quando candidamente risposi:"Sono un napoletano e difendo strenuamente gli interessi della mia amata città".


martedì 20 novembre 2018

Le tribolazioni di un innocente




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Premessa


Questo libro sarebbe dovuto uscire nel 2008, all’epoca del mio breve ma intenso soggiorno nell’inferno del carcere di Poggioreale ed i maggiori editori italiani volevano pubblicarlo, ma tutti pretendevano di apportare delle modifiche al testo, in particolare Pironti, voleva abolire, per evitare ipotetiche denunce, il capitolo “Storie incredibili di matta bestialità”. 
Naturalmente ai miei libri nessuno può cambiare nemmeno una virgola ed il manoscritto rimase inedito. Fu però pubblicato sul web, dove si trova ancora oggi e tutti possono consultarlo digitando il link http://www.guidecampania.com/dellaragione/tribolazioni/articolo.htm
Nell’arco di pochi mesi ebbe circa 70.000 visitatori.
Oggi, mentre il processo che ne scaturì si è concluso nel nulla, la situazione di invivibilità nel penitenziario di Poggioreale è rimasta immutata, se non peggiorata, per cui è necessario che il libro si diffonda ai quattro venti, per risvegliare nell’opinione pubblica la giusta indignazione, con la speranza che la protesta induca le istituzioni ad intervenire per ripristinare un minimo di dignità umana.

Napoli, dicembre 2018

Achille della Ragione




Introduzione

Questo diario vuole raccontare a chi non la conosce l’allucinante realtà della segregazione in un penitenziario, che rappresenta un ignobile monumento alla sofferenza, all’ottusa severità ed alla mortificazione della dignità umana, senza speranza alcuna di redenzione e di reinserimento sociale.
Il triste edificio del carcere di Poggioreale è noto universalmente come il posto meno indicato dove scontare una pena o peggio ancora attendere innocente i vari gradi del giudizio.
Emblematico che esso si trovi a Napoli, per secoli antica e gloriosa capitale, oggi miseramente ridotta al rango di capitale della monnezza, dove la vivibilità è degradata paurosamente, gli ospedali sono i più sgangherati, le strade sono le più affollate, gli uffici pubblici sono i meno efficienti, mentre, lo posso urlare perentoriamente, i napoletani non sono i peggiori tra gli italiani.
Il libro, tranne l’ultimo capitolo ed alcune appendici, è stato tutto scritto nei 15 interminabili giorni di ospitalità… dello Stato, dal 24 giugno 2008 al giorno 8 luglio, quando, a seguito della decisione del Tribunale del Riesame, il quale, non accettando le ipotesi dell’accusa, ha annullato il provvedimento di custodia cautelare, ho riacquistato la libertà.
Esso è stato scritto inizialmente con una matita spuntita reperita nella spazzatura sul retro di fogli già scritti, su bordi di giornale, sulla carta igienica, perché all’ingresso, tra le tante cose che mi furono sequestrate, oltre alle foto dei miei figli e dei miei nipoti, mi fu vietato di portare con me un innocente quadernetto ed una penna che, timidamente, mia moglie aveva aggiunto al mio bagaglio per permettermi di scrivere qualche appunto, tenendo conto che da oltre dieci anni, lasciata per gravi motivi di salute la mia professione di medico, sono a tempo pieno uno scrittore. Ma il timore che possa uscire fuori qualche notizia sulle spaventose condizioni di vita all’interno di quelle tristi mura prevale, nel regolamento, al rispetto dei più elementari diritti umani.
Nel famigerato carcere dello Spielberg, in periodi famosi per repressione e ferocia, a Silvio Pellico fu permesso di scrivere “Le mie prigioni”, la cui diffusione costò all’Austria più di una grande guerra perduta.
Auspico che queste amare riflessioni che mi accingo ad elaborare possano, grazie al magico potere della scrittura, riuscire ad incrinare, se non scardinare le fondamenta di un assurdo edificio predisposto ad infliggere sofferenza ed umiliazione, senza speranza alcuna di resipiscenza e di avviamento al lavoro in assoluto dispregio del dettato costituzionale, della logica e della pietà.
Tra le pagine del libro la mia vicenda giudiziaria è appena accennata, come pure la spietata gogna mediatica alla quale sono stato sottoposto, esse non hanno alcuna importanza per i lettori, perché il mio scopo è unicamente quello di fotografare, senza astio alcuno, la situazione di un carcere costruito per 1200 reclusi e che ne ospita costantemente più del doppio e dove le condizioni di vivibilità sono intollerabili.
Esso è dedicato ai miei compagni di sventura rimasti nei gironi dell’inferno di Poggioreale, ma è indirizzato all’opinione pubblica, a tutti coloro che ritengono che sia un problema che non debba interessarli, alla classe politica alla quale chiedo una legge per ristrutturare un penitenziario costruito oltre cento anni fa con criteri che gridano vendetta e che ci portano fuori dall’Europa e dal mondo civile. Dopo il lodevole impegno del governo per liberare Napoli dalla spazzatura, auspico, chiedo, invoco una promessa in favore di coloro che sono ritenuti a torto spazzatura umana.
A nessuno in futuro sarà lecito giustificarsi candidamente non lo sapevo!

Achille della Ragione





 Prefazione (dell'On. Amedeo Laboccetta)


Ho raccolto con piacere l’invito del dottor Achille della Ragione a scrivere questa prefazione al suo lavoro.
Ho letto tutto di un fiato il suo resoconto del “soggiorno” nella casa circondariale di Poggioreale ed ho rivissuto tante delle sensazioni che mi sono rimaste dentro, dopo un mio “soggiorno” nello stesso Grand Hotel, tanti anni orsono.
Io fui meno fortunato perché per me era stato prenotato un periodo di permanenza ben più lungo: ebbi modo di apprezzare le amenità ed i confort di quella struttura per circa tre mesi.
Achille della Ragione, lucidamente, rende pubblico che le cose non sono cambiate.
Angoscia che la struttura, i comportamenti, le prassi, i piccoli abusi, le insensibilità siano rimaste essenzialmente le stesse.
Il tempo nel Grand Hotel Poggioreale è fermo.
Il racconto, con trasporto, del dottor Della Ragione della commovente estensione della solidarietà umana che immediatamente affascia ogni “nuovo giunto”, non mi ha per nulla sorpreso.
Della nobiltà dei comportamenti dei reclusi, anche di coloro che all’esterno delle possenti mura vivono esistenze da efferati criminali, serbo un caro ricordo.
Non mi sorprendo che essa sia rimasta immutata.
Non auguro a nessuno l’esperienza mia e di Achille della Ragione: penso però che tanti operatori della giustizia, a prescindere dal colore della toga, da una breve permanenza in quella casa circondariale trarrebbero utili ragioni di riflessione per meglio svolgere la fondamentale funzione che l’appartenenza alla istituzione della magistratura gli attribuisce.
Auguro invece al dottor Della Ragione di veder riconosciuta la sua innocenza in tempi brevi, senza dover attendere, come è successo a me, quindici anni sino a che il Tribunale, su richiesta del Pubblico Ministero, pronunziasse sentenza di assoluzione.
Qualche mese fa, appena eletto parlamentare della Repubblica Italiana, sono tornato al “Grand Hotel” Poggioreale in visita ispettiva.
Non avevo certo nostalgia della suite che mi vide ospite nel 1993.
Ma desideravo fare un parametro comparativo tra la “mia stagione”e l’organizzazione attuale del triste albergo partenopeo.
Ho potuto rilevare che al “Torino”, il mio padiglione, non vi sono più i cessi alla turca, che mi avevano accompagnato per circa tre mesi.
Ed anche un’altra “straordinaria conquista” è offerta oggi dalla Direzione agli ospiti: adesso la doccia è consentita due volte a settimana!
Nel 1993 ne potevamo “godere” di una alla settimana; e quasi sempre l’acqua veniva offerta o bollente o ghiacciata. Adesso può essere ben miscelata.
Passare qualche minuto sotto il getto dell’acqua è certamente tonificante e rigenerante.
Poterlo fare al Grand Hotel Poggioreale provoca una sensazione stupenda che ti “resta dentro” almeno per un’intera giornata.
È quasi bella come il colloquio con un familiare.
Anche la descrizione della domenica a Messa che fa della Ragione ha provocato in me uno straordinario tuffo nel passato.
Anche se, devo sottolineare, che, a mio parere la maggior parte degli ospiti del Grand Hotel Poggioreale, partecipa alla funzione religiosa per muovere qualche passo in più. E per incrociare qualche volto nuovo proveniente da altro padiglione.
Ho sempre creduto che la solidarietà debba essere praticata e non certo predicata: in quel postaccio e per tutti quelli che vi transitano è la prima regola.
Il 2 giugno 2008, festa della Repubblica, sono stato in visita al Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere, per portare solidarietà e conforto ad un servitore dello Stato, il dottor Bruno Contrada, ex dirigente del SISDE che ha già frequentato per cinque anni alcune strutture carcerarie.
Un esperto in materia.
Un uomo anziano, di 77 anni, afflitto da 26 gravi patologie. Un morto che cammina. Ma che un magistrato di Sorveglianza si ostina a non voler liberare: ha scritto che ‘nel caso di Bruno Contrada non è stato ancora superato il limite della umana tollerabilità’. Roba che neanche nel Medioevo!
Mi auguro che quando Achille della Ragione avrà dato alle stampe questo suo libro l’amico Contrada non sia morto. Anzi, possa aver riabbracciato, da uomo libero, la sua famiglia ed i suoi amici, e pubblicare anche lui un libro su questo tema, che potrà far crescere il tasso di sensibilità e di umanità che alcuni Italiani sembrano aver smarrito.


On. Amedeo Laboccetta





    

Indice

Prefazione (dell'On. Amedeo Laboccetta)
Introduzione
1° cap - la cattura
2°  cap - l'ingresso a poggioreale
3°  cap - padiglione Avellino cella 22
4°  cap - amare considerazioni
5°  cap - i giorni passano
6°  cap - colloquio con i parenti e gli avvocati
7°  cap - la messa
8°  cap - L’ora d’aria
9°  cap - Il colloquio con l’ispettore e l’educatrice
10° cap - La conferenza sugli zingari
11° cap - Sogni ed incubi
12° cap - Gli stranieri
13° cap - I secondini
14° cap - Storie incredibili di matta bestialità
15° cap - Strani personaggi (omosessuali)
16° cap - Droga, drogati e spacciatori
17° cap - La gogna mediatica
18° cap - Vita quotidiana in cella
19° cap - Aniello compagno di cella, e lo scambio con il collega
20° cap - Il padiglione San Paolo
21° cap - 480 chili in due
22° cap - Il mancato incontro con il cardinale
23° cap - Il sogno dei domiciliari
24° cap - L’incontro con il direttore del carcere
25° cap - Il Tribunale del Riesame:il giorno più lungo
26° cap - L’uscita dal carcere ed il ritorno a casa
Appendice documentaria
Comunicato stampa
Lettere ai direttori di quotidiani (5)
Una battaglia di civiltà
L’amnistia ed il pifferaio magico
Il regime del 41 bis
Un folle ordinatore
Una tragedia sofoclea
L’amore al tempo della galera: il sesso in carcere



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Uno splendido Martirio di San Sebastiano di Agostino Beltrano



01 - Agostino Beltrano - Martirio di San Sebastiano - 138 x184 -Napoli collezione della Ragione

La tela esaminata è un Martirio di San Sebastiano (fig.1) passato sul mercato nel 1992 con un’attribuzione al Gargiulo del Brigante, il quale affermava: «Questo importante dipinto del celebre maestro napoletano, che in alcuni particolari mostra affinità col Martirio di San Lorenzo della Banca Sannitica di Benevento siglato “DG”, risale probabilmente ai primi anni del sesto decennio del secolo».
Nel 1997, in occasione della stesura del catalogo della celebre collezione ove il quadro era pervenuto (fig.2), avendo l’onore di comparire in copertina,  i principali «napoletanisti» espressero la loro opinione sulla paternità del dipinto. Pacelli e Pavone confermarono la autografia spadariana, la Daprà, specialista dell’artista, avanzò l’ipotesi di Agostino Beltrano in parte confermata da Spinosa, che in un primo tempo aveva pensato genericamente al Maestro dei martirî. Leone De Castris collocò il dipinto al 1635 ed evidenziò la presenza nell’opera di caratteri falconiani, battistelliani e cavalliniani (fig3–4-5). Ed infine, originale, l’ipotesi di Gennaro Borrelli, che parlò di una esercitazione della bottega di Aniello Falcone, sottolineando l’errata incidenza della luce e la pessima esecuzione dell’albero sullo sfondo, definito bituminoso.  
Nel 1998 è comparsa, presso un antiquario a Roma, una replica autografa del dipinto di eguali dimensioni, identica nell’incidenza della luce ed in ogni più piccolo particolare, ma con la composizione spostata verso sinistra (fig.6), così che nel primo dipinto compaiono taluni particolari, come l’uomo col turbante, mentre nel secondo vi è un più esteso stralcio di panorama e l’ampia boscaglia sullo sfondo, non più bituminoso, presenta viceversa un trattamento del fogliame più accurato.
Ed infine, nel 1999, il passaggio in asta di una scena di supplizio (fig.7) identificabile come  Martirio di Santa Apollonia, con in alto l’identico gruppo di angioletti (fig.8) e sulla destra lo stesso cavaliere nascosto dietro la bandiera rossa (fig.9), che sono presenti nel Martirio di San Sebastiano, ha permesso di riconoscere lo stesso pittore come autore dei tre dipinti.
Molto importante la presenza del cavaliere sulla destra con elmo e bandiera, simbolo del potere romano, (derivata da alcune celebri tele del Gargiulo), il quale sembra volersi nascondere dietro al drappo rosso, con un atteggiamento che compare identico anche nella grade e famosa pala di Pozzuoli rappresentante Il miracolo di Sant’Alessandro (fig.10), firmata e documentata al 1649.
Numerose altre figure presenti nel Martirio di Santa Apollonia permettono l’assegnazione della tela con certezza al Beltrano. Esse sono il fanciullo a dorso nudo in primo piano sulla destra, di vaga ascendenza battistelliana e, poco più che abortito, sulla sinistra il fantolino (fig.11) che si avvicina alla scena a braccia protese e che ricompare identico nel già citato Miracolo di Santo Alessandro e nell’affresco rappresentante Il pagamento del tributo a Sennacherib di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, documentato agli anni 1644-45. Il volto della Santa pronta al martirio è sovrapponibile alla fisionomia della figura femminile presente nel Sacrificio di Mosé, siglato,  del museo di Budapest, identificato dal De Vito nel 1984 ed alla Rachele del Giacobbe e Rachele al pozzo del museo di Besançon, assegnato già dal 1963 al Beltrano dal Volpe. Infine l’uomo barbuto che attizza le fiamme e l’altro scherano sulla destra che incombe sulla Santa sono modelli adoperati spesso dal Beltrano, che li riproduce più volte nelle sue opere dal Martirio dei Santi Gennaro, Procolo e Filippo (fig.12) documentato al 1635, al Miracolo di Sant’Alessandro, al Giacobbe e Rachele al pozzo.
La tela in esame è stata di recente sottoposta ad un accurato restauro, il quale ha evidenziato alcuni dettagli inediti, che presentiamo al lettore, come il guerriero (fig.13 ), sul lato sinistro della composizione ed i due fantolini, che, in compagnia di un guerriero (fig.14) sembrano voler partecipare alla scena.
La critica si è da tempo impegnata a ricostruire la personalità artistica del Beltrano ed ha distinto una fase naturalista, contigua ai modi falconiani ed un secondo periodo più propriamente stanzionesco, contrassegnato da un impreziosimento cromatico e da un ingentilimento delle fisionomie e dei sentimenti, culminante nella spettacolare tela di «Lot e le figlie» di collezione Molinari Pradelli (fig.15). 
Il presente studio, vuole sottolineare numerosi caratteri patognomonici utili al riconoscimento dell’artista, dal gruppo di angioletti (fig.16), al cavaliere che timidamente si nasconde dietro la bandiera, dal fanciullo a dorso nudo sempre in primo piano (fig.17), al volto dolcissimo di fanciulla (fig.18), ai personaggi barbuti, che permettono, quando presenti in tele in cerca di attribuzione, di proporre il nome del Beltrano con una ragionevole probabilità di essere nel giusto. Inoltre .si propone di allargare l’orizzonte della fase falconiana, che riteniamo comprenda gran parte della carriera dell’artista, almeno fino al 1650.   A conferma di tale asserzione sono comparsi negli ultimi anni sul mercato numerosi dipinti siglati o assegnabili con certezza al Beltrano, quasi tutti contraddistinti da spiccati caratteri naturalisti.

Achille della Ragione



02  - Copertina catalogo collezione della Ragione

03  - Caratteri falconiani

04- Caratteri battistelliani
05 - Caratteri cavalliniani

06 - Replica autografa - Roma mercato antiquariale

07  - Martirio di S. Apollonia - Napoli collezione Mauro Calbi

08 - Gruppo di angioletti

09 - Particolare del cavaliere dietro la bandiera

010 -  Miracolo di S. Alessandro - documentato 1649 - Pozzuoli, Cattedrale
011 - Fantolino a braccia protese
012 -  Martirio dei Santi Gennaro, Procolo e Filippo - documentato al 1635 - Pozzuoli, Cattedrale

013 - Guerriero
014 - Guerrieri e fantolini
015 - Loth e le figlie - Collezione Molinari Pradelli
016 - Gruppo di angioletti bis
017 - Fanciullo a torso nudo
018 - Volto dolcissimo di fanciulla

giovedì 15 novembre 2018

Braccia in alto petto in fuori

fig.1

La visita senologica è la parte migliore della consultazione dal ginecologo sia per la donna che per il sanitario, la prima, impettita, è il caso di dire, espone con orgoglio le sue grazie e si offre docile allo sguardo ed alla palpazione, il secondo, senza essere sottoposto a miasmi pestiferi, può liberamente esaminare, pagato, ciò che tutti gli uomini agognano e per il quale sarebbero disposti a pagare una bella cifra. Naturalmente la visione è interessante quando la paziente è ben dotata (fig.1) e non è affetta da alcuna patologia, come purtroppo in questo caso (fig.2), nel quale un cancro ha invaso completamente una mammella che dovrà essere asportata.
Naturalmente la speranza è quella di trovarsi davanti una procace signorina (fig.3), forse un po’ opulenta, ma con il grasso che è andato a localizzarsi nei punti giusti per la gioia degli occhi e dei polpastrelli, ma vi sono anche delle patologie più che sopportabili, come quello di questa paziente (fig.4), affetta da ptosi mammaria unilaterale, la quale confessa candidamente che la sua anomalia ha prima incuriosito, ma poi attratto irresistibilmente molti uomini, permettendogli di esercitare un fascino singolare.
Anche questa donna sorridente (fig.5) non si è scoraggiata per la sua asimmetria ed a suo dire ha avuto ed ha molti corteggiatori.
Vi sono poi pazienti arrivate in ritardo(di decenni) allo sguardo indagatore e compiaciuto del medico, come questa  cinquantenne, dal reggiseno n.6 ed oggi cadente, che assicura e le si può credere che da ragazza, in epoca pre mastoplastica e prima della moda del topless, sulla spiaggia aveva costantemente un codazzo di ammiratori.
La visione ravvicinata è opportuna per uno studio approfondito del capezzolo e dell’areola, notevoli in questo fortunato frangente (fig.7), mentre questa matura cubana (fig.8) giustamente reclama più sostanza da esporre e si prepara ad un intervento additivo.
Concludiamo questa gaia carrellata con un pezzo da novanta di questa simpatica attricetta (fig.9), che gentilmente mi permise di utilizzare i suoi portentosi pettorali per la copertina di un mio libro sulla frigidità femminile.

Achille della Ragione

fig 2
fig 3
fig 4
fig 5
fig 6
fig 7
fig 8
fig 9

lunedì 12 novembre 2018

Io dico: una piazza per Achille Lauro


 Il Roma - 10 novembre 2018, prima pagina




A Napoli vi è via Kagoshima e via Jan Palach, vico Scassacocchi e vico Fico, via dei Chiavettieri al Porto e via dei Chiavettieri  al Pendino, ma nessuna piazza, largo, via, viale, vico, fondaco, cupa, strettoia che ricordi ai napoletani Achille Lauro.
Chi era costui? Uno sconosciuto Carneade: oppure il sindaco plebiscitario, l'abilissimo imprenditore, il presidente a vita del calcio Napoli, il più grande armatore nel mondo, o, come amava definirlo Antonio Ghirelli: l'ultimo re borbone.
Ad oltre 30 anni dalla morte è giunto, secondo me, il momento di sdoganarlo, ristabilendo la verità storica, cancellando pregiudizi politici. Doveva rimanere in carica solo tre mesi regnò per oltre 30 mesi. 


Achille della Ragione


Il Mattino - 12 novembre 2018, pag.50

Una piazza per Achille Lauro, è una battaglia che va avanti


Il Roma - 10 novembre 2018, prima pagina

Una piazza per Achille Lauro, è una battaglia che va avanti

sabato 10 novembre 2018

Una piazza per Achille Lauro, è una battaglia che va avanti



«Entro un mese un'importante piazza di Napoli sarà intestata ad Achille Lauro». È la provocazione lanciata da Achille della Ragione all’Amministrazione comunale, indifferente alle sue continue iniziative  da anni  tese a ottenere un toponimo per l'ex sindaco di Napoli, ex presidente del Calcio Napoli e grande armatore europeo.
La questione è stata oggetto di un convegno che si è tenuto nell'aula magna dell'Università Ter nella chiesa di Santa Maria della Libera in via Belvedere a Napoli. Sono intervenuti Achilleugenio Lauro nipote del Comandante e il suo storico collaboratore Paolo Manfellotto.
Achille della Ragione ha subito sottolineato che «il personaggio Lauro è ancora fastidioso perché è male interpretato dagli storici pagati dal partiti. Questo nonostante il grosso lavoro che ho fatto nel 2003. Apprezzato da numerosi intellettuali, per tutti il politologo Percy Allum ed il giornalista Marco Demarco. Nel mio libro "Achille Lauro Superstar" descrivo  questo grande uomo. Continuerò questa battaglia  affinché il toponimo gli venga dato in maniera ufficiale».
Achilleugenio Lauro ha poi tracciato il profilo del nonno «Per descrivere l'avventurosa ed inimitabile vita di Achille Lauro si potrebbe cominciare come in un film di Orson Welles, dalla fine "Tutta la sua vita Onora la sua morte". Questo è l’epitaffio che si legge sulla tomba nella cappella di famiglia a Piano di Sorrento, cittadina che gli diede i natali. Lauro è stato tante cose: editore, produttore cinematografico, presidente e proprietario del Napoli Calcio,  sindaco plebiscitario della nostra città ma principalmente deve essere ricordato come il più grande armatore che l'Italia abbia avuto. È proprio dalla penisola sorrentina che parte la sua ascesa. Sin da giovanissimo capisce che il suo destino è legato al mare e in pochi anni costruisce un piccolo impero. Ma sono anni di sacrificio. Achille perde prima due fratelli vittime di altrettanti naufragi e subito dopo anche il padre. Per sopravvivere ed onorare gli impegni è costretto a vendere i gioielli  della moglie Angelina. Sono gli anni a cavallo della prima guerra mondiale. Gli anni Venti sono anni di grande cambiamenti e soprattutto anni di crisi dei mercati marittimi. Grandi  armatori hanno le navi in banchina, in disarmo e senza lavoro. Ma le navi di lauro sembrano non patire la crisi. Grazie ad una geniale intuizione: la compartecipazione agli utili dell'equipaggio, egli risolve a proprio vantaggio lo situazione e la sua crescita diventa esponenziale. Dopo lo guerra si avvicina alla politica attraverso Gugliemo Giannini, il segretario del partito "Il Fronte dell'Uomo qualunque".  Alla politica attiva arriva nel 1952 con la sua elezione a sindaco di Napoli. Eredita una Città povera, distrutta, dove era tutto da rifare. Attraverso un periodo di ricostruzione cerca di far diventare Napoli nuovamente una capitale secondo le sue aspirazioni. Dalla ricostruzione nasce anche una delle tante dicerie poi sfatate, cioè il sacco urbanistico della città. L'artefice fu il prefetto governativo Correra che diede circa l'80% delle licenze edilizie, non mio nonno. Ho scritto "Il Navigatore. Achille Lauro una vita per il mare" per tre obiettivi: dare una testimonianza personale e familiare di questo personaggio, liberarlo da tante dicerie e chiarire qual è la sua vera natura, fare diventare questa storia, che ho raccontato in forma romanzata fonte di una sceneggiatura per un film o una fiction. Mi piacerebbe moltissimo Achille Lauro merita che una strada di Napoli porti Il suo nome».
Paolo Manfetotto storico segretario, ha infine ricordato il Comandante come «uomo molto generoso, buono, di capacità estrema che ha dedicato tutta lo sua vita al lavoro. Ero il punto di collegamento tra lui e le sue navi. Napoli  lo ha trattato male e continua farlo».


 Il Roma - 10 novembre 2018
 Mimmo Sica



Il Roma - 10 novembre 2018, prima pagina

Il Roma - 10 novembre 2018, pag. 13

giovedì 8 novembre 2018

Il best seller di Natale




La strenna più ambita per le prossime festività natalizie si preannuncia il prossimo libro di Achille della Ragione (il 113°) “Da Puteoli a Pozzuoli, una storia gloriosa”, dotato di centinaia di foto, quasi tutte a colori ed in gran parte inedite, che sarà pubblicato da una importante editore: Clean, il quale conta di distribuirlo in tutte le librerie italiane. L’attesa è spasmodica ed in attesa di poterlo leggere ne anticipiamo la prefazione ed alcune foto.

Elvira Brunetti

Prefazione


Questo libro vuole essere un doveroso omaggio ad una piccola grande città dal glorioso passato e da un futuro potenzialmente esaltante, se si punterà ad incrementare il turismo, avido di monumenti e bellezze naturali ed in grado di apportare cospicui benefici economici.
Sin dal titolo: “Da Puteoli a Pozzuoli, una storia gloriosa” si intuisce lo spirito del volume, che vuole raccontare lo svolgersi degli avvenimenti lungo un percorso temporale di 2000 anni, da quando la città possedeva uno dei porti più importanti del Mediterraneo, per il quale transitavano le merci destinate a rifornire l’impero romano al culmine della sua potenza, fino al periodo in cui lungo la costa si insediarono industrie di importanza europea, senza mai dimenticare una vocazione locale ancora in essere: la pesca.
Alcuni capitoli sono stati dedicati ad illustrare i collegamenti terrestri con Napoli, tra cui la mitica via Antiniana e naturalmente una parte rilevante è stata dedicata ad importanti attrazioni turistiche dall’Anfiteatro Flavio al Serapeo, dalla Solfatara al Rione Terra, dove è dislocata la celebre Cattedrale, nella quale si possono ammirare i più celebri pittori del Seicento napoletano: Artemisia Gentileschi, Lanfranco, Finoglio, i fratelli Fracanzano, Stanzione e tanti altri.
Tra i puteolani illustri abbiamo scelto un artista del pennello: Giacinto Diano ed una star internazionale del cinema Sofia Loren.
In conclusione un accenno alle tradizioni popolari ed al dialetto, che costituisce un interessante fossile antropologico parlato oramai solo dagli anziani e dai pescatori.

Napoli novembre 2018


Achille della Ragione







Rione terra
 Domenico Gargiulo - Decapitazione di San Gennaro nella Solfatara - Napoli, collezione della Ragione
Mercato ittico
Sofia Loren nature
Solfatara vista dall'alto
Spiaggie deliziose




mercoledì 7 novembre 2018

Convegno su Achille Lauro

Il Roma - 7 novembre 2018, pag. 11
Domani giovedì 8 novembre 2018  alle ore 17:30,
un incontro per intitolare una piazza ad Achille Lauro.
aula magna dell'università ter, sita nella chiesa di S. Maria della Libera, via Belvedere Napoli.
Relatori:  Achille della Ragione, Achilleugenio Lauro, Paolo Manfetotto.

Una piazza per Achille Lauro, è una battaglia che va avanti

Il Roma - 10 novembre 2018, prima pagina

Il Roma - 10 novembre 2018, pag. 13

Una piazza per Achille Lauro, è una battaglia che va avanti






domenica 4 novembre 2018

Monumenti minori tra i maggiori

tav. 01 -  Terme di Nettuno

Le terme di Nettuno (fig.1) costituiscono un monumentale complesso termale che a lungo impressionò per la sua grandiosa scenografia gli antichi viaggiatori, che dal mare approdavano a Puteoli, non meno colpì in tempi più recenti gli eruditi che lo credevano un tempi (fig.2), come il Capaccio che, nel 1607, affermava: “Fornici, teche archi, nei quali ponevano le statue, edere ricche di corimbi, la vicinanza di sotterranei ed accessi, ci spingevano a sperare di ritrovare scavando, qualcosa di interessante”. Non è facile oggi di fronte ai pur imponenti ruderi di questo impianto riprovare le medesime suggestioni, anche perché le terme appaiono in gran parte interrate.     Probabilmente collegato al complesso termale di Nettuno doveva essere il Ninfeo detto di Diana (fig.3) per una statua di una dea che vi fu rinvenuta. La sua costruzione in opera laterizia si colloca tra la fine del II secolo e gli inizi del III d.C.
Il minore e più antico anfiteatro puteolano è stato individuato durante i lavori per la costruzione del tronco della direttissima Roma Napoli(1915) che lo ha rovinato, attraversandolo  centralmente (fig.4)
L'anfiteatro minore di Pozzuoli (fig.5) era un teatro di costruzione romana antica, di cui rimangono poche rovine; un classico anfiteatro romano di epoca augustea o pre-augustea. Gli assi dell'ellisse misuravano rispettivamente 130 e 95 metri. Le principali rovine arrivate a noi sono una decina di arcate che avevano funzione di appoggio della curva della cavea (fig.6).
In età flavia venne costruito il grande anfiteatro perché l'anfiteatro minore non era adeguato alle necessità dei ludi gladiatori.
Tra le testimonianze dell’epoca vi è il vaso in vetro di Odemira (fig.7), in cui, insieme con altri edifici puteolani, sono raffigurati due anfiteatri: l'uno inferiore contrassegnato dall'emblema del flagello, come se fosse destinato alle venationes; l'altro superiore contrassegnato da una palma, come se fosse più propriamente adatto a combattimenti fra gladiatori. Infatti l'anfiteatro minore era stato costruito secondo il tipo dell'anfiteatro pompeiano senza i sotterranei e i servizi organizzati per le venationes di cui furono dotati gli anfiteatri costruiti successivamente.  
Svetonio riporta che in un'occasione a causa della calca un senatore fu impedito all'accesso e Augusto per rimediare all'offesa stabili nuove regole per l'ingresso agli spettacoli.  
 Dione Cassio narra che nel 66 d.C., sotto il regno di Nerone, il liberto Petronio organizzò a sue spese nell'anfiteatro più antico di Pozzuoli, dei ludi con venationes in onore di Tiridate, nominato re di Armenia da Nerone, alla presenza di spettatori etiopici e stranieri presenti per portare tributo e onore al re. Tiridate volle partecipare allo spettacolo anche per dare prova delle sue capacità, uccidendo due tori con un sola freccia scoccata dalla tribuna d'onore.

  
tav. 02 -  Tempio di Nettuno

tav. 03 -  Ninfeo di Diana negli anni Trenta

tav. 04 - Linea Napoli Roma
tav. 05 - Anfiteatro minore

tav. 6 - Esiti archeologici

tav. 07 -  Fiaschetta di Odemira

Lungo l’attuale via Campana è possibile individuare in successione fino alla piana di Quarto mausolei e colombari appartenenti alla necropoli di via Celle (fig.8–9) che, secondo la tradizione romana venivano posti lungo le vie antiche, in questo caso la Via Consularis Puteolis Capuam.    
 Al quadrivio di S. Stefano dalla via Celle si accede al primo complesso di cui restano solo sul lato destro 14 edifici costruiti tra la metà del I sec. a.C. e la metà del II sec. d.C., realizzati in opera reticolata e laterizia. Si tratta per lo più di colombari, val
e a dire di edifici funerari a due piani di cui uno per lo più ipogeo con nicchie sulle pareti per contenere le urne cinerarie (in questi secoli il rito di incinerazione era il più diffuso).  
Interessante fra questi edifici un mausoleo a due piani in parte scavato nella roccia tanto da poter ammirare esternamente solo la facciata centrale, il cui livello inferiore è a pianta quadrata con esedra ornata da sei colonne, il secondo con tamburo cilindrico arricchito da cinque nicchie alle pareti. Queste ultime formano un ottagono incompleto per la particolarità della costruzione.  
 Non mancano edifici con funzioni diverse; è il caso di un’aula rettangolare, sede di collegium, inserita in un cortile dove è presente anche un mausoleo ed è riferibile ad una costruzione a tre piani. (Proprio agli associati dei Collegia Funeraticia erano destinati i loculi colombari).a necropoli di via Celle
In questi ultimi anni nuovi scavi hanno evidenziato una continuità tra la necropoli di via Celle e  quella di San Vito (fig.10–11), mettendo in luce tombe che fiancheggiano la via consolare da Puteoli fino a Quarto. Per questo si auspica la realizazione di un parco archeologico che comprenda necropoli e zone attigue alla via Campana, per un patrimonio archeologico dalle pecularietà straordinarie.
 
tav. 08 - Necropoli di  via Celle
tav. 09 - Necropoli di  via Celle
tav. 010 -  Necropoli di San Vito mausoleo
      
tav. 011 -Necropoli di San Vito-