mercoledì 25 febbraio 2015

3° volume di Napoletanità: arte miti e riti a Napoli

Dedicato a tutti coloro che, pervicacemente, ritengono che Napoli sia l’unica città del mondo antico che non sia scomparsa come Troia, Ninive o Babilonia, salvandosi da un immane naufragio.
Napoli è una Pompei che non è mai stata sepolta, non è semplicemente una città, ma una civiltà, precristiana, che ha saputo resistere alle lusinghe della modernità e della globalizzazione.

Presto in edicola il libreria e come ebook 



Con questo terzo volume continua il nostro viaggio nei meandri della napoletanità tra arte, miti e riti, cominciato con l’uscita nel 2012 del primo tomo.
Esamineremo tradizioni secolari, ma percorreremo anche fette della città, quartiere per quartiere, alla ricerca di curiosità ed abitudini tramandate da tempo immemore.
Visiteremo chiostri e teatri, castelli e ville, caffè storici e bassi puteolenti, ci inerpicheremo su e giù per antiche scale, dove ascolteremo canti e proverbi.
Abbiamo trattato, senza privilegiarli, dei tesori della pittura e della letteratura, dell’archeologia e della storia, ma con eguale passione abbiamo parlato di pizza e di cucina, di dialetto e di balli popolari.
Particolare attenzione abbiamo dedicato ai tanti primati dimenticati per volontà dei vincitori ed alla descrizione di luoghi di grande significato storico, accanto ai quali spesso transitiamo ignari di un passato glorioso. Non potevano mancare alcuni capitoli dedicati ai tanti misteri che accompagnano strade e palazzi, a dimostrazione di una città che da sempre è stata considerata la culla dell’esoterismo, il crocevia mediterraneo di tutte le culture iniziatiche, sia dell’occidente che dell’oriente, un vero e proprio tempio a cielo aperto, dove si intrecciano storie e leggende e dove ogni pietra ha un’affascinante segreto da svelare. e nell’augurare a tutti buona lettura, vorrei, facendo mie le parole del mio amico fraterno Dante, concludere che questo libro rappresenta un viaggio nello sterminato patrimonio culturale ed artistico prodotto da una grande civiltà, ma
nello stesso tempo è un viaggio avventuroso nell’anima più verace del suo popolo. Dalla sua lettura sarebbe auspicabile che nasca una riflessione che produca uno stimolo per tutti i napoletani a mantenere sempre viva la loro identità ed a preservare






INDICE



sabato 21 febbraio 2015

La Tavola Strozzi e la vera storia del sacco edilizio

 Tavola Strozzi

La celebre Tavola Strozzi conservata nel museo di Capodimonte ed ancor più la Veduta di Napoli a volo d’uccello di Didier Barra del museo di San Martino ci mostrano una città densamente urbanizzata già nei secoli scorsi. Un gigantesco marasma architettonico, un prodigioso spettacolo di entropia edificatoria, che ha lasciato stupefatti ingegneri e sociologi,antropologi e forestieri, principalmente questi ultimi che, quando venivano a visitare la nostra città, soprattutto negli anni del Grand Tour, rimanevano meravigliati alla vista di palazzi a più piani, da loro giudicati veri e propri grattacieli.
Questi antichi dipinti sono la testimonianza visiva di un’edificazione selvaggia che comincia in epoca remota e la cui storia è ignota agli stessi studiosi. Condoni, sanatorie, demolizioni, leggi stralcio, ricorsi al Tar, la querelle infinita sull’emergenza abusivismo in Campania e non solo nella nostra regione ha una storia antica, che pochi conoscono, perché per anni si è voluto far coincidere, da parte di una storiografia sinistrorsa il sacco della città con gli anni del regno di Lauro. E per diffondere questo dogma ci si è serviti impunemente di tutti i mass media disponibili, dal cinema alla televisione, dai giornali ai libri ed alla fine addirittura anche della tradizione orale.
Un film cult, come “Le mani sulla città” di Francesco Rosi, girato nel 1963, un plateale falso storico, è stato per decenni adoperato dalle sinistre per propagandare il mito di Lauro speculatore edilizio. La storia è diversa e nasce nel lontano Cinquecento da una Prammatica di don Pedro da Toledo, che concedeva entro le mura di costruire palazzi di molti piani e non si è mai interrotta fino ai nostri giorni.
Vogliamo provare a raccontarla soprattutto ai giovani, rinviando, per chi volesse approfondirla, ai capitoli ad essa dedicati del mio libro Achille Lauro Superstar (consultabile su Internet) dal quale sono ricavate le foto.
Partiamo dall’esame della legislazione urbanistica e da alcune considerazioni. Napoli in questo secolo ha avuto due soli piani regolatori, quello “fascista” del 1939, un vero monumento di armonia tra interessi pubblici e privati, com’è riconosciuto oggi da autorevoli specialisti, di idee non certo nostalgiche, come il preside di architettura Benedetto Gravagnuolo o il professor Massimo Rosi (opinioni raccolte dalla viva voce degli interessati nel corso di riunioni svolte nel salotto culturale di Elvira Brunetti) e quello “democratico” del 1972, entrambi mai operativi per la mancata approvazione dei regolamenti di attuazione.
Bisogna precisare che, quando Lauro venne eletto nel 1952 e volle utilizzare a piene mani il “petrolio dei meridionali”, costituito dall’espansione edilizia, la giunta non possedeva un vero e proprio strumento urbanistico, ma un ben più modesto regolamento edilizio, risalente al 1935, stilato da un organo comunale fascista dotato dei più ampi poteri.

Palazzo Ottieri a piazza Mercato

Muraglia cinese

Napoli da oltre 50 anni vive in assenza di un qualsivoglia strumento progettuale ed i risultati sono stati, e certamente non solo durante gli anni del laurismo, il disordine edilizio più incontrollato, il cui caotico sviluppo ha tenuto conto solo dell’esigenze dei singoli, trascurando, com’è nostra scellerata abitudine, quelli della collettività. Non si è mai smesso di costruire, basta, per convincersene, recarsi nei quartieri periferici (Soccavo, Pianura, Secondigliano)cresciuti a dismisura o nell’immenso hinterland partenopeo,da Quarto flegreo ai comuni della penisola sorrentina, che stringe oramai in una morsa implacabile la città, costretta a sopravvivere con densità di popolazione superiori a tutte le più affollate metropoli asiatiche e con un traffico impazzito, con inestricabili ingorghi a croce uncinata, da fare impallidire a confronto qualunque altro concorrente. Si sono costruite le case le une vicino alle altre, spinti certamente dal profitto, ma anche perché il napoletano,geneticamente abituato al“gomito a gomito”, prova un’intollerabile vertigine quando può allargare lo sguardo su un panorama senza trovare la casa dirimpettaia, senza poter contare su un’economia da vicolo, una socializzazione da cortile, tutto sommato una cultura da casbah. Solo così possiamo cercare di spiegarci l’esistenza di mostri serpentino si come via Jannelli o via San Giacomo dei Capri ed altri agglomerati sorti nel Vomero alto, dove i suoli costavano poco o niente e si poteva tranquillamente speculare anche costruendo a distanza più civile gli edifici.
Nonostante il cambio di padrone, l’atmosfera di Palazzo San Giacomo non cambia, perché Correra, commissario prefettizio inviato dal governo per preparare le elezioni, comincia a tessere una trama sottile con l’entourage di costruttori e speculatori che gravitavano intorno al comandante.
Una vera e propria corte dei miracoli, abituata a feroci contrattazioni sottobanco che cercava di disciplinare attraverso il rubinetto dei fidi e delle fidejussioni bancarie, concesse da istituti di credito, in primis il Banco di Napoli, saldamente in pugno alla Democrazia Cristiana. Correra doveva gestire per pochi mesi l’ordinaria amministrazione e preparare la nuova consultazione elettorale, regnò viceversa incontrastato per quasi tre anni, divenendo il vero padrone della città. La febbre edilizia raggiunse temperature da cavallo e ben si espresse nell’erezione del grattacielo della “cattolica”, in pieno centro cittadino,salutata dall’onorevole democristiano Mario Riccio, il medesimo che aveva attaccato in Parlamento lauro per il suo eccessivo impegno edificatorio,con frasi talmente toccanti da commuovere l’uditorio presente all’inaugurazione. Tra il numeroso pubblico, impettiti in prima fila i colonnelli del nuovo potere, sordi alle civili proteste, che Francesco Compagna manifestava nei suoi articoli sulla rivista “Nord e Sud”.
Mentre si progettava lo sventramento dei Quartieri Spagnoli per creare un nuovo Rione Carità, le nuove edificazioni cominciano a coprire ogni spazio libero. Sono questi i veri anni delle “Mani sulla città”, quando costruttori senza scrupoli, trasferitesi in massa dalla corte laurina al nuovo potere, come Mario Ottieri, scaricano sul territorio urbano volumi edificati mai visti in precedenza; per essere più precisi: oltre diecimila vani in meno di due anni per una massa di duecentomila quintali di cemento e quasi cinquantamila di ferro (dati riguardanti il solo Ottieri).
Le sue imprese distruggono l’armonia del centro più antico, come nella storica piazza Mercato, dove l’orrendo palazzaccio, sorto in pochi mesi,fa tuttora rivoltare nella tomba i tanti napoletani illustri, alle cui gloriose gesta è legata la sacralità dei luoghi. Anche nella città nuova, al Vomero, si pongono saldamente le basi della perpetua invivibilità, erigendo monumenti alla vergogna, come la stupefacente “muraglia cinese” di via Aniello Falcone, che ancora oggi molti si ostinano a collegarne la costruzione agli anni delle amministrazioni laurine. (citiamo ad esempio tra i tanti: la “Storia fotografica di Napoli”,a cura di Attilio Wanderlingh con testi di Ermanno Corsi oppure il“Vomero” di Giancarlo Alisio, nei quali placidamente si addossa a Lauro la realizzazione della “muraglia cinese”).
Il kafkiano episodio di manomissione fisica del piano regolatore avviene negli anni della gestione Correra. L’accaduto è noto, ma vale la pena ricordarlo per perpetuarne la memoria. Le tavole del piano regolatore del 1939, all’epoca vigente, erano conservate in tre esemplari, al Comune, all’Archivio di Stato ed al Ministero dei Lavori Pubblici. I soliti ignoti, non essendo a conoscenza della terza copia, depositata a Roma, agiscono in più tempi impunemente sulle prime due, cambiando a più riprese i colori che identificano la destinazione delle varie aree della città. Il verde delle zone agricole diventa così il giallo delle zone edificatorie. Un caso emblematico è costituito dai terreni dove sorgerà il secondo Policlinico, che, comprati per tre soldi, frutteranno cifre iperboliche agli speculatori.
I mandanti di queste continue manomissioni, ai limiti dell’incredulità, si procacciano preventivamente a prezzo vile i terreni agricoli e poi,dopo il colpo di bacchetta magica,anzi di pastello, scaricano milioni di metri cubi di palazzi sui suoli rigenerati, guadagnando cifre da capogiro. L’intrallazzo andò avanti a lungo, fino a quando, fortuitamente, venne scoperta l’esistenza della terza copia. Fu quindi aperto un procedimento penale, ma naturalmente i colpevoli non furono mai identificati, rimanendo perciò impuniti, anche se tutti sapevano chi fossero. Una vicenda assolutamente irripetibile nella storia urbanistica di qualunque città.
Don Alfredo creò allora un’arma ancora più micidiale, che dava tra l’altro un’etichetta di legalità al comportamento degli speculatori edilizi. Diede infatti luogo ad un numero imprecisato di deroghe al piano regolatore da lui stesso proposto. erano le famigerate e troppo presto dimenticate“varianti Correra” che legalizzeranno ogni tipo di scempio,perpetrato dai costruttori. Il commissario prefettizio si serviva infatti di un escamotage che è stato rivelato dall’urbanista Antonio Guizzi, il quale, per inciso, fu consulente per la sceneggiatura del film “Le mani sulla città” e per anni si è battuto, inascoltato dai mass media, per ripristinare la verità storica su quegli anni difficili per la nostra città. Le licenze venivano concesse in variazione al piano regolatore cittadino e cominciavano tutte in tal guisa: “Visto il voto espresso il 26 luglio1958 dal consiglio superiore dei lavori pubblici, si rilascia…”.
A pagare un perpetuo tributo a questo scellerato comportamento sarà tutta la città, che ancora oggi, dopo oltre quarant’anni, soffre per quei lontani abusi. in particolare ne uscirono devastati i quartieri più moderni:Posillipo, Vomero, Arenella e Fuorigrotta.
Mentre nelle fertili campagne di Soccavo si mette mano ai primi lavori per la nascita del rione Traiano, nel 1960 il prefetto Correra, rinnova una convenzione con la Speme, una società nata per urbanizzare la collina di Posillipo, non senza averla dotata preliminarmente della quarta funicolare. Il sodalizio doveva costruire palazzine popolari per dare una casa ai pescatori e ai contadini e a tale scopo godeva anche di esenzioni fiscali e di sovvenzioni pubbliche, ma, strada facendo, realizzò parchi residenziali con rifiniture di lusso e prezzi di vendita che raggiungevano i dieci milioni a vano, fuori dalla portata dei ceti meno abbienti. La Speme riesce anche ad ottenere il permesso di raddoppiare quasi l’altezza degli edifici e in pochi anni completa sulla collina, cara agli ozi degli antichi romani, oltre quindicimila vani.
Finalmente si riesce a definire la data delle nuove consultazioni elettorali:il 6 novembre, dopo quasi tre anni di commissariamento. Un vero scandalo!
Ma la speculazione continuerà imperterrita fino ai nostri giorni, vedendo criminalità organizzata e politici collusi. non è più storia, ma cronaca ed i risultati sono sotto i nostri occhi.

Achille Lauro tra le sue donne

 Un grattacielo napoletano


giovedì 12 febbraio 2015

La Bibbia dell’amore in edicola ed in libreria

Articolo di Elvira Brunetti

A giorni esce l’ultimo libro di Achille e Marina della Ragione



L’amore è argomento quanto mai interessante e fino ad oggi, nonostante la presenza di migliaia di libri che ne trattano, non era mai stato sviscerato così in profondità come nella Bibbia di Achille e Marina della Ragione, illustrata da centinaia di foto e ricca di 60 capitoli, in ognuno dei quali viene approfondito un aspetto di questo eccitante sentimento, il più bel dono che il Creatore ha fatto al genere umano.
Dal 1°  marzo sarà disponibile in edicola ed in libreria, prima di quella data lo si può leggere tranquillamente in rete .
Ma soprattutto lo si può ricevere a domicilio (15 euro) e per le prime 50 persone che lo ordineranno agli autori a.dellaragione@tin.it  vi sono altri 2 splendidi libri in omaggio.
Concludiamo elencando i capitoli del libro e non resta che augurarvi buona lettura

Elvira Brunetti


domenica 8 febbraio 2015

Achtung pini storici in pericolo, salviamoli

febbraio 2015 voragine al parco virgiliano di Napoli

Tra i disastri provocati dalla pioggia incessante di questi giorni, nel bollettino di guerra delle strade chiuse o transennate, spicca l’ultimo pezzo di via Manzoni, dall’incrocio con via Petrarca all’ingresso del Parco virgiliano.
Ma la notizia più allarmante è costituita dalla presunta presenza di alberi pericolanti che debbono essere abbattuti. Sarebbe un oltraggio non solo al paesaggio, ma soprattutto alla storia della città, perché quei pini appartengono ad un gioiello di verde regalato a Napoli da un celebre cavaliere, senza macchia e senza paura. Attenzione non si tratta del rampante Berlusconi, ma del ben più carismatico Mussolini, che venne a Napoli per l’inaugurazione del parco e fece piantare centinaia di pini per l’occasione, come si evince chiaramente in una rara foto pubblicata sulla guida Campania del Touring dell’epoca.
La sovrintendenza è invitata a tenere gli occhi ben aperti per evitare un inutile scempio, al quale non vi sarebbe rimedio ed anche l’opinione pubblica, distratta da mille sollecitazioni, deve vigilare affinché una semplice potatura risolva il problema.
Persa la memoria storica il luogo è noto per  il “mercatino dei vip”, come suole essere denominato il disordinato assembramento di bancarelle che ogni giovedì mattina prende possesso dei vialoni di accesso del Parco delle Rimembranze.
In questo allegro bazar di sapore medio orientale, allietato dalle stridule voci dei venditori, che rimembrano le antiche voci degli ambulanti partenopei, si vende di tutto ad eccezione degli alimentari, con la presunzione di inseguire le griffe alla moda imitate in maniera prodigiosa e spacciate per vere.
Il mercatino è frequentato da una folla allegra e ciarliera nella quale si distinguono le signore e signorine bene della città alla ricerca spasmodica del capo di moda firmato, poco conta se apocrifo, perpetuando con l’aiuto del falso l’antica abitudine di vestire all’ultimo grido.
Sono naturalmente finte signore dalle labbra rifatte e dalle movenze sguaiate, inconsapevoli protagoniste di un doloroso quanto irrefrenabile epicedio: il malinconico tramonto di una classe borghese, che per secoli ha comandato ed oggi è sostituita da una casta prepotente e camorristica, volgare e sfacciata.
Concludiamo con una foto che parla da sola: una preoccupante voragine lungo la strada, mentre gli alberi sono innocenti; difendiamoli!!!

 inaugurazione del parco virgiliano di Napoli: adunata con Mussolini

venerdì 6 febbraio 2015

"Assaporare la stranezza dell'altro"

testo di Marina della Ragione



Che cosa ci aspettiamo dalla vita a due? In questi tempi di precarietà molti sognano di rifugiarsi in una coppia stabile e duratura e cercano disperatamente il compagno ideale. Altri non credono più alla coppia, desiderano prima di tutto preservare la loro libertà e realizzarsi senza sentirsi imprigionati dal vincolo del matrimonio.
Idealizzata o indebolita, la coppia e' lo specchio delle nostre attese più intime e di un'emozione che paralizza tutti: la paura.
Paura di fare una scelta sbagliata, paura di dover rinunciare alla propria libertà, paura che l'amore non duri, a tal punto che la maggior parte delle persone non cercano più di essere sorpresi da un incontro speciale, non si lasciano andare e non accettano più quel rischio che sembra essere necessario per vivere una bella storia d'amore.Paura dell'impegno, del vincolo, si preferisce restare in un periodo di prova, dove i ruoli ed i doveri propri e dell'amante non sono ancora definiti. Paura di soffrire per amore e soprattutto paura della diversità.  Si cerca l'anima gemella, la persona ideale per se, senza cercare di essere una buona persona per l'altro. La paura regna maestra, rinforzata anche dalla crisi economica e dagli idoli dell'intolleranza come "Eric Zemmour" il giornalista e saggista francese il quale nel suo famoso libro " L'uomo maschio" cita il concetto di "coppia" come concetto esclusivamente femminile, estraneo alla vera natura dell'uomo a cui è stato imposto ed al quale ormai anche l'uomo crede. 
Questo timore della diversità e' anche sostenuta da certi miti che ci influenzano;
Come quello del partner unico ed ideale, che ci aspetta da qualche parte, un altro fatto su misura per noi. Questa ricerca ci priva della possibilità di incontrare altre brave persone e ci fa dimenticare che e' a due che l'amore si costruisce. 
Il mito della fusione piena di grandi fragilità individuali e collettive alimenta la nostra paura del diverso.
Mossi da un bisogno di sicurezza, di solidità, il desiderio di fusione fa sparire l'individuo a profitto della coppia, annullando il mondo esteriore. Anche gli amici più intimi sono considerati come una minaccia alla nostra stabilità di coppia.
Sicurezza illusoria che non elimina le nostra paura di perdere la persona amata e ci porta a rifugiarci in un solo modello di coppia possibile.
In questi tempi difficili, la fusione e la ricerca del proprio simile, sembrano essere diventati dei valori rifugio. Testimone è il grande successo incontrato dai numerosi siti di incontri che promettono di trovare l'anima gemella a partire da criteri basati su affinità elettive o comunione di interessi, che basterebbero ad assicurare il successo di una coppia felice e duratura.
O l'amore si nutre delle dissimilitudini dell'altra metà, di ciò che nell'altro differisce da noi, quell'alterità caratteriale, culturale e sociale che crea l'interesse, lo stupore, la novità e che rilancia la coppia senza spegnere il desiderio.
Allora piuttosto che volere a tutti i costi cambiare il proprio partner, cancellarne le stranezze o rendere più simile a noi l'altro, perché invece non provare ad assaporare la sua diversità? Perché non vedere il proprio coniuge, uomo o donna, come un nuovo continente da esplorare?
Se ci fermiamo a riflettere è proprio la divergenza femminile che permette agli uomini di far uscire tutta la loro potenza e analogamente la diversità maschile che porta le donne ad esprimere la forza della loro interiorità. E se in questo inizio anno provassimo tutti a reinventare il mondo, concedendo più tempo e disponibilità all'altro?
E se cercassimo di costruire la nostra relazione di coppia camminando insieme nella diversità?

Marina della Ragione



mercoledì 4 febbraio 2015

Sottomissione, l’ultimo romanzo di Houellebecq

articolo di Marina della Ragione



Grandi polemiche sta suscitando l’ultimo romanzo di Houellebecq, che prevede per la Francia un futuro di “Sottomissione” all’Islam ed in pochi giorni è in testa alla classifica dei più venduti.
Tra i compiti della letteratura vi è quello di far meditare il lettore su problematiche scottanti, esponendo, sotto forma di romanzo, tematiche di notevole impatto, imitando la fortunata formula di Gomorra di Roberto Saviano e dimostrando di saper intercettare ciò che si muove nelle viscere della società, nel creare una trama con dei personaggi di fantasia.
Poco importa, se non al critico, lo stile piatto, le lunghe digressioni su filosofi poco noti, le approssimazioni, i salti logici, la voglia di scandalizzare ad ogni costo, pur di essere letto da una vasta platea.
Houellebecq racconta la Francia del futuro, governata dai Fratelli Musulmani che riescono ad andare al governo grazie ad una incredibile alleanza con quel che resta di centristi e sinistra alleate al musulmano moderato Mohammed Ben Abbes, leader di “Fraternité musulmane”, contro lo strapotere di Marine Le Pen.
Come scrive Emmanuelle Carrère, che ritiene li libro un vero capolavoro, Houellebecq ha il merito di essere l'unico a parlare di un problema che esiste, ma che molti intellettuali sembrano ignorare: l'Occidente che si arrende all'Islam, dopo secoli di razionalità e illuminismo.  
In questo scenario decadente si inserisce la storia di François, studioso di Huysmans, che ha scelto di dedicarsi alla carriera universitaria. Perso ormai qualsiasi entusiasmo verso l’insegnamento, la sua vita procede diligente, tranquilla e impermeabile ai grandi drammi della storia, infiammata solo da fugaci avventure con alcune studentesse, che hanno sovente la durata di un corso di studi.
Ma qualcosa sta cambiando. La Francia è in piena campagna elettorale, le presidenziali vivono il loro momento cruciale. I tradizionali equilibri mutano. Nuove forze entrano in gioco, spaccano il sistema consolidato e lo fanno crollare. È un’implosione improvvisa ma senza scosse, che cresce e si sviluppa come un incubo che travolge anche François.
I francesi sembrano adattarsi rapidamente alle novità, dalle donne costrette a lasciare il lavoro e ad indossare abiti castigati, all’introduzione della poligamia, mentre le grandi multinazionali del petrolio incrementano gli investimenti ed i professori universitari possono conservare la cattedra solo se si convertono all’islamismo.
Un futuro più vicino di quanto si possa pensare e che l’autore pone nel 2022, fra soli 7 anni.

Marina della Ragione

lunedì 2 febbraio 2015

Un editto da salvare



Napoli è ricca di storia, ma è altrettanto distratta e svogliata nel preservarla.
Lo dimostra in modo lampante lo stato in cui versa, abbandonato e negletto, questo editto reale, per la cui scoperta debbo ringraziare l’amico Alfonso Pastore, infaticabile camminatore per le strade cittadine, che gentilmente mi ha segnalato, con annesse foto, questo editto, emanato nel 1783 da FerdinandoIV, sito in piazza Pilastri a Fuorigrotta.
All’epoca non esistevano solo editti su carta ma anche quelli su pietra.
Com’è noto, ad Agnano esisteva un lago. La conca di Agnano non è altro che un cratere di un vulcano spento.
Il lago di Agnano fu prosciugato con una bonifica nel 1870.
Fino alla metà del secolo scorso la conca di Agnano (con l’ippodromo al centro) era tutta verde. Non si vedevano che poche costruzioni: l’ingresso della Riserva Reale di caccia degli Astroni e poco altro, a differenza della situazione attuale, densa di costruzioni abusive fino a Pianura.
Nel ‘700 si effettuava, nel lago di Agnano, la macerazione della canapa ed il luogo era infestato dalla malaria. Sicché Ferdinando IV – su deliberazione del Tribunale della Generale Salute – fece erigere, in Piazza Pilastri, a Fuorigrotta una stele in piperno con lapide in marmo, visibile in queste foto e di cui si riporta il testo:
FERDINANDUS IV D.G.
UTRUSO. SICILIAE REX
DI SOVRANO COMANDO
IN QUESTO LUOGO DEVONO
FERMARSI I CARRI E LE SOME
CHE FANNO RITORNO DALLA
MATURAZIONE DE CANAPI
E LINI SEGUITA NEL LAGO
DI AGNANO.
PER GLI CONTRAVENTORI HA
STABILITO IL RE D.G. LA PENA
DI DUE MESI DI CARCERE NELLA
PRIMA VOLTA E NELLA SECONDA
QUELLA DELLA PERDITA DE CARRI BOVI E SOME
IL TRIBUNALE GENERALE DELLA
PUBBLICA SALUTE PER ESECUZIONE
DEL SUDDETTO REAL COMANDO E
PER NOTIZIA DI TUTTI HA FATTO
INCIDERE IN MARMO LA PRESENTE
ISCRIZIONE, NAPOLI DA S.LORENZO
LI 23 LUGLIO 1789.
IL SOPRAINTENDENTE E DEPUTATI
DEL TRIBUNALE DELLA GENERALE SALUTE
FILIPPO MAZZOCCHI
MAZZEO D’AFFLITTO DI ROCCA GLORIOSA
IL PRINCIPE DI S. AGATA
GIOVAN BATTISTA CAPUANO
ORAZIO CAPECELATRO
DOTTOR GAETANO DANDOLFI
DOTTOR OTTAVIO M. BUONO
DOTTOR FERDINANDO FARODI
DOTTOR NICOLA GRAZIUSO CONSEGR.
Come si può notare dalle foto, la stele versa in condizioni pietose e certamente non ha futuro se non si interviene con tempestività e opportunamente.
La scuola nei pressi del monumento, la Silio Italico, è un’autentica schifezza. Cose da terzo mondo.
In un paese civile, tutta l’area (Piazza Pilastri, l’orrenda scuola, i fabbricati degradati e – dulcis in fundo – la stele borbonica)  necessitano con urgenza  di un intervento di restauro conservativo.
L’amico Alfonso Pastore si è premurato di informare le autorità competenti, ricevendo risposte vaghe, che riportiamo, sperando che la vicenda, grazie all’aiuto dell’opinione pubblica, abbia una conclusione positiva.

Gentile dott.ssa Pastorelli,
 Sicuramente conosce questa lapide del 1783 in zona centro.
Occorrerebbe una traduzione in un cartello turistico.
E’ d’accordo con me?
Mi  terrebbe al corrente dell’editto di Ferdinando IV?
Cordiali saluti
Alfonso Pastore

Gentilissimo signor Alfonso Pastore,
Innanzitutto, La informo che ho inviato la lettera per l'epigrafe di Fuorigrotta, con la Sua segnalazione, agli Enti competenti chiedendo un sopralluogo congiunto per decidere gli interventi da effettuare. Naturalmente è in indirizzo anche Lei per conoscenza. Speriamo bene!
Non conosco l'epigrafe dell' immagine che mi ha inviata ma concordo con Lei circa l'opportunità di salvaguardare e recuperare queste testimonianze importantissime per la storia del Regno delle Due Sicilie, purtroppo, di frequente, sommerse dal degrado di alcuni quartieri del centro storico, non soltanto ignorate dalla segnaletica turistica ma spesso addirittura imbrattate. Eppure si tratta di tasselli così utili per ripercorrere la storia della nostra città.
Sarebbe auspicabile, per prima cosa, avviare una catalogazione delle epigrafi cittadine, che credo non sia mai stata fatta.
Sperando di incontrarLa presto Le invio cordiali saluti.
 Rita Pastorelli  
mi scuso per non essermi fatta sentire  ma, in questo periodo, tra qualche problema di salute, prima, poi ferie ed emergenze lavorative varie qui al museo di San Martino, al rientro, sono stata un po’ presa!
Direttore Storico dell'Arte Coordinatore
Responsabile raccolte d'arte applicata e raccolte storiche/Ufficio Mostre
Direzione Certosa e Museo Nazionale di San Martino

Achille della Ragione