giovedì 22 dicembre 2016

Interviste a personaggi celebri

 L’89° libro di Achille della Ragione




In questi giorni è disponibile un’opera quanto mai interessante, che raccoglie una serie di interviste pubblicate negli ultimi anni sulla Circolare spigolosa, un giornale telematico tra i più letti in Italia. Al libro hanno collaborato tre autori: l’instancabile Achille, il giornalista Matteo Cornelius Sullivan, e Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, un nobile pluriblasonato.
--------------------------------------------------------------------------------------------------

intervista visiva al principe Emanuele Filiberto


Vogliamo fornirne ai potenziali lettori un assaggio proponendo l’intervista visiva al principe Emanuele Filiberto, che si può godere collegandosi a questo link https://www.youtube.com/watch?v=ID19mQGYEIk


--------------------------------------------------------------------------------------------------


Molto interessante è anche quella a Ludmilla Radcenko, dopo la quale si sviluppò un’amicizia più che affettuosa degnamente e ripetutamente onorata.

Quattro chiacchere con Ludmilla Radchenko



1  Come e quando hai deciso di venire in Italia?
 Si è trattato di un caso! Volevo semplicemente un posto adatto per cominciare da zero la mia vita. Io cercavo indipendenza. E la società occidentale aveva tutti i presupposti per poter tirare fuori la mia determinazione. Avevo 200 dollari, prestati dal mio padre e da lì ho cominciato a costruire "la mia base"!
2  Quale motivazione ti ha indotto a passare dalla carriera di modella a quella di artista?
Da piccola ho studiato l'arte e mi sono laureata in design. Un giorno mio nonno, insegnante di disegno tecnico, mi disse: “il tuo talento deve venire fuori, fare la modella e lavorare in TV non è un lavoro per tutta la vita, prova di sviluppare qualcosa per ciò a cui hai dedicato anni e anni di studio!”. Forse, fino a qualche anno fa, ero troppo immatura per intraprendere un lavoro diverso dal mondo dello spettacolo,  ma tutti, prima o poi, si domandano cosa faranno da grandi . Tre anni fa mi sono presa una pausa di riflessione, sono volata  New York per gli studi  e ho deciso di fare una scelta radicale!Al mio ritorno ho affittato uno studio, l'ho trasformato ed ho cominciato a lavorarvi febbrilmente. Lì  ho potuto individuare il mio codice, la mia tecnica. Penso che tutto il mio percorso nasca dalla voglia di dimostrare, per l'ennesima volta, a me stessa che so fare e posso fare qualcosa. E’ una sfida.
3   Quali artisti contemporanei ti hanno ispirato maggiormente?
All’ università ero malata di Gauguin, copiavo le sue opere. Qualche anno fa, dopo una mostra a Londra, dedicata a Salvador Dalì ho cominciato interessarmi di surrealismo, sopratutto il senso di composizione. Dopo New York adoravo Street Art, mi attraevano le immagini caotiche, quasi per caso. Leggendo e frequentando le mostre capivo la mia vera passione per la pop art: ho fatto un'intera collezione  in esclusiva per Gigart utilizzando la tecnica di Mimmo Rotella - gli strappi. Roy Lichtenstein, Andy Warhol, James Rosenquist, Robert Rouscenberg,Peter Phillips, Claes Oldenburg, Richard Hamilton - sono loro gli artisti che hanno catturato la mia attenzione.
4  Credi che le tue opere vivranno dopo di te ?
Credo che la passione con la quale mi dedico al mio lavoro non potrà rimanere indifferente al pubblico. IO DIPIGO ENERGIA  e  LE MIE OPERE  SONO UN RACCONTO CHE COLLEGA GLI OGGETTI DI CONSUMISMO DELLA NOSTRA EPOCA E LA RICERCA ICONOGRAFICA IN UN MANIFESTO TRIDIMENSIONALE . IN QUALCHE MODO RAPPRESENTO LA MIA GENERAZIONE  E MI SENTO RESPONSABILE di trasmettere anche L'ETICA OLTRE ALL'ESTETICA NELLE MIE TELE.  Per diventare un artista  che rimane nel tempo ci vogliano almeno 50 anni di percorso. Solo il tempo ci dirà se un giorno io possa (O POTREI???) rientrare tra quelli!
5  Quanto ti pesa essere una donna bella ?
Nonostante la rapidità del mio percorso e tutte le cose positive che mi sono accadute in due anni, mi sono scontrata con una grande difficoltà: Il riuscire ad essere credibile. Naturalmente molte persone hanno pensato che la Radchenko si è convertita in pittrice solo per "mettersi in mostra".  Per me invece è stata una scelta naturale e la pop art mi ha consentito di esprimere la mia visione di vita senza parole e senza usare il mio corpo, mi ha dato coraggio di sfogarmi e sentirmi utile. IL FATTO DI SPOGLIARMI SOLO IN UNA DELLE MIE PRIME  SERIE "ARTE DI ESSERE DONNA" INTERPRETANDO I GRANDI PERSONAGGI STORICI FU LA DICHIARAZIONE DEL MIO PASSAGGIO DALL’ OGGETTO AL SOGGETTO, DAI CALENDARI ALLA MIA DEDIZIONE ALL'ARTE. DA ORA IN POI IL CORPO DIVENTA CASTO E LA MENTE SI SPOGLIA.
Il mio curatore artistico Fortunato D'Amico, prima di ogni mostra, si raccomanda sempre:"Poco trucco, niente tacchi!!!" Io gli rispondo che per il trucco non c'è problema ma ai tacchi ancora non posso ancora rinunciare - sono sempre una donna!!!! :-)
6  La lontananza dal tuo Paese e dalla tua famiglia ti crea nostalgia?
La mia famiglia mi ha regalato un infanzia stupenda e mi ha cresciuta con dei sani principi. La lontananza ha fatto diventare il nostro rapporto ancora più bello, quando nulla diventa scontato. Sono sempre stata autonoma nelle mie decisioni e la scelta di venire in Italia è stata affrontata nel migliore dei modi. Sono felice che ora  possa avere la loro fiducia e renderli orgogliosi anche da lontano. L'unico pensiero che mi preoccupa è non poter dedicare più tempo al mio nonno, quest'anno compie 85 anni, ma è ancora pieno di entusiasmo. Per quanto riguarda il mio Paese in cui ci torno spesso , la mia mentalità è piuttosto europea e mi sento più a casa in Italia. Si, Milano è la città che ha adottato la mia voglia di essere indipendente.
Concludiamo l’intervista e passiamo ad esaminare la produzione della Radcenko: collage con le tecniche più varie ed anche ritratti di tipo tradizionale, spesso di grandi dimensioni, nei quali l’artista trascrive le sue osservazioni sul mondo, mentre i protagonisti delle sue opere errano in una dimensione atemporale, in preda alle loro passioni ed assumono la dignità di eroi.



Nel Pantheon ideale di Ludmilla vi sono l’uno affianco all’altro Garibaldi e Van Gogh, Madonna e la Statua della libertà. Chi di loro resisterà, traghettando la sua fama nel futuro in un mondo globalizzato e multiculturale, che divora i miti e rende anonimi personaggi illustri celebrati nel passato?
Soltanto l’arte saprà sfidare i secoli dando gioia e diletto a più generazioni, fino a quando gli uomini coltiveranno il gusto del bello e si emozioneranno ad assistere al gioco cangiante delle linee e dei colori.
La Radcenko appronta un’ideale Arca di Noè nella quale imbarca, per traghettarle nel futuro, una serie di donne famose, trasformate in icone pop, alle quali dà anima e corpo in egual misura, infatti a questi personaggi impresta le sue splendide forme sinuose, che, grazie a tale artificio, possono tranquillamente sfidare il tempo, passando dalla caducità della giovinezza all’eternità dell’arte.
Abbiamo così la Gioconda (fig. 6) ed Elena di Troia (fig. 7), Caterina di Russia (fig. 8) e Frida Kahlo (fig. 9).
Tra queste figure femminili Ludmilla ci ha confessato di essere particolarmente legata a Frida Kahlo,una pittrice che ha dedicato la vita a trascrivere le emozioni e le proprie idee nei suoi dipinti ”il fatto di spogliarmi nella serie arte di essere donna interpretando grandi personaggi femminili è stata la dichiarazione del mio passaggio da oggetto a soggetto, dai calendari alla mia dedizione all’arte, da ora in poi il mio corpo diventa casto e la mente si spoglia. Tutte le ikone scendono nel mondo reale e condividono con noi la loro storia come tutti i comuni mortali”.
fig. 6

fig.7

fig.8
fig.9

 Lo spettacolo che si è presentato ai miei occhi, guardando questa galleria di personaggi femminili trasferiti sulla tela, è stato superiore alle più rosee aspettative e tale da convincermi di aver conosciuto un’artista in grado di fondere abilmente contemporaneità e tradizione, ma soprattutto di saper rivisitare e spogliare (in senso non solo metaforico) i celebri personaggi raffigurati e farceli conoscere sotto una diversa prospettiva.







------------------------------------------------------------------

Un volume che non potrà mancare nella vostra biblioteca e che potrebbe costituire una splendida strenna per santificare con cultura le prossime festività natalizie. Un libro che si può ricevere a domicilio ordinandolo

alla Libreria Neapolis – tel. - 081 5514337 – info@librerianeapolis.it

oppure contattando direttamente l’autore tel. 0817692364 - a.dellaragione@tin.it


giovedì 15 dicembre 2016

I tesori nascosti. Tino da Camaino, Caravaggio, Gemito

Una lotta tra bello e brutto, tra vero e falso

A 01 - Sede mostra

Fino a maggio si potrà ammirare a Napoli, nella sede della chiesa della Pietrasanta (tav.1), restituita dopo decenni alla pubblica fruizione, un’esposizione, intitolata “I tesori nascosti. Tino da Camaino, Caravaggio, Gemito”, ricca di oltre 150 dipinti ed organizzata da Vittorio Sgarbi. Una occasione ghiotta, anche se costosa, perché il biglietto costa 12 euro, circa il doppio di una visita a Capodimonte.

A 02 - Merisi

Nei primi giorni file interminabili di visitatori, tra turisti e napoletani, richiamati dal nome illustre del curatore, ma soprattutto dalla possibilità di vedere un Caravaggio (tav.2) inedito. Sulla meritata fama di Vittorio Sgarbi non discutiamo, sull’autografia del dipinto abbiamo più di un dubbio e ci riserviamo di dedicare all’argomento un articolo specifico, dopo aver sentito il parere dei massimi specialisti mondiali del pittore.
Passiamo ora ad esaminare le opere degli altri due artisti che stranamente fanno compagnia al Merisi nel titolo della mostra: Tino da Camaino rappresentato da una scultura (tav.3) più che modesta; stesso discorso per Gemito, in mostra con una testa (tav.4), che, se posta in vendita, faticherebbe a raggiungere una quotazione di un migliaio di euro.

A 03 - Tino da Camaino
A 04 - Gemito

Le opere in mostra appartengono tutte a privati, banche e collezionisti, tra questi la parte del gigante la fa la raccolta personale del curatore Vittorio Sgarbi. Al momento manca un catalogo cartaceo di quanto esposto, una pecca molto grave, a mala pena sostituita da una App scaricabile sul telefonino in grado di fornire descrizioni ed a volte approfondimenti su dipinti e sculture esposte.
Tutto il percorso, dal Trecento al Novecento, è una costante lotta tra bello (tav.5) e brutto (tav.6), ma soprattutto tra falso e vero; il primo ben rappresentato da uno pseudo Battistello Caracciolo (tav.7) ed un Tiziano (tav. 8) che grida vendetta e rientra a pieno titolo in entrambe le categorie.

A 05 - Il bello
A 06 - Il brutto
A 07 - Battistello
A 08 - Tiziano

Molti i dipinti napoletani, tra cui alcuni di qualità eccelsa, da una tavola di Ierace (tav.9), ad una coppia di De Matteis, firmati e datati 1727, da un Mattia Preti del periodo maltese ad uno splendido Ribera (tav.10), in compagnia di altri dipinti attribuiti al valenzano, ma eseguiti dalla bottega. Un eccelso Nicola Malinconico e due Giordano, uno dubbio ed uno notevole (tav.11) di proprietà di uno dei più importanti antiquari italiani: Tornabuoni di Firenze.
La natura morta è degnamente rappresentata da un superbo Luca Forte(tav.12), proveniente dalla celebre raccolta Molinari Pradelli.
Numerosi sono i dipinti dell’Ottocento e del Novecento, napoletano ed italiano, tra questi spiccano due capolavori assoluti: un Ligabue (tav.13) ed un De Chirico (tav.14).
Possiamo concludere con un giudizio positivo, anche se abbiamo sottolineato luci ed ombre della mostra e non si tratta di un chiaro scuro caravaggesco…

A 9 - Ierace


A 10 - Ribera
A 11 - Giordano


A 12 - Forte

A 13 - Ligabue

14 A De Chirico

venerdì 9 dicembre 2016

Interviste de La Circolare Spigolosa



“Interviste de La Circolare Spigolosa”, è un libro che raccoglie le trentacinque interviste su argomenti vari, pubblicate dalla newsletter del Partito della Alternativa Monarchica, tra il 2005 e il 2011, autori Matteo Cornelius Sullivan, Achille della Ragione, Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia.
Gli intervistati: Lidia Pera, Davide Pozzi Sacchi di Santa Sofia, Angelo Antinorio, Pier Luigi Brivio, Madoka Kitazake, Ugo D’Atri, Massimo Arsetti, Ennio Reggiani, Giovanni Francesco Alliata di Monreale, Roberto Vittucci Righini, Ruben Alberto Gavalda, Paolo Francesco Barbaccia, Gianluigi Ugo, Roberto Strani, Franco Siracusa, Harold Schmautz, Franco Bampi, Christian Okoge, Vito Bruno, Alexandru Carausu, Emanuele Filiberto di Savoia, Ilaria Cavo, Balàzs Berzsenyi, Andrej Longo, Yahya Pallavicini, Ludmilla Radchenko, Carlo Cecaro, Luigi De Filippo, Rosario Poidimani, Michel Onfry, Vinz Piscopo


http://www.youcanprint.it/biografia-e-autobiografia/biografia-e-autobiografia-generale/interviste-de-la-circolare-spigolosa-9788892636248.html

giovedì 8 dicembre 2016

Pietà! Quando riapre il Monte di Pietà?

Facciata del palazzo vista da Spaccanapoli

Il Monte di Pietà è uno dei tanti gioielli di arte e di storia negato da anni alla fruizione di napoletani e turisti. Non esistono problemi di inagibilità, il proprietario è una banca dalla storia gloriosa; possibile che non si riesca ad organizzare un gruppo di addetti per permettere delle visite guidate, almeno alcuni giorni alla settimana.
Il colmo è che se consultiamo internet la struttura risulta aperta il sabato e la domenica e sul suo sito si leggono entusiastici, quanto falsi commenti, anche del 2016; mentre il Monte di Pietà è vergognosamente chiuso da anni ed all’ingresso troneggia una bancarella abusiva che vende pantofole e mutande.
Ho chiesto al presidente Barracco se si prevede a breve una sua riapertura e la sua sconsolata risposta è che mancano i fondi!
Una situazione che grida vendetta, con la tenue speranza che, sotto la spinta dell’opinione pubblica indignata, qualcosa si muova, nell’interesse del turismo e nel doveroso rispetto della città.

Achille della Ragione

martedì 6 dicembre 2016

Mostra su Salvatore Fergola a Palazzo Zevallos



tav. 0 - Mostra Fergola


Fino al 2 aprile si potrà ammirare un’esposizione (tav.0), intitolata ‘Fergola. Lo splendore di un Regno’, ricca di oltre 60 dipinti e disegni dell’artista provenienti da istituzioni prestigiose come la Reggia di Caserta, il Palazzo Reale di Napoli, il Museo di Capodimonte e il Museo Nazionale di San Martino, oltre che da collezioni private.
L’idea di realizzare la prima grande esposizione monografica dedicata al pittore è nata da un dipinto facente parte della collezione di Intesa Sanpaolo, già Banco di Napoli (non dimentichiamolo mai) raffigurante ‘La Tempesta nel golfo di Napoli’, un punto di partenza da cui partire per riscoprire il talento e l’entusiasmo del maestro nel narrare la bellezza dei luoghi e la forza della storia napoletana. Fergola è stato un protagonista della pittura italiana dell’800, nella veste di fotoreporter dei primati borbonici, una sorta di Micco Spadaro dell’epoca.
L’opera più significativa del pittore è quella che rappresenta l’inaugurazione della prima strada ferrata in Italia (tav.1), un primato importantissimo del Regno delle due Sicilie, alla quale sono collegata la Stazione di partenza (tav.2) e quella di Castellammare (tav.5), costruita in seguito.
Gli studi sulla pittura napoletana del’800 hanno sempre privilegiato la Scuola di Posillipo, molto amata perché rappresenta un approccio diretto alla natura, formata da pittori romantici per eccellenza, svincolati da legami con i committenti. Fergola invece è l’opposto. È stato l’ultimo pittore di Corte, legato più al passato che al futuro ed al presente come invece furono i pittori indipendenti della Scuola di Posillipo, ma che ha anche rappresentato un momento storico eccezionale”.
Quella di Salvatore Fergola è stata una carriera lunga e complessa. Nato a Napoli in una famiglia di artisti, egli (1796–1874) si dedicò sin da giovane alla pittura di paesaggio, tanto da poter essere considerato il legittimo erede del grande Hackert. Come “pittore di paesaggio della Real Casa di Borbone”, Fergola seguì il re Francesco I in Sicilia e in Puglia e immortalò nelle sue opere alcuni momenti storici di rilievo del Regno delle Due Sicilie. La sua produzione è stata molto vasta: dalle incantevoli vedute della città dal mare alla rappresentazione del varo dei vascelli reali alle scene di naufragio tipiche del gusto romantico, in cui divenne un vero specialista.
La sua produzione pittorica cominciò nel 1819  e durò fino alla fine della dinastia, quando il Regno delle Due Sicilie venne annesso all’Italia. Proseguì poi stancamente negli anni dell’Unità, fino alla sua morte, avvenuta nel 1874. Dal suo lavoro viene fuori una fetta  della storia della dinastia dei Borbone. Egli rappresenta scene di caccia, i viaggi del Re in Sicilia, la vita di Corte, in quadri ad olio in cui conserva l’incanto, la bellezza e la qualità della tempera, cosa che lo distingue dai vedutisti contemporanei. Diventa un pittore di corte che sa interpretare i nuovi tempi e lo slancio della città e del Regno, che vanta primati invidiabili a livello nazionale.
Napoli ai tempi dei Borbone era una metropoli moderna, la terza città in Europa per popolazione. E’ a Napoli che vennero introdotti per la prima volta la ferrovia, ma anche il battello a vapore, i ponti sospesi in ferro e il primo sistema bancario moderno grazie a banchieri provenienti dalla Francia. La città accoglieva tecnici da tutta Europa e con i suoi quadri Fergola rappresentò in pieno lo slancio verso la modernità dei Borbone.
Nel 1829-30 segue la corte a Madrid con il re Francesco I che porta sua figlia in sposa al Re di Spagna. Al ritorno la compagnia decide di passare per Parigi dove si trattiene diversi mesi ospite del duca d’Orléans e della duchessa di Berry, cognato e sorella del sovrano napoletano ed entrambi tra i più importanti collezionisti d’arte contemporanea in Europa. A Parigi Fergola entra in contatto con altre influenze e la sua ultima produzione è composta di grandi marine in tempesta.
L’artista testimonia la grande importanza riservata dai Borbone alle comunicazioni, le magnifiche parate (tav.3), luoghi scomparsi come la Conocchia (tav.4), grandi feste come il Carnevale del 1846 (tav.6) , ma nello stesso tempo  anche il cambiamento nella politica di Ferdinando II di Borbone, dal suo momento di benevolenza verso gli artisti e l’esercito e quello successivo ai moti insurrezionali del ’48, quando il Re smise di essere liberale. Fergola capì che qualcosa era cambiato e lo rappresentò nelle sue opere. Si avvicinò così al paesaggio della tempesta fino al suo ultimo dipinto in mostra, che rappresenta Gesù nell’atto di imporre al mare tempestoso di placarsi, un quadro in cui chiaramente ridicolizza la fine di un Re”.




tav. 1 Fergola, Salvatore The Inauguration of the Naples-Portici Railway, 1840
tav. 2 Salvatore Fergola Via Foria

tav. 3 - Fergola -Inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici Caserta Palazzo Reale Quadreria
tav. 4 - Fergola - Conocchia
tav. 5 -Fergola firmato e datato 1843-La-ferrovia di Castellammare


tav. 6 - Fergola - Carnevale a Caserta


mercoledì 30 novembre 2016

Una lettera da Rebibbia, quanta malinconia

 "MAIDIRE MAIL" <rebibbianc@maidiremail.it>
Costantini Marco le ha inviato un messaggio che trova in allegato.
Costantini Marco has sent you a message, please find it attached.
illustre conte,
i suoi nobili amici porgono cari saluti a sua altezza, siamo qui real dimora dove lei ha scritto pagine memorabili, tali da fare invidia allo scibile umano.
Ci siamo domandati, se signoria vostra fosse in otima salute? considerato che da illo tempore non riceviamo sue notizie! si ricordi sempre che noi ricordiamo le sue gesta, e riserviamo un posto in prima fila, nel teatro e nei meandri dei nostri cuori.
Con la speranza che questi anni di oblio possano diventare solo un cattivo ricordo.

Caro Achille credo che apprezzerai la nostra ilarità, da buon partenopeo sai la battuta è sempre dietro l'angolo.
Con amicizia Marco e Mario e tuttto il gruppo universitario



Carissimo Marco,
Non vi ho dimenticato e non vi dimenticherò mai, siete sempre nel mio cuore capriccioso, che mi da tanti problemi e sembra si si stancato di battere e voglia fermarsi per riposare. A settembre al San Raffaele di Milano, nelle mani di un luminare, durante un tentativo di riaprire una coronaria occlusa al 100%, ho avuto un micro infarto. Ho corso il rischio di morire. La morte non mi fa molta paura, ma vorrei concludere la mia avventura terrena a casa mia, con tutte le comodità: un bel funerale con tanti amici e parenti, un memorial di scacchi a mio nome e forse anche voi mi ricorderete con una preghiera durante la messa domenicale. A giorni dovrebbe concludersi la mia via Crucis giudiziaria, tirerò un sospiro e penserò a voi.     
Salutami tutti quelli che si ricordano di me.                                         
Vi voglio bene.
Achille






Dal Corriere della sera

Così dipinge la Totò Story un altro camice bianco partenopeo, Achille della Ragione, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera il 14 dicembre. “L’ex governatore Cuffaro dopo aver scontato la condanna a sette anni per concorso esterno nel favoreggiamento alla mafia, torna un uomo libero, lasciandosi alle spalle il carcere romano di Rebibbia. Finalmente finisce un doloroso calvario, percorso con cristiana rassegnazione e comincia una nuova vita dedicata al prossimo. Infatti è sua ferma intenzione, subito dopo il periodo natalizio trascorso in famiglia, di partire per il Burundi e lì prestare la sua opera di medico in favore della derelitta popolazione africana – continua la commovente missiva pubblicata dal quotidiano di via Solferino – facendo tesoro dell’esperienza maturata a contatto con ergastolani senza speranza e con gli ultimi della terra, da tutti dimenticati, spesso anche dai propri cari. Una decisione che merita rispetto e ammirazione”.

Grande esperto d’arte, amante della pittura secentesca, nobile di lignaggio, mecenate, il professor della Ragione nella sua vita ha trovato anche il tempo per esercitare l’arte medica. Per anni vip tra i ginecologi partenopei, dopo una irresistibile ascesa nell’empireo della professione, è inciampato nella storiaccia di un abortificio clandestino dove si macinavano soldi & vite, e condannato in via definitiva nel 2008 dalla Corte d’Appello di Napoli a dieci anni. Si ritroveranno tutti, liberi & belli, a portare la Luce ai bimbi africani?




Percorsi sacri tra Vomero ed Arenella

Un prezioso libro di Dante Caporali

00 - Copertina

Mancava da sempre un volume che trattasse con competenza l’argomento, solo apparentemente secondario, delle chiese del Vomero e bisogna perciò ringraziare Dante Caporali, noto cultore di napoletanità, per aver fornito, con un libro (fig.0) ricco di splendide foto a colori, circa 400, corredate da schede esaustive, agli appassionati del settore una bussola per addentrarsi in un viaggio affascinante alla riscoperta dei complessi religiosi del Vomero e dell’Arenella, alcuni dei quali sorti già tra ‘500 e ‘600 negli antichi borghi rurali di Antignano, Vomero Vecchio e Arenella, per secoli estranei alla città di Napoli, perché lontani e di difficile accesso e che soltanto alla fine dell’800 ne entrarono a far parte a pieno titolo.
I percorsi sacri comprendono 6 itinerari nei quali sono descritte in dettaglio 35 chiese spesso con frequenti riferimenti alle più importanti guide storiche del passato.
Specifici capitoli sono poi dedicati alle cappelle private; alle edicole votive, derivazione di quella pietà popolare tanto sentita dai napoletani, sorte in gran numero in città fin dalla metà del ‘700; alle tradizioni sacre, molte delle quali scomparse e ridotte oggi soltanto alla processione del giorno di Pasqua, nota come Mistero di Antignano, forse risalente addirittura al periodo angioino, ma certamente praticata quasi ininterrottamente dalla metà del ‘700 fino ai giorni nostri.
Molti erroneamente credono che, essendo il Vomero un quartiere moderno, gli edifici religiosi siano privi di testimonianze artistiche del passato e per cui frequentati solo dai fedeli, viceversa, i dipinti del Cinquecento e del Seicento da poter ammirare sono numerosi, anche se a volte provenienti da antiche chiese del centro storico, chiuse da tempo per motivi statici.




02 - Paolo De Matteis-Madonna col Bambino (Napoli, S.Giovanni dei Fiorentini)
Un esempio calzante è costituito da San Giovanni dei Fiorentini, sita nei pressi di Piazza degli artisti, che ha sostituito negli anni Cinquanta del secolo scorso la chiesa eponima, demota per far posto agli edifici del nuovo rione Carità. Ricchissima di quadri di Marco Pino (fig.1) e di Giovanni Balducci, conserva nella stanza del parroco una gioiosa Madonna col Bambino (fig.2) di Paolo de Matteis, eseguita nel 1690.
Una visita entusiasmante è costituita dall’Eremo dei Camaldoli, che giganteggia in copertina, una passeggiata tranquilla tra panorami mozzafiato e lo sguardo su capolavori del passato, dall’Inferno del Grammatica (fig.3), alla spettacolare Assunzione (fig.4) di Cesare Fracanzano.
03 - Antiveduto Gramatica-L'Inferno (Napoli, Eremo dei Camaldoli)

04 - Cesare Fracanzano-Assunta-1 (Napoli, Eremo dei Camaldoli)

Un’altra chiesa, poco nota, che merita attenzione, è quella di S. Maria della Salute, che contiene veri gioielli d’arte, da una tavola di Girolamo Imparato (fig.5) ad una coppia di dipinti di Onofrio Palumbo (fig.6).
Potremmo continuare a lungo, ma non vogliamo togliere al lettore il sottile piacere della scoperta di tanti capolavori, illustrati a colori da foto scattate personalmente dall’autore, il quale, un tempo ingegnere, oltre che uno studioso, è anche e soprattutto un valente fotografo.
Un libro che non potrà mancare nella biblioteca di studiosi ed appassionati e che potrebbe costituire una splendida strenna per santificare con cultura le prossime festività natalizie.


05 - Girolamo Imparato-Madonna col Bambino e Santi-2 (Napoli, S.Maria della Salute)

06 - Onofrio Palumbo-Adorazione dei pastori (Napoli, S.Maria della Salute)



   

   

martedì 22 novembre 2016

Inediti di Stanzione e Solimena in asta a Roma




fig.1- Massimo Stanzione



Presso la prestigiosa sede della Minerva Auctions di Roma a palazzo Odescalchi andranno fra qualche giorno in asta, partendo da prezzi appetibili, alcuni dipinti inediti napoletani, illustrati in una conferenza dal professor Riccardo Lattuada.
Partiamo dal Martirio di una santa (fig.1), forse S. Lucia, attribuito al periodo giovanile, attorno al 1620, di  Massimo Stanzione dall’illustre studioso, collocazione cronologica con cui concordiamo pienamente.
La tela si inserisce perfettamente nel panorama pittorico del primo Seicento napoletano. Palpabile è  il richiamo e il recupero della tradizione caravaggesca dalla quale derivano il tagliente chiaroscuro, il naturalismo dei corpi e l’essenzialità del racconto. A questo si aggiunge però una maggiore dolcezza delle forme e delle espressioni, derivata dal classicismo di Guido Reni, presente a Napoli nel 1622. Le figure, soprattutto quella femminile, ricordano alcune opere di Stanzione, quali la Giuditta con la testa di Oloferne del Metropolitan Museum of Art di New York e il Martirio di San Lorenzo del Museum of Art di Muncie (Indiana).


fig. 2 - Solimena

Passiamo ora  ad esaminare un vero capolavoro del Solimena: San Gennaro con altri santi che intercedono presso la Madonna in favore della città di Napoli (fig.2)
L’autografia del quadro risulta evidente dall’analisi stilistica dei personaggi e della composizione, nonché dal confronto con altre tele documentate del maestro.
I corpi saldamente costruiti con un’anatomia possente e con chiaroscuri netti, i panneggi vibranti e dinamici, l’impostazione della scena si ritrovano, come sottolinea Lattuada, nella Madonna con Bambino e i Santi Gennaro e Sebastiano a Milwaukee, Milwaukee Art Center e nella Madonna col bambino, l’angelo custode e San Francesco di Paola della Gemaeldegalerie Alte Meister di Dresda.
In basso a sinistra appare il golfo di Napoli visto da occidente, all’altezza di Posillipo, delimitato dal Monte Somma, con il Vesuvio sullo sfondo. Il particolare è attualmente di difficile lettura a luce naturale per l’ossidazione delle vernici, ma diventa più agevolmente visibile ai raggi infrarossi  (fig.3).


fig. 3  - Riflettografia

L’iconografia di San Gennaro che chiede l’intercessione della Vergine per la città di Napoli ha una forte valenza simbolica e mette in evidenza lo stretto legame, da sempre esistente, tra Napoli e il proprio santo protettore, fatto di rispetto, amore e devozione.
Nella pittura del Seicento napoletano rappresentazioni simili sono abbastanza ricorrenti (come ad esempio il San Gennaro che protegge la città di Napoli di Onofrio Palumbo e Didier Barra nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini o a quello di Luca Giordano con San Gennaro che intercede presso la Vergine, Cristo e il Padre Eterno per la peste al Museo Nazionale di Capodimonte).
Tuttavia scelte compositive simili non sono comuni nella produzione pittorica solimenesca.
Un utile confronto per l’impaginazione dell’opera in esame è rappresentato dal bellissimo rilievo di Domenico Antonio Vaccaro raffigurante La Vergine dà le chiavi di Napoli a San Gennaro  nella Certosa di San Martino a Napoli, databile intorno al 1720, periodo nel quale è possibile collocare anche il dipinto offerto in asta a giorni.
I due grandi maestri furono legati da profonde e reciproche influenze stilistiche, tanto che Bernardo De Dominici nelle sue Vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti Napolitani definisce Solimena il Vaccaro della Pittura, e Lorenzo Vaccaro, padre e maestro di Domenico Antonio il Solimena della Scultura (Bernardo de' Dominici, Vite de' Pittori, Scultori e Architetti napoletani, Napoli, 1742-44, vol. III). Lo scrittore napoletano seppe sintetizzare con singolare efficacia quel metalinguaggio barocco di matrice classicista che Solimena e i Vaccaro declinarono con materiali diversi ma intenti estetici comuni (Lattuada).


fig. 2 - Solimena

Sempre del Solimena viene poi proposto un Ritratto di gentildonna a mezzo busto con fiori in mano (fig. 4), corredato da una perizia di Ferdinando Bologna, datata 7 marzo 1977, in cui lo studioso avanza l’attribuzione a Solimena e propone una datazione agli ultimi anni di attività dell’artista, probabilmente attorno al 1739 - 40. Agli stessi anni risalgono infatti il Ritratto di dama conservato a Londra, National
Gallery, e il Ritratto della Principessa Imperiale di Lasciano della collezione Pisani a Napoli (F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, figg. 215 e 218).
Il dipinto si pone come uno dei vertici dell’attività ritrattistica di Solimena, per l’altissima qualità della resa pittorica, dalla pennellata fluida e veloce, e soprattutto per la grande capacità di penetrazione psicologica.
L’opera si differenzia dalla tipologia consueta dei ritratti d’apparato, rappresentando la modella in modo intimo e colloquiale, priva di gioielli e di complesse acconciature, con un piccolo mazzo di fiori come unico vezzo. Eseguito con pennellate rapide che denunciano la grande sicurezza dell’artista e la sua perizia tecnica, il ritratto cattura l’attenzione dello spettatore per l’espressione e lo sguardo vivo della misteriosa dama, conferendogli una grande modernità che preannuncia gli esiti del realismo napoletano nell’Ottocento.


Achille della Ragione

lunedì 14 novembre 2016

Importanti dipinti antichi napoletani alla Blindarte


01 - Giordano

Il prossimo 26 novembre alla Blindarte di Napoli si terrà un’asta nella quale saranno presentati numerosi inediti del Seicento e Settecento napoletano, tra cui alcuni capolavori. E nella nostra breve descrizione partiremo proprio da queste vette.
Cominciamo con una Crocifissione di San Pietro (fig.1) eseguita da Luca Giordano intorno al 1660, un momento in cui palpabile è l’influsso sul giovane, ma già valente artista, della lezione di Mattia Preti nella definizione serrata delle figure in primo piano e nella tavolozza in cui prevalgono colori scuri. Il dipinto è accuratamente descritto nella monumentale monografia sul Giordano di Ferrari e Scavizzi.


02 - Battistello

Passiamo ora ad una Sacra Famiglia (fig.2) di Battistello Caracciolo, pubblicata per la prima volta nel 1990 dal compiano Vincenzo Pacelli, il quale, nel pastore sulla sinistra che distrattamente fissa l’osservatore, volle identificare l’autoritratto del pittore. In seguito l’opera è stata studiata da Stefano Causa, che nell’includerla nella sua monografia sull’artista, ha ipotizzato un’esecuzione negli anni Venti ed ha sottolineato il clima di tenerezza domestica che promana dal dipinto. 


03 - van Somer

Parliamo ora di un monumentale Mosè (fig.3), in passato ritenuto da Spinosa e da Bologna eseguito da Giovanni Ricca, mentre recentemente Porzio lo ha spostato nel catalogo di Hendrick van Somer, due personalità orbitanti attorno alla produzione del Ribera, autore del prototipo del dipinto in esame, conservato nella Certosa di San Martino ed eseguito nel 1637.


04 - Ignoto riberiano

Sempre eseguito da un valente artista, per ora ignoto, della cerchia del Ribera, vi è uno struggente Compianto su Cristo morto (fig.4), già in collezione Catello e purtroppo in non perfetto stato di conservazione.


05 -  De Matteis

Sempre proveniente dalla celebre collezione Catello vi è poi un inedito di Paolo De Matteis, sfuggito anche al sottoscritto autore di una recente quanto esaustiva monografia sull’artista. Si tratta di un quadro di grandi dimensioni, raffigurante Le tentazioni di San Francesco (fig.5), collocabile cronologicamente all’ultimo decennio del secolo.


06 - Recco Elena

07 - Recco Giovan Battista
Nell’ambito della natura morta seicentesca vi sono poi due quadri: il primo raffigurante una miriade di pesci in compagnia di funghi e crostacei (fig.6), opera certa di Elena Recco, figlia di Giuseppe, che eredita dal padre la rara capacità di fissare sulla tela il delicato momento del trapasso tra la vita e la morte e si fa riconoscere dagli intenditori per il tenue colorito rosato con cui definisce le squame dei pesci; il secondo, Un interno di cucina con una cuoca (fig.7), più volte esposto in mostre, l’ultima volta nel 2009 in Ritorno al Barocco, è opera eseguita da Giovan Battista Recco, autore degli animali, vivi e morti, degli ortaggi e degli oggetti di cucina, in collaborazione con un pittore vicino a Battistello Caracciolo, che realizza la figura della vivandiera intenta a cucinare il pollame.

08 - Masturzo


09 - Masturzo
Nel campo della battaglia vi sono 2 quadri di Marzio Masturzo (fig.8–9), un minore attivo nella seconda meta del XVII secolo, che imita con abilità la maniera di Salvator Rosa. Essi raffigurano con veemenza dei combattimenti di cavalieri al di fuori delle mura di una città fortificata, mentre il cielo nuvoloso e minacciante pioggia sembra partecipe della tristezza degli scontri durante i quali morti e feriti senza nome si ammassano al suolo.


010 - Vaccaro

Concludiamo la carrellata sul secolo d’oro illustrando una maestosa S. Caterina d’Alessandria (fig.10), siglata, di Andrea Vaccaro, offerta in asta partendo da un prezzo stracciato. L’opera con il classico “sotto in su” degli occhi rivolti verso il cielo è databile intorno al V decennio, quando il pittore, tralascia l’antica ascendenza caravaggesca e recepisce pienamente la lezione del classicismo bolognese. Il referente della tela non è, come erroneamente indicato nella scheda del catalogo, la S. Agata in carcere, dal seno prorompente, del museo Filangieri, bensì la più casta S. Cecilia alla spinetta, conservata nella pinacoteca di Capodimonte.
Ci portiamo ora nel Settecento partendo da una triade di dipinti firmati e da tempo pubblicati da Spinosa, opera del pennello di un artista estroso che risponde al nome di Lorenzo De Caro, presente in molte chiese napoletane ed in prestigiose collezioni private, come quella del sottoscritto, ma ancora poco noto, nonostante una esaustiva monografia a lui dedicata da Rosario Pinto. Essi raffigurano l’uno Il trionfo di Mardocheo (fig.11), gli altri due, che fanno pendant, Il Trionfo di Davide e quello di Giuditta (fig.12–13).




011 - De Caro


012 e 012 - De Caro



La natura morta è degnamente rappresentata da un Trionfo floreale in un vaso a grottesche (fig.14) di Gaspare Lopez, un allievo del Belvedere, trasferitosi poi al nord tra Firenze e Venezia, dove fu artefice di una pittura ornamentale, segnata costantemente da un brillante cromatismo.
Particolarmente interessante il quadro (fig.15) di Michele Foschini, replica autografa facente parte di una serie commemorativa di un episodio storico importante della storia del regno di Napoli: Carlo III che consegna al figlio Ferdinando IV la corona nel 1759.
Ed infine un dipinto allegorico (fig.16) di notevole qualità e ritenuto di ignoto nel catalogo, che noi attribuiamo con certezza a Giuseppe Mastroleo, assieme a Giovan Battista Lama tra gli allievi più dotati del De Matteis. Una composizione contrassegnata da una gamma cromatica dai colori rischiarati di un gusto pienamente settecentesco.



014 - Lopez
015 - Foschini
016 - Mastroleo