venerdì 19 ottobre 2012

Una storia della pasta per antonomasia




UN POPOLO DI MANGIA MACCHERONI


Parlare di pizza o di maccheroni nel mondo significa rievocare Napoli. Orgoglio e vanto della cucina italiana, la filante e tubulare pasta ha affascinato e continua ad attirare personaggi di ogni paese, età e condizione.
Nati come metodo povero e pratico per conservare la farina di grano e renderla rapidamente commestibile, i maccheroni hanno conosciuto il destino di diventare un piatto internazionale e quasi l’emblema della gastronomia italiana all'estero.
Ma chi ha inventato i maccheroni? Le loro origini sono misteriose, ma oggi sappiamo con certezza che paste alimentari, atte alla conservazione, come maccheroni e vermicelli, fossero diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo tra i secoli XIII e XVI. Ne troviamo traccia in documenti genovesi del Duecento e del Trecento ed anche in un atto notarile del 1279. Mentre ancora prima in Cina esisteva un impasto di acqua e farina molto simile agli gnocchi.
Probabilmente la loro origine è araba o persiana e fu la Sicilia a farsi mediatrice tra Oriente ed Occidente in un periodo nel quale i napoletani erano famosi come mangia foglie.
L’ipotesi della nascita a Napoli dei maccheroni è dunque una leggenda di cui parleremo diffusamente, propagandata da Matilde Serao alla fine dell’Ottocento, rinforzata dal parere di un dotto come Carlo Tito Dalbono, grande conoscitore delle abitudini dei napoletani nella prima metà dell’Ottocento.
Napoli cominciò ad identificarsi con i maccheroni che si trasformarono in un cibo europeo quando vari viaggiatori cominciarono a descrivere quei folkloristici personaggi che li avviluppavano con tre dita e li mandavano giù, soprattutto quando divenne costume di cucinarli e venderli all’aperto in spacci ambulanti diffusi in ogni angolo della città.
Per tutto l’Ottocento il “maccaronaro” divenne uno degli aspetti più salienti del colore napoletano e l’icona indiscussa di mangiarli con le dita e addirittura conservarli nelle tasche è costituita dalla memorabile interpretazione di Totò nel film “Miseria e nobiltà”.
Ma la favola della Serao è talmente ben congegnata che merita di essere ricordata.
Durante il regno di Federico II viveva a Napoli un certo Chico, il quale possedeva antichi libri di ricette, una serie di alambicchi e faceva comprare al domestico una serie variegata di alimenti che poi mescolava in vario modo.
Accanto a lui abitava una donna maliziosa e linguacciuta di nome Jovannella, che spiava giorno e notte il mago, finchè un giorno disse: “Ho scoperto tutto; fra poco saremo ricchi”. La perfida donna riuscì a farsi ricevere dal re al quale fece assaggiare la sua pietanza.
Federico rimase entusiasta e gli diede un grosso premio. In seguito tutti i nobili ed i ricchi borghesi mandarono il loro cuoco ad imparare la ricetta e nell’arco di sei mesi tutta Napoli si cibava dei maccheroni, mentre Jovannella divenne ricca.
Fu poi Pulcinella a diffonderli dappertutto con la sua abitudine di portarli in tasca già caldi e fumanti.
Nascono poi i tanti tipi di pasta diversa, grazie a fabbriche specializzate localizzate tra Torre Annunziata e Gragnano, che grazie ad un’acqua leggerissima e priva di calcio e ad un’accorta tecnica di ventilazione, producono formati di gusti diversi, oltre a vermicelli e maccheroni, lasagne, paccheri e trenette, rigatoni ed orecchiette, che costituiscono il fondamento della dieta mediterranea che anni fa, con una decisione votata all’unanimità dall’Unesco, sono stati considerati patrimonio dell’umanità.
Non si può concludere un discorso sulla pasta senza parlare del ragù, reso celebre dalla poesia di Eduardo e che a Napoli si prepara in un modo particolare, la quale richiede molte ore di preparazione, cuocendo per ore la carne di bovino in umido col pomodoro il cui sugo serve per condire alla grande maccheroni in grado di resuscitare i morti.
Facciamo questa precisazione perché di recente una multinazionale anglo-olandese ha registrato la parola ragù negli Stati Uniti, costringendo in futuro le aziende italiane a pagare un dazio per commercializzare all’estero un prodotto tipico della nostra cucina.
Il ragout di origine francese è un intingolo con frattaglie di pollo finemente preparato che serve a condire riso e verdure, ben diverso da quello nostrano che solo a Napoli sanno fa’.

mercoledì 17 ottobre 2012

I primati di Napoli




Inaugurazione della ferrovia Napoli Portici 

Negli ultimi decenni i mass media, tutti di proprietà monopolistica del Nord, hanno non solo falsificato i libri di storia, ma hanno cercato di diffondere lo stereotipo di un Meridione costituito da fannulloni e parassiti, alle cui esigenze debbono provvedere le regioni settentrionali, prospere e laboriose. 
Solo di recente alcuni seri ricercatori, come Gennaro De Crescenzo, assiduo frequentatore di archivi ed alcuni scrittori come Pino Aprile, autore di un pamphlet di successo, che coniuga dati storici inoppugnabili ad una travolgente vena polemica, hanno cercato di rileggere con onestà gli avvenimenti del passato, soprattutto il fenomeno del brigantaggio, che vide un tacito accordo tra i notabili latifondisti e la borghesia imprenditoriale del Nord. 
Le campagne erano in rivolta ed il brigantaggio faceva del Sud un vero e proprio Far West.
Furono i soliti gattopardi, padroni dei voti delle masse popolari, ad aderire alle scelte politico-economiche post-unitarie, privilegiando finanziariamente lo sviluppo delle industrie padane a costo di penalizzare per sempre ogni possibilità di sviluppo del Meridione, i cui abitanti si videro costretti, a decine di milioni, ad abbracciare la scelta dell’emigrazione. 
Fu una diaspora di dimensioni bibliche, un vero e proprio genocidio del quale vanamente troverete anche un accenno nella storiografia ufficiale. 
Il dato più importante da cui bisogna partire è che all’ indomani del plebiscito, quando il nuovo regime cominciò ad assumere i primi provvedimenti finanziari, si rese conto che il Regno delle due Sicilie aveva in cassa 443 milioni, più del doppio dei bilanci di tutti gli altri Stati della penisola che, tutti assieme, raggranellavano 220 milioni. 
Tutto ciò a dimostrazione lampante che l’economia era più che florida, esportando legname, grano, frutta, olio, primizie, vini pregiati, carne, uova, pasta, latte ed agrumi, garantendo un costante flusso di valuta estera.
E se passiamo dall’ agricoltura all’ industria il divario era ancora più accentuato, dalla produzione di pelletteria agli strumenti di precisione, mentre la grandiosa fabbrica di Pietrarsa sfornava a getto continuo colossali macchinari, dalle locomotive alle macchine a vapore, dalle gru ai ponti di ferro alle rotaie, a parte pezzi di artiglieria, bombe e granate. 
Nel frattempo i cantieri di Castellammare producevano centinaia di navi che facevano della flotta borbonica una delle più importanti del Mediterraneo, oltre a molte altre commissionate dall’ estero. 
Nella zona di Amalfi era tutto un susseguirsi di cartiere e di opifici tessili e non poche erano le risorse minerarie; a parte lo zolfo in Sicilia, si estraeva ferro, piombo, antracite e talco.
Ma i veri primati di Napoli indiscussi sono nel campo della cultura, dell’edilizia e della scienza. Accenniamo ai principali:

  • Nel 1738 si diede inizio ai lavori per la Reggia di Capodimonte.
  • Nel 1751 Ferdinando Fuga ebbe l’incarico per la costruzione dell’Albergo dei Poveri, una struttura gigantesca destinata ad accogliere tutti i poveri del Regno.
  • Nel 1737, in soli sei mesi, quarant’anni prima della Scala di Milano, si completò il Teatro San Carlo, che divenne l’indiscusso tempio della lirica europea.
  • Nel 1738 vennero alla luce i parchi archeologici di Ercolano e di Pompei, che attirarono per decenni gli entusiasti visitatori del Grand Tour.
  • Nel 1743 fu fondata la celeberrima Fabbrica di porcellane di Capodimonte.
  • Nel 1771 fu affidato il compito a Luigi Vanvitelli di costruire a Caserta una reggia più bella e sfarzosa di quella di Versailles.
  • Nel 1778 cominciò a funzionare a Palazzo Reale la celebre Fabbrica degli arazzi. L’anno successivo nacque la manifattura di San Leucio, una singolare fabbrica governata da rivoluzionarie regole socializzatrici.
  • Nel 1798 la spiaggia di Chiaia si trasformò in una splendida Villa Reale. L’anno successivo sorsero i colossali Granili.
  • Nel 1818 prese il mare il primo battello a vapore e l’anno successivo fu edificato a Capodimonte il primo Osservatorio astronomico d’Europa.
  • Nel 1837 Napoli fu la prima città italiana ad avere l’illuminazione a gas. Ma la grande impresa fu il 3 ottobre 1839 l’inaugurazione della linea ferroviaria Napoli-Portici, la seconda al mondo, alla quale in breve si aggiunsero altri tratti che misero in comunicazione la capitale con Caserta, Capua, Cancello, Nola e Sarno. La rete stradale nel 1855 era di ben 4587 miglia.
  • Nel 1841 sorse ad Ercolano l’Osservatorio Vesuviano. Nel 1852 nacque la prima linea telegrafica Napoli-Gaeta ed in breve furono in contatto tutte le principali città, comprese Reggio Calabria e Messina attraverso una linea sottomarina.
  • Nel 1845 si tenne il VII Congresso degli Scienziati. I presidi sanitari erano all’avanguardia in Europa ed importante fu anche la funzione dei Monti di Pietà che contrastarono attivamente il fenomeno dello strozzinaggio.
  • In campo culturale ricordiamo l’Accademia delle Belle Arti, il famoso Conservatorio di Musica e una prestigiosa Università.
  • Molteplici furono le attività artigianali, dalla coniazione di monete alla legatoria di lusso, dalla lavorazione del corallo e della maiolica all’intaglio dell’avorio e all’elaborazione di gioielli d’oro e argento.

Potremmo continuare a lungo, ma vogliamo concludere con i tanti teatri, più di Parigi, che erano sempre stracolmi e testimoniavano la gioia di vivere di un popolo che scaricava così i suoi timori e le sue insoddisfazioni. 
Ricordiamo il Fiorentini, il Mercadante, il San Ferdinando, il San Carlino, dove la famiglia Petito immortalò in spassosissime commedie la celeberrima maschera di Pulcinella.

sabato 6 ottobre 2012

Spes ultima dea



Sara' sottoposto al vaglio della Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo e anche al Giudizio di Revisione il caso del noto ginecologo napoletano Achille della Ragione, arrestato nell'ottobre del 2011, dopo due anni di latitanza, per una sentenza passata in giudicato del 2008 in quanto ritenuto responsabile di avere praticato un'interruzione di gravidanza senza consenso, commercio e somministrazione di medicinali guasti/scaduti, e falsita' ideologica in atti pubblici. A renderlo noto e' il figlio del professionista, Gian Filippo della Ragione, membro del pool difensivo del medico, raggiunto telefonicamente dall'Ansa. Il ginecologo, ormai da un anno detenuto a Rebibbia, si e' sempre proclamato innocente e ora, fa sapere il suo legale, e' in uno stato di salute precario: ha perso 25 chilogrammi, e' affetto da una grave sindrome depressiva e, soprattutto, ha problemi cardiaci determinati dall'occlusione di tre coronarie, come certificato da una coronarografia dell'ospedale San Raffaele. 
I fatti che hanno portato in carcere il medico riguardano, appunto, l'interruzione di gravidanza non consensuale praticata in una clinica privata di Caserta a una paziente sua accusatrice. Il legale di Della Ragione, dopo minuziose ricerche, ha allegato agli incartamenti sul caso una annotazione di servizio della Squadra Mobile di Potenza, risalente al 6 aprile del 2000, nella quale l'ex convivente della donna riferisce di un tentativo di estorsione da duecento milioni di vecchie lire da parte della donna nei confronti di Della Ragione. 
L'avvocato Della Ragione intende portare davanti ai giudici anche la testimonianza della segretaria della clinica casertana nella quale e' stato praticato l'aborto: una dichiarazione non ammessa in primo grado ma che accerterebbe la ferma intenzione da parte della paziente di volere abortire. La donna, infatti, avrebbe fatto specifica richiesta, firmato il consenso informato per poi sottoporsi all'operazione.
L'avvocato del professionista, inoltre, intende portare ai giudici anche la richiesta di una perizia fonica sulle registrazioni delle telefonate intercorse tra la paziente e il ginecologo che, a suo parere, non sarebbero autentiche ma frutto di manipolazione. Telefonate registrate proprio dalla paziente.
Infine, fa sapere l'avvocato del ginecologo, il suo assistito non avrebbe potuto commettere il falso ideologico relativo alla manipolazione delle cartelle cliniche in quanto per accedervi era necessaria un'autenticazione informatica attraverso una password sconosciuta al professionista e nota solo ai dipendenti amministrativi della clinica. 
''Per febbraio e' stata fissata la discussione del ricorso a Strasburgo, - dice l'avvocato Della Ragione -, davanti alla Corte dei Diritti dell'uomo, che e' stato accettato. E capita a meno del 3% dei ricorsi. La Corte - ha poi concluso il legale del ginecologo - ha recepito nel corso del procedimento otto violazioni del diritto di difesa.La Revisione, invece, sara' presentata entro 30-40 giorni.

il Roma 3 ottobre 2012

il Mattino 3 Ottobre 2012
Il giornale di Napoli 3 ottobre 2012