mercoledì 21 marzo 2018

Un nuovo dipinto di Abraham Brueghel

fig. 01 - Natura morta - Pistoia, antiquario Stefano Chiti

Stefano Chiti, un antiquario di Pistoia, mi ha mandato delle foto di una sua natura morta (fig.1–2–3) per conoscerne l’autore ed osservando il centro della composizione non ho avuto dubbi: Abraham Brueghel. 
Una caratteristica patognomonica che ci permette con ragionevole certezza di assegnare a Brueghel un quadro è il modo in cui dipingeva i cocomeri (fig.4–5) e che gli valse meritatamente il soprannome di "fracassoso", coniato dalla fertile fantasia del De Dominici, il quale nel descriverlo così proseguiva: «preso un cocomero ben grosso lo lasciava cadere a terra, e come rimaneva rotto in quell’accidente lo dipingeva». Un modo elegante e discorsivo per esaltare quello stile brioso e leggero, per quanto elegante e spontaneo, che cozzava con quella solida lucidità ottica degli epigoni della scuola napoletana suoi contemporanei, da Giovan Battista Ruoppolo a Giuseppe Recco. Infatti egli incaricava un suo assistente di prendere un mellone maturo di cospicue dimensioni e di gettarlo a terra con violenza spaccandolo in due parti diseguali che definire barocche è un eufemismo. Se la rottura non era di suo gradimento si passava ad un secondo cocomero ed eventualmente ad un terzo, tanto all'epoca costavano poco niente, fino a quando le profonde spaccature non assumevano una linea sinuosa e sporgente. L'occhio dell'osservatore non rimane insensibile a queste curve ipoglicemiche e dopo poco, inevitabile, viene l'acquolina in bocca ed il desideri irrefrenabile di addentare quella polpa dolce e generosa. 

fig. 02 - Natura morta (particolare) - Pistoia, antiquario Stefano Chiti
fig. 03 - Natura morta (particolare) - Pistoia, antiquario Stefano Chiti

Abraham Brueghel (Anversa 1631 - Napoli 1697), nel 1676 si trasferisce a Napoli, dove vivrà fino alla morte avvenuta nel 1697. Ci troviamo perciò davanti ad un pittore italiano a tutti gli effetti e per il 50% napoletano, alla pari del Ribera o di Mattia Preti, nati altrove, ma che all’ombra del Vesuvio hanno svolto la parte più significativa della loro attività. Egli è intriso culturalmente di spirito nordico, possiede un’assoluta padronanza dei modi dell’anziano Frans Snyders ed una buona conoscenza delle novità apportate da Jan Fyt, come i fondali boscosi e le colonne poste su alti stilobati, ma giunto a Roma è ansioso di recepire motivi classici della pittura italiana ed inserisce spesso nelle sue ricche composizioni elementi di carattere archeologico, come vasi scolpiti, bassorilievi e frammenti antichi. 
Sotto il profilo temporale è noto che l’artista nordico trasferitosi definitivamente a Napoli vi vivrà fino alla morte concludendo la sua carriera nel 1697 e collaborando con i maggiori pittori di figura in circolazione da Giordano (fig.6) a Solimena (fig.7).
Anzi le tele eseguite all’ombra del Vesuvio spesso vengono riconosciute proprio dal collaboratore di figura che sceglieva sempre tra i più bravi; egli volse ad amplificazioni barocche il repertorio dei motivi di natura morta di fiori e di frutta, arricchendoli di pittoreschi fondali di giardino, animali rari e primi piani di figure, spesso facendosi coadiuvare anche da un paesaggista, in maniera da realizzare composizioni ridondanti e coloratissime.  
Importante per fissare dei termini cronologici precisi nel suo percorso artistico è la monumentale Natura morta di fiori in vaso metallico, già nella collezione Achille Lauro (fig.8), firmata e datata 1676, forse la sua prima fatica napoletana, un esuberante trionfo barocco di fiori esaltato da una brocca preziosa e contrassegnato da uno scorrere fluido della luce resa sfavillante da una accorta scelta cromatica.   
Collabora con Luca Giordano e altri generisti nelle committenze per il Corpus Domini a partire dal 1684.  
Le opere napoletane scadono negli anni ad un livello di routine convenzionale; ciò nonostante tangibile è la sua presenza nel panorama artistico partenopeo, messa in risalto dalle sperticate lodi del De Dominici, che hanno trovato in epoca moderna conferma nell’analisi critica portata a termine dal Causa nella sua monumentale monografia sulla natura morta napoletana del 1972. Fece scalpore la dimenticanza, sottolineata anche dalla Laureati, da parte dei curatori della mostra sulla Civiltà del Seicento che non inclusero tra gli artisti presentati il Brueghel, un pittore abile a divertirsi delle immagini sempre diverse che crea, del trionfo dei colori e delle forme, della irrefrenabile fantasia che le accende in un gioco infinito di citazioni, contaminazioni, sorrisi, ironie.
    
fig. 04 - Natura morta - Varese collezione Cerini
fig. 05 - Natura morta - Italia collezione privata
fig. 06 - Natura morta con Giordano
fig. 07 - Natura morta con Solimena
fig. 08 - Natura morta di fiori in vaso metallico - Napoli, giá nella collezione Achille Lauro

lunedì 12 marzo 2018

ERRORI E BUGIE sulla storia di Napoli




Prefazione

Ho cominciato a scrivere questo libro nel 2015, proseguendo a rilento perché preso continuamente da altre idee da trasfondere sulla carta stampata. Alcuni passaggi hanno cominciato a comparire sui giornali, soprattutto su Il Mattino ed hanno sviluppato grande interesse, non solo tra i lettori, ma anche e soprattutto tra gli specialisti, che mi hanno sollecitato a raccogliere in un volume tutto il materiale che negli anni avevo faticosamente raccolto, frequentando gli archivi e molto spesso attingendo al lavoro poco divulgato di colleghi napoletanisti.
Infine non sono riuscito più a resistere alle pressioni dell'editore, che si dice certo che il volume quando uscirà creerà una sorta di linea di demarcazione tra la storia di Napoli, prima e dopo la caduta di tanti falsi idoli,  ai quali si è creduto per secoli e finalmente la nostra amata città potrà entrare nella modernità.
Conoscere la vera storia della sfogliatella e della pizza margherita, correggere infinite date ed attribuzioni nella pittura del secolo d'oro, sapere con certezza che le macchine anatomiche della Cappella Sansevero sono artefatti, che il "miracolo" dello scioglimento del sangue di San Gennaro sotto la minaccia dei fucili del generale Championnet non è mai avvenuto, che la fondazione della prima università laica del mondo nel 1224 ad opera di Federico II è una bufala; conoscere in ogni dettaglio la vera storia del brigantaggio, del sacco edilizio,del Risanamento, della terra dei fuochi è quanto mai sconvolgente, come scoprire con orgoglio la nascita a Napoli del futurismo, del cinema, della televisione e di tante altre cose che tutti credono nate altrove.
La storia di Napoli è piena di errori madornali, tramandati anche da studiosi celebri come Benedetto Croce e Matilde Serao. Metterli in risalto non può essere imputato come un reato di lesa maestà, ma unicamente come una faticosa ricerca della verità.
Non resta che cominciare la lettura ed ai posteri l'ardua sentenza

Achille della Ragione
Marzo 2018