14/12/2008
Godere della bellezza di un seno, anche se raffigurato dal pennello di un pittore o dallo scalpello di uno scultore è l’esercizio più nobile che distingue l’uomo dalla bestia, la civiltà dalla barbarie, è la sintesi di una condizione umana immutabile, sospesa tra l’esaltazione dell’amore ed il terrore della solitudine, tra la gioia di vivere e la paura di morire e ci aiuta ad affrontare più serenamente l’angoscia dell’esistenza, a coglierne la bellezza e la fragilità.
Che cos’è veramente l’arte se non una guerra, una lotta contro la materia, un corpo a corpo con la forma e con l’idea. Perdersi nell’armonia delle forme e dei colori permette di addentrarsi in un mondo senza frontiere e ci dà la possibilità di essere felici nell’eternità della bellezza e dell’arte. Quale viaggio più avventuroso della serena contemplazione dei severi seni della Victa, un busto marmoreo, capolavoro dello scultore Francesco Jerace, già nella collezione del comandante Achille Lauro.
La statua proviene da un blocco di marmo di Carrara bianchissimo e luccicante ed irradia una luce abbagliante, che sembra stregare ed avvincere l’osservatore, il quale, rapito dalla bellezza del volto corrucciato e dalla vista degli splendidi seni non può guardarla troppo a lungo senza desiderarla. I seni della Victa sono fatti di un marmo carnoso, ricco, trasparente; essi sono eterni, sostenuti dalla rigidità della materia impassibile. Non si deformano, né avvizziscono, archetipo immobile della femminile bellezza. Rappresentano il porto sicuro verso cui ogni uomo anela di fermarsi e riposare per sempre, preziosi come una boccetta di rare essenze, prorompenti, ma nello stesso tempo fragili, come se costituiti da sottile cristallo, che a rompersi si disperdono come polvere di talco.
Alla vista di questi seni immortali è inevitabile per l’osservatore cadere vittima della sindrome di Sthendal: una vertigine intensa ed interminabile che illuminerà questo nostro lungo percorso attraverso l’arte ed attraverso il seno, un pianeta che merita di essere esplorato e sviscerato in lungo e largo per un sottile piacere dello spirito.
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