mercoledì 4 dicembre 2013

Avvinti per l’eternità: Paolo e Francesca

Giuseppe Poli: Paolo e Francesca, Olio su tela, Accademia Carrara, Comune di Bergamo


di Marina Della Ragione


“Poeta volentieri parlerei a quei due che insieme vanno e paiono sì al vento esser leggeri” con questi versi immortali Dante, nel V° canto dell’Inferno descrive i due amanti che vanno in coppia, sbattuti da un forte vento tempestoso, costretti alle fiamme eterne, perché in vita si erano dati alla lussuria e all’amore carnale. E di conseguenza, per la legge del contrappasso, in vigore nell’oltretomba, come nel mondo terreno si erano lasciati travolgere dal richiamo della carne, così nell’Inferno sono eternamente tormentati da una tempesta che non cessa mai.
Dante li invita ad avvicinarsi e loro rispondono positivamente alla richiesta e raccontano la loro storia. A parlare è Francesca da Rimini, la quale si innamorò del cugino Paolo Malatesta, ma il marito, dopo averli scoperti, li uccise. Alludendo a questo grave fatto di sangue la donna dice: “Noi che tignemmo il mondo di sanguigno”cioè noi che fummo la causa per cui nel mondo il nostro sangue tinse la terra di rosso. Prima di continuare possiamo affermare che questo canto è uno dei più belli della Divina Commedia e della letteratura universale. Seguono tre terzine incalzanti:
“Amor ch’al cor gentile ratto s’apprende prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e il modo ancor m’offende”.
Quindi Dante annuncia la legge formidabile dell’amore che non permette a nessuno amato di non ricambiare l’amore ricevuto:
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi, ancor non m’abbandona”, e poi l’amara conclusione terrena della vicenda:
“Amor condusse noi ad una morte: Caina attende chi a vita ci spense, queste parole da lor ci fuor porte”.
Il poeta si commuove e vuole saper maggiori dettagli della loro travagliata passione:
“ A che e come concedette amore che conosceste i dubbiosi disiri?”
Francesca riferisce che stavamo semplicemente leggendo la storia di Lancillotto, rimanendo turbati, ma vi fu poi un momento che il richiamo della lussuria fu insostenibile:
“Quando leggemmo il disiato riso esser baciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso la bocca mi baciò tutto tremante”.
Dante non riesce a trattenere la commozione e per quanto condanna Paolo e Francesca, nello stesso tempo, come uomo, non riesce a resistere alla forza e alla bellezza della loro tragedia, che aveva condotto i due amanti alla dannazione infernale.


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