26/11/2006
Tra i tesori di Napoli un posto di rilievo è occupato dall’Arciconfraternità della Trinità dei Pellegrini, splendido esempio di fede, carità ed arte rimasto immutato dal Cinquecento ai nostri giorni. Situata nel cuore della Napoli antica, nella Pignasecca, svolge le sue funzioni con rinnovato vigore e rappresenta con le sue straordinarie opere d’arte, una meta tra le più importanti per gli appassionati di architettura, scultura e pittura.
Nel Seicento a Napoli l’emergenza della povertà era grave quanto e più di oggi, soltanto che allora mancava l’intervento dello Stato e malati e derelitti potevano sperare unicamente sull’aiuto che nobili disinteressati ed animati da pietà cristiana portavano loro attraverso sodalizi, molti dei quali giunti fino ai nostri giorni, a testimoniare tangibilmente che il problema è rimasto sostanzialmente immutato.
L’Arciconfraternita fu fondata da sei artigiani nel 1578 e nello statuto ci si ispirava ai nuovi principi caritatevoli promulgati da San Filippo Neri, il quale nel 1548 aveva fondato a Roma la Confraternita dei pellegrini e dei convalescenti. Alla missione caritatevole verso i diseredati si associava una profonda fraternitas tra i membri del sodalizio, che si completava con il rito estremo della sepoltura.
La prima sede fu in Sant’Arcangelo a Baiano, la successiva in San Pietro da Aram ed infine ci si trasferì sui poderi alla Pignasecca di Camillo Pignatelli di Monteleone, nipote di Fabrizio Pignatelli, che aveva già fondato sul suo suolo un ospedale per pellegrini con annessa una piccola chiesa. Negli anni le strutture murarie hanno subito vasti ampliamenti fino alla fine del Settecento vedendo all’opera generazioni di architetti.
Gli abiti indossati dai confratelli rosso fuoco, a rimembrare il sangue versato da Cristo, presentano un ampio cappuccio che ricopre completamente il volto, in maniera tale da permettere l’opera di carità nel completo anonimato. Anche molti altri oggetti, dal bastone del Primicerio al pallium, che funge da drappo funerario per coprire la bara, sono il segno tangibile di una serie di antichi simboli, che colpirono la fantasia di un celebre visitatore straniero come Alexandre Dumas, ma anche oggi, nella loro enigmatica valenza, non possono sfuggire all’attenzione dei contemporanei, per quanto distratti dal frastuono dell’attualità.
Una visita allo straordinario complesso rappresenta un’eccitante avventura dello spirito ed oggi è possibile eseguirla, sia materialmente con la visita guidata dal sottoscritto sabato 2 dicembre alle ore 11, sia con l’ausilio della fantasia attraverso le pagine di uno splendido libro curato dal governatore del sodalizio Antonio Daldanise ed al quale hanno collaborato illustri studiosi, tra i quali il soprintendente Nicola Spinosa ed il preside della facoltà di architettura Benedetto Gravagnuolo.
Il volume, corredato da centinaia di foto a colori, molte delle quali inedite, tratta in maniera esaustiva della storia dell’Arciconfraternita e descrive minuziosamente le molteplici opere d’arte conservate, dedicando ampio spazio ad aspetti poco conosciuti dagli stessi specialisti, come l’archivio storico, la terra santa ed i corredi sacri.
Esso può costituire una splendida strenna di Natale. Non è in vendita e lo si può avere in omaggio facendo un offerta di beneficenza al sodalizio di 25 euro, una cifra simbolica che permette di assicurarsi un’opera dal valore venale enormemente superiore.
Descrivere le opere d’arte conservate nell’Arciconfraternita, anche solo le principali è impresa improba e ci limiteremo a far contemplare alcune splendide foto, dando appuntamento, a chi vorrà ammirarle con la guida del sottoscritto, a sabato 2 dicembre alle ore 11 in vetta al maestoso scalone di ingresso della chiesa principale, sita nel cortile dell’ospedale Pellegrini.
Chi non interverrà potrà consolarsi con le pagine del libro, che si può ritirare ogni giorno presso la segreteria del sodalizio, ma affrettatevi perché rimangono poche copie a disposizione.
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