14/2/2006
San Valentino, festa degli innamorati non solo dei fidanzati, porta il nome di un santo nostrano, vescovo di Terni e vissuto nel II secolo dopo Cristo. La sua fama ha valicato gli oceani e raggiunto i paesi più lontani, dagli Stati Uniti al Giappone, dall’America latina all’Asia, dovunque ci siano giovani e meno giovani decisi a festeggiare l’amore.
Il rito ha origini antichissime, che si perdono nel mondo pagano e nelle ricorrenze dei Lupercali, ma la cristianità si appropria del mito, quando Sabino, centurione romano, si invaghì della bella Serapia, una giovane cristiana di Terni, ma non potette sposarla per l’ostilità dei genitori, fino all’intervento di Valentino, che converte il giovane. Ma i colpi di scena non sono finiti: la fanciulla si ammala e muore e Sabino non vuole vivere senza di lei e la raggiunge nell’eternità del Paradiso.
Il tema dell’amore, più o meno travagliato, scorre immutato da millenni, da Adamo ed Eva ai nostri giorni, dalle lettere galanti agli sms. La festa invece è stata assimilata dalla civiltà dei consumi ed è stata contaminata dal dio denaro. Prima i fiori ed i cioccolati, poi le cenette nei separè a base di cibi raffinati ed afrodisiaci, fino agli alberghi che offrono suite con idromassaggio e sottofondo musicale.
Ma la cosa più gradita dalle donne è sempre una bella frase d’amore. Forza giovanotti improvvisatevi poeti, sbirciate qualche libro sull’argomento e prendete qualche idea da elaborare con qualche frase o concetto personale. Non eguaglierete Dante o Shakespeare, ma la vostra bella sarà lo stesso felice e ve lo dimostrerà.
Mi sia permesso concludere con un dolce pensiero alla mia amata Elvira, i cui occhi devastanti sono da oltre trent’anni l’unica bussola della mia vita e l’unico motivo per vivere.
Nessun commento:
Posta un commento