mercoledì 7 marzo 2012

PUGNAE: UNA MEMORABILE RASSEGNA DI BATTAGLISTI

Presso uno dei più suggestivi complessi monumentali d’Abruzzo, l’ex convento benedettino di S. Maria dei Raccomandati si è tenuta (dal 21 al 29 settembre 2008), organizzata dagli antiquari Di Brisco e Piccirilli e con la direzione scientifica del professor Giancarlo Sestieri, indiscusso pontefice dell’argomento, una straordinaria mostra di battaglisti italiani e stranieri attivi nel XVII e XVIII secolo e tra questi al completo i napoletani, da Aniello Falcone ed Andrea De Lione a Carlo Coppola e Filippo Napoletano, oltre ai minori Ciccio Graziani, Marzio Masturzo, Girolamo Cenatiempo e Giovanni Luigi Rocco.
Moltissimi gli inediti che vanno ad arricchire il catalogo ancora incompleto di questi artisti, che risposero ad una domanda, sia laica che ecclesiastica, ansiosa di contemplare il cruento svolgersi di una battaglia.
La nobiltà amava molto adornare le pareti dei propri saloni con scene raffiguranti singoli atti di eroismo o complessi combattimenti che esaltavano il patriottismo e l’abilità bellica, virtù nelle quali gli stessi nobili amavano identificarsi ed anche la Chiesa fu in prima fila nelle committenze, incaricando gli artisti di raffigurare gli spettacolari trionfi della Cristianità sugli infedeli, come la memorabile battaglia navale di Lepanto del 1571, che segnò una svolta storica con la grande vittoria sui mussulmani, divenendo ripetuto motivo iconografico pregno di valenza devozionale. Nel Seicento e nel Settecento le guerre erano purtroppo molto frequenti ed i pittori le potevano osservare da vicino, vedendo sfilare soldati di molti paesi con le loro uniformi e spesso lo stesso svolgersi degli scontri.
Le battaglie dei pittori napoletani sono esaltate spesso da un cromatismo virile con una pennellata vivida e marcata, con dei rossi e degli azzurri molto forti, che danno la sensazione che si sia voluta ricalcare l’asprezza dei combattimenti e l’animosità dei contendenti.
I combattimenti vengono rappresentati con grande accanimento, con le urla di dolore e di rabbia dei contendenti che sembrano travalicare dalla superficie della tela, per farci sentire il gemito dei feriti e dei moribondi.
Mischie furiose con l’odio che sgorga dai volti corrucciati, cavalieri che si inseguono, bardati guerrieri in groppa a focosi destrieri, morti e feriti, bestemmie e gemiti e spesso anche le nuvole grigio scure e cariche di pioggia, che annunciano tempesta e sembrano partecipare dell’aria funesta che ovunque si respira.

L’unico specialista partenopeo assente nella rassegna, per l’estrema rarità delle sue battaglie non facenti parte di collezioni pubbliche, è stato Salvator Rosa del quale nell’introduzione è stato illustrato l’unico nuovo contributo, uno Scontro tra cavalieri cristiani e turchi (fig. 1), esitato nel mese di aprile 2008 presso Christie’s a Londra.

Filippo Napoletano, un autore importante per la formazione dei generisti napoletani, è presente con una Battaglia di cavalieri contro due elefanti (fig. 2), un episodio legato probabilmente alla campagna di Annibale in Italia, rappresentato con una sapiente armonia tra il bagliore luminoso della poderosa groppa in primo piano e più contenute punteggiature coloristiche sui cavalieri e gli altri destrieri.


Dell’Oracolo delle battaglie(per il quale invito il lettore a consultare sul web la mia monografia Aniello Falcone opera completa) sono esposte tre tele, delle quali due inedite e particolarmente importanti nel delineare il suo percorso.
Una Battaglia tra cavallerie cristiane e turche (fig. 3) caratterizzata da una magistrale resa anatomica dei cavalli, bloccati in un’immagine fotografica e da una composta gestualità dei combattenti. Il dipinto non risente dell’influenza del Grechetto, a Napoli dopo il 1635, per cui dovrebbe essere tra i più antichi, particolare confermato anche dal calzante raffronto con lo Scontro di armigeri conservato a Wilton House e ritenuto una delle prime prove del pittore. Sulla destra compaiono al fianco di cavalieri con elmi e corazze alcuni personaggi con larghi cappelli e con le fisionomie ben delineate, forse un preciso riferimento ad un evento bellico di recente memoria storica, ma oramai di problematica identificazione.


Ancora più interessante il San Michele interviene nell’assedio di Siponto da parte degli Eruli di Odoacre (fig.4), dominato dai due possenti cavalli imbizzarriti in primo piano e dai patognomonici guerrieri giacenti a terra esanimi, mentre si intravede tra le teste dei due equini la fanciulla spaventata, di ascendenza stazionesca, che compare identica nella Scena di saccheggio del museo di Ithaca.


Andrea De Lione, oltre al già noto Combattimento con cannone in primo piano di collezione privata di Pistoia, è in mostra con un’inedita Battaglia tra cristiani e turchi (fig. 5), di chiara ispirazione falconiana, imperniata sulla figura centrale di un condottiero con corazza e bastone di comando, che guida un manipolo di fanti con cappellacci all’attacco della cavalleria avversaria. La tela sicuramente tra le prime dell’artista, ancora legato ai modi del maestro ed immune dall’influenza del Poussin e del Grechetto, tradisce la sicura attribuzione dall’esame dei secondi piani e per la minuta descrizione della cavalleria in fondo alla pianura ove ritroviamo la tipica cifra stilistica del Nostro.


Una vera sorpresa l’opera di Carlo Coppola(per il quale rinvio sul web al mio saggio monografico) una Battaglia tra cristiani e turchi (fig. 6) nella quale possiamo intravedere alcuni segni certi di autografia nella lucentezza metallica delle armature, nelle fisionomie inconfondibili dei cavalli e nelle eleganti e corpose code, che si aprono prosperose a ventaglio. Si tratta di un’opera giovanile, sconosciuta alla critica, nella quale si palpa l’aderenza ai modi tardo manieristici di un Belisario Corenzio o di un Onofrio De Lione, come in altre opere del Coppola quali lo Scontro di cavalieri, siglato o l’Assalto ad un castello con trombettiere.


Di Marzio Masturzo, attivo nella seconda metà del Seicento sia a Napoli che a Roma, sono esposte 5 tele, che ci permettono di apprezzare la sua maniera caratterizzata da “un piglio espositivo di fervida impronta barocca con effetti di squisita decorazione”(Sestieri). In particolare rifulgono due pendant (fig. 7 –8) di elevata qualità che mettono in risalto quello che fu il suo ruolo di mediatore tra le nuove istanze estetiche sostenute da caposcuola quali Giordano e Berrettini ed i vecchi maestri di matrice naturalista come Falcone e Rosa.



Di Ciccio Graziani sono visibili quattro battaglie (fig. 9 –10) tutte segnate da una scioltezza di tocco che precorre il gusto rococò e le pone a cavallo dei due secoli. Sotto lo stesso appellativo la critica tende a collocare dipinti sia di Francesco che di Pietro, il figlio, il quale intese sfruttare un nome famoso tra i collezionisti, fornendo un prodotto realizzato con mestiere collaudato e gusto capriccioso, anche se con finalità squisitamente decorative.



Gerolamo Cenatiempo, allievo del Solimena ed attivo a Napoli nella prima metà del Settecento, è noto per i suoi quadri devozionali conservati in diverse chiese del capoluogo ed in provincia, mentre una sua produzione nel campo della battaglia era limitato a due tele già presso l’antiquario Sangiorgi di Roma, rese note da Federico Zeri. In mostra è esposto un gruppo di sei dipinti inediti (fig. 11) raffiguranti scene belliche ed assedi a fortificazioni, che permettono una più ampia ricostruzione di questo aspetto del suo percorso, che tende ad avvicinarsi alle opere di Ciccio Graziani del quale ripropone aggrovigliati scontri di cavalleria ampliati in un più grande formato.


Ed infine va considerata una figura nuova nel vasto panorama della specialità: Giovanni Luigi Rocco, attivo dal 1701 al 1759 e probabilmente napoletano.
Sono esposte due battaglie (fig. 12 - 13) provenienti da una collezione privata di Ospedaletti realizzate con sicuro mestiere, distribuendo armonicamente i personaggi in primo piano, mentre sullo sfondo si intravedono luminosi paesaggi. In passato sono comparsi tre suoi dipinti firmati presso Sotheby’s a New York, mentre un suo lavoro datato fu pubblicato da Consigli, che sottolineò una sua contiguità con la pittura di Paolo De Matteis. Per la ricostruzione della personalità del Rocco rivestono somma importanza 4 tele, di recente passate in asta in Spagna, commissionate da Carlo di Borbone e delle quali mostriamo un Episodio della campagna per la conquista del regno di Napoli da parte di Carlo III (fig. 14).


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