venerdì 23 marzo 2012

I colori del gusto

2/11/2008

Natura morta napoletana in posa

Una mostra originale e gustosa... è quella che si tiene presso il museo Pignatelli a Napoli, la quale vuole glorificare una civiltà gastronomica nota in tutto il mondo: la  partenopea ed il gusto di imbandire una tavola.
Numerosi dipinti e pannelli esplicativi permettono una lunga carrellata dagli affreschi pompeiani fino ai pittori ottocenteschi: tavole imbandite e raffinate nature morte ci restituiscono immutato un gusto raffinato e le abitudini alimentari dei ricchi e della plebe.
La natura morta napoletana del Seicento è stata sempre ritenuta dalla critica in grado di gareggiare alla pari con quella fiamminga, ma anche un occhio poco avvertito nota una differenza sostanziale: i quadri degli autori nordici grondano calorie, sono ipercolesterolemici con la cacciagione, il lardo, lo strutto, le torte di cigno e di oca ed altre prelibatezze (fig. 1) che davano luogo a quelle donne paffute e straripanti rese celebri da Rubens. I dipinti napoletani sono invece lo specchio di una sana dieta mediterranea anche litteram: frutta e pesci ed anche quando indulgono in prelibatezze dolciarie sono creazioni gustose ed appetibili per i colori sgargianti, ma con un impatto sulla linea poco appariscente.
Il pranzo e la cena dei napoletani sono stati per secoli legati all’esito della pesca, si mangiava solo se le paranze tornavano a terra piene, altrimenti bisognava contentarsi dei prodotti della terra, in primis la frutta, resa da alcuni specialisi come Ascione (fig. 2) o i Ruoppolo in maniera tale da stimolare la voglia di addentare il quadro. 

Il pescato è sempre vispo e guizzante e Giuseppe Recco era impareggiabile nel fissare sulla tela il delicato momento del trapasso tra la vita e la morte (fig. 3), raffigurando splendidi esemplari dalle squame luccicanti, sulle quali vibra una luce intensa di ascendenza caraveggesca. Il sommo artista era parimente abile nel restituire il gusto di antiche specialità dolciarie alcune del tutto dimenticate


( fig 4 – 5 ), ma che leggendo antiche cronache facevano letteralmente impazzire sia le signore dell’alta società, sia le aristocratiche badesse di alcuni monasteri della città, le quali erano, non solo consumatrici, ma anche creatrici di ricette gettonatissime, in primis la sfogliatella.



Se esaminiamo quadri di autori ottocenteschi  ci accorgiamo che il livello qualitativo è sceso paurosamente ed è soprattutto scomparsa la capacità di rendere vivo ciò che per definizione è morto, per convincersi di questo assunto basta dare uno sguardo alle Ostriche (fig. 6) di  Francesco Paolo Palizzi o al gatto sospettoso di genepesca (fig. 7) di De Nigris, che si avvicina titubante al piatto di pesci e confrontarlo con lo slancio del suo antenato verso l’anguilla (fig. 8) immortalato da Giuseppe Recco in un dipinto di una famosa collezione privata napoletana.



Sontuosi esempi di dispense e tavole napoletane dell’epoca ci vengono proposte da Giovan Battista Ruoppolo(fig. 9 ) e da Francesco Fracanzano(fig. 10).



Interessante è il quadro (fig. 11), per quanto bisognevole di restauro, di Giovan Domenico Valentino, che ci permette di conoscere  un poco noto pittore romano del Seicento.
Coraggiosa, anche se poco sostenibile, la decisione di attribuire a Ribera la celebre Natura morta con testa di caprone (fig. 12) del museo di Capodimonte.



Si tratta di una tela di straordinaria fattura, che ha cambiato continuamente autore negli ultimi decenni da Giovan Battista Ruoppolo a Giovan Battista Recco ed infine Giuseppe Recco, per divenire ora opera del grande valenzano.
Non si tratta di un’ipotesi nuova, lo stesso Raffaello Causa era suggestionato da questa attribuzione: ”Il tavolo da cucina con la testa di caprone scannato sanguinolenta, pateticamente mansueta, un dramma di rara efficacia, indimenticabile, chè par quasi Ribera vecchio applicatosi a traslar nel campo del genere le sue malinconie senza speranza”. Anche il figlio Stefano era convinto di questa idea, anche se solo in  conversazioni private.
Probabilmente sarà necessario attendere la scoperta di qualche natura morta sicuramente del Ribera per poter definitivamente includere nel suo catalogo questo splendido quadro, che per il momento attira lo sguardo dei visitatori.

Foto di Dante Caporali

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