giovedì 22 marzo 2012

Europa sogno od incubo

31/3/2008

L’Europa è nata tra le rovine materiali e morali dell’ultima guerra mondiale ed ha cercato di creare un baluardo ai totalitarismi, neri o rossi che fossero. Il sogno di una nuova patria per tutti gli abitanti del vecchio continente è stato costellato da spiacevoli incubi, dal ricordo recente di Hitler alla presenza incombente di Stalin. La scelta verso la democrazia e l’esaltazione dei diritti è stata obbligata, non tanto per conquistare un illusorio paradiso in terra, quanto per sbarrare la strada agli inferi.
L’Europa attraversa ora un momento particolarmente difficile, acuito dall’allargamento a nuovi membri e dalla prospettiva di accogliere a breve paesi come la Turchia, che non appartengono né storicamente, né culturalmente, né geograficamente al vecchio continente.
Inoltre monta vigorosa una crisi politica, che ci fa dubitare sulla volontà dell’Europa di affrontare le grandiose sfide del XXI secolo dal terrorismo planetario alla coabitazione con un gigante dominato dalle trame del Kgb, mentre non si riesce ad ottenere da parte della nuova potenza cinese un minimo di rispetto delle regole economiche internazionali e dei diritti civili dei suoi cittadini.
Siamo rimasti impassibili davanti al genocidio nel Darfur, abbiamo contemplato impassibili le rovine di Grozny, oggi non muoviamo un dito davanti al dramma del Tibet.
Non siamo riusciti a definire una politica energetica e nucleare comune e siamo di conseguenza oggetto del ricatto dei dispensatori di gas e di petrolio, in primis la Russia di Putin, un vicino ingombrante e rissoso. E nel frattempo le quotazioni irragionevoli dell’euro non fanno presagire niente di buono.
I cittadini dei vari Stati vedono giorno dopo giorno trasformarsi il sogno di una grande casa comune in un incubo che assume pericolosamente le sembianze di una catastrofe economica e finanziaria.
Quando nel 2002  fu introdotto l’Euro esso ci fu presentato come la panacea di tutti i mali cronici della nostra nazione: la riduzione dell’inflazione, la stabilità dei cambi oltre all’eliminazione dei costi sulle transazioni valutarie tra i Paesi UE, con sicuri benefici all’economia e all’occupazione dell’ Italia. Venne fatta anche pagare una tassa ai contribuenti, la “tassa sull’euro” e venne creata la Banca Centrale Europea con sede a Francoforte, per accontentare i tedeschi che in virtù della forza della loro valuta (marco) pretendevano di avere una certa predominanza all’interno del nuovo organismo; una nuova Banca con il compito di stabilire e pianificare la politica monetaria all’interno dei Paesi aderenti all’euro. Oggi nel 2008, a distanza di 6 anni dall’introduzione dell’euro, possiamo ritenere che l’Italia abbia risolto almeno una parte dei suoi problemi economici e sociali o dobbiamo pensare con nostalgia che gli Italiani stavano meglio quando stavano peggio. In particolare il costo reale della vita è aumentato di circa l’80 - 100%, nonostante le mendaci rilevazioni dell’Istat che parlano di pochi punti di inflazione, mentre stipendi e salari sono rimasti sostanzialmente invariati. Non solo i commercianti hanno approfittato della situazione per aumentare i prezzi, ma anche le tariffe dei pubblici servizi, dei trasporti ed ogni tipo di bolletta hanno cominciato a crescere senza sosta. 
I tassi d’interesse bancari sono ormai raddoppiati e tendono a crescere impetuosamente, portando come conseguenza un aumento dell’importo della rata del mutuo sulla casa o sul finanziamento di una piccola e media impresa locale. Stiamo registrando incrementi a livello di record di espropri immobiliari (più del doppio nell’arco dell’ultimo anno in Italia), dovuti al mancato pagamento dei mutui da parte dei cittadini e cessazioni di attività imprenditoriali di piccole e medie dimensioni, mentre quelle di grandi dimensioni ancora riescono a far fronte alla congiuntura negativa con licenziamenti in massa e trasferimento all’estero della produzione. Riguardo alla stabilità dei cambi, l’euro si è apprezzato notevolmente nei confronti di tutte le principali monete, penalizzando pesantemente le esportazioni delle aziende europee con gravi ripercussioni sulla produzione e sull’occupazione. Il prezzo di benzina, gasolio e delle principali materie prime sale per un notevole incremento della domanda da parte di paesi emergenti quali Cina ed India e per la debolezza della valuta americana.
Molti si chiedono perché la BCE non si stia attivando per risolvere o tamponare la situazione, mentre i vari governi nazionali sembrano del tutto impotenti, spogliati di ogni potere di intervento economico. Paradossalmente la spiegazione è da ricercare nel fatto che  la Banca Centrale Europea si comporta come un organismo  indipendente ed autonomo, che non deve dar conto del suo comportamento al potere politico.
Siamo tristemente cittadini di un’Europa dominata dai banchieri e non dai popoli.
Le Banche Centrali delle singole nazioni europee, prima del Trattato di Maastricht, avevano un’indipendenza dal potere politico variabile tra il 40 e il 60%; attualmente, dopo l’introduzione dell’Euro, l’indipendenza supera il 90%. Dunque, mentre nessuna influenza può giungere dai parlamenti alla BCE, dai vertici monetari giungono invece ai nostri governanti continui dictat: parametri cui attenersi, rigidi vincoli che coinvolgono l’intera vita e l’economia delle nazioni. Essa può quindi fissare a suo arbitrio il livello del tasso ufficiale di sconto, la quantità di denaro da immettere sul mercato, decidere la disponibilità ed il costo del finanziamento del sistema bancario e qualsiasi altra decisione di sua competenza, in maniera del tutto indipendente. E per giunta nella più assoluta segretezza, infatti mentre i dibattiti e le sedute del Parlamento sono aperti al pubblico e le sentenze delle Corti di Giustizia devono essere dettagliatamente motivate e pubblicizzate, le riunioni del Consiglio Direttivo della BCE sono assolutamente secretate, ed è lo stesso Consiglio che, di volta in volta, decide se pubblicare le proprie delibere, se pubblicarne solo alcune parti, o se non pubblicarle affatto.
Il Trattato di Maastricht ha trasformato i responsabili della Banca Centrale europea in una sorta di società segreta che condiziona la vita degli Stati ed il benessere delle popolazioni.
Inoltre all’interno della stessa Banca Centrale prevalgono gli interessi tedeschi, i quali hanno come unico obiettivo quello della lotta all’inflazione, a costo di mandare sul lastrico famiglie ed aziende, mantenendo un alto livello di tassi d’interesse e facendo finta di non accorgersi che la maggioranza degli altri Paesi dell’area euro non ha un’economia sana come quella tedesca. Anche gli interessi americani (ben diversi dai nostri) sono ben garantiti nella Banca Centrale europea ed oggi è noto che gli Stati Uniti vogliono un dollaro assai debole, che permetta loro di ridurre il notevole disavanzo pubblico, in parte provocato dalle varie guerre e missioni militari nel mondo e di rilanciare le esportazione delle loro industrie verso l’estero. Con un euro così forte e un dollaro così debole per le aziende europee è molto difficile  vendere i propri prodotti all’estero. In tal modo i Paesi dell’area euro, compresa l’Italia, stanno pagando il “conto” degli amici americani con la compiacenza della nostra Banca Centrale, mentre i singoli Stati dell’Unione monetaria hanno perso la sovranità  in campo monetario, sovranità che è un aspetto fondamentale della sovranità nazionale. 
Se passiamo ad esaminare la congiuntura economica, che si sarebbe dovuta avvantaggiare  dall’utilizzo della nuova valuta, facendo leva sui bassi tassi.., sulla stabilità dei cambi, e sulla forza del sistema Europa, possiamo constatare che attualmente i Paesi dell’Unione, in primis l’Italia, si trovano in una  fase  di stagnazione  abbinata ad un’inflazione, molto pericolosa poiché provocata  dal rincaro delle fonti energetiche e non legata all’aumento dei consumi interni, i quali sono bloccati a causa delle difficoltà economiche della classe media italiana (molte famiglie ormai non arrivano a fine mese con il proprio stipendio, come ci ammoniscono i politici di destra e di sinistra senza proporre però valide soluzioni).
Alla crisi economica si è poi aggiunta anche una crisi finanziaria, provocata dal comportamento poco ortodosso di alcune banche commerciali sulle quali il controllo da parte delle banche centrali è stato complice e lacunoso, assurdità comprensibile tenendo conto  che molte banche centrali sono di proprietà delle stesse banche “controllate”. L’esempio eclatante è dato dalla nostra Banca d’Italia, il cui pacchetto azionario è detenuto per oltre il 90% da istituzioni private (i gruppi Intesa San Paolo e Unicredit Capitalia possiedono infatti oltre il 40% delle azioni). I politici schiavi  del potere finanziario, che sponsorizza le loro campagne elettorali ed i principali quotidiani (quasi tutti di proprietà, in misura più o meno ampia, di una o più Banche) pongono un pietoso velo di silenzio su questi argomenti.
 L’Italia per non crollare economicamente avrebbe bisogno di un cambio euro dollaro a 1 e non agli attuali 1,56 e di un cambio euro yen a 100 e non certo all’attuale 155, e di tassi d’interesse tra i 2,5-3%. La Germania, che, come abbiamo visto,  influenza notevolmente le decisioni della BCE ha attualmente un surplus estero di 130 miliardi di euro nonostante l’euro a 1,50 e possiede inoltre un mercato immobiliare stabile da anni, per cui  è  contenta di avere un euro forte e  l’unica cosa che le interessa è quello di controllare l’inflazione, mantenendo alti i principali tassi d’interesse. Purtroppo la felice situazione della Germania non è paragonabile a quella della maggioranza degli altri Paesi dell’area euro. 
In Italia in particolare la crescita è ormai vicina allo zero, la spesa per i consumi sta registrando un valore negativo rispetto all’anno precedente e l’export, che ci dava qualche soddisfazione con ottimi saldi positivi,  si è ora contratto notevolmente a causa dell’euro forte.
Se l’Italia rimarrà con questi valori all’inizio della recessione vera e propria, che è oramai alle porte, verrà inesorabilmente buttata fuori dall’euro, nonostante la volontà contraria di banchieri e politici.
Si tratterà di un evento che accelererà la disintegrazione di un’Europa, che dopo aver negato le sue origini culturali ha creduto a lungo con protervia di potersi basare su valori misurabili in euro e di considerare i cittadini una misera scheggia del pil.

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