mercoledì 21 marzo 2012

Agostino Beltrano, precisazioni ed aggiornamenti

20/11/2007


Agostino Beltrano è pittore di buona levatura ancora poco noto e del quale negli ultimi anni sono stati ritrovati numerosi dipinti, anche firmati e datati, che hanno contribuito a meglio definire la sua personalità artistica ed i suoi dati anagrafici.


Nel campo dell’affresco, oltre a quelli già noti, ne è stato identificato un gruppo nell’interno di palazzo Maddaloni, (fig. 1 – 2 – 3) nel quale le figure degli angeli trombettieri richiamano a viva voce le tipologie classiche dell’artista, sia nelle ali che nella lunga tromba simile a quelle presenti in altre tele come il San Girolamo e l’angelo del giudizio, già in S. Agostino degli Scalzi, del quale presentiamo un’inedita replica autografa con varianti (fig. 4), la Fuga di Loth con la moglie e le figlie (fig. 5), comparsa di recente a Milano in un’asta Porro o il Sacrificio di Isacco (fig. 6) del museo di Capodimonte. Le decorazioni sono collocabili cronologicamente nel V decennio per raffronti con gli affreschi della chiesa di S. Maria degli angeli di Pizzofalcone (fig. 7) documentati al 1644 – 45 e con l’Annuncio a Gioacchino di collezione privata napoletana (fig. 8).





Una tela inedita di particolare importanza, soprattutto perché conferma lo spostamento della data della morte dell’artista, è costituita dalla Visione di S. Agostino (fig. 9) firmata per esteso Agostinus Beltranus e datata 1656, un dipinto di notevoli dimensioni ( 355 – 258), sicuramente una pala d’altare per qualche chiesa napoletana, finita oggi in Spagna a Burgos nel Sitio di Valverde. Fino ad oggi la critica ha ritenuto l’ultima opera dell’artista la cupola della chiesa di Donnaregina Nuova (fig. 10) documentata al 1655.


A parte l’ Immacolata Concezione tra Alessandro VII e Filippo IV (fig. 11), della chiesa di S. Maria la Nova, sicuramente eseguita per motivi iconografici dopo il 1662 e della quale parliamo diffusamente nella nostra precedente pubblicazione alla quale rinviamo, un’altra tela: il Sacrificio di Isacco (fig. 12) conservata nella Residenzgalerie di Salisburgo e generalmente ritenuta del 1639, ad una più attenta lettura della data, va interpretata come eseguita nel 1659.



Al catalogo dell’artista possiamo tranquillamente assegnare il San Giuseppe con Gesù Bambino (fig. 13) conservato nel Castello di Praga ed erroneamente assegnato a Pacecco De Rosa da Daniel nel catalogo della mostra Tra l’eruzione e la peste, nel quale possiamo apprezzare le doti del Beltrano come paesaggista, qualità espresse al massimo grado nella Scena biblica (fig. 14) transitata recentemente sul mercato antiquariale e nella quale una folta e rigogliosa vegetazione viene resa accuratamente nella definizione dei rami e del fogliame.
Alla luce della migliore conoscenza dell’artista possiamo con maggiore sicurezza collocare nel suo catalogo la Giuditta con la testa di Oloferne (fig. 15) della donazione Cenzato al museo di Capodimonte, già assegnata dubitativamente al Beltrano da Raffaello Causa.




Sicuramente da espungere viceversa l’Angelo custode (fig. 16) del museo diocesano di Gaeta, assegnata al pittore dal Pinto, ma che non presenta certamente caratteri di autografia. 
Di recente Leone de Castris ha proposto di assegnare al Beltrano in collaborazione col Porpora una Mostra di pesci con pescatore (fig. 17) di collezione privata napoletana, in precedenza attribuita da Spinosa (comunicazione orale) a Luca Forte e Salvator Rosa.


I raffronti citati dallo studioso sono convincenti se rivediamo “la bella tavola imbandita che nell’Ultima cena nel Duomo di Pozzuoli imita e gareggia con quella di Stanzione ai Camaldoli, i fiori che ravvivano la modesta tela della Madonna col bambino e San Nicola da Tolentino (fig. 18), firmata e datata 1649, in S. Agostino degli Scalzi e per certo la tela di collezione privata, databile attorno al 1640 – 45 e più tardi replicata da Marullo nella sua Pesca miracolosa (fig. 19) del museo di Capua, dove un pescatore barbuto e calvo similissimo ad altre figure presenti in suoi quadri come il Loth e le figlie di collezione Pagano, la citata Ultima cena o il Miracolo di S. Alessandro (fig. 20) del Duomo di Pozzuoli, s’accompagna a uno striato paesaggio di marca spadariana e ad un brano di pesci, seppie e calamari, la cui fattura ricca di riflessi e di colori è la stessa che si vede nel gruppo di nature morte marine suggestivamente riferito dal De Vito al giovane Paolo Porpora prima della sua partenza per Roma del 1650”.



Ancora più cogenti sono le considerazioni che il Leone de Castris fa in riferimento all’enigmatica Natura morta con frutti di mare, vino, pane e una torta (fig. 21) pubblicata dal De Vito e ad ubicazione sconosciuta, la quale, per quanto sul retro della tavola rechi una scritta (fig. 22) “Artemisia Gentilesca Giacomo Recco Fe”, ha sempre suscitato dubbi nella critica e rimane al momento l’unica tela certa dell’inafferrabile Giacomo Recco. Lo studioso ipotizza che la figura del bambino sia di mano del Beltrano, tenendo conto della fattura degli angioletti della Madonna delle Grazie (fig. 23) di Nola, documentata al 1646 – 47 e dell’Incoronazione della Vergine di S. Maria del popolo agli Incurabili di Napoli, firmata e datata 1649 e della quale segnaliamo anche una replica ad affresco (fig. 24 – 24a), purtroppo distrutta in S. Maria la Nova. L’ipotesi è accattivante ed a mio parere trova ulteriore conferma dal raffronto col paffuto bambinello del San Giuseppe ( fig. 13) del castello di Praga.
La conoscenza sull’autore è aumentata in questi ultimi anni anche se non sono venuti alla luce nuovi documenti e sarebbe il momento che qualche studioso spulciasse i registri dei morti delle parrocchie napoletane alla ricerca della vera data della sua morte, che la critica ancora colloca all’anno della peste e che va sicuramente spostata in avanti forse fino al 1665 indicato dallo spesso veritiero De Dominici. 
Beltrano ci è oggi noto come battaglista e paesaggista, specialista in scene di martirio (fig. 25) ed episodi biblici, abile in egual misura nell’affresco come nel cavalletto.
Le sue grandi tele del Duomo di Pozzuoli firmate, datate e documentate (fig. 20 – 26) giacciono tristemente nei depositi da decenni, circostanza sfavorevole per una maggiore conoscenza da parte del pubblico e degli studiosi. Se fossero visibili a Capodimonte questo valido artista in bilico tra inclinazioni stanzionesche ed osservanza falconiana sarebbe apprezzato come uno dei protagonisti del secolo d’oro della pittura napoletana ed andrebbe definitivamente in soffitta lo sprezzante giudizio dell’Ortolani, il quale, nelle pagine del catalogo della memorabile mostra del 1938, lo definì “ mediocre combinatore di stanzionismo a forme lanfranchiane”.


Bibliografia
Per la bibliografia precedente rinviamo al primo articolo segnalato consultabile anche sul web.
della Ragione A – Agostino Beltrano: alcuni inediti e qualche aggiunta ad uno stanzionesco falconiano, in Pacecco De Rosa opera completa, pag. 59 – 64, Napoli 2005
della Ragione A – San Nicola da Tolentino nell’arte, corpus iconografico, pag. 398 – 399, 420, tav. XI, fig. 73, Tolentino 2007
Leone de Castris P- Percorso  nella natura morta napoletana, pag. 20, fig. 5, Galerie Canesso Parigi 2007
Pacelli V – Santa Maria della Pietà dei Turchini, pag. 63 – 66, fig. 13 – 14, Napoli 2005
AA.VV. – Saggi di pulitura, pag. 14, 15, fig. 12, 13, Napoli 2006

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