18/10/2005
Il nuovo museo, inaugurato in piena estate, è inserito all’interno di uno splendido percorso architettonico e paesaggistico che consente al visitatore di introdursi all’interno della possente cinta muraria di una vera e propria cittadella monastica, fondata alla fine del Seicento grazie alla abnegazione della venerabile Suor Orsola Benincasa.
Dopo una passeggiata tra chiostri e giardini, che conducono il visitatore fuori del tempo e dello spazio e la visita di due interessanti chiese seicentesche, si accede ad alcune terrazze panoramiche dalle quali si gode una vista mozzafiato sul golfo e su tutta la città, che sembra adagiata ai piedi della collina di Sant’Elmo.
Tra la ragnatela di musei minori che fanno di Napoli l’indiscussa capitale dell’arte, quello dell’università Suor Orsola Benincasa occupa senza dubbio una posizione di rilievo. Nato come struttura didattica ad uso dei numerosi studenti afferenti a diversi corsi di laurea, costituisce per gli appassionati e per gli studiosi una meta obbligata per la qualità elevata delle opere esposte.
Nei locali dell’antico parlatorio del monastero di clausura, rivivono, dopo un attento e sapiente restauro, materiali diversi: quadri, sculture, gioielli e modesti oggetti devozionali, che concorrono a raccontare l’emozionante storia di una celebre istituzione conventuale ed il suo stretto legame con le vicende napoletane per oltre quattro secoli.
Le sale sono dotate di postazioni multimediali in grado di illustrare non solo l’opera, ma anche le vicende del percorso conservativo, la committenza, le tecniche di realizzazione e di restauro.
Tra gli autori rappresentati ve ne sono alcuni tra i big del secolo d’oro, come Jusepe De Ribera, presente con una spettacolare Salita al Calvario, eseguita in collaborazione con la sua bottega ed Andrea Vaccaro, con una tela proveniente dalla Sala degli Angeli, restituita all’antico splendore cromatico da un attento restauro.
La fondatrice Suor Orsola Benincasa è raffigurata in più ritratti, tra i quali spicca quello di Dirck Hendricksz, più noto come Teodoro D’Errico, il quale rappresenta la pia donna a mezzobusto, piuttosto avanti negli anni, con il velo bianco che le ricade dolcemente sulle mani giunte, mentre guarda intorno a sé in assorta meditazione. Di Vincenzo Gemito è invece un acuto disegno raffigurante la principessa Adelaide Pignatelli del Balzo, la quale, nel 1892, trasformò l’antico convento nell’attuale Istituto universitario.
Degni di nota sono inoltre una Immacolata Concezione, eseguita sul finire del Cinquecento da Girolamo Imparato, proveniente da una antica cappella dove era solita pregare la Benincasa, animata da colori cangianti tipici dell’adesione dell’autore alla corrente del barroccismo ed un San Pietro liberato dal carcere di Giuseppe Marullo, firmato e datato 1664, uno straordinario inedito che getta una nuova luce su questo dimenticato stanzionesco, ingiustamente definito da Raffaello causa ispido e legnoso.
La scultura è degnamente rappresentata da un Cristo deposto di Giacomo Colombo, uno specialista della plastica lignea policroma, in grado di infondere alle sue creazioni pathos e dramma. E per finire sono esposti in bella mostra i gioielli della già citata principessa Adelaide Pignatelli di Strangoli, che ne fece dono al nuovo istituto laico di formazione che derivò dalla trasformazione dell’antico monastero.
Sabato 21 alle ore 10, 30 il museo e la cittadella monastica costituiranno la terza tappa del percorso delle visite guidate dell’associazione gli “Amici delle chiese napoletane” alla quale tutti possono intervenire.
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